Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 2 marzo 2022, n. 1475

Presidente: Veltri - Estensore: Tomaiuoli

FATTO

1. La società appellante, esercente l'attività di medicina di laboratorio e centro erogatore di prestazioni di diabetologia, con istanza del 3 settembre 2015, richiedeva l'autorizzazione, in regime privatistico, «alla realizzazione di attività specialistiche ambulatoriali e chirurgiche (classe I), con B.M.R. (biologia e medicina della riproduzione), senza dotazione di posti letto».

Con nota del 16 dicembre 2015 la Commissione istituita presso l'ASL di Salerno riscontrava positivamente, in capo all'istante, la sussistenza dei requisiti strutturali ed impiantistici necessari, trasmettendo tali risultanze al Comune di Agropoli e alla Commissione regionale.

A fronte del silenzio di quest'ultima amministrazione, l'appellante, in data 31 marzo 2016, sollecitava il Comune di Agropoli al rilascio dell'autorizzazione richiesta, ritenendo formatosi il silenzio-assenso, ai sensi dell'art. 17-bis l. n. 241 del 1990.

Con provvedimento del 3 maggio 2016, il Comune di Agropoli autorizzava l'istante alla realizzazione di quanto previsto nel progetto relativo alle attività specialistiche richieste.

Una volta ottenuta l'autorizzazione, la società odierna appellante realizzava tutti i lavori strutturali ed impiantistici necessari per lo svolgimento delle attività, procedendo anche all'acquisto delle relative attrezzature, affrontando costi per alcune centinaia di migliaia di euro.

L'ASL di Salerno, con successiva nota del 10 gennaio 2017, comunicava, tuttavia, che la Commissione regionale, nella seduta del 20 dicembre 2016, aveva ritenuto non rispettato l'iter procedurale previsto dai decreti di giunta della Regione Campania regolanti la materia.

Questa nota veniva impugnata dall'appellante innanzi al TAR Campania, Salerno (r.g. 420 del 2017).

Indi, la Commissione regionale, con nota del 4 aprile 2017, esprimeva parere non favorevole all'autorizzazione alla realizzazione della attività specialistiche, poiché il fabbisogno di P.M.A. di 1° livello sarebbe già stato soddisfatto.

Avverso tale atto la ricorrente proponeva un secondo ricorso innanzi al Tar Campania, Salerno (r.g. 2001/18).

L'odierna appellante, non essendo comunque venuto meno il provvedimento comunale di autorizzazione alla realizzazione delle opere necessarie per lo svolgimento delle attività specialistiche menzionate, una volta completate queste opere, in data 6 novembre 2018, richiedeva al Comune di Agropoli il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio - sempre in regime privatistico - di quelle attività.

Sollecitato alla definizione della pratica, il Comune, in data 29 agosto 2019, rigettava la domanda, in ragione del parere negativo dell'ASL dell'11 luglio 2019, incentrato, a sua volta, sul precedente parere negativo della Commissione regionale all'autorizzazione alla realizzazione delle opere necessarie per le attività richieste.

Anche tali ultimi atti venivano impugnati innanzi al TAR Campania, Salerno (r.g. n. 1413 del 2019).

2. Con i tre ricorsi suddetti l'odierna appellante formulava diverse censure, con le quali faceva valere le seguenti circostanze ed argomentazioni: 1) essa, con provvedimento del 3 maggio 2016, era stata autorizzata alla realizzazione delle opere necessarie allo svolgimento dell'attività specialistiche oggetto di richiesta, sicché tale atto non poteva essere disapplicato, ma avrebbe dovuto essere, se del caso, impugnato dall'Asl o dalla Regione; 2) l'assenso delle autorità sanitarie e regionali doveva comunque ritenersi acquisito per silentium, ai sensi dell'art. 17-bis della l. n. 241 del 1990; 3) in ogni caso, la delibera di Giunta regionale, cui aveva fatto riferimento la Commissione nel suo parere negativo, non solo era successiva all'istanza della ricorrente, ma riguardava, in via esclusiva, la procreazione medicalmente assistita, che costituiva solo una delle attività specialistiche oggetto dell'istanza; 4) trattandosi di attività da svolgere in regime privatistico, il rilascio dell'autorizzazione sarebbe stato doveroso, a pena di violazione degli artt. 3 e 41 Cost. e dei principi del diritto dell'Unione europea a tutela della libera concorrenza; 5) una volta ottenuta l'autorizzazione alla realizzazione delle opere necessarie per lo svolgimento delle attività specialistiche, la successiva autorizzazione all'esercizio di tali attività avrebbe potuto essere denegata solo per ragioni che riguardavano l'esistenza di condizioni tecnico-strutturali; né gli atti impugnati avrebbero potuto essere considerati come atti di autotutela, non ricorrendo alcuno degli elementi voluti dalla legge per l'emanazione di atti di secondo grado.

In tutti i giudizi si costituiva l'ASL, instando per il rigetto del ricorso avversario, mentre il Comune di Agropoli si costituiva nel solo giudizio iscritto al n. 1413/19 R.G., concludendo anch'esso per il rigetto del ricorso; la Regione Campania, per contro, non si costituiva in nessuno dei tre giudizi.

Con la sentenza impugnata il TAR Campania, Salerno, riuniti i ricorsi, li rigettava nel merito, affermando che nel caso di specie, non trattandosi di attività co-decisoria ma consultiva, non poteva operare il meccanismo del silenzio-assenso di cui all'art. 17-bis della l. n. 241 del 1990 e che non potevano essere considerati violati i principi costituzionali e comunitari invocati, dal momento che anche l'esercizio di attività mediche private è legittimamente sottoposto ad un regime autorizzatorio; compensava, altresì, le spese di lite.

3. Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello la ricorrente in primo grado, lamentandone, in via principale, l'erroneità, per non avere considerato che, come dedotto in tutti i ricorsi, il provvedimento di autorizzazione alla realizzazione delle opere necessarie alle attività mediche specialistiche era già stato ottenuto, sicché la successiva istanza di autorizzazione all'esercizio di quelle attività non poteva basarsi sulla presunta illegittimità del primo provvedimento, per fare valere la quale esso avrebbe dovuto essere previamente rimosso, in autotutela o in via giurisdizionale, su iniziativa delle altre amministrazioni interessate (l'ASL e la Regione).

In via subordinata, l'appellante ha spiegato ulteriori motivi di appello, lamentando: 1) la violazione dell'art. 17-bis della l. n. 241 del 1990, che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, opererebbe per tutti gli assensi, concerti e nulla sosta «comunque denominati»; 2) la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, perché il primo giudice non si sarebbe pronunciato sui motivi di ricorso con cui si evidenziava che la delibera di Giunta sull'assenza di fabbisogno regionale, richiamata dagli atti impugnati, riguardava solo la procreazione medicalmente assistita e non le altre attività specialistiche pure oggetto di istanza, e perché, in ogni caso, la valutazione sul fabbisogno avrebbe dovuto essere condotta in concreto e previa adeguata istruttoria; 3) la violazione dei principi di libera iniziativa economica e di libera concorrenza, male interpretati dal primo giudice, non potendo il limite del fabbisogno regionale impedire l'accesso al mercato ai soggetti che offrono privatamente migliori servizi, «restringendo così le possibilità di scelta del presidio di cura da parte del cittadino che abbia deciso di curarsi a proprie spese senza aggravio per l'erario»; 4) l'omesso esame dei motivi di ricorso con cui si faceva valere l'illegittima considerazione, quale motivo ostativo al diniego, della saturazione del fabbisogno regionale, estranea al procedimento in esame; 5) l'omessa pronuncia sul motivo di ricorso con cui si era dedotta la violazione dell'art. 10-bis della l. n. 241 del 1990, non avendo l'amministrazione preso specifica posizione sulla memoria procedimentale dell'appellante.

Si sono costituiti l'ASL e il Comune di Agropoli, aderendo alle tesi del primo giudice e concludendo per il rigetto dell'appello.

Tutte le parti costituite hanno depositato memorie nel corso del giudizio e all'udienza del 10 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il primo motivo di appello, proposto in via principale, è fondato.

2. Come correttamente osservato dall'appellante, la delibera di Giunta regionale n. 7301 del 31 dicembre 2001, che regola la materia per cui è causa, in conformità all'art. 8-ter del d.lgs. n. 229 del 1999, distingue logicamente e cronologicamente i due procedimenti di autorizzazione alla realizzazione di una struttura sanitaria, anche in ampliamento, e di successiva autorizzazione all'esercizio di quella struttura, entrambe di competenza comunale, con il coinvolgimento dell'ASL (in entrambi i procedimenti) e della Regione Campania (nel primo procedimento).

Più in particolare, la prima autorizzazione è presupposto della seconda; nella prima è previsto il parere di una Commissione ASL, che confluisce nel parere di un Commissione regionale e che, nei termini procedimentali ivi indicati, accerta la compatibilità o meno del progetto rispetto al fabbisogno regionale (punto 1.2); nella seconda, invece, è prevista l'acquisizione di un parere dell'ASL limitato al rispetto dei requisiti igienico-sanitari, di sicurezza sul lavoro e di quelli strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi (punti 2 e 2.1).

Nel secondo procedimento, dunque, non è prevista alcuna valutazione della compatibilità con il fabbisogno regionale, e ciò per l'ovvia ragione che tale valutazione deve essere espressa nel primo procedimento, il quale, se esitato positivamente, autorizza il privato alla realizzazione di opere, che spesso presuppongono, come nel caso di specie, costosi investimenti per la realizzazione delle strutture e l'acquisto dei macchinari.

Nel secondo procedimento, che può darsi solo una volta ottenuta l'autorizzazione alla realizzazione della struttura, l'unica verifica rimessa all'amministrazione è allora quella del rispetto dei menzionati requisiti igienico-sanitari, tecnici ed organizzativi.

Nel caso di specie, come si è detto in fatto, l'appellante, con provvedimento del 3 maggio 2016, era stata autorizzata alla realizzazione delle opere necessarie allo svolgimento dell'attività specialistiche oggetto di richiesta, avendo il Comune ritenuto acquisito per silentium, ai sensi dell'art. 17-bis della l. n. 241 del 1990, il parere favorevole della Commissione regionale.

Per quanto sia corretta l'osservazione del primo giudice secondo cui l'art. 17-bis della l. n. 241 del 1990 si applichi solo alle attività co-decisorie e non a quelle consultive (tra le tante, C.d.S., Sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 445; Sez. VI, 14 luglio 2020, n. 4559; Sez. III, 20 giugno 2018, n. 3783; Comm. spec., 13 luglio 2016, n. 1640), resta il fatto che un atto amministrativo illegittimo di natura non regolamentare può essere rimosso in autotutela, sussistendo i presupposti di cui all'art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, ovvero annullato in giudizio a seguito di impugnazione nel termine decadenziale, ma non può essere disapplicato (C.d.S., Sez. IV, 27 febbraio 2020, n. 1439; Sez. V, 17 febbraio 2010, n. 934), a pena di vanificazione della fondamentale esigenza di consolidamento dell'attività amministrativa, esigenza preordinata alla stabilità della regolazione sia dell'interesse pubblico affidato all'amministrazione sia degli altri interessi pubblici e privati coinvolti nell'agere amministrativo.

La compatibilità delle attività con il fabbisogno regionale, dunque, non poteva più essere messa in discussione nel successivo procedimento di autorizzazione all'esercizio delle attività, se non previa rimozione del primo provvedimento, nelle forme e nei limiti previsti dall'ordinamento.

3. Avendo la parte appellante proposto gli altri motivi di gravame solo in via subordinata, essi non devono essere esaminati, in omaggio al principio dispositivo che sorregge anche il processo amministrativo (C.d.S., Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5).

4. Conclusivamente, l'appello deve essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, gli atti impugnati con i ricorsi in primo grado devono essere annullati.

5. Le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza delle amministrazioni resistenti e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione terza), definitivamente pronunciando, sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla gli atti impugnati con i ricorsi in primo grado.

Condanna le amministrazioni resistenti, in solido, a rifondere alla parte ricorrente le spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida in complessive euro 6.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.