Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione I
Sentenza 27 luglio 2020, n. 668

Presidente: Filippi - Estensore: Bardino

FATTO

1. Le ricorrenti, Polese s.p.a. (di seguito, Polese) e Brenta Lavori s.r.l. (di seguito, Brenta Lavori), la prima in qualità di capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituendo con la seconda (mandante), hanno impugnato, con ricorso iscritto al n. 990 del 2019, l'esclusione dalla gara indetta da Viacqua s.p.a. (di seguito, Viacqua) per l'affidamento di "tutti i lavori, le somministrazioni e le prestazioni occorrenti per l'estensione della rete di acquedotto e della rete di fognatura nera nella località Ancignano in Comune di Sandrigo (VI) - Codice CIG n. 7695247EB3".

Espongono che, all'esito della procedura, il R.T.I. era risultato primo classificato nella graduatoria finale; l'aggiudicazione veniva comunicata con nota del 24 giugno 2019 (doc. 5 delle ricorrenti), nella quale si richiedeva la produzione della documentazione necessaria per verificare il possesso dei requisiti dichiarati in fase di gara.

In tale fase, emergeva che la capogruppo mandataria (Polese), successivamente alla scadenza del termine per la presentazione dell'offerta (17 dicembre 2018), in data 2 agosto 2019 aveva depositato presso il Tribunale di Pordenone la domanda di ammissione alla procedura di concordato prenotativo (concordato c.d. in bianco - doc. 6) ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall. (r.d. n. 267 del 1942).

Raggiunta dalla richiesta di chiarimenti, formulata in merito dalla stazione appaltante (doc. 4 di Viacqua), Polese produceva una nota esplicativa, redatta dal proprio legale, cui univa, tra gli altri documenti, il decreto di assegnazione del termine per la presentazione della "proposta, del piano e della documentazione di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 161 l.f." e l'autorizzazione alla sottoscrizione del contratto rilasciata dal Tribunale di Pordenone con decreto del 16 agosto 2019 (docc. da 5 a 10 di Viacqua).

La stazione appaltante pronunciava, tuttavia, il provvedimento di esclusione impugnato nel presente giudizio.

A sostegno della propria determinazione, riteneva che la presentazione dell'istanza di ammissione al concordato con riserva, da parte di Polese, costituisse chiaro indice dello stato di crisi dell'impresa, capace di pregiudicarne i requisiti di affidabilità economica in ragione di una manifesta condizione di dissesto, la cui risoluzione, nel corso di tale specifica procedura interlocutoria (che, una volta instaurata, di per sé determinerebbe la sola preclusione alle azioni esecutive), parrebbe ancora incerta ed eventuale perché condizionata alla tempestiva presentazione e alla successiva approvazione del piano di liquidazione delle passività nonché della proposta di concordato propriamente detta, ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 161, commi 6-10, l. fall.); cosicché si osservava che solo a partire dalla susseguente ammissione al concordato con continuità aziendale sarebbe consentito all'impresa, a norma dell'art. 110, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 e dell'art. 186-bis, comma 4, l. fall., di concorrere per l'assegnazione dei contratti pubblici, con effetti che non potrebbero però propagarsi a ritroso alle gare precedenti all'avvio dell'esecuzione del concordato stesso, rispetto alle quali continuerebbe invece ad operare la causa generale di esclusione prevista, nel caso delle procedure concorsuali, dall'art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016.

2. Le due ricorrenti hanno censurato il suddetto provvedimento di esclusione sulla base dei seguenti motivi:

(1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 80, comma 5, e 110 del d.lgs. 50/2016 e 186-bis del r.d. n. 267/1942. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, errata valutazione dei fatti e ingiustizia manifesta: contestano che il deposito della domanda di ammissione al concordato con riserva, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall., precluda la partecipazione alle gare pubbliche;

(2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 80, comma 5, 110 e 48 del d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, errata valutazione dei fatti e ingiustizia manifesta: nel caso di esclusione di Polese, la stazione, benché in via subordinata, avrebbe dovuto vagliare la possibilità di proseguire il rapporto contrattuale con la sola mandante Brenta Lavori, ai sensi dell'art. 48, comma 17 del d.lgs. n. 50 del 2016.

3. Hanno preso parte al giudizio la società Intimata, Viacqua, la controinteressata L.F. Costruzioni s.r.l., capogruppo dell'A.T.I. costituita con Beozzo Costruzioni s.r.l., seconda classificata. Entrambe deducevano nel merito, insistendo per la reiezione dei motivi di ricorso; la controinteressata rilevava inoltre l'inammissibilità del secondo motivo, volto ad assicurare la stipulazione del rapporto contrattuale alla sola mandante Brenta Lavori, perché proposto cumulativamente da imprese (mandante e mandataria) poste in chiaro conflitto di interessi (la prosecuzione del rapporto con Brenta Lavori presupporrebbe, infatti, l'esclusione della ricorrente Polese sicché l'accoglimento di tale profilo di censura si porrebbe in contraddizione con l'utilità di quest'ultima).

4. Il Tribunale, all'esito della camera di consiglio del 2 ottobre 2019, respingeva la domanda cautelare con ordinanza n. 415 del 2019, "in quanto:

- in relazione al primo motivo di gravame, l'istanza del debitore di ammissione al concordato preventivo "in bianco" costituisce una condizione impeditiva alla partecipazione alle procedure per l'aggiudicazione delle commesse pubbliche (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, 22 luglio 2019, n. 9782), e il decreto di autorizzazione da parte del Tribunale a sottoscrivere il contratto non appare rilevante, trattandosi di autorizzazione non accompagnata dagli ulteriori requisiti richiesti dall'art. 186-bis della c.d. legge fall., circostanza questa che indebolisce la solidità della partecipazione alla procedura, esponendo al rischio la stazione appaltante di non poter contare su un valido operatore economico (arg. ex C.d.S., Sez. VI, 13 giugno 2019, n. 3984);

- in relazione al secondo motivo di gravame, appare prima facie fondata l'eccezione frapposta dalla parte controinteressata di inammissibilità del ricorso collettivo per conflitto di interesse, posto che l'impugnativa da parte di più soggetti è subordinata al rispetto di precisi requisiti, sia di segno negativo (assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale) che di segno positivo (identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti), dovendosi altresì richiamare il costante convincimento della giurisprudenza in ordine al fatto che il raggruppamento di imprese non dà luogo ad una "entità giuridica autonoma" che escluda la soggettività delle singole imprese che la compongono (cfr. C.d.S., Sez. IV, 6 ottobre 2014, n. 4986)".

5. Tenuto conto della pronuncia resa in sede cautelare, in data 8 ottobre 2019 Brenta Lavori ha notificato un autonomo atto di rinuncia al ricorso n. 990 del 2019, per poi instaurare il giorno successivo (9 ottobre 2019) un separato gravame (iscritto al n. R.G. 1049/2019), con il quale ha reintrodotto, avverso i medesimi provvedimenti, esclusivamente il secondo profilo di censura.

Avverso quest'ultima impugnazione, si sono costituite la stazione appaltante e la controinteressata che hanno formulato rilievi in rito e controdedotto nel merito.

6. Chiamate nell'udienza pubblica del 19 febbraio 2020, entrambe le cause (nn. 990 del 2019 e 1049 del 2019) sono state discusse e infine assegnate alla decisione.

DIRITTO

7.1. In via preliminare deve essere disposta, ai sensi dell'art. 70 c.p.a., la riunione dei due procedimenti, consideratane la chiara connessione oggettiva e soggettiva.

7.2. Quanto al ricorso n. 990 del 2019, deve essere poi dato atto della rinuncia all'impugnazione da parte di Brenta Lavori, ritualmente notificata alla Società intimata, alle controinteressate e alla litisconsorte Polese in data 8 ottobre 2019, con conseguente declaratoria di estinzione del giudizio in parte qua (ossia limitatamente alla rinunciante Brenta Lavori), a norma degli artt. 84 e 85, comma 9, c.p.a.

7.3. Sempre in via preliminare e sempre in riferimento al ricorso 990 del 2019, va dichiarata, rispetto a Polese, l'inammissibilità del gravame limitatamente alla domanda oggetto del secondo motivo di ricorso (anche a prescindere dall'originario conflitto sussistente tra le imprese partecipanti al R.T.I., già rilevato in sede cautelare, in relazione a tale profilo di censura); non può infatti essere ravvisato, in capo ad essa, quale mandataria, l'interesse a garantire l'instaurazione e la prosecuzione del rapporto contrattuale a favore della sola mandante (Brenta Lavori), non potendone trarre, una volta esclusa, alcuna plausibile utilità.

8. Venendo ora ad esaminare nel merito il ricorso n. 990 del 2019, esso appare fondato limitatamente al primo profilo di censura, cosicché il Collegio, melius re perpensa, ritiene di dover rimeditare e disattendere il proprio precedente indirizzo, interinalmente assunto in sede cautelare (ord. n. 415 del 2019), anche alla luce dei più recenti e condivisi approdi giurisprudenziali dei quali si darà atto nel prosieguo.

L'Amministrazione ha sostenuto che il deposito della domanda di concordato con riserva (c.d. concordato "prenotativo" o "in bianco") costituisse, nella fase antecedente all'instaurazione del rapporto contrattuale, causa di doverosa esclusione ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016, reputando che la modalità di attivazione della procedura concorsuale prescelta dalla ricorrente risultasse estranea alla sfera applicativa degli artt. 110, comma 3, d.lgs. 50 del 2016 e 186-bis l. fall., e al caso, in esse considerato, dell'esecuzione del concordato preventivo con continuità aziendale, nel quale sarebbe ammessa, benché a date condizioni (presentazione in fase di accesso alla procedura di "una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto" - art. 186-bis, comma 5, l. fall.), la partecipazione alla susseguenti gare pubbliche e la prosecuzione dei contratti in corso di esecuzione ("... i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, ... stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all'articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento. Di tale continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d'azienda o di rami d'azienda cui i contratti siano trasferiti. Il giudice delegato, all'atto della cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni..." - comma 3).

La vicenda in esame, secondo questa lettura della normativa, verrebbe quindi a collocarsi nella fase in cui la domanda di attivazione della procedura (in cui l'imprenditore si riserva il successivo deposito del piano concordatario) andrebbe ancora considerata alla stregua di una figura sintomatica di una condizione di conclamata insolvenza, come tale capace di mettere in risalto la mancanza dei requisiti di affidabilità finanziaria, rispetto ai quali la pendenza della fase introduttiva della procedura concorsuale introdurrebbe un ineludibile elemento di discontinuità; ragion per cui solo la futura (e al momento ancora incerta) ricostituzione dei medesimi requisiti, maturata in seno alla procedura, potrebbe consentire l'ingresso alle gare pubbliche e la prosecuzione dei contratti in essere: ingresso e prosecuzione che, prima dell'approvazione del concordato con continuità aziendale, sarebbero invece precluse.

9. Tale impostazione non può essere condivisa.

L'art. 186-bis, comma 4, l. fall., sancisce che "successivamente al deposito della domanda di cui all'articolo 161[, ossia della domanda di concordato,] la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato".

Come ha rilevato la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, "quest'ultima autorizzazione contiene l'accertamento che tale partecipazione, in vista della successiva acquisizione della commessa pubblica, è conforme agli interessi dei creditori, perché tale da non pregiudicare la solvibilità dell'impresa in concordato, ma eventualmente in grado di produrre per il ceto creditorio un beneficio riveniente dall'acquisto di una nuova fonte di ricavi. Coerente con la natura di atto di accertamento è dunque la sua retroazione al momento in cui la valutazione si riferisce e non già a quella in cui essa è stata formalizzata nell'atto autorizzativo.

[...] Quanto ora osservato implica che l'accertamento della capacità dell'impresa di assumere l'appalto pubblico e di portarlo ad esecuzione anche se intervenuto in corso della procedura di gara risale comunque al momento in cui quest'ultima ha presentato la domanda di concordato. Sotto il profilo ora evidenziato non si ravvisano dunque ostacoli ad ammettere che l'autorizzazione ex art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare intervenga nel corso della procedura di gara, anche nel caso del concordato in bianco finalizzato alla continuità aziendale" (C.d.S., Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328).

La inequivoca formulazione letterale dell'art. 186-bis, comma 4, l. fall., non consente infatti di escludere dagli effetti del meccanismo autorizzativo quegli operatori economici che abbiano introdotto la procedura concorsuale alle particolari condizioni (concordato con riserva) previste dall'art. 161, comma 6; ai fini dell'applicazione dell'art. 186-bis, comma 4, ciò che assume rilievo, a ben vedere, è soltanto la pendenza della domanda di concordato, indipendentemente dalla sua declinazione, dalla formulazione differita della proposta concordataria e dagli effetti che essa produrrà sulla massa passiva, purché la domanda stessa sia stata finalizzata, come chiarito dal Consiglio di Stato, "alla continuità aziendale".

Nella fase che precede il decreto di apertura del concordato (benché di natura prenotativa), di cui all'art. 163 l. fall., non a caso "il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato" (art. 161, comma 7); nel novero di tali atti, ai sensi dell'art. 186-bis, comma 4, è inclusa la "partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici", la quale, pendente la domanda di concordato, è quindi permessa, diversamente da quanto opinato dall'Amministrazione, nei limiti dell'autorizzazione rilasciata dal Tribunale, previo parere del commissario giudiziale (inoltre, solo "dopo il decreto di apertura" della procedura la competenza al rilascio della suddetta autorizzazione viene trasferita al "giudice delegato", quasi a rimarcare che prima del decreto la partecipazione è, ricorrendone i presupposti, consentita).

10. Questa opzione ermeneutica, strettamente ancorata al dato letterale, individua nel rilascio dell'autorizzazione da parte del tribunale fallimentare la condizione necessaria e sufficiente per assicurare l'accesso alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, e in tal modo coglie un ragionevole punto di equilibrio tra l'esigenza, sottesa all'avversato provvedimento di esclusione, di non far gravare sull'Amministrazione i rischi connessi all'incertezza della procedura di approvazione del concordato e, dall'altra, l'opposta necessità dell'impresa "in stato di crisi che nondimeno aspira ad eseguire un appalto pubblico, in deroga alle regole generali sui requisiti di partecipazione alle relative gare" (C.d.S., Sez. V, n. 1328 del 2020), di poter garantire la "continuità aziendale" e la maggiore soddisfazione del ceto creditorio. È perciò necessario e sufficiente, a questi fini, che l'autorizzazione del tribunale, pronunciata ai sensi dell'art. 186-bis, comma 4, l. fall., intervenga prima della conclusione della fase ad evidenza pubblica (vd. ancora: C.d.S., Sez. V, n. 1328 del 2020), senza che ciò possa implicare alcuna impropria eccezione al principio di continuità dei requisiti (affermato in generale dalla costante giurisprudenza amministrativa - C.d.S., Ad. plen., n. 8 del 2015); e senza che l'opzione dell'operatore economico di avvalersi della procedura prevista dall'art. 161, comma 6 (concordato in bianco), produca, entro il perimetro della fase ad evidenza pubblica e nonostante l'emissione del provvedimento autorizzativo, una sorta di automatismo escludente, erroneamente reclamato dalla stazione appaltante, non potendosi peraltro sottacere che l'art. 110, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, nel primo periodo prevede che "alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all'articolo 161, anche ai sensi del sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, si applica l'articolo 186-bis del predetto regio decreto".

11. Nel caso in esame non è quindi dubbio che l'autorizzazione del tribunale fallimentare sia intervenuta tempestivamente il 18 agosto 2019 (doc. 8 della ricorrente), ossia entro la fase di verifica dei requisiti avviata dalla stazione appaltante in seguito alla comunicazione di aggiudicazione del 24 giugno 2019 (doc. 4) e conclusa con il provvedimento di esclusione del 9 settembre 2019 (doc. 7), oggetto dell'odierno gravame.

Detta autorizzazione, resa dal tribunale, a norma dell'art. 186-bis, comma 4, l. fall., sulla base del condiviso "parere [favorevole] espresso dal Commissario Giudiziale dott. Federico Borean nonché [del]l'integrazione dallo stesso depositata su richiesta del Giudice" (punto 2 della motivazione), avrebbe quindi consentito all'impresa Polese, alla stregua dei principi sopra esposti e alla luce della valutazione espressa dal giudice della procedura (salvo quanto sarà precisato in relazione all'assunzione, da parte della ricorrente, della qualifica di mandataria - infra n. 12), di partecipare (anche in A.T.I.) ad ulteriori gare, a proseguire l'esecuzione degli appalti aggiudicati, a regolare i rapporti in essere con gli enti di certificazione (perché "ciò potrebbe pregiudicare la partecipazione alle gare d'appalto pubbliche [...] stante anche l'imminente partecipazione ad una gara") e, per quanto qui interessa, a "sottoscrivere il contratto di appalto con VIACQUA S.p.A. avente ad oggetto i lavori per l'estensione della rete di acquedotto e fognatura in Comune di Sandrigo (VI) nonché a sostenere i costi della cauzione definitiva e della polizza CAR stimati in euro 5.800,00".

Con la conseguenza che, ottenuta la suddetta autorizzazione (ampiamente esplicativa dell'obiettivo dichiarato dalla ricorrente di assicurare la continuità aziendale: vd. p. 9 del ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall. - doc. 6), non residuava alcuno spazio giuridico per contestare, all'interno della procedura di affidamento del contratto (ossia nella c.d. fase pubblicistica), la persistenza dei requisiti di affidabilità finanziaria, ormai da ritenersi retroattivamente confermati sin dalla data di deposito della domanda di concordato (così da salvaguardare il fondamentale principio di continuità dei requisiti in questione: vd., in tal senso, C.d.S., Sez. V, n. 1328 del 2020 cit.).

Pertanto, il provvedimento di esclusione, motivato solo in riferimento alla natura condizionata dell'istanza di concordato prenotativo, ritenuta dalla stazione appaltante capace di rescindere insanabilmente i requisiti di affidabilità finanziaria (e da rendere inapplicabile la deroga pur prevista dagli artt. 80, comma 5, lett. b, secondo periodo, e 110 del d.lgs. n. 50 del 2016), deve essere giudicato illegittimo, e quindi annullato, proprio in relazione al provvedimento pronunciato dal tribunale fallimentare e all'attitudine dell'autorizzazione in esso contenuta di ripristinare, con effetti ex tunc e con specifico riferimento alla gara in esame, quegli stessi requisiti che solo temporaneamente erano stati compromessi dall'instaurazione della procedura concorsuale.

12. Resta invece estranea al perimetro del provvedimento impugnato (e al suo corredo motivazionale) l'ulteriore tematica (segnalata in particolar modo dalla controinteressata) afferente al divieto, introdotto dall'art. 186-bis, comma 6, l. fall., di affidamento dei contratti pubblici all'impresa, posta in concordato preventivo con continuità aziendale, che, come verificatosi per la ricorrente, rivesta la qualità di mandataria di un R.T.I., divieto rispetto al quale la Corte costituzionale ha recentemente dichiarato non fondata la questione di legittimità in riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost. (C. cost., sent. 7 maggio 2020, n. 85 - vd. anche T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, ord. coll. n. 10398 del 2019 e C.d.S., Sez. V, ord. coll. n. 3938 del 2019).

La disposizione regola in effetti la situazione peculiare dell'impresa mandataria di un R.T.I., che si trovi in stato di concordato preventivo con continuità aziendale, "rispetto alla quale non opererebbe la deroga all'esclusione dalle gare prevista all'art. 80, comma 5, lettera b), cod. contratti pubblici per le imprese che si trovano nel medesimo stato. In tale situazione, dunque, sarebbe di nuovo applicabile la regola generale, prevista anch'essa al citato art. 80, comma 5, lettera b), secondo cui l'operatore economico sottoposto a fallimento o che si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo è escluso dalla partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici" (C. cost., sent. n. 85 del 2020).

Va tuttavia osservato come, nel caso in esame, la domanda di ammissione al concordato risultasse ancora pendente in una "mera fase prodromica introdotta con la fissazione del termine [..., in atto] fino all'ammissione alla procedura concorsuale" (Trib. Pordenone, decreto di concessione del termine ex art. 169 l. fall., del 5 agosto 2019), ciò che rendeva ancora inoperante il regime preclusivo sancito per la mandataria costituita in R.T.I, il quale va testualmente riferito al divieto di partecipazione alle gare pubbliche a carico dell'"impresa in concordato", ossia a carico dell'impresa rispetto alla quale sia stata disposta l'ammissione al concordato mediante la pronuncia del decreto di cui all'art. 163 l. fall.

Pertanto, anche alla stregua del richiamato orientamento della Corte costituzionale, allorquando "l'ammissione al concordato avvenga dopo l'aggiudicazione, l'Amministrazione, in sede di verifica sui requisiti dell'aggiudicatario, non può non tenere conto della preclusione verificatasi per effetto dell'ammissione al concordato" (Cass., Sez. un., n. 33013 del 2018), pena la violazione dell'art. 186-bis, comma 6, condizione che peraltro potrebbe essere fatta valere (e quindi determinare l'automatismo escludente) soltanto a seguito del decreto di ammissione alla procedura.

Ma nella presente fattispecie e, quanto meno, fino alla data di adozione del provvedimento di esclusione, il decreto di ammissione alla procedura non risulta essere stato pronunciato, così da impedire l'attivazione del meccanismo di doverosa espulsione dalla gara (va qui rimarcato che nessuna delle parti ha comunque introdotto validi elementi di prova capaci di attestare lo stato attuale della procedura concorsuale).

13. Può pertanto concludersi che la regressione del procedimento alla fase che immediatamente precede la determinazione di esclusione, oggetto del gravame, conseguente all'accoglimento del primo motivo di ricorso presentato da Polese, non esclude tuttavia che la stazione appaltante sia comunque tenuta, in sede di riesercizio del potere, ad accertare, alla luce dei principi sopra enunciati, la eventuale ricorrenza, anche nei suoi presupposti fattuali, del divieto sancito dall'art. 186-bis, comma 6, l. fall. (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 3405 del 2017 e Cass., Sez. un., n. 33013 del 2018), così come di vagliare, all'esito, l'eventuale ammissibilità di modificazioni soggettive a carico del R.T.I. ovvero la richiesta di prosecuzione del rapporto contrattuale, in ipotesi con la sola mandante Brenta Lavori, ai sensi dell'art. 48, comma 17, del d.lgs. n. 50 del 2016, oggetto del ricorso presentato di quest'ultima.

14. Per quanto precede, il ricorso n. 990 del 2019, promosso da Polese (inizialmente con Brenta Lavori, che ad esso ha poi rinunciato), va accolto nei limiti e per gli effetti sin qui enunciati, con il conseguente annullamento dell'impugnata esclusione, rimanendo intatto il potere della stazione appaltante di rideterminarsi in merito alla sussistenza dei requisiti in capo al R.T.I. aggiudicatario, previa la regressione del procedimento alla fase susseguente all'aggiudicazione e ferma l'osservanza dei principii e dei criteri sopra indicati (punti 12 e 13).

15. Deve essere infine esaminato il successivo ed autonomo ricorso (n. 1049 del 2019) proposto da Brenta Lavori, volto nella sostanza a riproporre il secondo motivo dell'originario gravame, al fine di superarne l'originaria inammissibilità.

Esso, in disparte lo scrutinio di ogni ulteriore questione preliminare, va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in seguito all'accoglimento del ricorso n. 990 del 2019 e all'annullamento della determinazione di esclusione del R.T.I. di cui la ricorrente è mandante, essendo peraltro la stazione appaltante tenuta a rideterminarsi e ben potendo quest'ultima in tale sede, sempreché ne sussistano le ragioni, procedere al vaglio della richiesta, implicitamente sottesa all'unico motivo di gravame introdotto nel ricorso n. 1049 del 2019, di modificare la composizione soggettiva del R.T.I. mediante la prosecuzione del rapporto contrattuale con Brenta Lavori, ai sensi dell'art. 48, comma 17, del d.lgs. n. 50 del 2016.

16. Infine, le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti, sussistendone giusti motivi considerata la complessità e la novità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa la loro riunione:

a) accoglie il ricorso n. 990 del 2019, limitatamente alla domanda di annullamento proposta da Impresa Polese s.p.a., nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione e, contestualmente, dà atto dell'intervenuta rinuncia all'impugnazione formulata da Brenta Lavori s.r.l., con conseguente declaratoria di estinzione del giudizio in parte qua, a norma degli artt. 84 e 85, comma 9, c.p.a.;

b) dichiara improcedibile il ricorso 1049 del 2019, per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a.;

c) compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i giudizi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.