Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
Catania, Sezione II
Sentenza 9 ottobre 2020, n. 2537
Presidente: Brugaletta - Estensore: Barone
FATTO E DIRITTO
Il ricorrente - già Esperto del Sindaco di Francofonte e difensore dell'ente - ha incardinato vari giudizi innanzi al giudice ordinario al fine di ottenere la liquidazione dei compensi per l'attività difensiva svolta; nella pendenza dei procedimenti le parti hanno, tuttavia, hanno deciso di definire in via conciliativa le controversie giudiziali pendenti e di prevenire l'insorgere di altro contenzioso con la sottoscrizione di una transazione.
Il Comune di Francofonte, quindi, con Deliberazione della G.M. n. 155 dell'11 Settembre 2017 approvava la transazione con il professionista, che veniva sottoscritta nella medesima data, prevedendo in euro 215.000,00, al lordo degli accessori di legge, il corrispettivo da corrispondere al medesimo, secondo un piano di ammortamento previsto, l'abbandono dei giudizi pendenti, nonché la conferma al professionista dei mandati già conferiti per le cause ancora pendenti, fino alla definizione nel grado.
Con deliberazione n. 247 del 3 dicembre 2018 il Comune di Francofonte ha deliberato di procedere all'annullamento in autotutela, ai sensi dell'art. 21-nonies della l. 241/1990, della Deliberazione della G.M. n. 155 dell'11 settembre 2017 avente ad oggetto: "Approvazione schema di transazione tra il Comune di Francofonte e l'avv. Maurizio V.", nonché di autorizzare il Responsabile del 1° Settore ad adottare gli atti consequenziali, ivi compresi quelli necessari al recupero delle somme sino ad oggi indebitamente corrisposte dal Comune di Francofonte. Inoltre, il Comune di Francofonte con determinazione n. 131 del 10 dicembre 2018 ha determinato "... di risolvere, con effetto immediato, l'atto transattivo sottoscritto in data 11 settembre 2017 tra il Comune di Francofonte e l'avv. Maurizio V.", richiamando la deliberazione della Giunta Comunale di Francofonte n. 247 del 3 dicembre 2018.
Con il ricorso in esame, notificato il 3 gennaio 2019, il ricorrente ha chiesto l'annullamento della deliberazione di G.M. n. 247/2018 (annullamento in autotutela della transazione) e della determinazione n. 131/2018 (risoluzione unilaterale) e ha dedotto censure di violazione e falsa applicazione di legge, eccesso di potere, difetto di attribuzione e difetto di motivazione con le quali ha sostanzialmente contestato la sussistenza del potere dell'amministrazione di agire in autotutela sulla precedente transazione di sciogliersi unilateralmente da un vincolo contrattuale ritenuto invalido, e senza previamente ottenere, a tal fine, un intervento giurisdizionale del giudice competente.
Il Comune di Francofonte si è costituito in giudizio e ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla situazione soggettiva azionata da parte ricorrente scaturente dal contratto di transazione sopra citato; ha, inoltre, controdedotto ai motivi di ricorso chiedendone il rigetto.
Con memoria depositata il 4 settembre 2020 il ricorrente ha replicato all'eccezione sollevata dalla difesa dell'ente sostenendo che gli atti impugnati costituiscono esercizio di potestà pubblicistica di annullamento in autotutela di precedenti atti e ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2020, il ricorso è stato trattenuto in decisione come da verbale.
Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Giova premettere che, per costante orientamento giurisprudenziale, la giurisdizione si determina in base al criterio del c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 3 aprile 2019, n. 2196; C.d.S., Sez. IV, 5 gennaio 2018, n. 63; Cass., Sez. un., 7 marzo 2003, n. 5508, 17 gennaio 2002, n. 489, 23 febbraio 2001, n. 64).
Nel caso di specie, ove vengono sostanzialmente in rilievo questioni afferenti alla remunerazione delle prestazioni lavorative nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato poi definite con un atto di transazione già sottoscritto tra le parti; la controversia riguarda, quindi, l'esecuzione di un contratto transattivo, caratterizzata dall'esistenza tra le stesse di un rapporto paritario (incompatibile con l'esercizio di poteri autoritativi da parte del contraente pubblico), rispetto al quale sono ravvisabili solo posizioni di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.
A una diversa conclusione non può nemmeno indurre la qualificazione della delibera di G.M. n. 247/2018 in termini di "annullamento in autotutela" della precedente deliberazione di approvazione dello schema di transazione, dovendosi essa piuttosto, configurarsi quale atto di recesso dalla transazione, trovando, invero, applicazione nel caso di specie il principio costantemente affermato in giurisprudenza secondo cui rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative a un qualsiasi atto - a prescindere dal nomen utilizzato: annullamento, revoca, ritiro, recesso, dichiarazione di nullità contrattuale - con il quale la stazione appaltante pubblica si ritiri ex post da un contratto già stipulato; infatti, la sottoscrizione dell'atto negoziale comporta il definitivo passaggio dalla fase pubblicistica (ove l'amministratore conserva poteri autoritativi di intervento in autotutela sugli atti amministrativi prodromici alla stipula) a quella privatistica, durante la quale il potere di autotutela scompare e il ritiro dal contratto si configura, nella sostanza, alla stregua di un recesso privatistico (Cass. civ., Sez. un., 9 ottobre 2017, n. 23600; 6 settembre 2010, n. 19046; C.d.S., Sez. III, 31 luglio 2018, n. 4729; Sez. V, 22 maggio 2015, n. 2562; Sez. V, 30 luglio 2014, n. 4025; cfr. anche C.d.S., Ad. plen., n. 13/2014, che ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del g.a. il ricorso proposto avverso la deliberazione della Giunta regionale con la quale è stata parzialmente annullata d'ufficio, ai sensi dell'art. 21-nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241, la precedente deliberazione della stessa Giunta recante l'autorizzazione alla stipulazione di contratti di derivati).
Va conseguentemente dichiarato il difetto di giurisdizione di questo T.A.R. in favore del Giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto entro il termine perentorio di tre mesi, decorrente dal passaggio in giudicato della presente sentenza, con conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda, in applicazione dell'art. 11, comma 2, c.p.a.
In considerazione della natura rituale della pronuncia, le spese possono essere integralmente compensate, tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione ed indica munita di giurisdizione nella causa l'Autorità Giudiziaria Ordinaria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.