Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione II
Sentenza 8 aprile 2020, n. 1349
Presidente: Corciulo - Estensore: Lariccia
FATTO E DIRITTO
La Corte di Appello di Napoli, in accoglimento della domanda di equa riparazione proposta dal Condominio Parco Gianfranco e dalla Cooperativa Edilizia Demara a r.l., con decreto n. cron. 755/2018, reso il 19 aprile 2018, depositato il 20 aprile 2018 (R.G. 1993/VG/2017), munito di formula esecutiva il 14 giugno 2018, ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore di ciascun ricorrente della somma di euro 1.600,00, per sorta capitale, oltre interessi legali dalla domanda nonché al pagamento delle spese di lite liquidate in euro 27,00 per spese ed in euro 400,00 per compensi oltre spese generali, IVA, CPA, come per legge con distrazione in favore del legale anticipatario avv. Giulio Russo.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio di ottemperanza, pertanto, i ricorrenti invocano il pagamento delle somme liquidate in proprio favore nel predetto decreto, non spontaneamente versate dal Ministero convenuto e con nomina, per il caso di ulteriore inottemperanza, di un Commissario ad acta che si attivi in tal senso in sostituzione dell'Amministrazione.
Orbene, tale decreto ha l'attitudine ad acquisire la validità ed efficacia della sentenza passata in giudicato, poiché trattasi di provvedimento immediatamente esecutivo, ricorribile solo per Cassazione, ai sensi dell'art. 3, comma 6, l. 89/2001, e poiché decorso il termine per proporre il relativo ricorso lo stesso diventa inoppugnabile, con conseguente idoneità a fungere da titolo per l'azione di ottemperanza (C.d.S., Sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1484). Ne discende pertanto l'idoneità del titolo all'esecuzione, attesa la persistente ed ingiustificata inerzia dell'amministrazione, che non ha comprovato l'avvenuto pagamento (Cass., Sez. un., n. 12533/2001).
Inoltre, tale decreto è stato notificato con formula esecutiva il 16 luglio 2018 al Ministero della Giustizia, ed è decorso infruttuosamente l'ulteriore termine, pari a 120 giorni, previsto dall'art. 14 del d.l. n. 669/1996, convertito, con modifiche, nella l. n. 30/1997, nonché l'ulteriore termine di mesi sei dall'avvenuta presentazione (in data 31 luglio-8 agosto 2018) dell'autodichiarazione di cui all'art. 5-sexies della l. n. 89/2001 (introdotto dalla l. 208/2015).
In conclusione, considerato il rituale esercizio (ai sensi degli artt. 87 e 114 c.p.a.) dell'azione ex art. 112, secondo comma, lett. c), dello stesso c.p.a., ritiene il Collegio che sussistano tutti i presupposti per accogliere il ricorso di ottemperanza in oggetto e, conseguentemente, deve essere dichiarato l'obbligo del Ministero della Giustizia di dare esecuzione al decreto di cui in epigrafe e ordinato alla predetta Amministrazione resistente di corrispondere ai ricorrenti, nel termine di giorni 60 (sessanta) decorrenti dalla comunicazione o notifica della presente decisione, le somme portate dal decreto indicato in premessa, maggiorate degli interessi al tasso legale dalla domanda e sino al soddisfo, nonché al pagamento delle spese di lite in favore del legale anticipatario.
Va altresì accolta, anche alla luce della cennata novella legislativa, la domanda inerente alla corresponsione della penalità di mora (o astreinte), prevista dall'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.
Quest'ultima disposizione, nel disciplinare i poteri del "giudice in caso di accoglimento del ricorso", stabilisce che lo stesso, "salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo".
La lett. a) del comma 781 dell'art. 1 della più volte richiamata l. n. 208/2015, ha aggiunto al predetto enunciato il seguente periodo: "Nei giudizi di ottemperanza aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, la penalità di mora di cui al primo periodo decorre dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza; detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali".
L'indicata novella ha, quindi, espressamente sancito il principio, in realtà già acquisito in via giurisprudenziale (C.d.S., Ad. plen., 25 giugno 2014, n. 15), secondo cui la penalità di mora è dovuta anche per le condanne al pagamento di somme di denaro, atteso che l'istituto assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volto a riparare il pregiudizio cagionato dalla non esecuzione della sentenza, ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento. Ha, altresì, indicato come non possa considerarsi manifestamente iniqua un'astreinte qualora sia stabilita in misura pari agli interessi legali.
La precisazione legislativa induce il Collegio a rivedere il precedente orientamento giurisprudenziale circa la configurabilità dell'iniquità della debenza dell'astreinte in relazione a condanne pecuniarie dell'amministrazione, avuto riguardo alle esigenze di bilancio e allo stato di crisi finanziaria della finanza pubblica, non potendo ora la penalità di mora, pur in presenza di condanne pecuniarie derivanti da un contenzioso seriale, considerarsi iniqua per stessa definizione legislativa, laddove rapportata al saggio degli interessi legali, trattandosi di previsione che attua un equo contemperamento degli interessi del creditore e del debitore pubblico.
La quantificazione della relativa penalità di mora deve pertanto essere effettuata in una misura percentuale rispetto alla somma di cui alla condanna, prendendo a riferimento il tasso legale di interesse (in tal senso, già prima della legge di stabilità 2016, cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 15 gennaio 2015, n. 629; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 16 dicembre 2014, n. 12739).
In sintesi, l'astreinte verrà calcolata, nella misura indicata dell'interesse legale, sulla somma di cui alla condanna in aggiunta agli interessi legali dovuti ex lege o disposti nella medesima condanna, stante la funzione sanzionatoria della stessa (e non compensativa del danno subito), che deve anche costituire un elemento di coazione indiretta all'adempimento.
Quanto alla data di decorrenza iniziale dell'astreinte, la novella introdotta dall'art. 1 della l. n. 208/2015 all'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., ha previsto che la penalità di mora debba essere disposta a far data dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza.
Nel caso di specie, tuttavia, come già precisato, la medesima legge di stabilità 2016 ha subordinato, anche per i giudizi di ottemperanza in corso, l'adempimento delle obbligazioni derivanti dalle pronunce di condanna ai sensi legge Pinto al previo assolvimento, da parte del creditore, degli obblighi di comunicazione prima indicati, contestualmente stabilendo che l'amministrazione non possa procedere al pagamento prima che sia intervenuto tale passaggio, con espresso divieto di legge.
A fronte di tale specifico divieto legislativo va quindi osservato che l'amministrazione, nelle more dell'adempimento degli oneri di comunicazione da parte del privato, non potrebbe considerarsi ulteriormente inadempiente all'obbligo di ottemperare al giudicato di pagamento, con conseguente venir meno della funzione sanzionatoria (dell'inerzia della P.A. nell'adempiere) e di coazione indiretta all'esecuzione connaturale all'istituto dell'astreinte.
Sarebbero inconfigurabili le stesse violazioni, inosservanze e ritardi che invece proprio l'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a. pone quali condizioni necessarie per la concessione dell'astreinte.
Anzi, in questi casi, fissare l'operatività della penalità nelle more dell'adempimento a cura di parte degli oneri di comunicazione, significherebbe rigirare a scapito della P.A. un adempimento a cui è tenuto il privato creditore, con l'effetto che lo stesso verrebbe a lucrare un'astreinte in conseguenza di un suo ritardo, verificandosi così una situazione di manifesta iniquità in presenza della quale non sono dovute le astreinte, ai sensi della stessa disposizione dell'art. 114 c.p.a.
Pertanto, con riguardo alla presente fattispecie la norma in questione va interpretata nel senso che l'astreinte, nella suindicata misura dell'interesse legale aggiuntivo, sarà dovuta dalla data di intervenuta comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza, solo qualora siano già stati integralmente ottemperati gli obblighi di comunicazione da parte del ricorrente; in caso contrario, sarà dovuta dal momento in cui i suddetti obblighi saranno stati adempiuti.
Quanto alla data di decorrenza finale dell'astreinte, la stessa, in conformità all'orientamento giurisprudenziale attualmente prevalente, sarà corrisposta fino all'effettivo soddisfacimento del credito o, in alternativa, sino alla data di insediamento del commissario ad acta (ex multis C.d.S., Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5014; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 18 gennaio 2016, n. 464).
In conclusione, richiamate le suesposte considerazioni, deve essere ribadito l'obbligo dell'amministrazione di dare esecuzione al decreto in epigrafe, mediante il pagamento in favore di parte ricorrente della somma ivi liquidata maggiorata degli accessori di legge.
In caso di inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina sin d'ora commissario ad acta un dirigente amministrativo dell'amministrazione resistente, da individuarsi a cura del capo dipartimento dell'organizzazione giudiziaria presso il Ministero della Giustizia, il quale, entro l'ulteriore termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell'inottemperanza (a cura di parte ricorrente) darà corso al pagamento compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell'amministrazione inadempiente.
Il compenso del commissario ad acta rientra nell'onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti, ai sensi del comma 8 dell'art. 5-sexies (Modalità di pagamento) della l. n. 89/2001, così come inserito dall'art. 1, comma 777, lett. l), della l. n. 208/2015.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, venendo poste a carico del Ministero, e si liquidano come da dispositivo, in considerazione della linearità della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Napoli (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso di ottemperanza, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, ordina al Ministero della Giustizia di dare esecuzione al decreto di cui in epigrafe nel termine di 60 giorni decorrenti dalla comunicazione e/o notifica della presente sentenza.
Nel caso di ulteriore inottemperanza, nomina quale commissario ad acta un dirigente amministrativo dell'amministrazione resistente da individuarsi a cura del capo dipartimento dell'organizzazione giudiziaria presso il Ministero della Giustizia, il quale, previa verifica di tutti i presupposti indicati, provvederà ai sensi e nei termini di cui in motivazione al compimento degli atti necessari all'esecuzione del predetto decreto, con onere per l'amministrazione di comunicare alla Segreteria della Sezione il nominativo del commissario designato.
Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di giudizio, che liquida in euro 600,00 (seicento/00), oltre accessori di legge, con distrazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.