Corte di cassazione
Sezione VI civile
Ordinanza 6 settembre 2022, n. 26183
Presidente: Napolitano - Relatore: Esposito
RILEVATO CHE
Con sentenza depositata l'11 dicembre 2019 la Commissione tributaria regionale dell'Umbria rigettava l'appello proposto da Luigi C. avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Perugia che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente contro il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso dell'IRAP versata per gli anni 2012-2015. Riteneva la CTR che l'impresa familiare è di per sé impresa organizzata sicché risultava ultronea ogni valutazione sull'apporto effettivo fornito dalla moglie del contribuente, la quale svolgeva attività di segretaria con una partecipazione agli utili nella misura del 15%.
Avverso la suddetta sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
L'Agenzia delle entrate ha depositato mero atto di costituzione.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
CONSIDERATO CHE
Con unico mezzo il ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, e 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 446/1997, per avere la CTR ritenuto la sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione pur essendosi avvalso, nell'impresa familiare, di un solo collaboratore che svolgeva mansioni meramente esecutive.
Il ricorso è fondato.
Secondo questa Corte «L'IRAP afferisce non al reddito o al patrimonio in sé, ma allo svolgimento di un'attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi, sicché ne è soggetto passivo pure l'imprenditore familiare ma non anche i familiari collaboratori atteso che la collaborazione dei partecipanti integra quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare ed è, quindi, sintomatica del relativo presupposto impositivo» (Cass. n. 12616 del 2016).
L'impresa familiare può dunque essere assoggettata ad IRAP purché ricorra il requisito dell'autonoma organizzazione, ovvero quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (Cass., Sez. un., n. 12108 del 2009 e successive conformi pronunce). Le Sezioni unite (sent. n. 9451 del 2016) hanno poi precisato che «In tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell'"autonoma organizzazione" richiesto dall'art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive. (In applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso contro la decisione di merito che aveva escluso l'autonomia organizzativa di uno studio legale dotato soltanto di un segretario e di beni strumentali minimi)».
Il giudice del merito deve quindi valutare in concreto la natura dell'apporto fornito dal collaboratore all'impresa familiare e segnatamente se tale apporto si connoti in termini meramente esecutivi (cfr. Cass. n. 22469 del 2019 che ha cassato la decisione di merito che - erroneamente presumendo l'apporto meramente esecutivo, quale quello di segretaria o affine, della collaborante ad impresa familiare - aveva escluso il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione in presenza dell'effettivo e continuativo apporto fornito dalla moglie del contribuente, cui era attribuito un reddito d'impresa nella misura del 49%).
La CTR ha dunque errato nell'affermare che l'impresa familiare è di per sé impresa organizzata e che pertanto, nel caso di specie, risultava irrilevante, ai fini della verifica della sussistenza del presupposto impositivo, la valutazione dell'apporto del coniuge.
Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio per un nuovo esame alla Commissione tributaria regionale dell'Umbria, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell'Umbria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.