Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione V
Sentenza 11 luglio 2022, n. 4655

Presidente: Raiola - Estensore: Maffei

FATTO E DIRITTO

1. Il presente ricorso, notificato il 28 giugno 2019 e contestualmente depositato, ha ad oggetto il decreto, in epigrafe specificato, con cui la Prefettura di Napoli, ai sensi dell'art. 120 del codice della strada, ha revocato la patente di guida cat. B, in precedenza rilasciata al ricorrente, in quanto con sentenza del 27 maggio 2015, pronunciata dalla Corte d'appello di Napoli, l'instante era stato condannato per il reato previsto e punito dall'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990.

A sostegno della domanda di annullamento del provvedimento prefettizio, il ricorrente ne ha dedotto l'illegittimità per la violazione e falsa applicazione dell'art. 120 del codice della strada, come modificato in seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 22/2018, e dell'art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, oltreché per difetto di istruttoria, carenza motivazionale, sviamento.

Ha resistito in giudizio l'intimata amministrazione col patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato.

All'udienza del 21 giugno 2022, il Collegio ha riservato la causa in decisione, sottoponendo previamente alle parti, ex art. 73 c.p.a., una possibile causa di irricevibilità del ricorso a causa della sua tardiva proposizione.

2. Il ricorso è irricevibile.

Rileva il Collegio come la presente impugnazione sia stata inizialmente proposta dinanzi al Tribunale di Napoli che, con sentenza n. 3522/2019, ha dichiarato il suo difetto di giurisdizione in favore dell'intestato Tribunale.

Il predetto giudizio, tuttavia, è stato erroneamente introdotto con ricorso ex art. 6 d.lgs. n. 6/2011 cosicché, con decreto depositato in data 16 febbraio 2018, il Tribunale ordinario ha disposto il mutamento del rito, onerando la parte di notificare il ricorso ed il decreto nel rispetto dei termini a comparire di cui agli artt. 163 e 163-bis c.p.c.

La notifica è avvenuta in data 21 febbraio 2018, ovverosia quando era decorso il termine di sessanta giorni per la proposizione dell'impugnazione, essendo stato il provvedimento notificato in data 12 dicembre 2017.

Giova osservare che, nelle materie assoggettate al rito ordinario, l'impugnazione del provvedimento deve essere proposta mediante citazione, notificata entro il termine perentorio previsto a pena di decadenza; ove sia, per errore, proposta con ricorso, quest'ultimo, per il principio di conservazione degli atti processuali, può impedire comunque che il provvedimento divenga definitivo, a condizione che, entro il termine di decadenza, venga non solo depositato ma altresì notificato alla controparte (cfr. Cass., 29 dicembre 2016, n. 23743; Sez. un., 23 settembre 2013, n. 21675; 15 gennaio 2013, n. 797; 2 aprile 2009, n. 8014): essendo la notificazione il momento che segna la pendenza del giudizio per i procedimenti da introdurre con citazione, è ad esso, infatti, che deve farsi riferimento per valutare la tempestività dell'impugnazione, anche se erroneamente proposta con ricorso.

Pertanto, nell'odierna fattispecie, al momento della notificazione del ricorso operata a seguito del disposto mutamento del rito, il termine per impugnare il provvedimento era oramai decorso, con la conseguente irricevibilità del proposto gravame in applicazione dei principi che regolano la tra[n]slatio iudicii.

La disciplina della c.d. translatio iudicii comporta la salvezza degli effetti, sostanziali e processuali, della domanda avanzata innanzi al giudice sfornito di giurisdizione, ma tale salvezza non può spingersi fino al punto di rimettere nei termini un ricorrente che fosse già incorso in una decadenza; ed infatti, la rituale riassunzione del giudizio nel termine di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della prima sentenza, benché astrattamente idonea alla conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell'originaria domanda, non impedisce al giudice amministrativo di verificare se l'originaria pretesa, azionata per errore dinanzi al giudice ordinario, sia stata proposta entro il termine di decadenza; ciò in considerazione del disposto dell'art. 59, comma 2, l. 18 giugno 2009, n. 69 e dell'art. 11, comma 2, c.p.a., i quali hanno espressamente previsto che, riproposta la domanda al giudice munito di giurisdizione, restano ferme le preclusioni e le decadenze intervenute (cfr. T.A.R. Molise, Campobasso, Sez. I, 3 febbraio 2020, n. 30).

Conclusivamente, dev'essere dichiarata l'irricevibilità del ricorso potendo le spese di giudizio, in considerazione della definizione in rito, essere interamente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile; spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.