Corte di cassazione
Sezione IV penale
Sentenza 16 gennaio 2020, n. 4896
Presidente: Ciampi - Estensore: Pezzella
RITENUTO IN FATTO
1. L. Adel veniva rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale di Busto Arsizio per rispondere:
A) del reato p. e p. dall'art. 186, comma 7, con riferimento al comma 2, lett. c), c.d.s. perché ponendosi alla guida del veicolo Citroen C3 targato DH676ZW palesando una stato psicofisico alterato in conseguenza dell'assunzione di sostanze alcooliche si rifiutava di sottoporsi agli accertamenti qualitativi a mezzo di esame etilometrico;
B) del reato p. e p. dall'art. 337 c.p. perché, dopo che gli operanti della Stazione dei Carabinieri di Caronno Pertusella gli intimavano l'alt, si dava a bordo dell'autovettura di cui al capo A) ad una precipitosa e rocambolesca fuga ad alta velocità lungo le strade del centro urbano di Saronno e di Caronno Pertusella in tal modo ponendo in pericolo l'incolumità degli altri veicoli e dei pedoni presenti sulla medesima strada. Con la recidiva semplice.
Entrambi i reati accertati in Saronno il 5 settembre 2014.
All'esito di giudizio ordinario, il giudice monocratico del tribunale lombardo, con sentenza del 12 marzo 2018, assolveva l'imputato dal reato di cui al capo B) perché il fatto non sussiste, mentre lo condannava per quello di cui al capo A), riconosciutegli le circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi sei di arresto ed euro 1400,00 di ammenda, con sospensione della patente di guida per mesi sei.
Sull'appello proposto dall'imputato la Corte di appello di Milano in data 10 aprile 2019 confermava la sentenza di primo grado.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, L. Adel, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.
Il ricorrente deduce violazione dell'art. 114 disp. att. c.p.p. per omesso avviso all'imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore prima del compimento dell'atto, nonché manifesta illogicità della motivazione in punto di rigetto del motivo di appello sul punto.
Evidenzia la tempestività della proposta eccezione e lamenta che già il giudice di primo grado aveva erroneamente ritenuto irrilevante l'omissione perpetrata dagli operanti, in quanto l'imputato si era rifiutato di sottoporsi all'accertamento.
Tale affermazione - si sottolinea in ricorso - appare in aperto contrasto con l'orientamento giurisprudenziale che ritiene sussistente l'obbligatorietà di avvertire il conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore, già nel momento in cui l'organo di polizia, ritenendo desumibile uno stato di alterazione, si determini a procedere all'accertamento mediante etilometro. Sul punto, in particolare, viene ricordato in ricorso che questa Suprema Corte ha affermato che: "L'avvertimento di farsi assistere da un difensore, ex art. 114 disp. att. c.p.p., deve essere rivolto al conducente del veicolo nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell'alcolemia con la richiesta di sottoporsi al relativo test, anche nel caso in cui l'interessato si rifiuti di sottoporsi all'accertamento" (il richiamo è a Sez. 4, n. 34383/2017 e, ancor prima, a Sez. 4, n. 49236/2016). Ed ancora si evidenzia che si è anche affermato come: "Il sistema delle garanzie, delineato dal combinato disposto degli artt. 114 disp. att. c.p.p. e 354 c.p.p., scatta nel momento in cui la polizia giudiziaria procede all'accertamento, per via strumentale - che ha natura indifferibile ed urgente - del tasso alcolemico, invitando il conducente a sottoporsi alle due prove spirometriche, secondo le modalità indicate dall'art. 379 reg. es. cod. strada. Tale sistema introduce, in sostanza, una verifica tecnica che prende avvio con la richiesta [di] sottoporsi al test strumentale e, in tale scansione, l'avvertimento del diritto di farsi assistere dal difensore costituisce presupposto necessario della relativa procedura, indipendentemente dall'esito della stessa e dalle modalità con le quali il test venga concretamente effettuato" (il richiamo è a Sez. 4 nn. 6526/2018 e 49236/2016).
Rileva il ricorrente come, nel caso in esame, gli agenti, in considerazione della condotta di guida dell'imputato e dell'alito vinoso emanato dallo stesso, avevano ritenuto di dover sottoporre il medesimo all'accertamento del tasso alcolemico.
Ebbene, si sostiene che già in quel momento sorgeva l'obbligo di avvertire l'odierno ricorrente della facoltà di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p., che veniva tuttavia disatteso dagli operanti.
La Corte territoriale, in risposta allo specifico motivo di gravame avanzato dalla difesa, ha affermato che l'omissione imputabile agli operanti integra una nullità a regime intermedio, che deve essere pertanto eccepita fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado. E gli stessi giudici del gravame del merito hanno dato atto che la difesa aveva eccepito nei termini di legge l'avvenuta omissione, affermando tuttavia che: "la stessa parte appellante, all'udienza del 5 marzo 2018, aveva prestato il consenso all'acquisizione degli atti di indagine, andando quindi ad accettare gli effetti dell'atto originariamente nullo, determinandone per l'effetto una sanatoria ai sensi dell'art. 183, comma 1, lett. a), c.p.p." (così la sentenza impugnata alle pagg. 5 e 6).
Il ricorrente, tuttavia, si duole che tale affermazione appaia illogica e destituita di fondamento, in quanto è solo la scelta del rito abbreviato che determina la sanatoria delle nullità relative e la non rilevabilità delle inutilizzabilità degli atti.
L'acquisizione della prova su accordo delle parti - prosegue il ricorso - è un istituto che risulta pacificamente differente rispetto al giudizio abbreviato. I due istituti infatti sono disomogenei e non assimilabili, dal momento che gli accordi che possono intervenire tra le parti, in ordine alla formazione del fascicolo per il dibattimento, non escludono il diritto di ciascuna di esse ad articolare pienamente i rispettivi mezzi di prova secondo l'ordinario ed ampio potere loro assegnato per la fase dibattimentale.
La tesi che si sostiene è che la scelta della difesa di acconsentire all'acquisizione degli atti di indagine, finalizzata unicamente allo snellimento dell'attività processuale, non fa venire meno il diritto della parte stessa di eccepire l'inutilizzabilità dell'atto acquisito, per violazione del diritto di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p.
L'errata applicazione della legge penale e l'illogicità della motivazione apparirebbero evidenti.
Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Ancorché non tutti i profili di doglianza sopra illustrati siano infondati, il ricorso, per i motivi che si andranno ad evidenziare, va rigettato.
2. Ed invero, certamente tempestiva, come si legge in ricorso, è stata l'eccezione proposta dal difensore in ordine al mancato avviso ex art. 114 proposta già nel corso del giudizio di primo grado.
Questa Corte di legittimità ha più volte precisato - e va qui ribadito - che la nullità conseguente al mancato avvertimento al conducente di un veicolo, da sottoporre all'esame alcolimetrico, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell'art. 114 disp. att. c.p.p., può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, secondo periodo, c.p.p., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado (cfr. Sez. un., n. 5396 del 29 gennaio 2015, Bianchi, Rv. 263025 su cui ci si soffermerà ampiamente in seguito; conf. Sez. 4, n. 24087 del 28 febbraio 2018, Massardi, Rv. 272959).
Ancorché proposta tempestivamente, tuttavia, la proposta eccezione non era fondata e alla stessa aveva risposto esaurientemente e correttamente il giudice monocratico Di Busto Arsizio che, premesso di essere a conoscenza del conflitto giurisprudenziale in merito alla necessità che sia dato l'avviso di farsi assistere dal difensore anche in ipotesi di rifiuto di sottoporsi all'accertamento - avviso che nel caso di specie non risulta essere stato dato all'imputato - ha ritenuto tuttavia "... di aderire all'orientamento che non lo considera in tale ipotesi necessario" in quanto "l'avvertimento in parola, prescritto per il compimento delle perquisizioni e degli accertamenti urgenti da parte della PG dall'art. 114 disp. att. c.p.p. è funzionale alla facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia durante il compimento dell'atto in questione, in quanto atto a sorpresa e non ripetibile, in modo che sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini", e ha affermato, condivisibilmente, che "... poiché, in ipotesi di rifiuto di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico, detto atto non può essere coattivamente eseguito, perde di rilievo l'assistenza del difensore e, a monte, l'avvertimento della facoltà di farsi assistere" (così a pag. 3 della sentenza di primo grado). E ha concluso, del tutto logicamente, che "non pare potersi obiettare che il rifiuto non sarebbe illegittimo perché non preceduto da tale avviso, in quanto l'illegittimità penalmente rilevante del rifiuto discende dalla norma sanzionatoria di cui all'art. 186, comma 7, del codice della strada, di cui non si può invocare l'ignoranza, in virtù dell'art. 5 c.p.".
3. Va detto, tuttavia, che, a fronte del motivo di gravame nel merito (il primo di cui all'atto di appello dell'11 aprile 2018 a firma dell'avv. Davide Toscani, in atti) che censurava tale punto della motivazione, ha ragione il ricorrente a dolersi della risposta fornita dalla Corte territoriale, secondo cui "... pur essendosi svolto il giudizio seguendo il rito ordinario e pur avendo la difesa eccepito nei termini di legge l'avvenuta omissione, è necessario evidenziare che la stessa parte appellante, all'udienza del 5 marzo 2018, aveva prestato il consenso all'acquisizione degli atti di indagine, andando quindi ad accettare gli effetti dell'atto originariamente nullo, determinandone per l'effetto una sanatoria ai sensi dell'art. 183, comma 1, lett. a), c.p.p." (così la sentenza impugnata alle pagg. 5 e 6).
Tale affermazione è errata in punto di diritto in quanto il processo si è svolto nelle forme del giudizio ordinario e la scelta di una o più parti di rinunciare al contraddittorio, in relazione all'acquisizione di singoli mezzi di prova, non ne trasformano certo la natura.
L'acquisizione della prova su accordo delle parti - ha ragione il ricorrente - è un istituto che risulta pacificamente differente rispetto al giudizio abbreviato. I due istituti infatti sono disomogenei e non assimilabili, dal momento che gli accordi che possono intervenire tra le parti, in ordine alla formazione del fascicolo per il dibattimento, non escludono il diritto di ciascuna di esse ad articolare pienamente i rispettivi mezzi di prova secondo l'ordinario ed ampio potere loro assegnato per la fase dibattimentale.
La scelta della difesa di acconsentire all'acquisizione degli atti di indagine, finalizzata unicamente allo snellimento dell'attività processuale, non fa venire meno il diritto della parte stessa di eccepire l'inutilizzabilità dell'atto acquisito.
Del resto, in difetto di richiesta di rito abbreviato, il consenso prestato a far transitare uno o più atti delle indagini preliminari nel fascicolo per il dibattimento e ad utilizzarli ai fini della decisione, non produce alcun effetto premiale in termini di pena.
Viceversa, questa Corte di legittimità ha precisato - e anche in questo caso il condivisibile principio va ribadito - che, in tema di guida in stato di ebbrezza, la violazione dell'obbligo di dare avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia al conducente da sottoporre prelievo ematico presso una struttura sanitaria, finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico esclusivamente su richiesta dalla polizia giudiziaria, determinando una nullità di ordine generale a regime intermedio che può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, c.p.p., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado, deve ritenersi sanata, ai sensi dell'art. 183 c.p.p., qualora l'imputato formuli una richiesta di rito abbreviato (Sez. 4, n. 24087 del 28 febbraio 2018, Massardi, Rv. 272959; conf. Sez. 4, n. 16131 del 14 marzo 2017, Nucciarelli, Rv. 269609).
4. La Corte meneghina, dunque, non avrebbe dovuto fornire una risposta in termini processuali, come ha fatto alle pagg. 3 e ss. della sentenza impugnata, ma verificare se fosse corretta l'affermazione operata dal giudice di primo grado, secondo cui in caso di rifiuto di sottoporsi all'alcooltest non è necessario l'avviso di cui all'art. 114 disp. att. c.p.c.
Ciò nonostante, l'odierno ricorso va rigettato in quanto, indipendentemente dalla risposta che ha fornito la Corte territoriale, che va qui rettificata, l'affermazione operata dal giudice di primo grado è corretta.
Il tema, che è quello della necessità o meno dell'avvertimento di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p. anche in caso di rifiuto dell'imputato di sottoporsi all'alcooltest, merita di essere approfondito, in quanto sussiste sul punto, effettivamente, l'oscillazione della giurisprudenza di questa Corte che si evidenzia nei richiami agli arresti giurisprudenziali di cui al ricorso.
Un risalente, lungo e consolidato orientamento di questa Corte ha ritenuto che tale avviso, nei casi in cui fosse in contestazione l'art. 186, comma 7, del codice della strada, non fosse necessario (cfr. ex multis Sez. 4, n. 43845 del 26 settembre 2014 Rv. 260603; Sez. 4, n. 34470 del 13 maggio 2016, Rv. 267877).
In epoca ormai risalente questa Corte di legittimità ha anche chiarito, viceversa, che tale avviso deve essere dato dalla P.G. operante al soggetto che sta per essere sottoposto all'alcooltest nel momento in cui si procede all'atto, e non quando siano precedentemente svolte le attività ad esso propedeutiche (così Sez. 4, n. 16553 del 26 gennaio 2011, Pasolini, Rv. 250310 in una fattispecie nella quale il ricorrente lamentava che l'avviso in oggetto non gli fosse stato dato contestualmente alla richiesta di consenso all'alcooltest, e che, pertanto, gli fosse stato precluso di avvalersi della difesa tecnica onde determinarsi sulla scelta a lui più conveniente).
Sono poi intervenute le pronunce Sez. 4, n. 49236 del 3 novembre 2016, Morello, non mass., e Sez. 4, n. 34383 del 6 giugno 2017, Emanuele, Rv. 270526, che hanno affermato il principio contrario, per cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, l'avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore, ex art. 114 disp. att. c.p.p., deve essere rivolto al conducente del veicolo nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell'alcolemia con la richiesta di sottoporsi al relativo test, anche nel caso in cui l'interessato si rifiuti di sottoporsi all'accertamento.
Le pronunce in questione sono rimaste, tuttavia, isolate (in analogo senso si registra, in tempi più recenti, la sola Sez. 4, n. 12229 del 17 gennaio 2018, Caroli, non mass.), mentre si è andato nuovamente facendo strada l'orientamento di ritenere tale avviso non necessario in casi come quello che ci occupa (Sez. 4, n. 29275 del 12 giugno 2019, Chatoubi Rachid, non mass., Sez. 4, n. 40275 del 19 luglio 2019, Jaha Fatmir, non mass.; Sez. 4, n. 25434 del 20 febbraio 2019, Riso, non mass.)
5. Tale ultimo orientamento, ad avviso del Collegio, va assolutamente condiviso e rafforzato e, per farlo, occorre confrontarsi con il dictum di cui alla sopra ricordata pronuncia di questa Sez. 4, n. 34383/2017.
Occorre prendere, tuttavia, le mosse da una considerazione che pare sfumare in talune pronunce, ovvero che in casi come quello che ci occupa il fatto contestato non è la guida in stato di ebbrezza (art. 186, comma 2, c.d.s.), ma l'essersi il soggetto, sorpreso alla guida con indici di sospetto che fosse ebbro, rifiutato di sottoporsi all'accertamento alcolimetrico (art. 186, comma 7, c.d.s.).
In altri termini, un processo come quello che ci occupa non mira ad accertare se l'imputato abbia guidato in stato di ebbrezza. Poteva evidentemente non esserlo e non avere ingerito affatto dell'alcool. Ma comunque, se si è rifiutato alla richiesta legittimamente rivoltagli di sottoporsi ad alcooltest, avrebbe commesso un reato, perché la norma di cui all'odierna imputazione sanziona proprio tale rifiuto.
Tale considerazione può apparire ovvia, ma non lo è. Ciò perché, come si dirà di qui a poco e come ha correttamente evidenziato il giudice di primo grado, l'avvertimento di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p. è previsto nell'ambito del procedimento volto a verificare la presenza dello stato di ebbrezza e l'eventuale presenza del difensore è volta a garantire che il compimento dell'atto in questione, in quanto atto a sorpresa e non ripetibile, sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini.
Il procedimento, in altri termini, è certamente in corso allorquando si registra il rifiuto dell'interessato di sottoporsi all'alcooltest. Ma a questo punto - e nel momento stesso del rifiuto - viene integrato il fatto reato sanzionato dall'art. 186, comma 7, c.d.s. E non c'è più nessun atto da compiere per il quale vada dato l'avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p., norma che, come si dirà di qui a poco, anche letteralmente, si riferisce specificamente all'atto e non al procedimento.
Orbene, le invocate pronunce 49236/2016 [e] 34383/2017, ad avviso del Collegio, prestano il fianco al rilievo di una non chiara differenziazione tra il reato di cui all'art. 186, comma 2, c.d.s. e quello di cui al comma 7 della medesima norma.
La richiamata Sez. un., n. 5396 del 29 gennaio 2015, Bianchi, Rv. 263025, per cui, in tema di disciplina della circolazione stradale, la polizia giudiziaria non ha l'obbligo di dare avviso della facoltà di nominare un difensore di fiducia alla persona sottoposta agli accertamenti qualitativi non invasivi e alle prove previsti dall'art. 186, comma terzo, cod. strada, in quanto gli stessi hanno funzione meramente preliminare rispetto a quelli eseguiti mediante etilometro e, come tali, restano estranei alla categoria degli accertamenti di cui all'art. 354 c.p.p., non pare portare alla conclusione della necessità dell'avviso anche in caso di rifiuto.
Non vi è un addentellato in tale pronuncia, nemmeno in termini di obiter dictum, che consenta di pervenire a tale conclusione.
Il quadro normativo di riferimento è costituito dagli artt. 114 disp. att. c.p.p., 356 e 354 c.p.p.
L'art. 114 disp. att. c.p.p. ("Avvertimento del diritto all'assistenza del difensore") così recita: «Nel procedere al compimento degli atti indicati dall'art. 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia».
L'art. 356 c.p.p. ("Assistenza del difensore") prevede che «[Il] difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli articoli 352 e 354 [...]».
L'art. 354 c.p.p. ("Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro"), detta disposizioni per la eventualità di un pericolo di ritardo per tali accertamenti, demandati, a specifiche condizioni, alla iniziativa della polizia giudiziaria.
Ebbene, "nel procedere al compimento degli atti" indica chiaramente che ci si accinge a compiere l'atto, che nel caso che ci occupa è quello di rilevazione dell'alcolemia a mezzo di etilometro. Ma se ci si sta apprestando a compiere l'atto significa che l'interessato vi acconsente. Il rifiuto eventuale - e con esso il reato istantaneo di cui all'art. 186, comma 7, c.d.s. - viene prima.
In altri termini, ad avviso del Collegio, va affermato con chiarezza che l'avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. presume la riscontrata volontà dell'interessato di sottoporsi al controllo.
Peraltro, ove si ritenesse che, se l'imputato fosse stato reso edotto della facoltà di farsi assistere, reperito in tempo reale un legale, su consiglio di questi non avrebbe ricusato l'accertamento, si verserebbe in un ambito manifestamente congetturale, incompatibile con il precetto di legge, che impone l'avvertimento solo allorquando debba farsi luogo al test.
6. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Depositata il 5 febbraio 2020.