Corte di cassazione
Sezione II civile
Sentenza 10 gennaio 2019, n. 482
Presidente: Matera - Estensore: Abete
FATTI DI CAUSA
Con ricorso al tribunale di Roma depositato in data 2 aprile 2003 la "C.G.I. - Compagnia di Gestioni e Iniziative" s.r.l. chiedeva ingiungersi alla "Programma 5000" s.p.a. il pagamento della somma di euro 1.678.484,92.
Esponeva che il 30 marzo 2001 la "Programma 5000" le aveva conferito l'incarico di attendere ad una serie di attività, comprensive pur dell'assistenza in sede di redazione dei correlati contratti, ai fini della compravendita delle azioni della "Fimit" s.p.a. possedute dalla "Dinocle" s.s. nonché ai fini della ricerca di banche ed intermediari disponibili all'erogazione dei necessari finanziamenti.
Esponeva altresì che era stato pattuito il complessivo compenso di euro 1.807.599,15, di cui euro 129.114,23 da corrispondere - e corrisposti - entro il 31 dicembre 2001 ed euro 1.678.484,92 da corrispondere in ipotesi di acquisizione da parte di "Programma 5000" di non meno del 23% delle azioni "Fimit" e di stipulazione dei contratti di finanziamento.
Esponeva infine che l'operazione aveva avuto buon esito, sicché aveva senz'altro diritto alla percezione del saldo di euro 1.678.484,92.
Con decreto n. 10517/2003 il tribunale di Roma pronunciava l'ingiunzione per la somma di euro 1.678.484,92, oltre interessi legali e spese.
Con atto di citazione ritualmente notificato la "Only 3T" s.p.a. (già "Programma 5000" s.p.a.) proponeva opposizione.
Instava per la revoca dell'ingiunzione.
Resisteva la "C.G.I. - Compagnia di Gestioni e Iniziative" s.r.l.
Con sentenza n. 4416/2006 il tribunale adito rigettava l'opposizione e condannava l'opponente alle spese di lite.
Proponeva appello la "Only 3T" s.p.a.
Resisteva la "C.G.I. - Compagnia di Gestioni e Iniziative" s.r.l.
In comparsa conclusionale l'appellante deduceva che la pattuizione siglata con l'appellata era da reputare nulla ed inidonea a determinare l'insorgere del diritto a qualsivoglia compenso; segnatamente che l'attività espletata integrava gli estremi della mediazione creditizia ai sensi degli artt. 16 della l. n. 108/1996 e 2 del d.P.R. n. 287/2000 applicabili ratione temporis ed al contempo che la "C.G.I." non risultava iscritta nell'apposito albo tenuto presso la "Banca d'Italia".
Con sentenza n. 4420 del 17 gennaio/5 agosto 2013 la corte d'appello di Roma rigettava il gravame e condannava l'appellante alle spese del grado.
Evidenziava la corte - per quel che qui rileva - che l'eccezione formulata in conclusionale, benché tempestiva, era destituita di fondamento.
Evidenziava in particolare che il contratto dalle parti siglato in data 30 marzo 2001 non dava corpo ad un'ipotesi di mediazione creditizia ed era da qualificare viceversa alla stregua di un mandato - siccome in tal guisa identificato dalla "Only 3T" nell'atto di opposizione e nell'atto di appello - avente ad oggetto l'obbligo di curare l'esecuzione di più atti giuridici.
Evidenziava inoltre che gli impegni obbligatori assunti dalla "C.G.I." erano tra loro inscindibili, in quanto volti alla realizzazione di un unico risultato.
Evidenziava ancora che il contenuto della pattuizione postulava un vero e proprio rapporto di collaborazione tra le parti, rapporto di collaborazione peraltro riconosciuto dalla "Programma 5000" nell'iniziale atto di opposizione, sicché alla pattuizione era estraneo il connotato dell'imparzialità caratterizzante la figura della mediazione creditizia.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la "Only 3T" s.r.l. (già "Only 3T" s.p.a., già "Programma 5000" s.p.a.); ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.
La "C.G.I. - Compagnia di Gestioni e Iniziative" s.r.l. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l'avverso ricorso con il favore delle spese.
Ambedue le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
Con ordinanza interlocutoria in data 21 settembre 2017/16 aprile 2018 si è disposta la rimessione del presente procedimento alla pubblica udienza della seconda sezione civile di questa Corte.
La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., 1754 e ss. e 1703 e ss. c.c. ovvero l'erronea applicazione delle norme in materia di interpretazione del contratto con riferimento alle figure della mediazione e del mandato.
Deduce che, contrariamente all'assunto della corte d'appello, l'incarico conferito a "C.G.I." ha un contenuto tipicamente mediatorio.
Deduce segnatamente che, siccome si evince dalla lettera di incarico e dalla documentazione prodotta, a "C.G.I." è stato demandato il compimento di una serie di attività materiali e non giuridiche, tant'è che l'incaricata non ha atteso ad attività gestoria per conto di essa ricorrente, ma unicamente ad attività di cooperazione materiale necessaria allo scopo di porla in relazione con "Dinocle" nonché con le banche e gli intermediari finanziari.
Deduce in pari tempo che è del tutto irrilevante che nell'atto di opposizione e nell'atto di appello abbia identificato l'incarico in guisa di mandato; che la qualificazione del contratto prescinde dal nomen iuris che le parti hanno inteso attribuire alla pattuizione.
Deduce altresì che l'attività demandata a "C.G.I." non era oggetto di alcun obbligo giuridico, talché era inidonea, qualora non eseguita, a concretare un inadempimento contrattuale.
Deduce inoltre che la corte di merito non ha enunciato le ragioni per le quali ha opinato per l'inscindibilità dell'incarico affidato a controparte.
Deduce ancora che ingiustificatamente la corte distrettuale ha reputato insussistente nella fattispecie il requisito della imparzialità che ha da connotare l'attività del mediatore.
Deduce in ogni caso che l'ipotesi di mediazione creditizia de qua agitur ben può essere ricondotta nell'alveo della cosiddetta mediazione atipica di fonte negoziale, cui non è essenziale il requisito della imparzialità.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione delle norme in materia di mediazione di cui alla l. n. 39/1989 e di cui al d.P.R. n. 452/1990 e delle norme in materia di mediazione creditizia di cui alla l. n. 108/1996 e di cui al d.P.R. n. 287/2000.
Deduce che nel caso di specie è fuor di contestazione che la "C.G.I." non è iscritta all'albo dei mediatori.
Deduce di conseguenza che, qualificato correttamente l'incarico de quo in guisa di mediazione creditizia seppur sub specie di mediazione negoziale atipica, la corte territoriale avrebbe dovuto, in applicazione della disciplina legislativa e regolamentare indicata in rubrica, dichiarare la nullità dell'incarico perché contrario a norme imperative e disconoscere il diritto della "C.G.I." di percepire a qualsivoglia titolo la provvigione.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.
Deduce che l'accoglimento del ricorso importa l'espunzione della sua condanna al pagamento delle spese del doppio grado, da porre invece a carico della controparte.
Il primo motivo è destituito di fondamento.
In premessa questo Giudice del diritto non può che ribadire i propri insegnamenti.
Innanzitutto l'insegnamento per cui, in tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi.
Di cui, segnatamente, la prima - consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti - è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale (cfr. Cass. (ord.) 5 dicembre 2017, n. 29111); cosicché, quando in sede di legittimità venga denunziata la violazione di tali regole, è necessaria la specifica dimostrazione del modo in cui il ragionamento seguito dal giudice di merito abbia deviato dalle regole nei detti articoli stabilite, non essendo sufficiente una semplice critica della decisione sfavorevole, formulata attraverso la mera proposizione di una diversa e più favorevole interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante (cfr. Cass. 4 giugno 2007, n. 12946).
Di cui, segnatamente, la seconda - concernente l'inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente -, risolvendosi nell'applicazione di norme giuridiche, può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo (cfr. Cass. (ord.) 5 dicembre 2017, n. 29111; Cass. 3 novembre 2004, n. 21064).
Altresì, precipuamente ai fini della differenziazione della fattispecie contrattuale di cui agli artt. 1703 e ss. c.c. e la figura di cui agli artt. 1754 e ss. c.c. - e dunque con diretta valenza in relazione alla seconda fase del procedimento di qualificazione -, l'insegnamento per cui il conferimento dell'incarico di reperire un acquirente od un venditore dà vita ad un contratto di mandato e non già a mediazione, giacché tal ultima figura è incompatibile con qualsiasi vincolo tra il mediatore e le parti; cosicché, in ipotesi di conferimento di incarico, l'incaricato ha l'obbligo, non la facoltà, di attivarsi per la conclusione dell'affare e può pretendere la provvigione dalla sola parte che gli ha attribuito l'incarico (cfr. Cass. 14 luglio 2009, n. 16382). Ed ulteriormente l'insegnamento per cui il mandatario è obbligato a compiere uno o più atti giuridici ed ha comunque - in linea di principio - diritto al compenso, nella mediazione di contro, giusta il disposto dell'art. 1755 c.c., il diritto alla provvigione spetta solo "se l'affare è concluso" (cfr. Cass. 17 novembre 1997, n. 11389).
Ovviamente - del pari con diretta valenza in relazione alla seconda fase del procedimento di qualificazione - non si ignora che si configura, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta "atipica", fondata su contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (cosiddetta mediazione unilaterale), qualora una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un'attività volta alla ricerca di una persona interessata alla sua conclusione a determinate e prestabilite condizioni (cfr. Cass., sez. un., 2 agosto 2017, n. 19161); in siffatta evenienza l'esercizio dell'attività di mediazione "atipica", quando l'affare abbia ad oggetto beni immobili o aziende ovvero, se riguardante altre tipologie di beni, sia svolta in modo professionale e continuativo, resta soggetta all'obbligo di iscrizione all'albo previsto dall'art. 2 della l. n. 39/1989, ragion per cui il suo svolgimento in difetto di tale condizione esclude, ai sensi dell'art. 6 della medesima legge, il diritto alla provvigione (cfr. Cass., sez. un., 2 agosto 2017, n. 19161).
Analogamente in premessa va delineato il quadro delle disposizioni attualmente in vigore con riferimento alla "mediazione creditizia", quadro normativo cui ben vero è da correlare la surriferita elaborazione giurisprudenziale, quadro normativo da cui evidentemente - al di là della sua specifica riferibilità ratione temporis al caso di specie - non si può prescindere quanto meno ai fini "ermeneutico-qualificatori" che in questa sede rilevano.
Ai sensi dell'art. 16, 1° comma, della l. n. 108/1996 "l'attività di mediazione o di consulenza nella concessione di finanziamenti da parte di banche o di intermediari finanziari è riservata ai soggetti iscritti in apposito albo istituito presso il Ministero del tesoro, che si avvale dell'Ufficio italiano dei cambi".
Ai sensi dell'art. 2, 1° comma, del d.P.R. n. 287/2000 "è mediatore creditizio, ai sensi della legge e del presente regolamento, colui che professionalmente, anche se non a titolo esclusivo, ovvero abitualmente mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari determinati con la potenziale clientela al fine della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma".
Ai sensi dell'art. 2, 2° comma, prima parte, del d.P.R. n. 287/2000 "i mediatori creditizi svolgono la loro attività senza essere legati ad alcuna delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza".
Ai sensi dell'art. 128-sexies, 1° comma, del d.lgs. n. 385/1995 "è mediatore creditizio il soggetto che mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari previsti dal titolo V con la potenziale clientela per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma".
Ai sensi dell'art. 128-sexies, 4° comma, del d.lgs. n. 385/1995 "il mediatore creditizio ovvero il consulente di cui al comma 2-bis, svolge la propria attività senza essere legato ad alcuna delle parti da rapporti che ne possano compromettere l'indipendenza".
Nei termini tutti summenzionati si reputa che l'iter motivazionale che sorregge, in parte qua agitur, il dictum della corte d'appello, risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente coerente ed esaustivo sul piano logico-formale.
Si rappresenta specificamente, con precipuo riferimento alla prima fase del procedimento di qualificazione giuridica (volta alla ricerca ed alla individuazione della comune volontà dei contraenti), che per nulla si giustifica la prospettazione della ricorrente a tenor della quale la corte distrettuale "ha omesso di considerare la comune volontà dei contraenti per come esposta nell'incarico, in spregio ai canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e segg. c.c." (così ricorso, pag. 16).
Si rimarca in primo luogo che in senso contrario all'assunto della ricorrente, secondo cui nella lettera d'incarico il diritto alla provvigione era subordinato al buon esito, al successo della trattativa (cfr. ricorso, pag. 15), depone univocamente la circostanza, che la medesima "Only 3T" riferisce (cfr. ricorso, pag. 3), per cui la prima tranche della provvigione, pari a lire 250.000.000, era svincolata dall'esito dell'operazione, tant'è che è stata corrisposta entro la data del 31 dicembre 2001.
Si rimarca in secondo luogo che, contrariamente alla prospettazione della società ricorrente, la corte di merito ha dato conto (cfr. sentenza d'appello, pag. 9), puntualmente e condivisibilmente, della natura indiscutibilmente giuridica e non già meramente materiale delle attività di assistenza nella redazione dei contratti di compravendita e dei contratti di finanziamento pur demandate - siccome ammette la stessa ricorrente (cfr. ricorso, pag. 3) - alla incaricata.
Si rimarca in terzo luogo che è del tutto arbitrario pretender di "estrapolare" dal complessivo contesto dell'incarico demandato a "C.G.I." la sola "attività di cooperazione necessaria per mettere in relazione Only 3T a) con Dinocle (...) e b) con le Banche (...)" (cfr. ricorso, pag. 11) e far assurgere tale circoscritto profilo a criterio esclusivo di interpretazione della volontà delle parti.
Correttamente e congruamente quindi la corte territoriale ha affermato che l'impegno assunto dalla "C.G.I." era inscindibile, giacché proteso alla realizzazione di un risultato unitario.
Si rimarca pertanto che le censure direttamente attinenti alla individuazione della comune volontà delle parti - che il primo mezzo veicola - si risolvono tout court nella pura e semplice critica dell'opzione esegetica recepita dalla corte romana, critica addotta sostanzialmente mercé la prospettazione della interpretazione più favorevole, di segno antitetico rispetto a quella dal secondo giudice recepita.
Si rappresenta specificamente, con precipuo riferimento alla seconda fase del procedimento di qualificazione giuridica (concernente l'inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente), che al cospetto del duplice caratterizzante profilo dapprima riferito - corresponsione di parte del compenso svincolata dal buon esito dell'affare; devoluzione all'incaricata del compimento di attività giuridica - risulta inappuntabile la sussunzione della concreta fattispecie nello schema del mandato.
Si rimarca conseguentemente che del tutto ingiustificati sono gli assunti a tenor dei quali l'attività demandata a "C.G.I." non era oggetto di alcun obbligo giuridico (cfr. ricorso, pag. 13) e si connotava comunque alla stregua del parametro dell'imparzialità (cfr. ricorso, pagg. 16-18).
Né ha valenza addurre - si rimarca ulteriormente - che l'imparzialità ha da esplicarsi nella fase di svolgimento dell'incarico e non è esclusa dal conferimento al mediatore di una pluralità di incarichi (cfr. ricorso, pag. 17).
La controricorrente ha debitamente posto in risalto che nella fattispecie si trattava "delle attività necessarie alla scalata della Safilo s.p.a. da parte di Vittorio Tabacchi, che mai avrebbe tollerato che il consulente di fiducia (suo e delle sue società, tra le quali l'odierna ricorrente) curasse le fasi dell'operazione se non nel suo esclusivo interesse" (così controricorso, pag. 10).
Alla luce degli esposti rilievi è perciò corretta la qualificazione in guisa di mandato del contratto siglato dalle parti in lite in data 30 marzo 2001.
L'ineccepibile ed innegabile riconducibilità dell'operazione de qua agitur allo schema contrattuale di cui agli artt. 1703 e ss. c.c. - ben vero pur a prescindere dal nomen iuris dalla "Only 3T" indicato nell'atto di opposizione e nell'atto di appello - induce a negare nel caso de quo qualsivoglia valenza - qualsivoglia interferenza - alla figura della mediazione negoziale cosiddetta "atipica".
Ulteriormente l'insussistenza del connotato dell'imparzialità elide in radice la possibilità di caratterizzazione dell'operazione secondo lo schema della "mediazione creditizia".
A tal ultimo riguardo, al cospetto delle indicazioni positive dapprima riferite, è indiscutibilmente riduttivo postulare (a mente del disposto dell'art. 2, 2° comma, seconda parte, del d.P.R. n. 287/2000) che "l'imparzialità comporta unicamente il divieto per il mediatore creditizio di «sostituirsi» occultamente, nell'intermediare l'affare, all'istituto di credito" (così ricorso, pag. 20).
In pari tempo è alquanto contraddittorio pretender di coniugare la neutralità con cui "C.G.I." avrebbe, "rispetto a Only 3T, da un parte, e alle Banche (nonché a Dinocle), dall'altra" (così ricorso, pag. 21), assolto i compiti ad essa demandati con l'incarico in ogni caso ad essa conferito da "Only 3T".
La reiezione del primo motivo di ricorso importa ex se il rigetto del secondo e del terzo mezzo di impugnazione (si condividono dunque i rilievi della "C.G.I.": cfr. controricorso, pag. 13).
In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
Si dà atto che il ricorso è datato 14 marzo 2014. Ai sensi dell'art. 13, 1° comma quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell'art. 13, 1° comma bis, d.P.R. cit.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, "Only 3T" s.r.l. (già "Only 3T" s.p.a., già "Programma 5000" s.p.a.), a rimborsare alla controricorrente, "C.G.I. - Compagnia di Gestioni e Iniziative" s.r.l., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi dell'art. 13, 1° comma quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell'art. 13, 1° comma bis, cit.