Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Reggio Calabria
Sentenza 29 aprile 2019, n. 300

Presidente: Criscenti - Estensore: Scianna

1. Espone la ditta ricorrente che, con bando in scadenza il 20 novembre 2018, la Stazione Unica Appaltante istituita presso la Città Metropolitana di Reggio Calabria indiceva una gara, mediante procedura aperta, per l'affidamento dei lavori di adeguamento della strada di accesso ai luoghi ove visse San Gaetano Catanoso, da eseguirsi nel comune di San Lorenzo amministrazione aggiudicatrice. L'importo complessivo a base d'asta ammontava ad Euro 65.927,58 ed il criterio di aggiudicazione prescelto è stato quello del minor prezzo, inferiore a quello posto a base di gara, ai sensi dell'art. 95, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016.

In data 5 dicembre 2018, la Commissione di gara provvedeva all'aggiudicazione provvisoria della commessa all'odierna ricorrente, alla quale però, in data 28 dicembre 2018, con nota prot. 157187, veniva comunicato l'avvio del procedimento di esclusione, stante che il socio sig. Francesco M. avrebbe omesso d'indicare di essere stato destinatario di un decreto penale di condanna emesso il 19 febbraio 2013 dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria (decreto n. 359/2013). Tale circostanza, a dire della Stazione Appaltante, avrebbe comportato la violazione del bando di gara, "che richiede esplicitamente la dichiarazione di tutte le condanne, anche non definitive", per cui "la falsa attestazione dell'insussistenza di situazioni astrattamente idonee a configurare una causa di esclusione e l'omissione della dichiarazione di situazioni successivamente accertate dalla stazione appaltante comportano l'applicazione dell'art. 80, comma 1, lett. f-bis) del codice dei contratti".

Nonostante le controdeduzioni della ricorrente, nelle quali veniva evidenziato che il citato decreto penale era stato tempestivamente opposto, la stazione unica appaltante concludeva l'istruttoria con il gravato provvedimento di esclusione.

2. Contro il detto provvedimento e contro gli atti presupposti e successivi è dunque insorta la ditta M. Attilio s.r.l., affidando il ricorso alle censure di eccesso di potere e violazione dell'art. 80 del d.lgs. 50/2016.

Sostiene la difesa della ricorrente che, in disparte ogni considerazione sul fatto che la tipologia di reato contestata al sig. M. non rientrerebbe fra quelli che costituisco motivo di esclusione ex art. 80 del codice degli appalti, nessuna omissione sia contestabile alla ditta stante che l'art. 15.1 del bando, espressamente, prevedeva che i decreti penali di condanna avrebbero dovuto essere indicati solo se divenuti irrevocabili. Mentre il decreto penale oggetto della contestazione è pacificamente non definitivo, in quanto opposto. Per altro, si sottolinea, il sig. Francesco M. ha predisposto la sua autocertificazione attenendosi alle indicazioni ed al format contenuto nel bando che lo invitavano ad inserire solo "i decreti penali di condanna divenuti irreversibili".

3. Con memoria del 18 marzo 2019 si è costituita la Città Metropolitana di Reggio Calabria, per chiedere il rigetto del ricorso. Sostiene la difesa dell'amministrazione intimata la piena legittimità del provvedimento di esclusione, in considerazione del fatto che decreto penale manterrebbe la propria efficacia e validità di condanna non definitiva, anche in presenza di opposizione, con la conseguenza che lo stesso avrebbe dovuto essere oggetto di espressa dichiarazione in sede di gara.

4. Alla camera di consiglio del 20 marzo 2019, la difesa della ricorrente ha evidenziato al Collegio che l'amministrazione in pendenza del ricorso ha provveduto ad aggiudicare definitivamente la gara, ed ha pertanto chiesto un rinvio per la proposizione di motivi aggiunti.

5. Con ricorso per motivi aggiunti depositato il 25 marzo 2019, la ricorrente ha quindi provveduto ad impugnare il provvedimento di aggiudicazione definitiva della commessa - prot. 2010 del 14 marzo 2019 - adottato dal Comune di San Lorenzo, ed a richiedere al Tribunale l'adozione di misure cautelari ovvero la definizione del giudizio all'udienza in camera di consiglio ex art. 120, comma 6, c.p.a. Il ricorso per motivi aggiunti è affidato alle medesime censure dedotte con il ricorso principale.

6. In data 28 marzo 2019 la difesa della ricorrente ha, infine, versato in atti la sentenza n. 1149 del 18 marzo 2019, con la quale il Tribunale di Reggio Calabria, all'esito del giudizio dibattimentale instaurato con l'opposizione al ripetuto decreto penale, ha assolto il sig. M. dal reato contestatogli.

7. Alla camera di consiglio del 3 aprile 2019, il Presidente ha comunicato che il ricorso è suscettibile di essere definito con sentenza in forma semplificata e, dopo una breve discussione, esso è stato trattenuto per la decisione.

8. Il ricorso è fondato e va accolto, avendo illegittimamente la stazione appaltante equiparato il decreto penale opposto ad una sentenza di condanna non definitiva.

Se vero è, infatti, che l'elencazione dei gravi illeciti professionali contenuta nella lett. c) del comma 5 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 è solo esemplificativa, per cui l'omessa dichiarazione di tutte le condanne penali riportate, impedendo di fatto alla Stazione appaltante di valutarne la gravità, può essere ricondotta nell'alveo dei gravi illeciti professionali giustificando l'esclusione (da ultimo in termini C.d.S., sez. V, 24 gennaio 2019, n. 591).

Se è vero pure, conseguentemente, che il concorrente non può operare alcun filtro nell'individuazione dei precedenti penali valutando esso stesso la loro rilevanza ai fini dell'ammissione alla procedura di gara, in quanto tale potere spetta esclusivamente alla stazione appaltante (in termini, C.d.S., sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192).

Anche vero è, tuttavia, che tutte queste considerazioni presuppongono l'esistenza di una condanna penale che, nel caso di specie, non sussiste.

Questa sezione ha già avuto modo di rimarcare (sentenza n. 697 del 26 novembre 2018) che il decreto penale di condanna opposto non è certamente equiparabile alla sentenza di condanna anche non definitiva, dovendosi in proposito considerare che, per espressa disposizione del codice di procedura penale (art. 464, comma 3), la proposizione dell'opposizione determina, in ogni caso, la revoca del decreto e la conseguente definizione del rapporto processuale con una successiva e distinta sentenza. In sostanza, solo laddove non opposto, il decreto penale assume un valore vincolante quanto all'accertamento dei fatti materiali costituenti reato ed alla loro imputabilità al condannato.

Pertanto, solamente quando e se il decreto diviene esecutivo, è suscettibile di essere utilizzato in sede amministrativa per tutte le valutazioni conseguenti.

Nel caso di specie, nei confronti del sig. Francesco M. era stato in effetti emanato un decreto penale di condanna e tuttavia avverso il medesimo è stata proposta tempestiva opposizione, ai sensi dell'art. 461 c.p.p. come da documentazione versata in atti.

L'atto di opposizione si traduce in una richiesta di giudizio da svolgersi nel contraddittorio delle parti. In presenza di un atto di opposizione, il decreto penale di condanna non diviene esecutivo e non può, perciò, costituire valido vincolo per l'attività amministrativa, né può essere equiparato ad una pronuncia di condanna, che, in caso di proposizione dell'opposizione, si concretizza solo all'esito del giudizio dibattimentale ad essa conseguente.

L'inconsapevolezza di tale distinzione ha condotto la stazione appaltante ad equiparare illegittimamente l'omessa dichiarazione di una sentenza di condanna e l'omessa dichiarazione di un decreto penale opposto. Come si disse, ai sensi dell'art. 464, comma 3, c.p.p., nel giudizio conseguente all'opposizione il giudice, in ogni caso, revoca il decreto penale di condanna che perciò, se opposto, costituisce esclusivamente la spia della pendenza di un procedimento penale e non di un accertamento giurisdizionale definito, la cui mancata indicazione possa minare la credibilità professionale del concorrente.

9. In ragione di quanto esposto i ricorsi, principale e per motivi aggiunti, meritano accoglimento, con il conseguente annullamento dei provvedimenti gravati. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, nei confronti della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Le spese di lite non sono, invece, ripetibili nei confronti del Comune di San Lorenzo, stante la mancata costituzione in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, principale e per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l'effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna la Città Metropolitana di Reggio Calabria al pagamento, in favore della ditta ricorrente delle spese di lite, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre oneri di legge e refusione del contributo unificato.

Spese non ripetibili nei confronti del Comune di San Lorenzo non costituito in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.