Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 3 marzo 2022, n. 1528
Presidente: Saltelli - Estensore: Guarracino
Premesso che con sentenza del 20 dicembre 2021, n. 8078, emessa nel giudizio n.r.g. 3696/2018 promosso dalla sig.ra Caterina Maria C. nei confronti della Regione Campania e altri, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, richiesto di chiarimenti sulla persistente possibilità di espletamento dell'incarico del commissario ad acta nominato per l'esecuzione della sentenza n. 1976 del 10 aprile 2019 dello stesso giudice, ha esaminato la questione se il processo dovesse dichiararsi interrotto a seguito del collocamento a riposo dell'unico difensore costituito per la Regione Campania, avvocato del medesimo ente iscritto all'albo speciale, pervenendo a soluzione negativa motivata dalla ritenuta assimilabilità della cessazione dal servizio dell'avvocato dipendente di ente pubblico iscritto nell'albo speciale all'ipotesi di cui all'art. 301, comma 3, c.p.c. (rinuncia o revoca del mandato), nonché dal fatto che, essendo comparso in udienza, seppur non costituito, un diverso avvocato regionale, munito di procura generale, "non può sostenersi che la regione Campania sia rimasta priva di difensore";
Considerato che la predetta sentenza è stata appellata in via principale dalla Regione Campania, che ne ha dedotto la nullità per lesione del diritto di difesa, e in via incidentale dalla sig.ra C., nella parte in cui avrebbe erroneamente ritenuto dimostrate le circostanze dell'avvenuto pensionamento del difensore della Regione e dell'avvenuta sua cancellazione dall'albo speciale degli avvocati;
Ritenuta l'ammissibilità dell'appello, avendo il primo giudice delibato e risolto una questione pregiudiziale di rito con provvedimento munito di natura non solo formale, ma anche sostanziale di sentenza;
Considerato che per consolidato indirizzo giurisprudenziale il rapporto di patrocinio che si instaura tra l'ente pubblico e l'avvocato in servizio presso l'ufficio legale dello stesso in qualità di lavoratore dipendente trova la propria origine nel rapporto di impiego e, perciò, non è assimilabile a quello che sorge dal contratto di prestazione d'opera professionale, regolato dalle norme ordinarie sul mandato, col corollario che il momento in cui esso cessa è inscindibilmente connesso alle vicende del rapporto d'impiego, che è l'unica fonte dell'incarico e dell'obbligazione lavorativa del dipendente, con conseguente inapplicabilità dell'art. 85 c.p.c. sugli effetti della rinuncia o della revoca del mandato e, quindi, anche dell'art. 301, comma 2, c.p.c., diversamente da quanto opinato dal T.A.R., e che tale momento determina automaticamente l'interruzione del processo, anche se il giudice o le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata (cfr. Cass., Sez. I, ord. 26 ottobre 2018, n. 27308; 23 luglio 2008, n. 20361);
Ritenuto che, essendo tale indirizzo meritevole di adesione, occorra ribadire che, siccome gli avvocati dipendenti di enti pubblici e iscritti nell'albo speciale annesso all'albo professionale sono abilitati al patrocinio esclusivamente per le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera, la cessazione del rapporto di impiego, determinando la mancanza di legittimazione a compiere e a ricevere atti processuali relativi alle cause proprie dell'ente, comporta il totale venir meno dello ius postulandi per una causa equiparabile a quelle elencate dall'art. 301 c.p.c., a nulla rilevando la formale iscrizione all'albo generale, in quanto inidonea a estendere ex se il mandato ricevuto in ragione del preesistente rapporto di servizio (ex ceteris, C.d.S., Sez. V, ord. 17 marzo 2021, n. 2289; Cass., Sez. I, ord. n. 27308/2018, cit.), come pure l'eventuale formale permanenza dell'iscrizione nell'albo speciale e il mantenimento della medesima casella di PEC (Cass., Sez. VI, ord. 14 dicembre 2016, n. 25638);
Considerato che ogni questione concernente la rituale dimostrazione del collocamento in quiescenza del difensore costituito in primo grado per la Regione è assorbita dal fatto che è incontestata la circostanza del suo pensionamento;
Ritenuto, comunque, in merito alla contestata ammissibilità del deposito in appello degli atti comprovanti il pensionamento, che la relativa eccezione risulta infondata, alla luce del fatto che l'art. 104, comma 2, c.p.a. ammette la produzione in appello dei documenti che il collegio ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa e che, per orientamento univoco, l'indispensabilità è implicita per i documenti che, preesistenti o successivi, comportano la definizione in rito della controversia (C.d.S., Sez. VI, 30 agosto 2021, n. 6087; Sez. V, 9 aprile 2021, n. 2905, e altre);
Ritenuta l'erroneità anche dell'affermazione, contenuta nella sentenza appellata, per cui, essendo comparso in udienza un diverso avvocato della regione Campania, munito di procura generale seppur non costituito in giudizio, non sarebbe stato sostenibile che l'ente fosse rimasto privo di difensore;
Considerato, infatti, che tale convincimento è in contrasto col fatto che spetta solo alla parte colpita dall'evento interruttivo decidere se proseguire spontaneamente il processo con un nuovo difensore, ricostituendo il contraddittorio processuale prima ancora della notificazione dell'atto di riassunzione o della dichiarazione stessa di interruzione del giudizio, poiché pure nel processo amministrativo, in forza del rinvio dell'art. 79, comma 2, c.p.a., opera il principio per cui, stante il richiamo all'art. 299 c.p.c. contenuto nell'art. 301, comma 2, c.p.c., il processo è interrotto "salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente" (cfr. C.d.S., Sez. II, 9 dicembre 2021, n. 8202);
Ritenuto, per tutti questi motivi, che l'appello principale sia fondato e debba essere conseguentemente accolto, mentre l'appello incidentale, essendo infondato, sia da respingere, e che, poiché tutti gli atti e i provvedimenti posti in essere in epoca successiva alla data dell'evento interruttivo sono nulli, per l'effetto la sentenza di primo grado vada dichiarata nulla e la causa rimessa al giudice di primo grado nella stessa fase in cui si trovava il processo alla data dell'evento interruttivo;
Ritenuto che, in considerazione dei peculiari profili della vicenda esaminata, le spese del doppio grado del giudizio possano essere compensate;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) accoglie l'appello principale, respinge l'appello incidentale e, per l'effetto, dichiara nulla la sentenza di primo grado e rimette la causa al giudice di primo grado, nella stessa fase in cui si trovava il processo alla data dell'evento interruttivo.
Compensa le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.