Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 31 marzo 2022, n. 2366

Presidente: Pannone - Estensore: Ravasio

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza in epigrafe indicata il T.A.R. per l'Emilia-Romagna, Bologna, ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso in riassunzione (n. 373/2016 Reg. Ric.) proposto da Telecom Italia s.p.a. a seguito della pubblicazione, da parte del Tribunale di Verona, della sentenza 24 marzo 2016, n. 759, con la quale il predetto Tribunale, previa riunione dei giudizi nn. R.G. 8112/2014, 11231/2014 e 1812/2015, promossi da Telecom Italia s.p.a. nei confronti del Consorzio di bonifica veronese e della SORIT, ha declinato la propria giurisdizione in favore del giudice amministrativo: il T.A.R. Bologna, in particolare, ha ritenuto che sulle domande proposte da Telecom sussista la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche.

Avverso tale pronunciamento Telecom ha proposto appello, deducendo l'erroneità della decisione del T.A.R. Bologna per violazione del giudicato interno, ed inoltre rilevando che la pretesa azionata in giudizio avrebbe consistenza di diritto soggettivo, ragione per cui il primo giudice avrebbe dovuto sollevare conflitto di giurisdizione per far accertare la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario; ha infine evidenziato l'insussistenza di elementi di collegamento con la giurisdizione del T.S.A.P./T.R.A.P.

Nel giudizio d'appello si è costituito in giudizio il Consorzio di bonifica veronese, che si è limitato a insistere per il respingimento del gravame e per la rimessione degli atti al Tribunale superiore delle acque pubbliche.

La SORIT, benché ad essa sia stato ritualmente notificato l'atto d'appello, non si è costituita in giudizio.

Alla camera di consiglio del 10 marzo 2022 il Collegio, sussistendo tutte le condizioni per la definizione del giudizio con sentenza redatta in forma semplificata, ai sensi dell'art. 60 c.p.a., previo avviso ai difensori, ha trattenuto la causa in decisione.

L'appello va accolto sulla dirimente constatazione che si è, effettivamente, formato un giudicato interno in relazione alla giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande proposte da Telecom con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio.

Va premesso che non risulta, agli atti del giudizio, che la sentenza del Tribunale di Verona sia stata impugnata dal Consorzio di bonifica veronese, né dalla SORIT; quanto a Telecom, essa vi ha prestato acquiescenza, riassumendo il giudizio innanzi al giudice amministrativo, ed omettendo di impugnarla innanzi alla Corte d'appello o alla Corte di cassazione.

Va ancora precisato che il ricorso di primo grado è stato - come si legge nella impugnata sentenza - introdotto in riassunzione a seguito della sentenza del Tribunale civile di Verona 24 marzo 2016, n. 759, e tanto con atto notificato il 9 maggio 2016 e iscritto a ruolo, innanzi al T.A.R. Bologna, il 26 maggio 2016. La riassunzione del giudizio a seguito del pronunciamento del Tribunale di Verona deve, pertanto, ritenersi tempestiva.

Dalla considerazione che precede risulta che il T.A.R. doveva considerarsi vincolato dalla decisione, sulla giurisdizione, del Tribunale di Verona, in quanto decisione ormai definitiva, occorsa nell'ambito dello stesso giudizio, di cui la fase innanzi al T.A.R. costituiva la prosecuzione.

Il primo giudice avrebbe potuto declinare la propria giurisdizione, a quel punto, solo sollevando conflitto di giurisdizione ai sensi dell'art. 11, comma 3, c.p.a., ma ciò entro la prima udienza. In particolare va sottolineato che, pur volendo ritenere che ai fini di che trattasi si debba considerare l'udienza pubblica fissata per la discussione del merito e non già anche l'udienza in camera di consiglio (si veda, sulla necessità che il difetto di giurisdizione sia pronunciato a seguito di cognizione piena, al fine di poter sollevare conflitto di giurisdizione, la recente ordinanza delle Sezioni unite 10 febbraio 2022, n. 4297), a tale udienza il T.A.R. avrebbe quantomeno dovuto assumere una riserva, che avrebbe poi dovuto sciogliere non già decidendo autonomamente sulla giurisdizione con sentenza, sibbene sollevando formalmente conflitto di giurisdizione innanzi alle Sezioni unite della Corte di cassazione.

La perentorietà del termine indicato dall'art. 11, comma 3, c.p.a. è stata già riconosciuta dalla giurisprudenza in varie occasioni. Si veda, ad esempio, la pronuncia della Cassazione civile, Sez. un., del 29 ottobre 2020, n. 23904, secondo cui "A seguito dello scioglimento della riserva assunta all'esito della prima udienza, il giudice amministrativo può sollevare conflitto di giurisdizione - nonostante nel riservarsi non abbia manifestato alle parti l'intenzione di pronunciarsi al riguardo, esternando dubbi in proposito, né abbia indicato la questione di giurisdizione, dandone atto a verbale, ex art. 73, comma 3, c.p.a. - atteso che tale modalità temporale risulta conforme all'art. 11, comma 3, c.p.a., interpretato alla luce dei principi del giusto processo, ex artt. 2 c.p.a. e 111 Cost., essendo comunque garantita la finalità, da un lato, di evitare alle parti del giudizio riproposto ogni inutile dispendio di attività processuale e, dall'altro, di onerare il giudice amministrativo ad quem di evidenziare immediatamente le ragioni del proprio eventuale dissenso, provocando l'intervento risolutore delle sezioni unite della Cassazione". Lo stesso principio è evincibile anche dalla pronuncia della Cassazione civile, Sez. un., 17 luglio 2018, n. 19045, che ha statuito che "Ai sensi dell'art. 11, comma 3, c.p.a. (e dell'art. 59 della l. n. 69 del 2009), in tanto il conflitto può essere sollevato dal giudice successivamente adito, in quanto - oltre a ricorrere gli altri requisiti (la tempestività della riproposizione della domanda; il non superamento del termine preclusivo della prima udienza; la mancanza di pronuncia delle Sezioni unite nel processo, sulla questione di giurisdizione) - la causa dinanzi a lui promossa costituisca riproposizione di quella per la quale il giudice preventivamente adito aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione. Ove, invece, si sia di fronte alla proposizione di una nuova ed autonoma domanda, di contenuto diverso da quella azionata nel precedente giudizio, il giudice adito successivamente non può investire direttamente le Sezioni unite della S.C. ai fini della risoluzione della questione di giurisdizione, ma è, se del caso, tenuto a statuire sulla stessa. (Nella specie, è stato dichiarato inammissibile il regolamento di giurisdizione sollevato d'ufficio dal secondo giudice in una fattispecie in cui gli attori avevano dapprima chiesto al giudice ordinario il riconoscimento in proprio favore del diritto a un indennizzo, a seguito della ingiustificata reiterazione, oltre qualsiasi ragionevole termine, sui terreni di loro proprietà, di un vincolo di inedificabilità e la condanna del Comune al relativo pagamento e successivamente, a seguito della declaratoria del difetto di giurisdizione, al giudice amministrativo l'annullamento o la revoca del vincolo di inedificabilità imposto dal Comune, con contestuale condanna al pagamento dell'indennizzo dovuto a causa dell'ingiustificata reiterazione del vincolo di inedificabilità e al risarcimento del danno subito)".

La decisione del T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, Sez. I, 19 aprile 2017, n. 142, ha invece chiarito che la non vincolatività della statuizione del giudice che per primo ha declinato la giurisdizione (in questo caso il Tribunale di Verona), consegue alla mancata tempestiva riassunzione del giudizio: "Il Giudice amministrativo può statuire sulla giurisdizione e non dovendo sollevare il conflitto negativo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 11, comma 3, c.p.a., ogni qual volta la causa non è stata tempestivamente riassunta, non ostandovi la precedente declinatoria ad opera di altro giudice; ciò in quanto il decorso del termine di riassunzione esclude che il nuovo giudizio possa considerarsi prosecuzione dell'altro".

Orbene, nel caso di specie la riassunzione risulta - come già precisato - tempestiva, e non v'è motivo di dubitare, non essendo stata sollevata al proposito alcuna eccezione delle parti, che le domande formulate innanzi al T.A.R. Bologna siano diverse da quelle sulle quali si è pronunciato il Tribunale di Verona. Risulta, poi, che la decisione appellata è stata resa a seguito di un giudizio nel corso del quale sono state celebrate due udienze: la prima il 27 luglio 2016, in camera di consiglio, nel cui verbale risulta annotato che "Sono presenti nella fase delle istanze preliminari gli Avv. Francesco Caliandro in sostituzione di Enzo Robaldo, per ricorrente. Fabrizio Bertolini, per resistente. Rinaldo Sartori, per controinteressata. L'Avv. Caliandro dichiara di rinunciare alla misura cautelare, le parti interessate sono concordi nel rinunciare alle spese di questa fase del giudizio. Il Presidente ne prende atto"; la seconda l'8 aprile 2021, pubblica, nel cui verbale è annotato che "L'udienza pubblica si svolge mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 25 del decreto-legge n. 137/2020. Il Segretario procede alla chiamata della causa, il ricorso è discusso e trattenuto per la decisione".

Nessuna riserva è stata, insomma, sollevata dal T.A.R. quanto alla possibilità di sollevare il conflitto di giurisdizione, che infatti non è stato sollevato, come dimostra il fatto che non risulta essere stata trasmessa alla Corte di cassazione la denuncia di conflitto di giurisdizione sollevata d'ufficio, che, del resto, avrebbe dovuto essere accompagnata dalla sospensione del giudizio, e non già dalla relativa definizione.

Peraltro, il T.A.R. Emilia-Romagna, volendo contestare la decisione del Tribunale di Verona, era sicuramente legittimato a sollevare l'incidente, come si legge nell'ordinanza delle Sez. un. 14 gennaio 2022, n. 1086, secondo cui "Legittimato ad esperire il regolamento di giurisdizione d'ufficio è il giudice ad quem, ossia quello indicato come giurisdizionalmente competente dal giudice originariamente adito (e che abbia escluso la propria giurisdizione), avanti a cui il processo sia stato riassunto".

Segue da quanto sopra esposto che il T.A.R. Emilia-Romagna, non ritenendo di sollevare conflitto di giurisdizione ex art. 11, comma 3, c.p.a., nelle dovute forme, era vincolato dalla decisione del Tribunale di Verona, che aveva affermato la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle domande formulate nel giudizio. Dichiarando il proprio difetto di giurisdizione, pertanto, il primo giudice ha violato il giudicato interno formatosi sul punto.

L'appello va, conclusivamente, accolto per fondatezza del primo motivo, avente carattere assorbente. La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio al primo giudice, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a., che dovrà decidere in diversa composizione.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, visto l'art. 60 c.p.a., lo accoglie e per l'effetto annulla la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna n. 416/2021, con rinvio della causa al medesimo, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.