Corte di cassazione
Sezione IV penale
Ordinanza 9 maggio 2018, n. 27526

Presidente: Fumu - Relatore: Dovere

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, pronunciata ai sensi dell'art. 425, comma 3, c.p.p., il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Palmi ha "assolto" P. Mario dal reato di cui all'art. 95 d.P.R. n. 115/2002 "perché il fatto non costituisce reato", ritenendo non accertato il dolo.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per la cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palmi deducendo la violazione di legge.

Rammentato che il vaglio richiesto al Giudice dell'udienza preliminare attiene alla possibilità di eventuali sviluppi del compendio probatorio possibili in sede dibattimentale e che il reato che occupa è integrato dalla falsità della dichiarazione a prescindere dalla sussistenza o meno dei requisiti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il ricorrente assume che l'erronea applicazione della legge penale e la palese illogicità della motivazione impugnata si rinviene laddove il giudice ha definito come assolutamente irrilevanti e prive di offensività le predette difformità ed escluso gli elementi soggettivi del reato contestato sulla scorta di un dato non pertinente, quale l'essere il reddito effettivo notevolmente inferiore al limite massimo stabilito dalla legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso va convertito in appello.

2.1. Appare opportuno precisare che oggetto del ricorso è propriamente una sentenza di non luogo a procedere (e non già una sentenza di assoluzione), trattandosi di pronuncia emessa all'esito dell'udienza preliminare, non in seno ad un rito speciale.

2.2. Nella disciplina previgente alla l. 23 giugno 2017, n. 103 ("Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario"), risultava interpretazione non controversa che dalla previsione dell'art. 428 c.p.p., come definita dall'art. 4 della l. 20 febbraio 2006, n. 46, derivasse la inappellabilità della sentenza di non luogo a procedere emessa ai sensi dell'art. 425 del codice di rito dal giudice dell'udienza preliminare.

Si osservava che tale pronuncia "ha natura e funzione propria e resta inappellabile ai sensi dell'art. 428 c.p.p. ..., perché non è emessa nel processo, che ha precluso. Quand'anche pronunciata per causa di merito, difatti respinge la stessa richiesta di giudizio non per un ragionamento di prova, che presume l'assunzione dei mezzi in contraddittorio o l'affidamento di entrambe le parti agli atti d'indagine. Tale ontologica e funzionale diversità implica diverso ragionamento, fondato sulla prognosi negativa dell'accusa in giudizio alla luce delle indagini (...), cioè una valutazione potenziale, speculare a quella del decreto che dispone il giudizio (art. 424, 1° comma, c.p.p.), laddove peraltro è revocabile (art. 434)" (Sez. 5, n. 1948 del 29 ottobre 2010 - dep. 21 gennaio 2011, P.M. in proc. La Cavera e altri, Rv. 249092).

In particolare, al Procuratore della Repubblica e al Procuratore Generale presso la Corte di appello era disponibile esclusivamente il mezzo del ricorso per cassazione (cfr. Sez. 5, n. 46800 del 24 ottobre 2007 - dep. 17 dicembre 2007, P.M. in proc. Piscitelli e altri, Rv. 238883). Limitazione che questa Corte ha ritenuto non sospettabile di incoerenza rispetto agli artt. 3 e 111 Cost. (Sez. 6, n. 48962 del 7 ottobre 2016 - dep. 18 novembre 2016, Giuseppone, Rv. 268256).

2.3. Ma il comma 38 dell'art. 1 della citata l. n. 103/2017 ha innovato il testo dell'art. 428, commi 1, alinea, e 2, primo periodo, risultandone la sostituzione del ricorso per cassazione con l'appello (ulteriori modifiche, recate all'art. 428 dai commi 39 e 40, qui non rilevano).

Di conseguenza, secondo il regime attualmente vigente la sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425 c.p.p., è appellabile.

Ad avviso di questa Corte resta precluso il ricorso per saltum; invero, la regola generale prevista dall'art. 569 c.p.p., richiamata per il Procuratore della Repubblica ed il Procuratore Generale dall'art. 608, comma 4, c.p.p. (non oggetto di modifiche ad opera della citata l. n. 103/2017), secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità trova applicazione solo con riferimento alla fase di cognizione (Sez. 6, n. 9970 del 15 febbraio 2005 - dep. 14 marzo 2005, P.M. in proc. Cicini, Rv. 231179), intendendosi per tale quella nella quale al giudice sono attribuiti pieni poteri di cognizione. Né va ignorato che, a fronte di un testo previgente alle modifiche che in numero plurimo sono intervenute dall'entrata in vigore del d.P.R. n. 447/1988 - il quale prevedeva espressamente la possibilità per il procuratore della Repubblica ed il Procuratore generale (nonché per l'imputato) di proporre il ricorso per saltum -, in sede di modifica dell'art. 428 c.p.p. il legislatore del 2017 non ha riproposto quella disposizione, pur avendo ripristinato l'appellabilità della sentenza emessa ai sensi dell'art. 425 c.p.p., che era associata, in quel primo regime, al menzionato ricorso immediato.

2.4. Va anche considerato che questa Corte ha precisato che qualora la sentenza di non luogo a procedere sia stata emessa prima dell'entrata in vigore della l. n. 103 del 2017, essa è impugnabile mediante ricorso per cassazione secondo il regime previgente, in quanto le nuove disposizioni, in assenza di disciplina transitoria, trovano applicazione solo per i provvedimenti emessi successivamente all'entrata in vigore del nuovo testo normativo, dovendosi far riferimento, in tal caso, alla data di emissione del provvedimento impugnato per stabilire la disciplina applicabile (Sez. 5, n. 46430 del 13 settembre 2017 - dep. 9 ottobre 2017, Bruzzese e altro, Rv. 271853).

Nel caso che occupa la sentenza impugnata è stata emessa il 25 ottobre 2017; l'impugnazione, che pure denuncia la violazione di legge, si articola in censure che si indirizzano alla motivazione resa dal giudice territoriale, rimproverandola esplicitamente di "palese illogicità" e stigmatizzando talune espressioni nonché, più in generale, la valutazione fatta di taluni dati fattuali (tanto si precisa in relazione al disposto dell'art. 569, comma 3, c.p.p.).

2.5. Ne consegue che l'impugnazione va qualificata come appello e che va disposta la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Reggio Calabria per l'ulteriore corso.

P.Q.M.

Converte il ricorso in appello e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di Appello di Reggio Calabria per l'ulteriore corso.

Depositata il 15 giugno 2018.