Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
Sezione I
Sentenza 12 maggio 2021, n. 431

Presidente: Caruso - Estensore: Morbelli

FATTO

La società La Marina s.r.l. ha impugnato il provvedimento in epigrafe nonché le presupposte norme del PUC di Sestri Levante.

La ricorrente ha esposto nella narrativa in fatto di essere proprietaria dell'immobile sito in Sestri Levante, Viale Vittorio Veneto, n. 2.

In data 16 novembre 1994, il Comune di Sestri Levante rilasciava alla dante causa della ricorrente Società Tigullio Riviera s.r.l., la concessione edilizia n. 128 a mezzo della quale era prevista la ristrutturazione con contestuale mutamento di destinazione d'uso in abitativo dell'immobile de quo denominato "Grande Albergo".

Iniziati i lavori in data primo dicembre 1995, tuttavia, la società Tigullio Riviera s.p.a. e l'amministrazione comunale addivenivano ad un accordo in forza sarebbe stata realizzata una ristrutturazione dell'immobile con mantenimento di un 50% a destinazione turistico-ricettiva e la trasformazione del restante 50% in residenziale.

La società Tigullio Riviera s.r.l., presentava, pertanto, un nuovo progetto a seguito del quale veniva adottato un piano particolareggiato di iniziativa privata, il quale prevedeva, tra l'altro, la ristrutturazione dell'immobile de quo.

All'adozione del piano particolareggiato faceva seguito, in data 8 giugno 1998, la sottoscrizione della convezione urbanistica tra la società e il Comune di Sestri Levante. Tale convenzione conteneva all'art. 14 la previsione secondo "la società per sé e per i suoi aventi causa a qualsiasi titolo si obbliga nei confronti del Comune di Sestri Levante a mantenere la destinazione alberghiera della porzione di immobile ristrutturando (destinata ad attività ricettiva) per la durata di almeno dieci anni dalla data di ultimazione dell'intervento".

Venivano, pertanto, rilasciate due distinte concessioni edilizie: a) la concessione n. 47 del 10 settembre 1998, relativa alla porzione di immobile ad uso residenziale; b) la concessione n. 48 del 10 settembre 1998, relativa alla porzione di immobile ad uso alberghiero.

Nell'agosto del 2003 l'intervento era ultimato.

In data 20 luglio 2017, la Società ricorrente depositava presso l'Amministrazione comunale, SCIA edilizia per la ristrutturazione e contestuale mutamento della destinazione d'uso da alberghiero a residenziale dell'immobile di sua proprietà.

Con il provvedimento in data 27 luglio 2017, prot. n. 2017/26170, il Comune di Sestri Levante, notificava alla Società ricorrente l'ordine di non effettuare l'intervento.

Il provvedimento era fondato su due ordini di ragioni.

Da un primo punto di vista, al cambiamento di destinazione d'uso osterebbe la previsione dell'art. 38 norme di conformità e congruenza del PUC di Sestri Levante che ha confermato la vigenza del piano particolareggiato che prevedeva a sua volta la destinazione alberghiera per il 50% dell'immobile de quo. In tale ottica a nulla rileverebbe l'impegno contenuto nella convenzione 8 giugno 1998 atteso che tale impegno avrebbe avuto l'esclusiva finalità di beneficiare di una quota ridotta di oneri di costruzione.

Da un secondo punto di vista, l'intervento sarebbe precluso dalla entrata in vigore medio tempore della l.r. 1/2008 che ha introdotto il vincolo alberghiero di talché l'immobile è inserito nell'elenco degli alberghi approvato [c]on determinazione dirigenziale 4 aprile 2016, n. 618.

Il ricorso è stato affidato ai seguenti motivi:

1) violazione dell'art. 16 della l. 17 agosto 1942, n. 1150 e s.m.i., in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., e dell'art. 19 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. Violazione dell'art. 42 Cost. Violazione dei principi di proporzionalità dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di istruttoria. Difetto di motivazione. Travisamento. Nullità. La vigenza del piano particolareggiato sarebbe soltanto decennale, una vigenza ulteriore potrebbe ipotizzarsi solo per la parte di piano non realizzata;

2) violazione e falsa applicazione dell'art. 38 delle N.C.C. del P.U.C. di Sestri Levante, in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., e dell'art. 19 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. Violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di istruttoria. Difetto di motivazione. Travisamento. Il provvedimento impugnato confliggerebbe con le previsioni della convenzione urbanistica che limitavano a dieci anni l'obbligo di mantenere la destinazione alberghiera. La convenzione sarebbe attuativa e integrativa del piano particolareggiato sicché, anche a ritenerne la vigenza attuale, lo stesso non sarebbe preclusivo alla realizzazione dell'intervento. Peraltro la destinazione residenziale non sarebbe esclusa dall'area oggetto della disciplina del piano particolareggiato;

3) violazione e falsa applicazione dell'art. 14, della convezione urbanistica sottoscritta tra le parti con atto a rogito Notaio Dott. Francesco Giampetruzzi, racc. n. 4881, rep. n. 43186, in data 8 giugno 1998, in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 19 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. Violazione dei principi in materia di proporzionalità dell'azione amministrativa. Violazione del principio dell'affidamento. Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di istruttoria. Difetto di motivazione. Travisamento. La ricorrente (la dante causa della ricorrente) era titolare di una concessione edilizia per la trasformazione dell'immobile in residenziale. Ciò costituirebbe il presupposto per l'esenzione dell'assoggettamento a vincolo dell'immobile, atteso che l'intervento di mutamento di destinazione d'uso era già stato precedentemente assentito;

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della l.r. 7 febbraio 2008, n. 1 e s.m.i., in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 19 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. Violazione dei principi in materia di proporzionalità dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria. Difetto di motivazione. Travisamento. L'Amministrazione Comunale avrebbe dovuto invitare la Società ricorrente a proporre istanza di svincolo ai sensi del predetto secondo comma dell'art. 2 della l.r. 7 febbraio 2008, n. [1] e s.m.i., invece che illegittimamente determinarsi nell'inibire tout court la realizzazione dell'intervento de quo. E ciò in ossequio all'obbligo di invito alla conformazione contenuto nell'art. 19 l. 241/1990;

5) violazione e falsa applicazione dell'art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 19 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. Violazione del principio dell'affidamento. Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto. Il provvedimento impugnato sarebbe lesivo dell'affidamento riposto dalla ricorrente nella possibilità contemplata dall'art. 14 dalla convenzione urbanistica 8 giugno 1998 di potere mutare la destinazione d'uso dell'immobile decorsi dieci anni dal completamento dei lavori.

La ricorrente ha concluso per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento del provvedimento impugnato, con vittoria di spese e onorari di giudizio.

È stata formulata altresì domanda risarcitoria.

All'udienza pubblica del 24 marzo 2021, celebrata con modalità telematiche, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è rivolto avverso il provvedimento 27 luglio 2017, n. 31764 del Comune di Sestri Levante avente ad oggetto "Segnalazione certificata di inizio attività edilizia (art. 23 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i. - art. 19 l. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.) per mutamento destinazione d'uso da alberghiera a residenziale e frazionamento dell'immobile in Viale Vittorio Veneto n. 2. Ordine di non effettuare l'intervento" nonché avverso le presupposte norma di conformità e congruenza del P.U.C. di Sestri Levante.

Il ricorso non è fondato.

Occorre rilevare, preliminarmente, come con SCIA 20 luglio 2017 la ricorrente segnalasse l'avvio di opere finalizzate alla ristrutturazione e contestuale mutamento della destinazione d'uso da alberghiero a residenziale dell'immobile di sua proprietà.

Il provvedimento inibitorio è stato motivato con un duplice ordine di ragioni.

Da un lato, l'art. 38 delle norme di conformità e congruenza del PUC di Sestri Levante ha confermato la vigenza del piano particolareggiato di iniziativa privata che prevedeva, a sua volta, per l'immobile de quo la destinazione alberghiera per il 50%.

Dall'altro lato, la vigenza della l.r. 1/2008, che ha imposto il vincolo alberghiero sugli immobili esistenti ed aventi destinazione alberghiera, al momento di entrata in vigore della legge.

Il Collegio ritiene, avuto riguardo al criterio della ragione più liquida, di esaminare i motivi che si appuntano avverso questo secondo aspetto della motivazione del provvedimento impugnato relativo alla presenza del c.d. "vincolo alberghiero" sull'immobile.

A tal riguardo occorre premettere come l'art. 2, comma 1, l.r. 7 febbraio 2008, n. 1 nel testo vigente ratione temporis stabilisse «Dalla data di entrata in vigore della presente legge, le strutture ricettive classificate "albergo" e le relative aree asservite e di pertinenza, ai sensi della normativa vigente in materia, quelle la cui attività sia cessata e non ancora oggetto di interventi di trasformazione in una diversa destinazione assentiti con titoli abilitativi edilizi già rilasciati in data anteriore, quelle in corso di realizzazione e quelle realizzate successivamente o divenute successivamente tali, sono soggette a specifico vincolo di destinazione d'uso ad albergo, con divieto di modificare tale destinazione, se non alle condizioni previste dai commi 4 e 5».

La ristrutturazione di cui alla concessione n. 48 del 10 settembre 1998, relativa alla porzione di immobile ad uso alberghiero si è conclusa nell'anno 2003 di talché l'immobile a far data dall'entrata in vigore della l.r. 1/2008 è stato assoggettato ex lege al regime vincolistico.

Da altro punto di vista, la rimozione del vincolo alberghiero non può avvenire mediante semplice SCIA ma deve avvenire secondo la procedura contemplata dall'art. 2, comma 2, l.r. 1/2008 che prevede una motivata istanza di svincolo sulla quale deve pronunciarsi il Comune che dovrà accertare il ricorrere delle condizioni contemplate nello stesso art. 2, comma 2, l.r. 1/2008.

Nella fattispecie la SCIA presentata in data 20 luglio 2017 non può essere qualificata come istanza di svincolo.

L'amministrazione, pertanto, non poteva assumere provvedimento di contenuto difforme da quello in concreto adottato.

L'esame dei motivi che si appuntano avverso questa parte del provvedimento ne evidenzia la infondatezza.

Con il quarto motivo la ricorrente sostiene che l'immobile non sarebbe soggetto al vincolo alberghiero atteso che la sua dante causa avrebbe ottenuto la concessione edilizia 16 novembre 1994, n. 128 che la autorizzava al mutamento di destinazione d'uso. L'efficacia di tale titolo edilizio sarebbe stata sospesa ma, al venir meno delle condizioni in forza delle quali tale efficacia sarebbe stata sospesa, questa si riespanderebbe.

La ricorrente, pertanto, sarebbe titolare di una concessione che la abiliterebbe ad effettuare la modificazione della destinazione d'uso precedente all'entrata in vigore della legge.

La tesi non persuade.

L'art. 4 l. 10/1977, vigente al momento del rilascio della concessione 16 novembre 1994, n. 128, prevedeva che il termine di inizio lavori fosse di un anno dal rilascio del titolo. Decorso tale termine la concessione doveva ritenersi decaduta.

L'effetto decadenziale del permesso di costruire si riconnette al mero dato fattuale del mancato avvio o della mancata conclusione dei lavori entro i termini fissati dalla legge, giacché la decadenza del permesso di costruire costituisce effetto automatico del trascorrere del tempo; pertanto, l'eventuale pronuncia di decadenza del permesso di costruire ha carattere strettamente vincolato all'accertamento del mancato inizio e completamento dei lavori entro i termini stabiliti dalla norma stessa ed ha natura ricognitiva del venir meno degli effetti del permesso di costruire per l'inerzia del titolare a darvi attuazione (C.d.S., I, 24 novembre 2020, n. 1932).

Non solo la circostanza che fossero state rilasciate altre concessioni edilizie rende evidente il venir meno dell'interesse in allora alla realizzazione del mutamento di destinazione d'uso totale, tanto è vero che gli assetti dei reciproci interessi sono stati consacrati nel piano particolareggiato che ha previsto che il 50% della destinazione d'uso dell'immobile dovesse essere alberghiera.

Con il quinto motivo la ricorrente sostiene che l'amministrazione non avrebbe potuto inibire la SCIA senza preventivamente invitare la ricorrente a conformarsi presentando la domanda di svincolo.

Anche questa prospettazione è priva di persuasività.

La presentazione di una istanza di svincolo alberghiero non può essere intesa come attività di conformazione del richiedente la SCIA.

Infatti l'esito della domanda di svincolo non dipende dalla mera volontà conformativa del richiedente ma da un complesso procedimento, finalizzato ad accertare nel caso di specie la ricorrenza delle ipotesi di svincolo previste dalla legge. In altre parole, il provvedimento di svincolo, che costituiva il presupposto della SCIA, non poteva essere oggetto di conformazione, né la conformazione poteva essere limitata alla semplice presentazione della istanza di svincolo, stante gli esiti incerti di tale istanza.

Con il sesto motivo, la ricorrente lamenta la lesione del proprio affidamento nella durata limitata del vincolo di destinazione alberghiera impresso con la convenzione urbanistica 8 giugno 1998.

Il motivo non è fondato.

La violazione dell'affidamento deriva non già dal comportamento del Comune quanto, piuttosto, dall'entrata in vigore della legge che ha imposto il vincolo alberghiero.

Nessuna censura può, pertanto, essere formulata nei confronti del Comune di Sestri Levante.

L'infondatezza dei motivi così come analizzati comporta l'infondatezza dell'intero ricorso alla luce del pacifico orientamento in tema di atti plurimotivati secondo cui: "Qualora una determinazione amministrativa sia fondata su di una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali idonea a supportarla in maniera autonoma, è sufficiente che anche una sola di esse resista alle censure mosse in sede giurisdizionale, perché sia respinta la domanda di annullamento" (C.d.S., V, 7 gennaio 2021, n. 204).

Sussistono i presupposti di legge, avuto riguardo al contenuto dell'art. 14 della convenzione urbanistica 8 giugno 1998, per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.