Corte di cassazione
Sezione III penale
Sentenza 9 aprile 2019, n. 30388

Presidente: Sarno - Estensore: Semeraro

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Torino, con la sentenza del 12 febbraio 2018, ha confermato la condanna inflitta a P.G.C. alla pena di un anno e sei mesi di reclusione dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Biella il 17 aprile 2012, all'esito del giudizio abbreviato, per i delitti di cui agli artt. 609-bis e 609-ter, n. 1, c.p. per avere costretto il nipote N.M. (nato nel 1999), abusando delle sue condizioni di inferiorità fisica e psichica, a compiere atti sessuali, specificamente descritti nel capo di imputazione.

2. Il difensore di P.G.C. ha proposto il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino del 12 febbraio 2018.

2.1. Con il primo motivo si deduce l'illegalità della pena, secondo quanto riportato nelle pagine 3 della sentenza impugnata e 7 della sentenza di primo grado.

2.1.1. I giudici di merito avrebbero ritenuto la sussistenza la circostanza attenuante ex art. 609-bis, comma 3, c.p. e l'avrebbero di fatto ritenuta prevalente; avrebbero però effettuato successivamente il bilanciamento tra la circostanza aggravante ex art. 609-ter, n. 1, c.p. e le circostanze attenuanti generiche, ritenendo equivalenti tali ultime due circostanze.

Tale bilanciamento sarebbe stato effettuato dal giudice dell'udienza preliminare, secondo il ricorrente in violazione dell'art. 69 c.p. per il quale è possibile ritenere o prevalenti le circostanze aggravanti su quelle attenuanti, o prevalenti le circostanze attenuanti sulle circostanze aggravanti o ritenere equivalenti le circostanze. Solo dopo il giudizio di bilanciamento potrà trovare applicazione l'art. 63 c.p.

La Corte di appello avrebbe quindi erroneamente applicato tali norme nel ridurre la pena ex art. 609-bis, comma 3, c.p. e nel ritenere poi equivalenti le circostanze attenuanti generiche e la circostanza aggravante contestata.

2.1.2. Al secondo punto si deduce la violazione dell'art. 597, comma 3, c.p.p. Si rileva che la Corte di appello ha confermato la pena inflitta in primo grado ma in realtà pervenendo alla stessa pena con un diverso percorso logico.

Nella sentenza di appello, a differenza che di quella del giudice dell'udienza preliminare, non vi è alcuna menzione della circostanza aggravante ex art. 609-ter, n. 1, c.p. né al giudizio di equivalenza indicato dal primo giudice.

Pertanto, in via alternativa al primo motivo, si rileva che ove la Corte di appello, non menzionando la circostanza aggravante ex art. 609-ter, n. 1, c.p. abbia corretto la sentenza di primo grado, allora avrebbe dovuto ridurre la pena per le circostanze attenuanti generiche. Si afferma nel ricorso che «Si possono quindi sostenere due ipotesi alternative di violazione dell'art. 597, comma III, c.p.p.: 1) la Corte ha ridotto l'effetto di attenuazione della sanzione ex art. 609-bis, comma III, c.p., già riconosciuto dal Giudice di primo grado, senza che sul punto vi sia stata impugnazione del p.m.; 2) confermando la riduzione della pena indicata nella sentenza di prime cure ai sensi dell'art. 609-bis c.p., sostanzialmente non si è riconosciuto alcun effetto benefico all'applicazione delle circostanze attenuanti generiche poiché, seppure nel provvedimento impugnato non vi è alcuna menzione del giudizio di equivalenza con l'aggravante speciale, la pena in precedenza inflitta è rimasta in ogni caso invariata».

2.2. Con il secondo motivo si chiede l'annullamento delle statuizioni civili per l'erronea applicazione dell'art. 82 c.p.p. e per il vizio della motivazione.

Si sostiene che all'udienza del 12 febbraio 2018, come riportato anche nel provvedimento impugnato, la persona offesa ha espressamente dichiarato di voler rinunciare all'azione civile, quale intenzione «fatta personalmente dalla parte in udienza» nel corso del giudizio di appello ai sensi del comma 1 dell'art. 82 c.p.p.

Per il ricorrente la parte civile avrebbe, nel giudizio di appello, espressamente manifestato di non avere ulteriore interesse a coltivare l'azione proposta, dovendosi così intendere l'azione promossa rinunciata; invece, la Corte di appello avrebbe ritenuto che tale manifestazione di volontà fosse solo informale e che la costituzione di parte civile non fosse stata revocata.

Tenuto conto dell'art. 82, comma 1, c.p.p. e della espressa rinuncia da parte della persona offesa alla pretesa risarcitoria, si ritiene errata la decisione della Corte di appello sulle statuizioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è fondato.

1.1. Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Biella ha ritenuto sussistente la circostanza attenuante ex art. 609-bis, comma 3, c.p. ed ha al contempo ritenuto le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla circostanza aggravante contestata ex art. 609-ter c.p.

Con l'appello l'imputato ha chiesto di riconoscere prevalenti le circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante contestata.

La Corte di appello ha ritenuto corretta l'applicazione delle circostanze attenuanti ed ha confermato la pena, senza esplicitamente valutare il motivo di appello sulla richiesta di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante contestata.

1.2. Va ribadito il principio di diritto espresso da Cass., Sez. 3, n. 13866 del 7 dicembre 2016, dep. 2017, G., Rv. 269328-01, che ha superato l'orientamento precedente, per cui in tema di violenza sessuale, la diminuente prevista dall'art. 609-bis, terzo comma, c.p. concorre nel giudizio di comparazione di cui all'art. 69 c.p.

In motivazione la Corte di cassazione ha osservato che la partecipazione al giudizio di bilanciamento consegue alla sentenza della Corte costituzionale n. 106 del 2014, che ha dichiarato illegittimo il quarto comma dell'art. 69 c.p. - come sostituito dall'art. 3 della l. 5 dicembre 2005, n. 251 - nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui al citato terzo comma dell'art. 609-bis c.p. sulla recidiva reiterata. La Corte costituzionale ha espressamente riconosciuto che la circostanza attenuante ex art. 609-bis, comma 3, c.p. partecipa al giudizio di comparazione.

1.3. La tesi difensiva sul giudizio unitario di bilanciamento è fondata.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti di cui all'art. 69 c.p. ha carattere unitario ed inscindibile (Cass., Sez. 3, n. 19112 del 10 marzo 2016, I., Rv. 266587-01), implicando una valutazione integrale della personalità dell'imputato e dell'entità complessiva del fatto. Con l'unico giudizio di bilanciamento deve essere pertanto stabilito se le circostanze attenuanti debbono essere ritenute equivalenti, prevalenti o minusvalenti rispetto alle varie circostanze aggravanti.

Il carattere unitario impone che le circostanze concorrenti debbano essere ritenute complessivamente equivalenti, oppure che tutte quelle di un tipo siano considerate prevalenti su tutte quelle del tipo opposto.

Si è pertanto affermato che, in base a tale carattere unitario (cfr. Cass., Sez. 5, n. 12988 del 22 febbraio 2012, Benatti, Rv. 252313-01), non è consentito operare il bilanciamento tra le attenuanti ed una sola delle aggravanti, dovendosi invece procedere alla simultanea comparazione di tutte le circostanze contestate e ritenute dal giudice.

Cfr. anche Cass., Sez. 3, n. 28258 del 9 maggio 2008, Cecchini, Rv. 240820-01 che ha affermato il principio per il quale in tema di concorso di circostanze del reato, il giudizio di bilanciamento ha carattere unitario e riguarda tutte le circostanze coinvolte nel procedimento di comparazione, sia quelle comuni che ad effetto speciale, in quanto la disciplina differenziata per queste ultime riguarda solo l'applicazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena e non il concorso di circostanze attenuanti ed aggravanti.

1.4. Nel caso in esame non è avvenuto il giudizio unitario perché le circostanze attenuanti generiche sono state ritenute equivalenti alla circostanza aggravante contestata dopo aver riconosciuto ed applicato la diminuzione della pena ex art. 609-bis, comma 3, c.p., circostanza questa di fatto ritenuta prevalente.

Una volta ritenuta prevalente la circostanza attenuante ex art. 609-bis, comma 3, c.p., i giudici di merito avrebbero dovuto applicare l'art. 63 c.p. Si impone pertanto l'annullamento con rinvio sul punto.

2. Il secondo motivo è infondato.

2.1. Va premesso che ai sensi dell'art. 82, comma 1, c.p.p. la costituzione di parte civile può essere revocata in ogni stato e grado del procedimento con dichiarazione fatta personalmente dalla parte o da un suo procuratore speciale in udienza ovvero con atto scritto depositato nella cancelleria del giudice e notificato alle altre parti.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza (cfr. Cass., Sez. 6, n. 26870 del 30 marzo 2017, C., Rv. 270411-01) la costituzione di parte civile da parte di un minore, avvenuta a mezzo dell'esercente la potestà genitoriale, conserva la sua validità, pur in assenza di rinnovazione, anche nel caso che il minore, nel corso del giudizio, raggiunga la maggiore età, in assenza di dichiarazione al riguardo da parte del difensore e di iniziative delle controparti.

Si è affermato altresì che poiché l'esercizio dell'azione civile nel processo penale è regolato, per quanto non espressamente derogato, dai principi che disciplinano il processo civile, la perdita della capacità di una parte di stare in giudizio, per avere effetto, deve essere dichiarata dal procuratore, proseguendo in caso contrario il processo tra le parti originarie (art. 300 c.p.c.) sino al termine della fase processuale in cui si verifica l'evento; rimane escluso, pertanto, che la mancata dichiarazione del raggiungimento della maggiore età, nell'ipotesi di parte civile minorenne costituitasi a mezzo del genitore, possa essere interpretata come un'implicita rinuncia alla costituzione da parte del minore medesimo (cfr. Cass., Sez. 6, n. 452 del 23 novembre 2004, dep. 2005, Cazzarolli, Rv. 230949-01).

Inoltre, si è affermato che la parte civile costituita, che non partecipi al giudizio di appello personalmente e non presenti conclusioni scritte ai sensi dell'art. 523 c.p.p., deve ritenersi comunque presente nel processo e le sue conclusioni, pur rassegnate in primo grado, restano valide in ogni stato e grado in virtù del principio di immanenza previsto dall'art. 76 c.p.p.; cfr. in tal senso Cass., Sez. 5, n. 24637 del 6 aprile 2018, Capasso, Rv. 273338-01.

2.2. La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto ora espressi.

Dagli atti risulta che si costituì parte civile, I.S. quale curatore speciale di N.M., all'epoca minore di età; il difensore nominato era l'avv. A.C.R. All'udienza del 12 febbraio 2018 dinanzi alla Corte di appello era presente N.M., nato il 9 febbraio 1999, e l'avv. P.S., quale sostituto processuale dell'avv. A.C.R. Risulta dal verbale che l'avv. P.S. «dichiara, a nome dell'Avv. R., che la stessa non è più interessata all'esito del procedimento e la mancata partecipazione deve ritenersi tacita rinuncia all'azione risarcitoria». Dunque, la parte civile presente non ha fatto alcuna dichiarazione personale di revoca della costituzione di parte civile; la dichiarazione è stata effettuata dal sostituto processuale di udienza del difensore della parte civile e non dal procuratore speciale della parte civile; il sostituto processuale non può validamente effettuare la dichiarazione di revoca, trattandosi di atti che la legge riserva personalmente alla parte o al procuratore speciale specificamente. Né la presenza della persona offesa può ritenere aver sanato il difetto di procura, perché la procura è stata conferita dal curatore speciale al sostituito.

3. Si impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla comparazione delle circostanze con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino che terrà conto dei principi di diritto prima indicati. Poiché l'impugnazione ha avuto ad oggetto solo il bilanciamento delle circostanze, posto l'accoglimento del ricorso su tale ultimo aspetto, ai sensi dell'art. 624 c.p.p., deve dichiararsi irrevocabile l'affermazione di responsabilità di P.G.C. Va invece rigettato il secondo motivo di ricorso.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla comparazione delle circostanze e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Rigetta il ricorso nel resto.

Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara irrevocabile la sentenza sull'accertamento della responsabilità.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/2006 [recte: 196/2003 - n.d.r.] in quanto imposto dalla legge.

Depositata il 10 luglio 2019.