Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 3 febbraio 2022, n. 769
Presidente: Franconiero - Estensore: Perotti
FATTO E DIRITTO
Con ricorso al Tribunale amministrativo del Friuli-Venezia Giulia il sig. M. Alessio, consigliere comunale del Comune di Pinzano al Tagliamento, chiedeva ex art. 116 c.p.a. "la dichiarazione di nullità e/o l'annullamento" del diniego e rifiuto opposto dall'amministrazione municipale - con nota prot. n. 5837 del 23 dicembre 2019 - in ordine alla richiesta presentata dallo stesso per l'accesso con uso da remoto al sistema informatico comunale, in particolare al protocollo informatico ed al sistema informatico contabile con utilizzo di credenziali e password, altresì chiedendo che fosse accertato il proprio diritto ad ottenere quanto richiesto.
Lamentava, al riguardo, una presunta "Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 97 Costituzione; violazione e falsa applicazione dell'art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 e degli artt. 22 e ss. l. 241/1990; violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005; violazione falsa applicazione del principio di economicità dell'azione amministrativa; eccesso di potere per contraddittorietà, incongruità, illogicità e irragionevolezza, carenza di istruttoria e di motivazione. Mancata valutazione dei presupposti giuridici - Violazione del giusto procedimento e dell'agire amministrativo - Ingiustizia manifesta".
Costituitosi in giudizio, il Comune intimato sottolineava come il diniego opposto al rilascio a favore del ricorrente di apposite chiavi di accesso per l'accesso da remoto - a sua discrezione - al sistema informatico comunale non fosse in alcun modo volto ad ostacolare il diritto di accesso agli atti da parte del medesimo, essendo stata da subito messa a disposizione del ricorrente una "postazione pc" già presente in sede, utilizzabile con apposite credenziali e password, proprio per garantire il pieno ed effettivo esercizio delle prerogative proprie del mandato amministrativo svolto, secondo modalità analoghe a quelle pretese.
Ancora, l'estrema genericità dell'istanza - avente ad oggetto "l'accesso da postazione remota, tramite utilizzo di apposita password, al sistema informatico del Comune di Pinzano al Tagliamento in relazione a tutti gli uffici dello stesso ed in particolare al protocollo e al programma di contabilità" - dava ad intendere un oggettivo superamento dei limiti propri dell'istanza ex art. 43 d.lgs. n. 267 del 2000, risolvendosi piuttosto in uno strumento (improprio) di controllo generalizzato da remoto degli atti di tutti gli uffici comunali.
Con sentenza 9 luglio 2020, n. 253, il giudice adito respingeva il ricorso.
Avverso tale decisione il sig. M. Alessio interponeva appello, deducendo i seguenti moti[vi] di impugnazione:
1) Violazione dell'art. 3 e 97 Costituzione - Violazione e omessa e/o falsa applicazione dell'art. 43 d.lgs. n. 267/2000 in relazione al d.lgs. n. 82/2005 oltre che al Protocollo d'intesa per la prestazione di servizi forniti nell'ambito del sistema informativo integrato regionale (SIIR) in essere tra la Regione FVG e il Comune di Pinzano e il Repertorio disciplinanti l'accesso ai servizi informatici forniti dalla Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione Regionale (Rupar) - Erronea valutazione dei fatti e dei documenti allegati al giudizio - Erronea motivazione - Ingiustizia manifesta.
2) Violazione dell'art. 3 e 97 Costituzione - Violazione e omessa e/o falsa applicazione del Protocollo d'intesa per la prestazione di servizi forniti nell'ambito del sistema informativo integrato regionale (SIIR) in essere tra la Regione FVG e il Comune di Pinzano e del Repertorio disciplinanti l'accesso ai servizi informatici forniti dalla Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione Regionale (Rupar) in relazione all'art. 43 d.lgs. n. 267/2000 oltre che in relazione al d.lgs. n. 82/2005 - Erronea valutazione dei fatti e dei documenti allegati al giudizio - Erronea motivazione - Ingiustizia manifesta".
Costituitosi in giudizio, il Comune di Pinzano al Tagliamento contestava la fondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.
Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposte memorie, le rispettive tesi difensive ed alla camera di consiglio del 16 dicembre 2021 la causa veniva trattenuta in decisione.
Il ricorso non è fondato.
Come già osservato in analogo precedente (C.d.S., V, 26 maggio 2020, n. 3345), solo in apparenza l'odierno giudizio verte sull'accesso ad atti o documenti, vertendosi piuttosto sull'accessibilità indistinta al sistema informativo integrato, gestionale e direzionale, della pubblica amministrazione.
L'oggetto della contestazione in giudizio, infatti, è non un diniego all'accesso ad un singolo documento amministrativo (ovvero a più, determinati, provvedimenti amministrativi), come è nelle controversie in siffatta materia (art. 116 c.p.a.), ma è, in termini sostanziali, il diniego di un'innovazione organizzativa radicale, che prescinde da singoli atti o documenti e che consiste nella disponibilità, da parte del consigliere comunale, delle credenziali di accesso alla documentazione digitale o digitalizzata di tutta l'attività amministrativa dell'ente territoriale: tale da metterlo in condizione di avere immediato ingresso, a discrezione e senza una ragione particolare, a qualsivoglia - anche se allo stato indeterminato e indeterminabile - passato, presente o futuro atto o documento amministrativo contemplato dal sistema in discorso.
In pratica, si domanda al giudice non di ordinare - rendendo inefficace ex art. 116 c.p.a. il diniego amministrativo - la disponibilità cognitiva di uno o più atti già esistenti, cioè di un determinato procedimento o comunque di un determinato affare o vicenda amministrativa, ma un nuovo atto organizzativo generale dell'amministrazione comunale e regionale (nel suo ruolo di gestore del Rupar), il cui effetto reale si esaurisce nell'attribuire, d'ora in avanti, al suddetto consigliere la successiva possibilità, una volta avute queste chiavi, di acquisire incondizionatamente, anche per fini meramente esplorativi, un patrimonio conoscitivo che potenzialmente è pari alla latitudine dell'intera amministrazione di riferimento (inclusi, evidentemente, i rapporti con terzi, pubblici o privati che siano), dunque eguale al più diretto degli uffici dell'esecutivo comunale ed indipendentemente da ogni relazione effettiva con i ricordati poteri di sindacato propri, nella forma di governo municipale, del consigliere comunale.
Questa considerazione ne implica un'altra: qui non è in contesa la facoltà di accesso del consigliere comunale ad atti dell'amministrazione relativamente alla quale svolge il suo ufficio - facoltà ampiamente evidenziata dalla giurisprudenza amministrativa (sin da C.d.S., V, 17 settembre 2010, n. 6963; 5 settembre 2014, n. 4525) - ma l'ingresso senza più forma, riscontro e vaglio in una strumentazione digitale che continuativamente permetta l'accesso a tutti - nei sensi detti - gli atti dell'amministrazione.
Anche a porre in disparte tale fondamentale questione circa l'oggetto del giudizio (che di suo lascia seriamente dubitare della praticabilità dell'azione in materia di accesso ex art. 116 cit.), va comunque ricordato che le regole legali dell'accesso espressamente o implicitamente commisurano una ragionevole proporzione ed un equilibrio tra gli opposti e meritevoli interessi coinvolti dall'accesso a documenti amministrativi.
La definizione di tali regole corrisponde alla natura fondamentale di interessi che possono esservi antagonisti, come quello al rispetto della vita privata (cfr. Corte cost., 21 febbraio 2019, n. 20), all'ordine ed alla sicurezza pubblica, al mantenimento del segreto d'ufficio (cfr. art. 326 c.p.), ai dati riservati commerciali o industriali di terzi (cfr. art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016) o comunque al rispetto dell'immanente principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), che eleva a principio costituzionale la congruenza, l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione amministrativa: ciò che, per la realtà delle cose, non è dato presumere sempre e comunque compatibile con l'indiscriminata accessibilità qui in questione.
È così ragionevole, adeguato e corrispondente al generale principio di proporzionalità che per ciascuna delle varie tipologie di accesso previste dall'ordinamento (da quella dell'interessato dall'azione amministrativa ex art. 22 l. 7 agosto 1990, n. 241 a quella del cives nel caso del diritto di accesso civico di cui al d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33) siano stabiliti presupposti e modalità specifiche, poiché diversi sono gli interessi di volta in volta in contrapposizione e diversa è la ragione dell'accesso.
Nel caso qui in esame, quanto al soggetto si invoca una fattispecie di accesso sui generis (in quanto distinta dall'accesso documentale ex artt. 22 ss. l. n. 241 del 1990; dall'accesso civico concesso a «chiunque» circa «documenti, informazioni o dati» di cui non sia stata effettuata la pubblicazione, ex art. 5, comma 1, d.lgs. n. 33 del 2013; dall'accesso civico generalizzato in relazione a documenti non assoggettati all'obbligo di pubblicazione, ex art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013): ossia l'accesso proprio del consigliere comunale, che non concretizza una prerogativa personale ma uno strumento per l'esercizio delle funzioni consiliari, di sindacato politico o legislative. Questa utilità definisce il limite intrinseco di questo particolare istituto.
Nel caso di specie, come bene evidenzia il Comune resistente, fermo il diritto di cui all'art. 43, comma 2, del t.u.e.l., non sussisteva alcun diritto del consigliere di minoranza di ottenere le specifiche credenziali di accesso da remoto al protocollo e al sistema informatico comunale/regionale.
Il detto art. 43, comma 2, t.u.e.l. prevede che "I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato". Da esso si evince che: a) il fondamento del diritto di accesso del consigliere comunale trova ragione e limite nell'utile esercizio della funzione di componente dell'organo di cui è parte, sicché accede all'esplicazione, individuale o collegiale, delle funzioni proprie di quell'organo e non è un'attribuzione personale del consigliere medesimo; b) oggetto dell'accesso possono essere non solo provvedimenti o documenti amministrativi ma anche ogni «informazione» o «notizia» relativa all'organizzazione amministrativa e alla gestione delle risorse pubbliche; c) l'accesso non è condizionato alla dimostrazione di un personale interesse (alla conoscenza dell'atto ovvero alla acquisizione dell'informazione) o alla presentazione di una giustificazione.
In ogni caso, quanto a contenuto, non si tratta di un diritto assoluto e senza limiti: lo si ricava dalla particolare funzione pubblica consiliare cui è servente questo tipo di accesso, che lo contiene nei termini dei definiti poteri del Consiglio comunale (essendo l'accesso strumentale all'esercizio del mandato consiliare).
Perciò il particolare diritto di accesso del consigliere non è illimitato, vista la sua potenziale pervasività e la capacità di interferenza con altri interessi primariamente tutelati (in termini, C.d.S., V, 2 gennaio 2019, n. 12 che spiega: "Del resto, la finalizzazione dell'accesso ai documenti in relazione all'espletamento del mandato costituisce il presupposto legittimante ma anche il limite dello stesso, configurandosi come funzionale allo svolgimento dei compiti del consigliere").
Occorre così che un tale particolare accesso, per essere funzionalmente correlato al migliore svolgimento del mandato consiliare: a) non incida sulle prerogative proprie degli altri organi comunali, a necessaria garanzia delle funzioni che a questi (il Sindaco e la Giunta) e non al Consiglio l'ordinamento attribuisce, nel quadro dell'assetto dell'ente; b) non sia in contrasto con il principio costituzionale di razionalità e buon funzionamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.); c) avvenga con modalità corrispondenti al livello di digitalizzazione della amministrazione (cfr. art. 2, comma 1, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82).
In questi termini correttamente ha osservato il primo giudice che "al ricorrente non è stata assolutamente denegata la possibilità di esercitare il diritto di spettanza ma unicamente di aver accesso da postazione remota [...] è pacifico e innegabile che l'esercizio del diritto in questione non risulta allo stato, in alcun modo compromesso o limitato, dato che il Comune ha, comunque, assicurato all'odierno ricorrente che «ove richiesto, potrà essere messa a Sua disposizione presso gli uffici dell'Ente una postazione pc alla quale potrà accedere tramite utilizzo di apposite credenziali per la consultazione telematica delle notizie necessarie in ragione dell'esercizio delle sue funzioni»", dovendosi appunto ritenere - come già anticipato in precedenza - che la controversia non aveva in realtà ad oggetto un'ipotesi di diniego di accesso agli atti, bensì la legittimità o meno della pretesa di un consigliere comunale di ottenere una particolare (e generalizzata) modalità di accesso online: in breve, la possibilità di accedere ai dati comunali da una qualsiasi postazione, piuttosto che limitatamente da quella a ciò specificatamente dedicata dal Comune.
Con il secondo motivo di appello viene invece dedotto che la sentenza impugnata si porrebbe in contrasto con il Protocollo d'intesa tra la Regione ed il Comune di Pinzano per la prestazione dei servizi forniti nell'ambito del sistema informativo integrale regionale (SIIR). Ciò troverebbe in particolare conferma nella circostanza che il gestore del servizio (come già detto, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia) nel frattempo avrebbe attivato l'accesso da remoto al Protocollo informatico dell'ente in favore di un altro Consigliere di minoranza.
Il motivo è manifestamente inammissibile per genericità, limitandosi l'appellante a fondare la sua censura "sulla scorta della normativa di riferimento applicabile al caso in contesto [art. 43 d.lgs. n. 267/2000 in relazione al d.lgs. n. 82/2005 oltre che al Protocollo d'intesa per la prestazione di servizi forniti nell'ambito del sistema informativo integrato regionale (SIIR) in essere tra la Regione FVG e il Comune di Pinzano e il Repertorio disciplinanti l'accesso ai servizi informatici forniti dalla Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione Regionale (Rupar)]".
In ogni caso, le considerazioni esposte in precedenza in ordine al primo motivo di gravame varrebbero a dare atto della sua infondatezza nel merito.
Alla luce delle considerazioni che precedono, l'appello va dunque respinto.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'appellante al pagamento, in favore del Comune di Pinzano al Tagliamento, delle spese di lite dell'attuale grado di giudizio, che liquida complessivamente in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre Iva e Cpa se dovute.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione conferma Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia, sentenza 9 luglio 2020, n. 253.