Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 15 ottobre 2019, n. 7019
Presidente: Frattini - Estensore: Ferrari
FATTO
1. La Officine Sorze Disma di Sorze Maurizio & C. s.n.c. (d'ora in poi, Office) ha partecipato, insieme ad altre sei società, alla procedura, bandita dalla Prefettura di Como, per gli operatori economici interessati all'iscrizione nell'albo prefettizio (ex art. 8, d.P.R. n. 571 del 1982), per lo svolgimento di attività di recupero e custodia di veicoli sottoposti a sequestro, fermo e/o confisca amministrativa.
La richiesta di iscrizione della Office è stata respinta perché, all'esito di istruttoria, è emersa la non conformità dei luoghi ai requisiti prescritti dall'avviso prefettizio e dalla vigente normativa, nonché l'inidoneità dell'area destinata al servizio di custodia.
2. Avverso detto provvedimento la società ha proposto ricorso dinanzi al Tar Milano che, con sentenza n. 2640 del 23 novembre 2018, lo ha accolto.
3. La sentenza n. 2640 del 2018 è stata impugnata con appello notificato il 13 marzo 2018 e depositato il successivo 25 marzo deducendo:
Errores in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione. Violazione ed erronea applicazione degli artt. 10-bis e 21-octies, l. n. 241 del 1990 e dell'art. 8, d.P.R. n. 571 del 1982, nonché difetto di motivazione.
Contrariamente a quanto ritenuto dal Tar Milano, la Prefettura di Como ha correttamente valutato il difetto dei requisiti oggettivi, richiesti ai fini dell'iscrizione nell'elenco prefettizio e, per tale ragione, ha rigettato l'istanza della società Officine.
Il Tar Milano, con una motivazione del tutto insufficiente, non ha indicato quali sono gli "elementi tecnici", apportati dalla controparte, che l'Amministrazione avrebbe dovuto esaminare, nonché quale sia il nesso eziologico tra la mancata valutazione degli stessi e la dichiarata illegittimità del diniego prefettizio.
4. Si è costituita in giudizio la Officine Sorze Disma di Sorze Maurizio & C. s.n.c., che ha sostenuto l'infondatezza dell'appello.
5. Alla pubblica udienza del 10 ottobre 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Oggetto del gravame è la necessità o meno di far precedere dalla comunicazione di preavviso di rigetto l'esclusione dall'elenco prefettizio, previsto dall'art. 8, d.P.R. n. 571 del 1982, degli operatori economici interessati allo svolgimento di attività di recupero e custodia di veicoli sottoposti a sequestro, fermo e/o confisca amministrativa.
Ad avviso del Ministero appellante il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere necessario tale preavviso.
L'appello è infondato.
Il decreto di rigetto dell'iscrizione, impugnato dinanzi al Tar Milano, giustifica la mancata adozione del preavviso di rigetto affermando che il provvedimento finale non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.
Contrariamente a quanto assume l'appellante, però, il rigetto dell'istanza di iscrizione diventa provvedimento vincolato solo nel momento in cui si accerta la mancanza dei presupposti per l'iscrizione, e ciò rende inapplicabile l'art. 28-octies, l. 7 agosto 1990, n. 241, che presuppone, per giustificare l'omissione della fase partecipativa, che il provvedimento conclusivo del procedimento - avviato d'ufficio o, come nella specie, su istanza di parte - non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato, stante la sua natura vincolata.
La società Officine Sorze Disma s.n.c. - già iscritta dal 1992 nell'elenco di cui all'art. 8, d.P.R. n. 571 del 1982 - avrebbe potuto smentire, in punto di fatto, i rilievi mossi dalla Commissione ed ostativi all'iscrizione, forte peraltro della circostanza di essere già inclusa in detto elenco.
Ricorda il Collegio che la ratio della disposizione garantista dettata dall'art. 7, l. n. 241 del 1990 è proprio quella di assicurare al privato la partecipazione ad un procedimento suscettibile di concludersi con un provvedimento lesivo della sua sfera giuridica. La partecipazione al procedimento, di cui il previo avviso costituisce il necessario presupposto, svolge dunque, nella sostanza, una funzione conoscitiva a vantaggio di ambedue le parti, pubblica e privata, atteso che consente all'interessato un'anticipata tutela delle proprie ragioni e permette all'Amministrazione di ridurre i margini di errori, nei quali potrebbe eventualmente incorrere adottando un provvedimento illegittimamente lesivo della sfera giuridica del suo destinatario.
Nel caso in esame la partecipazione al procedimento avrebbe consentito all'interessato di dimostrare l'esistenza - o la permanenza - dei requisiti (o dei nuovi requisiti, in considerazione delle novità che, ad avviso dell'Amministrazione, caratterizzano il bando del 2017) necessari per l'iscrizione nell'albo prefettizio, per lo svolgimento di attività di recupero e custodia di veicoli sottoposti a sequestro, fermo e/o confisca amministrativa.
Il contraddittorio è, infatti, tanto più necessario quando il provvedimento si inserisce in un assetto di interessi già formatosi e cristallizzatosi proprio in virtù di un atto autorizzatorio o concessorio dell'Amministrazione. Non è smentito, nella specie, in punto di fatto che la società fosse già iscritta nell'elenco sebbene, secondo la Prefettura (pag. 4 della memoria depositata in primo grado), l'avviso pubblico avrebbe richiesto elementi nuovi e diversi rispetto a quelli già previsti nel precedente avviso effettuato nel 1998, stante le modifiche introdotte in materia ambientale, con particolare riferimento agli obblighi di raccolta delle acque di prima pioggia.
Giova aggiungere che, contrariamente a quanto affermato in appello, il giudice di primo grado ha preso in considerazione l'unica difesa che sulla questione dell'omesso preavviso di rigetto la Prefettura ha espletato dinanzi al Tar, e cioè che "può essere omesso laddove il contenuto dell'atto non avrebbe potuto essere diverso: nella fattispecie, come già sottolineato, l'area indicata per lo svolgimento dell'attività era priva dei requisiti oggettivi prescritti dal bando, che non potevano essere successivamente sanati". Il Tar, seppure molto sinteticamente, ha infatti chiarito che la società "nel corso del giudizio, ha invece apportato elementi tecnici tali da escludere che, ove esaminati nel corso del procedimento, non avrebbero potuto influire sul contenuto del provvedimento finale".
Correttamente, infine, il Tar non si è soffermato a verificare la corrispondenza fattuale delle affermazioni dell'Amministrazione in ordine alla carenza dei presupposti per l'iscrizione. Il motivo relativo all'omissione del preavviso di rigetto assume, infatti, carattere assorbente ed impedisce al Collegio l'esame degli ulteriori profili di illegittimità dedotti con il ricorso (C.d.S., sez. VI, 26 ottobre 2006, n. 6413; 14 gennaio 2003, n. 98; 17 settembre 2001, n. 4877; 1° settembre 2000, n. 4649); la necessità per il giudicante di ritenere concluso il proprio sindacato dopo la positiva definizione della censura ora esaminata va rinvenuta nel fatto che un esame degli ulteriori motivi di ricorso, individuando profili di legittimità o di illegittimità del provvedimento impugnato, finirebbe per vanificare l'obbligo, incombente jussu iudicis sull'Amministrazione, di reiterare il procedimento consentendo, questa volta, al privato interessato di parteciparvi per tentare, con le proprie argomentazioni, di indurre l'Amministrazione a mutare avviso.
L'appello deve dunque essere respinto.
La particolarità della vicenda contenziosa giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.