Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 30 settembre 2020, n. 5732
Presidente: Barra Caracciolo - Estensore: Grasso
FATTO
1. Con avviso pubblico del 21 febbraio 2017, la Prefettura di Taranto indiceva una procedura di gara aperta, ai sensi degli artt. 59 e 60 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per l'affidamento, mediante accordo quadro, del servizio di temporanea accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, per il periodo 1° maggio 2017-31 dicembre 2017, salvo proroga (C.I.G.: 698945049A).
In particolare, l'art. 3 dell'Avviso pubblico disponeva:
a) che "le strutture di accoglienza [avrebbero dovuto] essere dislocate nell'ambito territoriale della provincia di Taranto";
b) che "la ripartizione dei posti di accoglienza [sarebbe avvenuta] tra i comuni della provincia proporzionalmente alla rispettiva popolazione residente, con esclusione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 2.000 abitanti, per i quali, secondo istruzioni ministeriali, [era] stata prevista l'accoglienza di almeno 6 cittadini richiedenti protezione internazionale";
c) che "ai fini del riparto, si [era] tenuto conto della presenza di strutture S.P.R.A.R. in alcuni territori comunali (Carosino, Grottaglie, Manduria, Martina Franca, Maruggio, Massafra, Palagiano, San Marzano di San Giuseppe, Torricella) e della loro capienza";
d) che, pertanto i posti sarebbero stati dislocati in modi da riservarne 711 al Comune di Taranto.
Il successivo art. 7, punto b), del ridetto Avviso pubblico disponeva che "[potessero] partecipare alla procedura i concorrenti di cui al punto precedente, per i quali: 1) non sussist[essero] le cause di esclusione di cui all'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016".
2. Alla summenzionata procedura ad evidenza pubblica partecipava la costituenda ATI Coop. Indaco Service a r.l., la quale offriva la disponibilità dei seguenti posti:
- n. 230 posti a Taranto, di cui n. 20 presso la struttura di via Cesare Battisti n. 587 e n. 210 posti presso i n. 3 plessi presenti nella struttura di via Santa Maria del Galeso, contrada Teresiola snc (denominata ex Convento Padri Passionisti);
- n. 80 posti a Ginosa;
- n. 86 posti a Manduria;
- n. 57 posti a Sava.
3. Al termine delle operazioni concernenti la valutazione della documentazione amministrativa della relativa procedura, la Commissione valutatrice ammetteva esclusivamente n. 3 strutture offerte dalla appellante per Taranto con n. 180 posti complessivi (quella di via Cesare Battisti e solo n. 2 plessi - su n. 3 offerti - presenti nella struttura di via Santa Maria del Galeso), escludendo le restanti strutture individuate su Taranto (un plesso presente nella struttura di via Santa Maria del Galeso) e quelle di Ginosa, Manduria e Sava.
4. In seguito alla valutazione delle offerte tecniche ed economiche pervenute, la Commissione di gara aggiudicava provvisoriamente il servizio de quo alla coop. Indaco Service, la quale si posizionava al 14° posto nella graduatoria provvisoria con punti 31,76.
5. Con istanze di accesso agli atti amministrativi del 16 maggio 2017, 20 giugno 2017 e del 10 agosto 2017, l'aggiudicataria provvisoria chiedeva copia di tutti i verbali di gara, nonché dell'offerta amministrativa e tecnica delle altre partecipanti, con relativi allegati.
6. Nelle more dell'espletamento della suddetta procedura di gara, la Prefettura di Taranto, con decreto prot. n. 25212/2017/s.c.g.f. del 26 giugno 2017, disponeva la risoluzione di un precedente contratto stipulato il 19 dicembre 2016 con la Coop. Indaco Service, per un presunto grave inadempimento nell'esecuzione di un altro servizio di accoglienza in favore di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale (CIG: 6539492F80).
Conseguentemente, la Coop. Indaco Service, con ulteriore istanza di accesso agli atti amministrativi del 13 luglio 2017 (a firma del proprio difensore), che veniva riscontrata solo in data 9 agosto 2017, chiedeva alla Prefettura la copia degli atti inerenti la predetta risoluzione contrattuale, al dichiarato fine di "valutare la legittimità delle penali applicate [...] dalla Prefettura di Taranto ai sensi dell'art. 13 della convenzione disciplinante l'esecuzione del servizio di prima accoglienza per n. 180 cittadini stranieri temporaneamente presenti sul territorio nonché per valutare di proporre ricorso giurisdizionale avverso la risoluzione contrattuale disposta dalla Prefettura di Taranto il 26.06.2017".
7. Il Viceprefetto Vicario della Prefettura di Taranto, con nota prot. n. 27579/2017 del 13 luglio 2017, pubblicata sul sito Internet dell'Ente in data 17 luglio 2017, disponeva l'esclusione della Coop. Indaco Service dalla suddetta procedura di gara, richiamando il proprio precedente decreto prot. n. 25212/2017/s.c.g.f. del 26 giugno 2017, con cui era stata disposta la risoluzione per un presunto grave inadempimento del contratto del 19 dicembre 2016, relativo ad un precedente servizio di accoglienza in favore di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale (CIG: 6539492F80), sostenendo che "il contestato comportamento della Cooperativa costituis[se] una grave inadempienza contrattuale che non garanti[va] il necessario rapporto fiduciario nelle attività negoziali con la Pubblica Amministrazione".
Con lo stesso provvedimento, la Prefettura di Taranto aggiudicava in via definitiva il servizio in favore degli altri concorrenti.
8. Avverso il provvedimento di esclusione, la costituenda ATI Coop. Indaco Service proponeva ricorso innanzi al Tribunale amministrativo per la Puglia - Lecce, chiedendo l'annullamento, previa concessione di idonea misura cautelare, dei provvedimenti impugnati.
9. L'adito giudice, con sentenza in forma semplificata n. 1470/2017 respingeva il ricorso, sul complessivo assunto che:
a) "l'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 prevede che: «Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni [...]: [...] c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio [...]»;
b) "la predetta risoluzione contrattuale, nel caso in oggetto, non risultava impugnata né al momento del gravato provvedimento di esclusione né alla odierna camera di consiglio";
c) pertanto, "il richiamo operato dalla difesa della Cooperativa alla previsione dell'art. 80, comma 5, lett. c), ultima parte non [poteva] essere condiviso, non essendo, appunto, almeno allo stato, la precedente anticipata risoluzione contrattuale censurata in giudizio (e non potendosi ritenere che la norma in parola, già di dubbia interpretazione ove letta nel senso di privare di rilevanza le risoluzioni oggetto di contestazione fino alla loro inoppugnabilità, porti alla paradossale conseguenza per cui la p.a. debba addirittura attendere l'assenza di future, eventuali iniziative giudiziarie dei concorrenti, iniziative sottoposte peraltro dal c.p.a. a termini processuali evidentemente non in linea con gli interessi oggetto dei procedimenti e dei processi amministrativi in tema di appalti)".
Anche il secondo motivo di censura era ritenuto infondato "non prescrivendo l'art. 80, comma 5, lett. c) una fase di preventivo contraddittorio e non avendo le linee guida ANAC richiamate carattere normativo".
10. La sentenza veniva impugnata dalla soc. Indaco Service, che ne lamentava l'incongruenza e l'insufficienza della motivazione.
In particolare, La Coop. Indaco Service aveva censurato, innanzi primo giudice, il provvedimento della Prefettura con cui era stata disposta la sua esclusione dalla procedura di gara in conseguenza della risoluzione di un precedente contratto d'appalto, sul rilievo che, a mente dell'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, la Stazione appaltante potesse escludere l'operatore economico unicamente nel caso in cui si fosse prestata acquiescenza al provvedimento di risoluzione o che lo stesso fosse stato confermato in sede giurisdizionale con una pronuncia definitiva.
La sentenza, per contro, respingeva la censura, perché "... la predetta risoluzione contrattuale, nel caso in oggetto, non risultava impugnata né al momento del gravato provvedimento di esclusione né alla odierna camera di consiglio. Ritenuto, dunque, che il richiamo operato dalla difesa della Cooperativa alla previsione dell'art. 80, comma 5, lett. c), ultima parte non può essere condiviso, non essendo, appunto, almeno allo stato, la precedente anticipata risoluzione contrattuale censurata in giudizio (e non potendosi ritenere che la norma in parola, già di dubbia interpretazione ove letta nel senso di privare di rilevanza le risoluzioni oggetto di contestazione fino alla loro inoppugnabilità, porti alla paradossale conseguenza per cui la p.a. debba addirittura attendere l'assenza di future, eventuali iniziative giudiziarie dei concorrenti, iniziative sottoposte peraltro dal c.p.a. a termini processuali evidentemente non in linea con gli interessi oggetto dei procedimenti e dei processi amministrativi in tema di appalti)...".
Tale assunto è ritenuto non condivisibile, posto che - sulla base di una interpretazione letterale dell'80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 - sarebbe dato evincere che la causa di esclusione opera solo se al provvedimento di risoluzione sia stata prestata acquiescenza dall'operatore economico o che sia diventato inoppugnabile, oppure che la risoluzione contrattuale sia stata confermata in sede giurisdizionale con una pronuncia passata in giudicato.
La legge avrebbe, invero, inteso perseguire finalità di semplificazione probatoria, in quanto la mancata produzione di tali effetti tipicizzati (cui si aggiungono la condanna al risarcimento del danno o l'applicazione di altre sanzioni) renderebbe ben più complesso fornire la prova incontestabile che il pregresso inadempimento è stato significativo, secondo una scelta che appare in linea con gli orientamenti della giurisprudenza comunitaria (cfr. C.d.S., Commissione speciale, parere 3 novembre 2016, n. 2286, reso sulle Linee-Guida ANAC, recanti l'indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto d'appalto, in attuazione del comma 13 dello stesso art. 80).
Peraltro l'acquiescenza è regolata dall'art. 329 c.p.c., in modo che si potrebbe verificare in caso di "rinuncia espressa all'impugnazione" del provvedimento lesivo, oppure in caso di "comportamenti concludenti" inequivocabilmente incompatibili con la volontà del soggetto di contestarne giudizialmente la legittimità.
In altri termini, l'acquiescenza potrebbe essere ravvisata solo in presenza di una volontà univoca del destinatario del provvedimento di accettarne gli effetti: volontà che dovrebbe risultare in presenza di atti o comportamenti univoci, posti in essere liberamente dal destinatario dell'atto, dimostranti la chiara ed incondizionata volontà di accettarne gli effetti e l'operatività.
Ne discenderebbe che l'art. 80, comma 5, lett. c), renderebbe irrilevante - ai fini della esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara pubbliche - la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o di concessione a cui non fosse stata prestata acquiescenza, che sia ancora sub iudice od ancora nei termini per essere impugnata.
Nella specie, l'odierna appellante non aveva prestato acquiescenza al decreto prefettizio che aveva disposto la risoluzione contrattuale, non essendo ancora decorsi i termini per impugnare o proporre contestazioni in giustizia, l'atto di citazione essendo asseritamente in fase di ultimazione.
A ciò andrebbe aggiunga l'ulteriore circostanza che la Coop. Indaco Service, con l'istanza di accesso agli atti amministrativi del 13 luglio 2017 a firma del proprio difensore, aveva richiesto la documentazione alla Prefettura di Taranto al fine di "valutare la legittimità delle penali applicate [...] nonché per valutare di proporre ricorso giurisdizionale avverso la risoluzione contrattuale disposta dalla Prefettura di Taranto il 26.06.2017".
Con ciò, la società avrebbe palesato la volontà di non aderire al contenuto del suddetto provvedimento di risoluzione contrattuale, subordinando la tutela giurisdizionale ad una valutazione della documentazione in possesso dell'Amministrazione.
A ciò andava aggiunto che la Prefettura di Taranto aveva provveduto all'ostensione della documentazione richiesta (relativa alla risoluzione contrattuale) solo in data 9 agosto 2017, giusta nota prot. n. 27575/2017 s.c.g.f., con la conseguenza che la Coop. Indaco Service non avrebbe potuto proporre un'azione giudiziaria prima di tale data o, comunque, prima del provvedimento di esclusione dalla gara, pubblicato sul profilo dell'Amministrazione appellata in data 17 luglio 2017.
Inoltre, con altra istanza di accesso agli atti amministrativi inviata il 23 agosto 2017 la Coop. Indaco Service aveva chiesto alla ASL di Taranto il verbale attestante le presunte carenze igienico-sanitarie della struttura "Santa Maria del Galeso", i cui documenti non erano ancora stati consegnati alla odierna appellante. Detta circostanza, rappresentata anche al giudice di prime cure durante l'udienza di discussione, aveva impedito alla Coop. Indaco Service di fattivamente contestare la risoluzione contrattuale, e di far valere immediatamente le proprie ragioni innanzi al giudice.
Ulteriore ragione di illogicità ed erroneità della motivazione sarebbe poi, per l'appellante, che la stessa aveva ritenuto non necessario, prima di procedere alla esclusione, attivare un "procedimento in contraddittorio con l'operatore economico interessato", sull'erroneo presupposto che l'art. 80, comma 5, lett. c), non prevedesse tale fase di preventivo contraddittorio e che le Linee Guida ANAC all'uopo richiamate non rivestissero carattere normativo.
Alla luce delle esposte doglianze, l'appellante invocava la riforma della sentenza impugnata, con condanna, nella impossibilità di ristoro in forma specifica, al risarcimento del danno per equivalente pecuniario.
11. Instauratosi il contraddittorio con l'Ufficio territoriale di Governo di Taranto, il Collegio, con ordinanza n. 5033 del 23 agosto 2018, ritenuta la sussistenza di una questione interpretativa relativa al diritto eurocomune, sospendeva il giudizio e rimetteva alla Corte di giustizia dell'Unione europea la questione pregiudiziale "se il diritto dell'Unione europea e, precisamente, l'art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il "grave illecito professionale", stabilisce che, nel caso in cui l'illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d'appalto, l'operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all'esito di un giudizio".
12. Con ordinanza del 20 novembre 2019 (causa C-552/2018), la Corte di giustizia dell'Unione europea ha statuito che "l'articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un'amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all'amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d'appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull'affidabilità dell'operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce".
13. A seguito di detta pronuncia, veniva presentata istanza di fissazione udienza ex art. 80 c.p.a. per la ripresa del presente giudizio.
Alla pubblica udienza del 18 giugno 2020, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.
DIRITTO
1. L'appello è, nei sensi e nei limiti delle considerazioni che seguono, fondato.
2. Il paragrafo 4 dell'art. 57 della Direttiva 2014/24/UE dispone che "le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni [...]: c) se l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità [...]; g) se l'operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili [...]".
Il successivo paragrafo 6) prevede, altresì, che "un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4 può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l'esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l'operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d'appalto. A tal fine, l'operatore economico dimostra di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità 3 investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti. Le misure adottate dagli operatori economici sono valutate considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell'illecito. Se si ritiene che le misure siano insufficienti, l'operatore economico riceve una motivazione di tale decisione [...]".
Alla luce della richiamata normativa:
a) le Stazioni Appaltanti possono procedere all'esclusione di un concorrente unicamente dopo che le stesse dimostrano, con mezzi adeguati, che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, vietando qualsiasi automatismo all'esclusione dalle procedure di gara;
b) il concorrente che si trova in una delle ipotesi di esclusione, deve essere messo nelle condizioni di fornire la prova di aver adottato tutte le misure contestate, dimostrando la sua affidabilità per non essere escluso dalla gara (principio di proporzionalità).
La normativa europea è stata recepita, per la parte di interesse, dall'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 50/2016 (nella specie rilevante, ratione temporis, nella formulazione antecedente alla riscrittura operata con il d.l. n. 135/2018, in termini peraltro non rilevanti), la quale prevede che "la Stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità".
Inoltre, il procedimento in contraddittorio è espressamente previsto dai commi 7 e 8 dell'art. 80 del d.lgs. 50/2016, i quali dispongono che "un operatore economico, o un subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1, [...] o al comma 5, è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti" e che "se la Stazione appaltante ritiene che le misure di cui al comma 7 sono sufficienti, l'operatore economico non è escluso della procedura d'appalto".
L'onere del contraddittorio - oltre ad esser stato introdotto normativamente - è stato anche ribadito e procedimentalizzato dall'ANAC nel paragrafo VI delle Linee Guida n. 6-2017, ove è stato previsto che "l'esclusione dalla gara ai sensi dell'art. 80, comma 5, lettera c), deve essere disposta all'esito di un procedimento in contraddittorio con l'operatore economico interessato".
La ratio di tali disposizioni è da ricercare nella volontà del legislatore di consentire ad un operatore economico, che ha subìto una risoluzione contrattuale ma che ha successivamente posto rimedio, di partecipare ad altre procedure d'appalto, previa valutazione da parte della stazione appaltante. Gli operatori economici che si trovano in una delle situazioni di esclusione devono avere la possibilità di chiedere che siano esaminate tutte le misure dagli stessi adottati (quali ad es.: riguardanti la rottura di tutti i rapporti con le persone o con le organizzazioni coinvolte nel comportamento scorretto, in misure adeguate per la riorganizzazione del personale, nell'attuazione di sistemi di rendicontazione e controllo, nella creazione di una struttura di audit interno per verificare la conformità e nell'adozione di norme interne di responsabilità e di risarcimento) per garantire l'osservanza degli obblighi imposti e ad impedire efficacemente che tali comportamenti scorretti si verifichino di nuovo, al fine di valutare se tali misure offrano garanzie sufficienti e, in caso positivo, la loro ammissione alla procedura d'appalto. Diversamente opinando, detti operatori economici non potrebbero mai più partecipare ad una procedura di gara, anche nel caso in cui avessero rimediato ai loro eventuali errori, con l'ovvia conseguenza che gli stessi sarebbero costretti a chiudere le rispettive attività ed avviare le procedure di liquidazione e/o fallimento.
A riprova di ciò, è intervenuta la stessa Corte di giustizia dell'Unione europea con sentenza C-41/18, EU:C:2019:507 del 19 giugno 2019, secondo cui "la succitata direttiva ha carattere innovativo, in particolare nella misura in cui istituisce, 5 all'articolo 57, paragrafo 6, il meccanismo delle misure riparatorie (self-cleaning). Tale meccanismo, che si applica agli operatori economici non esclusi da una sentenza definitiva, tende a incoraggiare un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui all'articolo 57, paragrafo 4, della medesima direttiva a fornire prove del fatto che le misure da esso adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l'esistenza di un pertinente motivo facoltativo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l'operatore economico in questione non deve essere escluso dalla procedura d'appalto. A tal fine, l'operatore economico deve dimostrare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti [...]".
3. Tanto premesso in ordine al quadro normativo di riferimento, nel caso di specie deve osservarsi che, non essendo intervenuta una sentenza definitiva di accertamento della legittimità della risoluzione disposta ai danni della Coop. Indaco Service, la Prefettura di Taranto avrebbe dovuto attivare, prima di procedere alla estromissione dalla gara, il sub-procedimento prescritto dall'art. 57, par. 6, della Dir. 2014/24/UE, volto a garantire il contraddittorio con l'operatore economico e verificare se lo stesso avesse adottato delle misure riparatorie (self-cleaning) e, solo all'esito di detto procedimento, avrebbe potuto valutare in merito alla sua eventuale esclusione.
Per tal via, deve ritenersi, in adesione alle censure prospettate dall'appellante, che l'amministrazione:
a) non ha dimostrato con mezzi adeguati, come richiesto dall'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 (nonché dall'art. 57, par. 4, lett. c), della Direttiva 2014/24) che la Coop. Indaco Service si sia resa colpevole di gravi illeciti professionali, essendosi limitata a richiamare nel provvedimento di esclusione l'intervenuta risoluzione del precedente contratto del 19 dicembre 2016 (cfr. decreto prefettizio prot. n. 25212/2017/s.c.g.f. del 26 giugno 2017), senza operare il dovuto approfondimento istruttorio;
b) non ha avviato un sub-procedimento volto a garantire il contraddittorio con l'operatore economico appellante.
Di conseguenza, l'appello deve essere accolto e la sentenza impugnata - ispirata al diverso principio della legittimità di una esclusione automatica in presenza di illecito professionale - deve essere riformata, con conseguente accoglimento, in parte qua, del ricorso di primo grado.
4. L'avvenuta esecuzione del contratto esclude la possibilità di tutela in forma specifica,. dovendo procedersi alla liquidazione del danno per equivalente pecuniario (cfr. art. 124 c.p.a.).
La stessa appellante ha, del resto, articolato domanda risarcitoria, con la quale ha allegato i danni economici, derivanti dalle spese sostenute, dalla perdita di chances, dal danno emergente e dal lucro cessante, quantificati in complessivi euro 183.409,92 (pari al 12% di euro 1.528.416,00, importo che avrebbe fatturato l'appellante, in base alle condizioni della proposta negoziale), da maggiorarsi con rivalutazione monetaria ed interessi moratori come per legge.
5. Così come articolata, la pretesa non è fondata.
Essa risulta, invero, parametrata al potenziale utile che l'appellante avrebbe ricavato dalla esecuzione del contratto oggetto della gara dalla quale era stata illegittimamente estromessa. Nondimeno, in considerazione della natura formale del vizio che inficia la condotta della stazione appaltante (la quale ha omesso di attivare la doverosa fase del contraddittorio procedimentale), non è possibile affermare che - con certezza o, quanto meno, con alto grado di probabilità vicino alla certezza - che l'appellante sarebbe divenuta (all'esito della interlocuzione istruttoria) aggiudicataria della commessa in contestazione.
Va, piuttosto, considerato che, con citazione del 16 gennaio 2018, versata agli atti del giudizio, l'appellante ha impugnato dinanzi al competente Tribunale ordinario di Taranto il provvedimento con il quale era stata disposta, in suo danno, la risoluzione, per inadempimento, del precedente rapporto contrattuale (dal quale era scaturito l'apprezzamento ad excludendum dell'illecito professionale).
Tra i due giudizi (l'uno inerente la sussistenza, il fondamento e la portata del "fatto di inadempimento" concretante, nei rapporti inter partes, rilevante "illecito professionale" potenzialmente idoneo alla estromissione dalla gara; l'altro relativo alle conseguenze risarcitorie riconnesse alla eventuale illegittimità, per ragioni sostanziali, della detta esclusione) sussiste un evidente nesso di pregiudizialità-dipendenza: e ciò tanto più che anche in sede civile l'appellante ha chiesto il risarcimento del danno correlato alla perdita delle chances di aggiudicazione della gara.
Si giustifica, per tal via, la sospensione del presente giudizio, in attesa che venga definita inter partes la controversia civile, solo all'esito della quale sarà possibile apprezzare la spettanza delle rivendicate poste risarcitorie e commisurare, in concreto, il danno ristorabile.
6. Alla luce delle esposte premesse: a) l'appello deve essere accolto, avuto riguardo all'annullamento dei provvedimenti oggetto di impugnazione; b) deve essere respinta la domanda di risarcimento del danno ancorata al lucro cessante da mancata stipula del contratto in contestazione; c) deve disporsi la sospensione del giudizio, relativamente alla quantificazione del danno da perdita di chances.
La regolazione delle spese è rimesse alla sentenza definitiva.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto: a) lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti impugnati; b) sospende il giudizio, relativamente alla domanda di risarcimento del danno, in attesa della definizione della controversia civile pendente tra le parti dinanzi al Tribunale di Taranto.
Spese alla sentenza definitiva.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.