Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 17 giugno 2022, n. 4975

Presidente: Lopilato - Estensore: Martino

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, la società odierna appellata agiva per l'accertamento del credito e per la conseguente condanna del Comune di Mercato San Severino alla corresponsione delle somme (asseritamente) spettantigli a conguaglio degli importi che riteneva versati in eccesso quale rimborso dei costi di realizzazione del PIP relativo al comparto Curteri di Mercato San Severino.

1.1. Il Comune intimato non si costituiva in giudizio.

1.2. Il T.A.R. riteneva fondata la domanda e condannava il Comune "alla restituzione, in favore del C. V., delle somme versate in eccesso a titolo di rimborso dei costi di realizzazione del PIP Curteri".

2. La sentenza è stata appellata dal Comune di Mercato San Severino, rimasto soccombente.

L'appello è affidato ai seguenti motivi.

I. Error in procedendo, error in iudicando per violazione e falsa applicazione di legge, in relazione dell'art. 133, comma 1, lett. a), n. 2), lett. b) e lett. f), c.p.a., agli artt. 27 e 35 l. n. 865/1971, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore della giurisdizione del giudice ordinario.

Il Comune ha fatto osservare che la controversia in esame investe esclusivamente la determinazione del corrispettivo convenuto nell'atto di cessione, con la conseguenza che la cognizione sulla domanda della società appellata spettava al giudice ordinario.

II. Error in procedendo, error in iudicando per violazione e falsa applicazione di legge, in relazione agli artt. 27 e 35 l. n. 865/1971, all'art. 2943 c.c., con riferimento alla decorrenza della prescrizione e alla riserva unilaterale di conguaglio.

Secondo il primo giudice, in rapporto alla quota di rimborso dei costi di urbanizzazione, il termine di prescrizione decorrerebbe "non già dalla data di stipulazione della convenzione o da quella di rilascio del titolo concessorio, bensì dal momento in cui detti costi siano stati determinati e siano divenuti, come tali, ripetibili".

In contrario, il Comune ha fatto notare che nell'atto di trasferimento del 2012 veniva espressamente riconosciuto l'avvenuto pagamento del corrispettivo in due soluzioni: la prima, pari a euro 328.080,00, versata il 14 dicembre 2007; la seconda, di euro 5.592,00 in data 18 giugno 2012.

Pertanto, anche applicando la prescrizione decennale, la stessa si sarebbe compiuta in quanto decorrente dal momento in cui il privato ha corrisposto il prezzo per l'acquisto delle aree in zona PIP (2007) e non invece dalla data di emissione delle sentenze della Corte d'appello di Salerno richiamate dal T.A.R.

In ogni caso, la riserva di conguaglio contenuta negli atti di trasferimento è unilaterale in quanto collegata agli eventuali maggiori costi sopportati dall'Amministrazione per l'acquisizione dei suoli.

III. Error in procedendo, error in iudicando per violazione e falsa applicazione di legge, in relazione agli artt. 27 e 35 l. n. 865/1971, con riferimento all'estensione del giudicato a situazioni estranee e alla ritenuta applicabilità della delibera di C.C. n. 5/2019.

Secondo il primo giudice, la società appellata avrebbe indebitamente pagato al Comune di Mercato San Severino somme proporzionalmente superiori a quelle spettantigli in rapporto ai costi sostenuti per l'espropriazione dei suoli e per le urbanizzazioni.

Tuttavia il T.A.R. ha desunto tale dato dai valori unitari dei suoli determinati nelle sentenze della Corte d'appello di Salerno n. 285 del 28 marzo 2013 e n. 279 del 25 maggio 2016, relative a controversie di cui la società appellata non era parte.

Né ovviamente sussiste a carico dell'Amministrazione un obbligo giuridico di estendere gli effetti del giudicato a soggetti ad esso estranei.

Il Comune ha peraltro criticato anche la determinazione del valore dei suoli contenuta nelle sentenze civili richiamate dal T.A.R.

Irrilevante sarebbe poi la determinazione degli oneri di urbanizzazione effettuata dal Comune nella delibera di C.C. n. 5/2019, in quanto la stessa si basa sul presupposto (non ancora realizzatosi) che tutti i lotti saranno ceduti.

La società non può quindi pretendere di recuperare somme che nel bilancio del Comune non sono ancora rifluite e inerenti a procedimenti ancora in corso.

3. Si è costituita, per resistere, la società Caseificio Vallebianca.

4. Con ordinanza n. 6059 del 4 novembre 2021 è stata accolta l'istanza cautelare.

5. La società appellata ha depositato una memoria conclusionale.

6. L'appello è passato in decisione alla pubblica udienza del 5 maggio 2022.

7. In via preliminare, il Collegio rileva che l'amministrazione odierna appellante non era costituita in primo grado e quindi non ha eccepito dinanzi al T.A.R. il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Tale circostanza, però, non impinge sull'ammissibilità del primo motivo di impugnazione in quanto l'art. 9 del codice del processo amministrativo statuisce che il difetto di giurisdizione "nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronunzia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione".

Pertanto, la mancanza di un'eccezione in punto di giurisdizione in primo grado non impedisce di censurare una sentenza che, come nel caso di specie, abbia implicitamente statuito positivamente sulla giurisdizione del giudice amministrativo, analizzando il ricorso nel merito (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. II, 27 luglio 2020, n. 4775).

8. Ciò posto, il primo motivo di appello, avente carattere preliminare e assorbente, è fondato poiché la controversia in esame esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo.

8.1. La Corte regolatrice della giurisdizione, anche nella materia di cui trattasi, ha statuito che ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non già la prospettazione compiuta dalle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale deve essere identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale tali fatti costituiscono manifestazione (Cass. civ., Sez. un., 22 giugno 2017, n. 15635).

8.2. È altresì orientamento risalente - con riguardo alle aree edificabili comprese nei piani di zona di cui all'art. 10 della l. 18 aprile 1962, n. 167, che vengano acquisite dal Comune con lo strumento espropriativo e con vincolo di destinazione per la realizzazione di alloggi dell'edilizia residenziale pubblica - che, qualora il Comune medesimo, avvalendosi della facoltà conferitagli dall'art. 35, comma 11, della l. 22 ottobre 1971, n. 865, le ceda in proprietà a cooperative edilizie od a singoli privati (muniti dei requisiti previsti per l'assegnazione di alloggi economici e popolari), mediante deliberazione dei competenti organi municipali e successiva convenzione, dette cooperative o singoli privati, al pari di quanto si verifica nell'analogo caso in cui vengano a godere di quelle aree a titolo di assegnazione in superficie (art. 35 citato, comma 4), si trovano nella posizione di concessionari di beni pubblici, soggetti ai poteri autoritativi dell'ente fino a quando non sia realizzata la finalità pubblicistica cui la cessione è diretta (Cass. civ., Sez. un., 15 maggio 1984, n. 2952).

8.3. Analoga posizione deve predicarsi in capo ai cessionari delle aree che, come nella fattispecie, ai sensi della l. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27, vengono acquisite dal Comune con lo strumento espropriativo per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico (Cass. civ., Sez. un., 9 gennaio 2013, n. 306).

8.4. Ne consegue che le controversie relative alla determinazione dei corrispettivi della cessione del diritto di superficie (ovvero, come nel caso in esame, del diritto di proprietà), poiché non comportano la spendita di poteri pubblicistici, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa (Cass. civ., Sez. un., 9 giugno 2021, n. 16083).

Quest'ultima sussiste infatti "solo ove sia messa in discussione la legittimità delle manifestazioni autoritative di volontà della P.A. nell'adozione del provvedimento concessorio cui la convenzione accede, della quale sia contestato ex ante il contenuto con riguardo (anche) alla determinazione del corrispettivo dovuto dal concessionario, mentre, nell'ipotesi in cui siano messe in discussione, ex post, la misura del corrispettivo (con riguardo alle pattuizioni ivi contenute) o l'effettività dell'obbligazione di pagamento, la controversia è devoluta alla giurisdizione ordinaria, rientrando nella clausola di deroga di cui al d.lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. b), la quale esclude dalle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a concessioni di beni pubblici devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi" (Cass., Sez. un., 26 febbraio 2021, n. 5423; cfr. anche 12 novembre 2021, nn. 33849 e 33852).

8.5. Anche questa Sezione ha messo in luce (in materia di affrancazione dei vincoli del prezzo massimo di cessione gravante su alloggi realizzati in aree destinate all'edilizia residenziale pubblica ex art. 35 della l. n. 865 del 1971), che le contestazioni che ineriscono alla fase esecutiva del rapporto concessorio riguardano vicende che sfuggono ontologicamente all'esercizio della funzione amministrativa per impingere in pretese patrimoniali aventi natura di diritto di credito, a fronte delle quali la posizione azionata assume consistenza di diritto soggettivo (sentenza n. 5541 del 26 luglio 2021).

Il rapporto trae infatti origine da una concessione di beni pubblici che "per ragioni ontologiche e normative" non coincide con l'accordo disciplinato dall'art. 11 della l. n. 241/1990, trovando pertanto applicazione l'art. 133, comma 1, lett. b), del c.p.a. e la clausola di deroga alla giurisdizione amministrativa esclusiva ivi contenuta, relativamente alle controversie concernenti "indennità, canoni e altri corrispettivi".

8.6. Nella fattispecie, la pretesa azionata dalla società appellata ha ad oggetto un diritto di credito che essa ritiene di avere nei confronti del Comune; e ciò sulla base della convenzione intercorsa fra le parti, senza l'intervento di alcun potere discrezionale della pubblica amministrazione.

Si verte pertanto in merito ad un diritto soggettivo di cui conosce naturaliter il giudice civile.

9. In conclusione l'appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore dell'autorità giudiziaria ordinaria.

9.1. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite di entrambi gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, n. 8536 del 2021, di cui in epigrafe, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Indica, quale giudice munito di giurisdizione, il giudice ordinario, innanzi al quale la domanda dovrà essere riproposta nei termini di cui all'art. 11, comma 2, c.p.a.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.