Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II-quater
Sentenza 20 settembre 2019, n. 11168
Presidente: Pasanisi - Estensore: Rizzetto
1. Con atto notificato e depositato il 6 dicembre 2018, la Sig.ra Filomena B. e l'avv. Fabio A., in proprio, hanno proposto ricorso innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale contro il Ministero della Giustizia per ottenere l'esecuzione del giudicato derivante dal decreto ex l. n. 89/2001, emesso dalla Corte d'Appello di Roma - Sezione Equa Riparazione il 24 ottobre 2016 e depositato il 13 gennaio 2017 (procedimento iscritto al ruolo n. 50.992/2016 V.G.), esponendo che:
- con il predetto decreto, il Ministero della Giustizia è stato condannato a corrispondere alla ricorrente B. Filomena, a titolo di equa riparazione per l'irragionevole durata del processo, la somma di euro 7.250,00 (settemiladuecentocinquanta/00) oltre interessi legali dal 10 settembre 2015 al saldo, nonché alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate nella somma di euro 1317,00 (milletrecentodiciassette/00), di cui euro 117,00, oltre IVA e CPA, come per legge, sulle sole competenze, da distrarsi in favore del procuratore antistatario (Avv. Fabio A.).
- l'azionato decreto della Corte d'Appello di Roma - Sezione Equa Riparazione è stato munito della formula esecutiva il 10 marzo 2017 ed in tale forma è stato notificato alla sede reale del Ministero della Giustizia il 27 marzo 2017;
- non risultano proposte opposizioni;
- la dichiarazione prescritta dall'art. 5-sexies della l. 24 marzo 2001, n. 89, corredata della relativa regolare documentazione è stata inviata all'Amministrazione intimata il 1° marzo 2017;
- sono decorsi sia il termine dilatorio di centoventi giorni di cui all'art. 14, comma 1, del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla l. 28 febbraio 1997, n. 30, sia l'ulteriore termine di sei mesi previsto dall'art. 5-sexies, comma 7, della l. n. 89 del 2001;
- le numerose richieste di pagamento sono rimaste senza esito alcuno.
2. A fronte dell'inadempienza del Ministero della Giustizia, i ricorrenti hanno pertanto instaurato il presente giudizio, con il quale hanno chiesto a questo Tribunale di voler adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'esecuzione del giudicato in esame, con condanna dell'intimata Amministrazione:
- al pagamento in favore della ricorrente Filomena B. della somma di euro 7.250,00, oltre interessi legali dal 10 settembre 2015;
- al pagamento in favore dell'avv. Fabio A. delle spese processuali liquidate in complessivi euro 1.317,00, di cui euro 117,00 di spese vive oltre spese generali, IVA e CPA come per legge, nonché al pagamento delle spese anticipate quali euro 46,12 per il rilascio di due copie esecutive e di due copie per la notifica ed euro 9,53 per la notifica del decreto.
- al pagamento della penalità di mora di cui all'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., in misura pari agli interessi legali;
- al pagamento delle spese del presente giudizio, da attribuirsi al procuratore avv. Fabio A., che ha dichiarato di averne fatto anticipo.
Hanno altresì chiesto di disporre, per il caso di ulteriore inerzia, la nomina di un commissario ad acta affinché questi, in sostituzione dell'amministrazione inadempiente, provveda a dare integrale esecuzione al decreto in epigrafe.
3. Il Ministero della Giustizia non si è costituito in giudizio.
4. La causa è stata quindi chiamata all'odierna camera di consiglio, in esito alla quale è passata in decisione.
5. Il Collegio deve constatare la ritualità del gravame e la fondatezza della pretesa principale con esso fatta valere in giudizio dalla parte ricorrente.
Deve invero essere dato atto che:
- parte ricorrente ha notificato il titolo esecutivo presso la sede reale dell'amministrazione intimata ed è decorso il termine di centoventi giorni di cui all'art. 14, comma 1, del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla l. 28 febbraio 1997, n. 30;
- il decreto azionato è divenuto definitivo, a seguito di dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione;
- parte ricorrente ha inviato la dichiarazione di cui al comma 1, art. 5-sexies, l. n. 89/2001 ed è altresì decorso il termine di sei mesi dall'invio di tale documentazione, termine il quale per la sua natura speciale assorbe comunque il termine dilatorio di cui all'art. 14 d.l. n. 669/1996 (v. Corte cost. n. 135/2018);
- sulla base delle depositate evidenze documentali (e stante anche l'assoluta mancanza di qualsiasi contraria deduzione o contestazione sul punto da parte dell'amministrazione intimata, che non si è neppure costituita in giudizio), le statuizioni contenute nel decreto in epigrafe non risultano, allo stato, aver ricevuto esecuzione.
Ne consegue che, rispettate le formalità procedurali e provato l'inadempimento del debitore, deve ordinarsi al Ministero della Giustizia di dare piena ed integrale esecuzione al decreto in epigrafe menzionato e, per l'effetto, di provvedere alla corresponsione in favore della parte ricorrente delle somme a essa spettanti per effetto del titolo azionato, entro il termine di sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza.
6. Quanto alle ulteriori somme richieste dalla parte ricorrente a titolo di spese sostenute per l'instaurazione del presente giudizio, il Collegio concorda con l'orientamento maggioritario della giurisprudenza secondo cui in sede di giudizio di ottemperanza può riconoscersi l'obbligo di corresponsione alla parte ricorrente anche delle spese accessorie che siano state necessarie "all'attivazione del procedimento di ottemperanza medesimo" non essendo invece dovute "le eventuali spese non funzionali all'introduzione del giudizio di ottemperanza, quali quelle di precetto (che riguardano il procedimento di esecuzione forzata disciplinato dagli artt. 474 ss., c.p.c.), o quelle relative a procedure esecutive risultate non satisfattive, poiché l'uso di strumenti di esecuzione diversi dall'ottemperanza al giudicato è imputabile alla libera scelta del creditore" (cfr. da ultimo TAR Campania, Napoli, n. 5446/2018).
Le spese, i diritti e gli onorari di atti successivi al decreto azionato sono quindi dovuti solo per le voci relative alla pubblicazione, all'esame ed alla notifica del decreto oggetto di ottemperanza in quanto funzionali all'introduzione del giudizio medesimo ed esse vengono liquidate, in modo omnicomprensivo, in Euro 50,00 e confluiscono nelle spese e nelle competenze di causa relative al presente giudizio di cui al successivo punto 9.
7. Con riguardo alla ulteriore richiesta formulata dalla parte ricorrente di condanna dell'amministrazione intimata al pagamento della penalità di mora (c.d. astreinte) di cui all'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., occorre evidenziare che il Consiglio di Stato, nel rilevare l'assenza di preclusioni astratte sul piano dell'ammissibilità dell'istituto giuridico in esame nei confronti della P.A. inadempiente, ha tuttavia chiarito che «la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell'esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura nonché al momento dell'esercizio del potere discrezionale di graduazione dell'importo» (cfr. C.d.S., Ad. plen., n. 15/2014, secondo cui «Non va sottaciuto che l'art. 114, comma 4, lett. e, c.p.a., proprio in considerazione della specialità, in questo caso favorevole, del debitore pubblico - con specifico riferimento alle difficoltà nell'adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici - ha aggiunto al limite negativo della manifesta iniquità, previsto nel codice di rito civile, quello, del tutto autonomo, della sussistenza di altre ragioni ostative», con la conseguenza che «spetterà allora al giudice dell'ottemperanza, dotato di un ampio potere discrezionale sia in sede di scrutinio delle ricordate esimenti che in sede di determinazione dell'ammontare della sanzione, verificare se le circostanza addotte dal debitore pubblico assumano rilievo al fine di negare la sanzione o di mitigarne l'importo»).
Orbene, il Collegio ritiene, alla luce della richiamata decisione dell'Adunanza Plenaria (e dell'orientamento della giurisprudenza formatosi sul punto), che, nella specie, la crisi della finanza pubblica e l'ammontare del debito pubblico giustificano, in concreto, la mancata condanna della parte pubblica al pagamento dell'astreinte (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III, 23 agosto 2018, n. 9022; T.A.R. Lazio, sez. II, 20 marzo 2018, n. 3101; T.A.R. Campania, sez. VII, 8 giugno 2018, n. 3836).
Va anche detto, come già evidenziato dalla Sezione (cfr. la sentenza n. 3101/2018 cit.), che tali ragioni ostative assumono rilievo, ex art. 115 c.p.c., in quanto fatti notori.
In definitiva, alla luce di quanto precede, la domanda volta a conseguire la condanna dell'amministrazione al pagamento della c.d. astreinte, non può essere accolta.
8. In conclusione il ricorso in esame deve essere accolto nei sensi e nei limiti sopra riferiti e per l'effetto, in esecuzione dell'azionato titolo esecutivo, deve ordinarsi al Ministero della Giustizia di provvedere al pagamento (entro il termine di sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza):
- in favore della ricorrente Filomena B. della somma di euro 7.250,00 (settemiladuecentocinquanta/00) oltre interessi legali dal 10.9.2015 al saldo;
- in favore del ricorrente avv. Fabio A. della somma di euro 1317,00 (milletrecentodiciassette/00) oltre spese generali, iva e cpa come per legge, con distrazione.
Per il caso di ulteriore inottemperanza, si nomina sin d'ora un commissario ad acta, ai sensi dell'art. 5-sexies, comma 8, della l. n. 89 del 2001, nella persona del responsabile p. t. dell'Ufficio I della Direzione generale degli affari giuridici e legali del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della Giustizia, o un suo delegato, con la precisazione che, tenuto conto del fatto che le funzioni di commissario ad acta sono assegnate a un dipendente pubblico già inserito nella struttura competente per i pagamenti della "legge Pinto", l'onere per le prestazioni svolte rimane interamente a carico del Ministero della Giustizia. Il Commissario così designato dovrà provvedere a istanza di parte, entro il successivo termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine già assegnato al Ministero intimato, al pagamento delle somme ancora dovute, compiendo tutti gli atti necessari, secondo quanto previsto dal comma 6 dell'art. 5-sexies, più volte richiamato.
Il ricorso, per la residua parte, deve invece essere respinto.
9. Infine, tenuto conto sia dell'accoglimento solo parziale del presente ricorso, sia del carattere seriale e del non elevato livello di complessità della causa anche in relazione ai numerosi, analoghi, precedenti, il Collegio ritiene congrua la determinazione, a titolo di spese e competenze di causa relative al presente giudizio, dell'importo forfettario complessivo pari ad euro 200,00 (duecento), nel quale confluiscono le somme richieste dalla parte ricorrente a titolo di spese sostenute per l'instaurazione del presente giudizio, di cui al punto 6 che precede.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Condanna l'intimato Ministero al pagamento, in favore dell'avv. Fabio A., dichiaratosi anticipatario, delle spese e competenze di giudizio nella somma forfettaria complessiva pari ad euro 200,00 (duecento), oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.