Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 14 febbraio 2022, n. 1083

Presidente: Contessa - Estensore: Marzano

FATTO E DIRITTO

1. La dott.ssa Daria P. ha partecipato al bando per l'ammissione alle Scuole di Specializzazione in Medicina a.a. 2013/2014 ed è risultata fra i candidati vincitori presso la Scuola di specializzazione in medicina, Area Medica, SSD MED/25 - Psichiatria per l'a.a. 2013/2014 presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza".

La possibilità di frequentare congiuntamente entrambi i corsi universitari (dottorato di ricerca e scuola di specializzazione) è consentita dalla normativa vigente: l'art. 19, comma 1, lett. c), l. 240/2010 che ha aggiunto all'art. 4 (Dottorato di ricerca) della l. n. 210/1998 il comma 6-bis. Tale disposizione prevede che: "è consentita la frequenza congiunta del corso di specializzazione medica e del corso di dottorato di ricerca. In caso di frequenza congiunta, la durata del corso di dottorato è ridotta ad un minimo di due anni".

Pertanto, la dott.ssa P. ha contattato l'Università al fine di comunicare la propria intenzione di frequentare congiuntamente il corso di dottorato di ricerca in Neuroscienze Clinico Sperimentali e Psichiatria, a.a. 2014/2015, XXX ciclo, e la scuola di specializzazione in medicina, Area Medica, SSD MED/25 - Psichiatria a.a. 2013/2014.

L'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in data 21 gennaio 2015 ha comunicato via e-mail il diniego alla richiesta di frequenza congiunta dei corsi sopra citati in quanto secondo il regolamento dell'ateneo, art. 1, comma 4, "è prevista la frequenza congiunta del corso di dottorato con l'ultimo anno di un corso di specializzazione medica".

La dott.ssa P., in data 11 febbraio 2015, ha presentato istanza di annullamento/revoca in autotutela del suddetto diniego evidenziando che il T.A.R. Lazio, sede di Roma, Sez. III-bis, con sentenza n. 3923/2014, aveva disposto l'annullamento erga omnes del decreto ministeriale n. 45 dell'8 febbraio 2013 nella parte in cui non consente la frequenza congiunta della scuola di specializzazione e del dottorato di ricerca salvo che durante l'ultimo anno di corso della scuola medesima.

L'Università, tuttavia, confermava il diniego precedente "in ottemperanza a quanto disposto dal d.m. 45/2013 e recepito dal regolamento in materia di dottorato di ricerca di questo ateneo".

Avverso tale diniego la dott.ssa P. proponeva ricorso al T.A.R. Lazio, Sede di Roma, chiedendo in via cautelare l'ammissione con riserva alla frequenza del corso di dottorato di ricerca, in quanto l'Università aveva "congelato" l'iscrizione al dottorato per consentire la sola frequenza della scuola di specializzazione.

La domanda veniva accolta in via cautelare con ordinanza n. 1803/2015 (confermata in appello) e, nel merito, con sentenza n. 14372 del 22 dicembre 2015, sul presupposto dell'efficacia erga omnes dell'annullamento della disposizione regolamentare di cui all'art. 7 del d.m. 45/2013, avvenuto con sentenza passata in giudicato n. 3923/2014 dello stesso T.A.R.

Avverso detta sentenza hanno interposto appello il M.I.U.R. con l'Università "La Sapienza", formulando un unico motivo con cui sostengono l'erroneità della sentenza del T.A.R., in quanto, a loro dire, l'annullamento dell'art. 7 del d.m. 45/2013 (nella parte in cui non consente la frequenza congiunta del dottorato di ricerca salvo che durante l'ultimo anno di corso della scuola), disposto con la sentenza n. 3923/2014, avrebbe efficacia limitata alle parti in causa.

La parte appellata si è costituita nel presente grado di giudizio con memoria difensiva, per resistere al gravame.

Con ordinanza n. 1814 del 13 maggio 2016 la Sez. VI ha respinto l'istanza cautelare tenuto conto degli effetti del giudicato di cui alla sentenza del T.A.R. Lazio 10 aprile 2014, n. 3923.

In vista della trattazione del merito l'appellata ha depositato memoria con cui ha insistito per la reiezione dell'appello siccome infondato. Inoltre, rappresentando e documentando che, nelle more, ella ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in data 28 febbraio 2018 ed ha concluso la scuola di specialità in data 17 dicembre 2018, ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere secondo il c.d. principio dell'assorbimento.

All'udienza pubblica del 1° febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione sugli scritti, come da richiesta della parte appellata depositata in data 15 dicembre 2021.

2. L'appello è infondato.

L'art. 4 della l. 3 luglio 2010, n. 210, come modificato dall'art. 19, comma 1, lett. c), della l. 30 dicembre 2010, n. 240, prevede al comma 6-bis, che "è consentita la frequenza congiunta del corso di specializzazione medica e del corso di dottorato di ricerca. In caso di frequenza congiunta, la durata del corso di dottorato è ridotta ad un minimo di due anni".

Il comma 2 dello stesso articolo dispone che un decreto del Ministro, di natura regolamentare, definisca "i criteri e i parametri sulla base dei quali i soggetti accreditati disciplinano, con proprio regolamento, l'istituzione dei corsi di dottorato, le modalità di accesso e di conseguimento del titolo, gli obiettivi formativi e il relativo programma di studi, la durata...".

Tali criteri e parametri sono stati definiti con il d.m. 8 febbraio 2013, n. 45, il quale all'art. 7 (Raccordo tra i corsi di dottorato e le Scuole di specializzazione mediche) prevede inter alia, alla lett. b), che "la frequenza congiunta può essere disposta durante l'ultimo anno della scuola di specializzazione e deve essere compatibile con l'attività e l'impegno previsto dalla scuola medesima a seguito di nulla osta rilasciato dal consiglio della scuola medesima".

La riportata disposizione regolamentare è stata annullata con sentenza del T.A.R. Lazio n. 3923 del 10 aprile 2014, divenuta definitiva, la quale ha osservato che "se al regolamento... era senz'altro attribuito il potere di dettare criteri relativi alle modalità di accesso al dottorato di ricerca, non era invece consentito di introdurre... veri e propri requisiti di accesso alla frequenza congiunta, laddove le prime attengono ad un profilo organizzativo delle posizioni soggettive scolpite dalla norma primaria, nel mentre i secondi introducono veri e propri impedimenti all'esercizio delle stesse. Tanto più che... la frequenza congiunta del corso di specializzazione medica e del dottorato di ricerca era esplicitamente consentita dalla medesima legge (art. 19, comma 1, lett. c, della l. 30 dicembre 2010, n. 240) senza alcuna condizione".

Va, dunque, condivisa la sentenza impugnata laddove ha affermato l'efficacia erga omnes di tale pronuncia annullatoria.

Invero, "è principio consolidato che la decisione di annullamento - che per i limiti soggettivi del giudicato esplica in via ordinaria effetti solo fra le parti in causa - acquista efficacia erga omnes nei casi di atti a contenuto inscindibile, ovvero di atti a contenuto normativo, secondari (regolamenti) o amministrativi generali, rivolti a destinatari indeterminati ed indeterminabili a priori, in relazione ai quali gli effetti dell'annullamento non sono circoscrivibili ai soli ricorrenti, essendosi in presenza di un atto a contenuto generale sostanzialmente e strutturalmente unitario, il quale non può esistere per taluni e non esistere per altri (ex multis, da ultimo, C.d.S., Sez. III, n. 3307 del 2016; Sez. IV, n. 5449 del 2013; Sez. III, n. 2350 del 2012; Sez. V, n. 4390 del 2008; Cass. civ., Sez. I, n. 2734 del 1998)" (C.d.S., Sez. IV, 4 aprile 2018, n. 2097; in termini v. anche id., Sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5868).

Con riferimento al d.m. 8 febbraio 2013, n. 45 non è possibile individuare a priori i singoli destinatari, con la conseguenza che non può operare alcuna limitazione soggettiva dell'annullamento dello stesso.

Tali principi sono ricavabili anche dalla pronuncia dell'Adunanza plenaria n. 11 del 2017, la quale - in una fattispecie in cui veniva in rilievo il termine per proporre ricorso e la sua decorrenza e veniva assunta come rilevante la conoscenza dell'accertamento dell'illegittimità - ha affermato che il sopravvenuto annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non può giovare ai cointeressati che non abbiano tempestivamente proposto il gravame e per i quali, pertanto, si è già verificata una situazione di inoppugnabilità, con conseguente esaurimento del relativo rapporto giuridico, fatta eccezione per l'ipotesi degli atti ad effetti inscindibili.

Conclusivamente, per quanto precede, l'appello deve essere respinto con conferma integrale della sentenza impugnata.

3. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte appellante alle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 2.000,00 (duemila) oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.