Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 27 aprile 2022, n. 3239
Presidente: Franconiero - Estensore: Tulumello
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza gravata, il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso proposto dall'odierna appellante per l'annullamento della comunicazione della Regione Emilia-Romagna contenente l'aggiornamento dei quantitativi di riferimento individuali - settore lattiero-caseario - periodo 2002/2003, relativi al regime quote-latte.
Con ricorso in appello la ricorrente in primo grado ha impugnato l'indicata sentenza.
Si è costituita in giudizio l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura.
Il ricorso è stato trattenuto in decisione all'udienza straordinaria del 30 marzo 2022.
2. Deve preliminarmente essere esaminata una questione, relativa all'ammissibilità del gravame, emersa dopo il passaggio in decisione della causa.
Osserva il Collegio che, come sopra ricordato, oggetto del giudizio di primo grado è un provvedimento emanato dalla Regione Emilia-Romagna, che in quanto tale è stata parte del giudizio davanti al T.A.R.
Il ricorso in appello è stato notificato alla Regione Emilia-Romagna al domicilio eletto nel giudizio di primo grado, come riportato nell'epigrafe della sentenza gravata (avvocato Marinella Montanari, via del Tritone n. 61, Roma).
Nondimeno la notifica (a mezzo del servizio postale) non è andata a buon fine, per la causale riportata nella relativa relata, prodotta in allegato al ricorso in appello ("irreperibilità del destinatario": indicato altresì come "sconosciuto").
L'ente intimato non si è costituito in giudizio.
3. La fattispecie in questione è regolata dall'art. 93, secondo comma, c.p.a.: "Qualora la notificazione abbia avuto esito negativo perché il domiciliatario si è trasferito senza notificare una formale comunicazione alle altre parti, la parte che intende proporre l'impugnazione può presentare al presidente del tribunale amministrativo regionale o al presidente del Consiglio di Stato, secondo il giudice adito con l'impugnazione, un'istanza, corredata dall'attestazione dell'omessa notificazione, per la fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione o per la rinnovazione dell'impugnazione".
In argomento la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha chiarito che tale disposizione «esclude che il mancato perfezionamento della notifica produca, di per sé, l'effetto dell'irricevibilità dell'appello, ma esige che la parte appellante, ai fini della rinnovazione della notificazione presso il nuovo domicilio del procuratore della parte appellata, chieda al Presidente del Consiglio di Stato l'assegnazione di un (nuovo) termine perentorio. (...) La finalità della disposizione (...) è ravvisabile nell'esigenza di apprestare un meccanismo processuale che assicuri, in ogni caso, la fissazione di un termine perentorio entro il quale dev'essere perfezionata la notificazione dell'impugnazione, allo scopo di assicurare la certezza della validità della costituzione del rapporto processuale nel giudizio di secondo grado. In coerenza con le esigenze di certezza sottese alla disposizione in esame, la stessa dev'essere interpretata ed applicata come prescrittiva di un onere processuale, nel senso che, fermo restando che la notificazione dell'appello nel domicilio non più attuale del procuratore costituito nel precedente grado di giudizio non determina l'irricevibilità dell'appello, la rinnovazione della notificazione postula, per la sua validità, la previa richiesta dell'assegnazione di un nuovo termine perentorio. (...) la codificazione del relativo onere deve intendersi prevista a favore della parte appellante, atteso che prima dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo si era consolidato un indirizzo secondo il quale "ove la notifica dell'atto venga tentata nel domicilio eletto in primo grado, ma non sia eseguita per avvenuto trasferimento del difensore, l'appello va dichiarato irricevibile, ove notificato a termine ormai scaduto nel nuovo domicilio" (C.d.S., Sez. III, 21 febbraio 2012, n. 917; Sez. V, 21 luglio 1998, n. 475; Sez. VI, 14 gennaio 2009, n. 141). Ne consegue che il rigore delle conseguenze decadenziali dell'omissione dell'onere processuale in questione deve intendersi, comunque, bilanciato dal favore accordato alla parte appellante che, pur non essendosi avveduta (usando l'ordinaria diligenza) dell'avvenuto trasferimento del domicilio del procuratore costituito, evita la declaratoria dell'irricevibilità dell'appello, per effetto del solo esito negativo della notificazione dell'impugnazione, a condizione, ovviamente, che chieda al Presidente del Consiglio di Stato (con l'imposizione di un adempimento che non appare sproporzionato, né eccessivamente gravoso) l'assegnazione di un nuovo temine perentorio per la rinnovazione della notifica presso il domicilio corretto. In coerenza con il paradigma appena indicato, l'art. 93, comma 2, c.p.a. dev'essere, in definitiva, interpretato come impositivo di un adempimento processuale la cui inosservanza implica il consolidamento della decadenza della parte appellante dal potere di impugnazione» (C.d.S., Sez. III, sent. n. 22/2017).
4. Nel caso di specie la parte appellante, pur avvedutasi del fatto che la notifica del ricorso in appello non era andata a buon fine per trasferimento del difensore domiciliatario, si è limitata a produrre tale relata negativa, senza chiedere la concessione di un termine perentorio per ripetere la notificazione all'indirizzo corretto.
Ne consegue che, non avendo adempiuto allo specifico onere processuale, essa è decaduta dal potere di impugnazione.
5. La fattispecie in esame, regolata dalla citata disposizione, si pone in rapporto di specialità rispetto alla generale ipotesi di nullità della notificazione del ricorso ex art. 44, comma 4, c.p.a.
La disciplina dell'ipotesi speciale poggia, infatti, sull'assunto per cui è agevole per il notificante individuare il nuovo domicilio del difensore domiciliatario, e soprattutto offre alla parte che sia incorsa in un tentativo di notifica non andato a buon fine la possibilità, mediante l'adempimento del descritto onere processuale, di evitare che ciò produca conseguenze sul valido esercizio del diritto di difesa.
D'altra parte, come affermato dalla sentenza di questo Consiglio di Stato n. 917/2012, "Tale onere non si pone in contrasto con i canoni di ragionevolezza e del diritto di difesa posti dagli articoli 3 e 24 della Carta costituzionale in quanto l'attività di ricerca, posta a carico della parte, può essere svolta agevolmente (si veda anche, ex plurimis, Cass. 20 settembre 2007, n. 19477; Cass., Sez. II, 29 maggio 1999, n. 5231)" (l'affermazione è peraltro relativa al regime previgente, che individuava come onere quello - più gravoso - della ripetizione della notificazione entro il medesimo termine per impugnare: e non anche la possibilità di ottenere un nuovo termine, recata dal citato art. 93, comma 2, c.p.a.).
Pertanto, a differenza della fattispecie esaminata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 2021, relativa all'art. 44 c.p.a., non si pone qui un problema di fissazione ex officio al ricorrente di un termine per la rinnovazione della notifica: posto che tale rinnovazione è già prevista dalla specifica disciplina considerata, ma subordinata all'onere della parte di presentare apposita istanza in tal senso.
6. Trattandosi di inammissibilità del ricorso in appello per mancato adempimento di un onere processuale, non vi è luogo ad avviso alla parte ex art. 73, comma 3, c.p.a. (ancorché essa consegua al rilievo d'ufficio): sia perché l'esito processuale è - per precisa indicazione normativa - conseguenza di una scelta volontaria della stessa parte (la quale, ricevuta la relata di notifica negativa, era consapevole degli effetti della stessa, ma si è limitata a produrla in giudizio senza formulare istanza di concessione di un nuovo termine); sia perché tale esito è a questo punto inevitabile, dal che l'inutilità - nella prospettiva funzionale del richiamato art. 73, comma 3 - di un eventuale contraddittorio processuale sul punto.
7. Il ricorso in appello è pertanto inammissibile per nullità della notifica all'autorità che ha emanato il provvedimento impugnato con il ricorso di primo grado.
In considerazione del decorso del tempo dalla proposizione del gravame, le spese del giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.