Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
Sezione I
Sentenza 1° settembre 2018, n. 981
Presidente: Giordano - Estensore: Ravasio
FATTO
1. La Società ricorrente è proprietaria, in Comune di Torino, del Comprensorio Industriale sito in via Puglia n. 35.
2. Con l'atto in epigrafe indicato il Consiglio Comunale ha approvato il Piano di Zonizzazione Acustica, che è stato pubblicato sul BUR il 13 gennaio 2011. In base alle previsioni di detto Piano il Comprensorio di proprietà della ricorrente è stato collocato nella classe acustica VI, mentre alcune delle aree adiacenti sono state inserite in classe II, III e IV.
3. Ritenendo penalizzante la predetta classificazione acustica, che determina un differenziale dei limiti massimi acustici di oltre 5 decibel tra l'area di proprietà della ricorrente e quelle adiacenti, la ricorrente ha impugnato la delibera di approvazione del Piano di Zonizzazione acustica deducendone l'illegittimità per le seguenti ragioni:
I) violazione degli artt. 4 e 6 della l. 447/1995 nonché del d.P.C.M. 14 novembre 1997, violazione ed errata applicazione delle Linee Guida della Regione Piemonte di cui alla d.G.R. n. 85-3802 del 6 agosto 2001, eccesso di potere per travisamento ed errore di fatto, carenza di motivazione e di istruttoria: le Linee Guida regionali, emanate sulla base della legge statale e regionale, stabiliscono nelle aree non completamente urbanizzate il divieto di accostamento tra zone i cui limiti massimi di rumore si discostino di più di 5 decibel, mentre nelle aree completamente urbanizzate tali accostamenti sono possibili ma con l'obbligo per i comuni di predisporre piani di risanamento a loro spese; la destinazione di Piano Regolatore non può essere l'unico criterio da considerare nella zonizzazione acustica, che deve basarsi anche sull'effettivo stato di fatto;
II) violazione ed errata applicazione dell'art. 4, comma 1, lett. a), della l. 447/1995 nonché dell'art. 6, comma 3, della l.r. 52/2000, eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione ed istruttoria: la violazione del divieto di accostamento di aree acustiche con differenziale di rumore superiore a 5 decibel richiede comunque una motivazione che dia conto delle ragioni per cui non è stata possibile una diversa zonizzazione, e comunque richiede la previsione di una fascia "cuscinetto";
III) violazione ed errata applicazione dell'art. 7 della l.r. 52/2000, violazione dei principi generali di cui alla l. 241/1990, eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria: la Società ricorrente nei termini di legge ha presentato osservazioni chiedendo in alcun casi la revisione della classificazione; il Comune ha riclassificato le aree site su Corso Giulio Cesare, senza tuttavia eliminare il contatto critico, mentre per le ulteriori criticità segnalate dalla ricorrente l'Amministrazione si è limitata ad affermare l'impossibilità di inserire fasce cuscinetto o di mutare la zonizzazione, a causa della saturazione urbana;
IV) violazione ed errata applicazione della l. 447/1995, della l.r. 52/2000, dell'art. 4 del d.P.C.M. 14 novembre 1997, eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione, travisamento ed errore di fatto: la zonizzazione acustica individuata dal Comune non rispetta i criteri che secondo il d.P.C.M. debbono assistere alla individuazione delle zone di classe III e IV, criteri che avrebbero dovuto condurre ad inserire tutte le aree di Corso Giulio Cesare in classe IV atteso l'intenso traffico veicolare;
V) violazione ed errata applicazione degli artt. 4 e 7 della l. 447/1995 nonché degli artt. 6 e 13 della l.r. 52/2000: il Piano impugnato non enuncia con chiarezza l'obbligo del Comune di implementare i Piani di risanamento nelle zone in cui esistono accostamenti critici.
4. Il Comune di Torino si è costituito in giudizio per resistere al ricorso.
5. In limine all'udienza di discussione del merito ha depositato memoria con la quale ha eccepito preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, non essendo stato prospettato, né essendo apprezzabile, un concreto pregiudizio che deriverebbe alla ricorrente dalla classificazione acustica impugnata: sul punto il Comune sottolinea come la ricorrente non abbia neppure presentato, nel termine di sei mesi indicato dall'art. 14 della l.r. 52/2000, un Piano di Risanamento, circostanza questa che starebbe a significare la compatibilità delle emissioni sonore generate dall'attività rispetto ai limiti massimi di rumore derivanti dalla nuova classificazione acustica, compatibilità che del resto sarebbe confermata anche dal fatto che dal 2010 non sarebbe mai stato registrato alcuno scostamento di valori o criticità in pregiudizio dell'impresa.
5.1. Sui motivi di ricorso il Comune ha ribadito che la l. 447/1995 consente la derogabilità del vincolo del superamento del limite di 5 db tra aree contigue; che la motivazione della classificazione acustica impressa alle varie zone del territorio si percepisce nell'iter di approvazione del Piano, che secondo le Linee Guida regionali ha dovuto procedere per fasi ben scandite, tra le quali, in particolare, la fase IV dedicata all'esame degli accostamenti critici; che la Relazione illustrativa del Piano motiva o "giustifica" gli accostamenti critici residui in quanto determinati da preesistenti destinazioni d'uso, non eliminabili per mezzo delle fasce cuscinetto, poiché ricadenti in zone urbanizzate; che relativamente alle aree rispetto alle quali sussiste accostamento critico rispetto alla proprietà della ricorrente, e cioè quelle prospicienti il lato est del comprensorio, il Comune, applicando le previsioni delle Linee Guida regionali, laddove ha potuto ha inserito una "fascia cuscinetto" in classe IV, non essendo possibile l'inserimento di una fascia ulteriore in classe V. Sul terzo motivo di ricorso il Comune ha rilevato di aver compiutamente controdedotto alle osservazioni di parte ricorrente, che costituiscono un mero apporto collaborativo e non implicano un onere di puntuale motivazione. Sul quarto motivo il Comune ne ha eccepito la genericità perché non si comprende relativamente a quali aree il Comune avrebbe errato nell'applicare i criteri del d.P.C.M. 14 novembre 1997, i quali, ad ogni buon conto, comportano l'esercizio di poteri discrezionali. Infondato sarebbe, infine, il quinto motivo, per difetto di interesse attuale e poi perché l'art. 7 della l. 447/1995 prevede che i Piani di Risanamento debbono individuare i soggetti cui compente l'intervento di risanamento, con ciò ammettendo che possano essere anche i soggetti privati; inoltre i Piani di Risanamento non costituiscono un presupposto di legittimità dei Piani di Classificazione Acustica, costituendo semmai un adempimento successivo ed attuativo.
6. Dopo scambio di memorie il ricorso è giunto a trattazione alla udienza pubblica del 18 aprile 2018, allorché è stato introitato a decisione.
DIRITTO
7. Al fine di comprendere le ragioni della decisione il Collegio ritiene opportuno chiarire preliminarmente le questioni di diritto sottese alle varie censure, nell'ambito di una analisi complessiva della normativa di riferimento.
7.1. La c.d. classificazione acustica del territorio comunale è prevista esplicitamente nella legge quadro dello Stato n. 447/1995, relativa all'inquinamento acustico, che all'art. 2, comma 1, ha definito le varie tipologie di rumore ambientale, stabilendo (all'art. 3, comma 1, lett. a), che i valori limite per ciascuna di esse dovessero essere definiti con Decreto del Presidente del Consiglio de Ministri: è appunto con d.P.C.M. 14 novembre 1997 che sono stati individuati: i c.d. valori massimi "di emissione", cioè i valori massimi di rumore che possono essere emessi da una sorgente, misurati in prossimità della stessa; i c.d. valori massimi "di immissione", cioè i valori massimi di rumore che possono essere immessi da una sorgente in un determinato ambiente, e che pertanto sono misurati in prossimità all'ambiente di ricezione; i c.d. valori "di attenzione", che sono i valori di rumore che segnalano un potenziale rischio per la salute umana o per l'ambiente e che comportano l'obbligo di adottare dei Piani di risanamento; ed infine i c.d. "valori di qualità", che rappresentano i valori di rumore da raggiungere nel breve, medio e lungo periodo e che costituiscono degli obiettivi. Il d.lgs. 42/2017 ha poi aggiunto, all'art. 2, comma 1, lett. h-bis), il concetto di "valore limite di immissione specifico", che riguarda una determinata sorgente sonora e che viene misurato in esterno o in facciata al recettore, e per tale ragione può risultare molto diverso dallo stesso rumore misurato all'interno del recettore: ad oggi non risulta ancora emanato il d.P.C.M. che deve definire il predetto limite di cui all'art. 2, comma 1, lett. h-bis, limite che per tale ragione all'attualità non può trovare applicazione pratica.
7.2. È utile ancora ricordare che:
a) i valori massimi "di immissione" si distinguono, ai sensi dell'art. 2, comma 3, l. 447/1995, in valori "equivalenti", i quali misurano i livelli di rumore totale immessi in un ambiente, ed in valori "differenziali", che invece misurano i livelli di rumore ulteriori rispetto a quello "di fondo" percepibile in tale ambiente;
b) l'art. 2, comma 2, della l. 447/1995, nella versione vigente all'epoca di approvazione del PCA in discussione, stabiliva che "I valori di cui al comma 1, lettere e), f), g), h) e h-bis), sono determinati in funzione della tipologia della sorgente, del periodo della giornata e della destinazione d'uso della zona da proteggere." Il d.lgs. 42/2017, che ha introdotto il concetto di "valore di immissione specifico", ha poi aggiunto la precisazione che "Nelle zone già urbanizzate, il valore limite di immissione specifico non si applica alle sorgenti preesistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, qualora la classificazione del territorio preveda il contatto diretto di aree classificate con valori che si discostano in misura superiore a 5dBA di livello sonoro equivalente. In tali casi si applica quanto previsto all'articolo 4, comma 1, lettera a), con modalità tali che le misure contenute nei piani di risanamento adottati ai sensi dell'articolo 7 assicurino comunque la prosecuzione delle attività esistenti, laddove compatibili con la destinazione d'uso della zona stessa";
c) l'art. 4, comma 1, lett. a), della legge statale, sia nella versione attualmente vigente che in quella anteriore alla entrata in vigore del d.lgs. 42/2017, stabilisce che le regioni definiscono con legge "i criteri in base ai quali i comuni, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), tenendo conto delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio ed indicando altresì aree da destinarsi a spettacolo a carattere temporaneo, ovvero mobile, ovvero all'aperto procedono alla classificazione del proprio territorio nelle zone previste dalle vigenti disposizioni per l'applicazione dei valori di qualità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), stabilendo il divieto di contatto diretto di aree, anche appartenenti a comuni confinanti, quando tali valori si discostano in misura superiore a 5 dBA di livello sonoro equivalente misurato secondo i criteri generali stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991. Qualora nell'individuazione delle aree nelle zone già urbanizzate non sia possibile rispettare tale vincolo a causa di preesistenti destinazioni di uso, si prevede l'adozione dei piani di risanamento di cui all'articolo 7".
7.3. È dunque evidente che il divieto, nella attività di zonizzazione acustica del territorio, di accostare aree i cui valori massimi di rumore si discostino per più di 5 dBA, oggi, a seguito della entrata in vigore del d.lgs. 42/2017, ha una importanza pratica notevole ancora maggiore, per la ragione che se la zona è già urbanizzata "il valore limite di immissione specifico non si applica alle sorgenti preesistenti" alla entrata in vigore del d.lgs. 42/2017: ciò equivale ad affermare che nelle zone urbanizzate, anche quando saranno definiti con d.P.C.M., i livelli di immissione "specifici" non saranno vincolanti e potranno essere superati, ferma restando la inderogabilità dei livelli massimi assoluti equivalenti di immissione già definiti con il d.P.C.M. 14 novembre 1997. Gli atti impugnati sono stati approvati prima della entrata in vigore del d.lgs. 42/2017, ma la modifica da esso apportata si inserisce direttamente nel corpo della legge-quadro n. 447/1995 ed è espressione di un principio generale che appare immediatamente applicabile anche alla zonizzazione acustica già approvata alla data di entrata in vigore del d.lgs. 42/2017, ed a maggior ragione del d.P.C.M. che individuerà i livelli di immissione "specifici". Il principio per cui sono vietati i c.d. accostamenti critici, dunque, guardato in prospettiva diviene dunque ancor più importante, ed i casi in cui è possibile derogarvi devono pertanto essere considerati espressione di eccezioni, non suscettibili di applicazioni analogica o estensiva.
7.4. La Regione Piemonte, nell'esercizio della delega di funzioni di cui all'art. 4, comma 1, sopra citato, ha emanato la l.r. 52/2000, la quale, all'art. 3, comma 3, lett. a), prevede il potere della Giunta Regionale di emanare linee guida per la classificazione acustica del territorio di cui al successivo art. 6. Tale norma si legge come segue:
"1. La classificazione acustica è effettuata in modo da:
a) ricomprendere l'intero territorio comunale;
b) aggregare le zone acusticamente affini sotto il profilo della destinazione d'uso, al fine di evitare un'eccessiva frammentazione;
c) individuare le aree ove possano svolgersi manifestazioni a carattere temporaneo o mobile, oppure all'aperto;
d) considerare la vocazione intrinseca e l'evoluzione storica dello sviluppo del territorio;
e) attenersi alle linee guida regionali di cui all'articolo 3, comma 3, lettera a);
f) assegnare a ciascuna delle zone individuate i valori di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e), f), g) ed h) della l. 447/1995.
2. Il provvedimento di classificazione acustica dispone modifiche al regolamento comunale di cui all'articolo 5, comma 5, atte ad evitare che le emissioni sonore prodotte da attività ubicate nelle zone in cui è consentito un più elevato livello di rumore, pregiudichino il rispetto dei limiti delle zone più tutelate.
3. Ad eccezione dei casi in cui esistano evidenti discontinuità morfologiche che giustifichino la deroga dal punto di vista acustico, è vietato assegnare ad aree contigue limiti di esposizione al rumore che si discostino in misura superiore a cinque decibel; la norma si applica anche nel caso di aree contigue appartenenti a comuni limitrofi. Qualora, nelle zone già urbanizzate, non sia possibile rispettare tale vincolo a causa di preesistenti destinazioni d'uso, il comune adotta apposito piano di risanamento".
7.5. Come si vede la l.r. 52/2000 non introduce, relativamente al divieto dei c.d. accostamenti critici, alcuna possibilità di deroga se non nel caso in cui esistano, tra le aree contigue interessate, evidenti "discontinuità morfologiche", per tali dovendosi intendere quelle formazioni naturali idonee a fungere da naturale barriera di abbattimento del rumore, come potrebbe verificarsi nel caso di aree separate da un corso d'acqua o da una collina, ovvero - in conformità alla previsione contenuta nella norma statale - nel caso in cui nelle zone già urbanizzate preesistenti destinazioni d'uso impediscano il rispetto del differenziale.
7.6. Le Linee Guida divisate dall'art. 3, comma 3, lett. a), della l.r. 52/2000 sono state emanate con d.G.R. 6 agosto 2001, n. 85-3802: le stesse costituiscono quindi specificazione di una normativa regionale di rango primario, soggette al rispetto dei principi enunciati dalla legge quadro statale n. 447/1995. Trattasi pertanto di disciplina vincolante ai fini dell'azzonamento acustico del territorio, e non già di mere direttive la cui violazione possa dare causa ad eccesso di potere
7.7. Nelle indicate linee Guida si enunciano, anzitutto, gli scopi primariamente perseguiti, e cioè: a) che in ogni zona del territorio comunale siano applicati i valori limite indicati nel d.P.C.M. 14 novembre 1997 in maniera coerente con lo stato di fatto, ma anche con la pianificazione territoriale, con la viabilità e con la morfologia del territorio; b) di evitare una eccessiva parcellizzazione del territorio, suddividendolo pertanto, ai fini della zonizzazione acustica, in zone di dimensioni rilevanti e con esigenze acustiche omogenee. Quindi, al fine di assicurare tali obiettivi le Linee Guida enunciano i seguenti criteri generali: 1) coerenza tra la classificazione e la destinazione d'uso impressa dal Piano Regolatore Generale; 2) laddove la destinazione urbanistica non determini in modo univoco la classe acustica, ovvero la destinazione d'uso non sia rappresentativa nelle zone interamente urbanizzate, sarà privilegiata l'attuale fruizione del territorio; 3) solo nelle zone non completamente urbanizzate la classificazione deve evitare il contatto diretto tra aree aventi livelli assoluti di rumore che si discostano di più di 5 dBA; 4) la classificazione acustica è indipendente e non tiene conto della presenza di infrastrutture di trasporto; 5) è privilegiata in generale, e nel caso di più scelte alternative, la classificazione più cautelativa; 6) l'accostamento di aree a classificazione non contigua è ammessa unicamente in sede di prima classificazione acustica. Dipoi le Linee Guida scandiscono in quattro fasi operative l'attività di classificazione acustica del territorio: la prima con funzione conoscitiva e di raccolta degli elementi di fatto e diritto necessari a determinare la corretta classificazione di una porzione di territorio; la seconda dedicata alla stesura della prima bozza; la terza dedicata alla c.d. "omogeneizzazione" ed alla individuazione delle aree destinate a spettacoli all'aperto; la quarta fase preposta all'inserimento delle c.d. "fasce cuscinetto" ed alla individuazione delle fasce di pertinenza delle infrastrutture dei trasporti. Al paragrafo 2.5, in particolare, le Linee Guida trattano della "omogeneizzazione" chiarendo che essa comporta l'assegnazione di una unica classe acustica alla superficie derivante dall'unione di più aree contigue che di per sé dovrebbero avere diversa classificazione: tale operazione può essere compiuta solo all'interno di un isolato, cioè di una superficie interamente delimitata da infrastrutture di trasporto o da discontinuità morfologiche, e comunque solo tra aree di superficie non superiore a 12.000 mq.; ulteriori previsioni disciplinano poi in dettaglio i criteri di attribuzioni delle classi in caso di "omogeneizzazione". Al paragrafo 2.6 le Linee Guida disciplinano invece la fase di inserimento delle "fasce cuscinetto", circa le quali si stabilisce quanto segue: "Le fasce cuscinetto sono parti di territorio ricavate da una o più aree in accostamento critico, di norma delimitate da confini paralleli e distanti almeno 50 metri. Negli accostamenti critici tra aree non urbanizzate si potrà inserire una o più fasce cuscinetto e ad ognuna di tali fasce si attribuirà una classe acustica tale da evitare l'accostamento critico... valgono le seguenti regole generali: a) non possono mai essere inserite all'interno di aree poste in Classe I; b) non vengono inserite nel caso di evidenti discontinuità geomorfologiche che evitano di fatto l'accostamento critico; c) possono essere inserite solo in aree non urbanizzate o non completamente urbanizzate. Un'area si considera non completamente urbanizzata qualora la densità urbanistica sia inferiore al 12.5% della sua superficie. La verifica della densità urbanistica è effettuata con riferimento alla superficie di larghezza minima della fascia stessa (50 m)... d) non può essere inserito un numero di fasce cuscinetto tale che la superficie totale di esse risulti superiore al 50% dell'area in cui vengono incluse; e) nel caso non possano essere posizionate tutte le fasce cuscinetto necessarie ad evitare l'accostamento critico verranno inserite solamente quelle di classe acustica contigua all'area più sensibile..."; le Linee Guida distinguono poi le modalità di inserimento delle fasce cuscinetto a seconda che si tratti di accostamento critico tra due aree non urbanizzate oppure tra un'area urbanizzata ed un'area non completamente urbanizzata, ovvero tra due aree non completamente urbanizzate, così implicitamente escludendo l'obbligo di inserimento delle fasce cuscinetto tra due aree ad accostamento critico ma completamente urbanizzate.
7.8. L'analisi delle Linee Guida regionali consente allora di pervenire alle seguenti prime conclusioni:
- l'attività di "omogeneizzazione" è soggetta a determinati limiti in presenza dei quali essa rimane comunque attività non dovuta in quanto espressione di discrezionalità amministrativa, tendente a contemperare opposte esigenze, e non già a fare applicazione di norme tecniche o di regole scientifiche; il soggetto che deduce l'illegittimità della "omogeneizzazione" per insussistenza delle condizioni in presenza delle quali essa può essere effettuata, ha l'onere di dimostrare in modo compiuto l'assenza delle condizioni legittimanti, non potendo limitarsi a darne enunciazione;
- l'inserimento delle fasce cuscinetto tra aree completamente urbanizzate ad "accostamento critico" non è obbligatoria e non è prevista, né a livello legislativo, né dalle Linee Guida regionali; di converso le Linee Guida fanno carico ai comuni, nella attività di zonizzazione acustica, di procedere alla individuazione delle suddette "fasce cuscinetto" a fronte di accostamenti critici tra aree che non siano entrambe completamente urbanizzate; da questo punto di vista le Linee Guida regionali sono conformi alle superiori norme statali e regionali, e tanto per la ragione che le "fasce cuscinetto" da una parte fanno venir meno gli accostamenti critici, d'altra parte perché questi ultimi sono comunque consentiti dalle norme statali e regionali nel caso in cui l'accostamento critico sussista tra aree urbanizzate: l'applicazione delle Linee Guida conduce dunque ad un risultato coerente con quello prefigurato dal legislatore.
7.9. Per quanto riguarda i Piani di risanamento acustico, la relativa previsione ed implementazione è obbligatoria nel caso di "accostamenti critici", che, come si è visto, per definizione sono ammessi e possono riguardare solo "aree urbanizzate". Essi sono disciplinati dall'art. 7 della l. 447/1995, il cui comma 2 stabilisce che "I piani di risanamento acustico di cui al comma 1 devono contenere:
a) l'individuazione della tipologia ed entità dei rumori presenti, incluse le sorgenti mobili, nelle zone da risanare individuate ai sensi dell'art. 6, comma 1, lettera a); b) l'individuazione dei soggetti a cui compete l'intervento; c) l'indicazione delle priorità, delle modalità e dei tempi per il risanamento; d) la stima degli oneri finanziari e dei mezzi necessari; e) le eventuali misure cautelari a carattere d'urgenza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica". Il comma 3 stabilisce inoltre che in caso di inerzia dei comuni i Piani di risanamento acustico sono adottati in via sostitutiva dalle regioni, nei casi di grave inquinamento acustico.
7.9.1. Da quanto precede risulta dunque evidente che i Piani di risanamento acustico non costituiscono piani aziendali per implementare misure di abbattimento acustico, ma integrano invece degli atti di pianificazioni territoriale, la cui adozione spetta ai comuni, ma non necessariamente la relativa attuazione, che astrattamente può essere posta a carico anche di soggetti privati: da qui la necessità di assicurare un procedimento di approvazione dei Piani di risanamento acustico che consenta il contraddittorio con i soggetti interessati.
7.9.2. Stante quanto sopra detto circa il fatto che in presenza di accostamenti critici i limiti massimi di immissione specifici, di cui all'art. 2, comma 2, lett. h-bis, della l. 447/1995, non saranno applicabili, e quindi potranno essere sforati anche dopo che saranno definiti con d.P.C.M. (ferma restando l'osservanza dei limiti massimi assoluti di immissione), l'adozione dei Piani di risanamento acustico diventa ancora più importante; si ribadisce comunque che si tratta di un adempimento obbligatorio per i comuni, in mancanza del quale scatta il potere sostitutivo della Regione. È certamente possibile, comunque, che i Piani di risanamento possano prevedere misure a carico dei privati.
7.10. Occorre ancora soffermarsi sul concetto di "urbanizzazione" di un'area ai fini della applicazione del divieto di accostamenti critici. Come sopra si è visto, le Linee Guida regionali, al paragrafo 2.6, rinviano al concetto di "densità urbanistica" affermando che "Un'area si considera non completamente urbanizzata qualora la densità urbanistica sia inferiore al 12.5% della sua superficie": ne consegue, applicando tale criterio, che ove un'area sia caratterizzata da una percentuale di "densità urbanistica" superiore al 12,5% si dovrà affermare che tale area è completamente urbanizzata, e di converso laddove non sia apprezzabile alcuna "densità urbanistica" si potrà affermare che l'area non è urbanizzata. Si deve tuttavia chiarire cosa si debba intendere per "densità urbanistica". Rammenta il Collegio che nel linguaggio del diritto urbanistico ricorrono piuttosto i concetti di "densità fondiaria" o di "densità edilizia territoriale", che fanno riferimento al rapporto tra il volume realizzato e la superficie di una data particella fondiaria o di una data zona o maglia urbanistica; ricorre anche il concetto di "rapporto di copertura" ad indicare il rapporto tra la superficie coperta per effetto di edificazione e la superficie del fondo edificato o della intera area urbanistica considerata. Il concetto di "densità urbanistica", non risulta di uso comune e neppure è citato nel regolamento edilizio tipo approvato dalla Regione Piemonte con d.C.R. n. 548-9691 del 29 luglio 1999. Non pare potersi ritenere tale locuzione equivalente a quella di "rapporto di copertura", a significare il rapporto tra la superficie edificata a qualsiasi titolo e la superficie dell'area considerata, poiché nel linguaggio della edilizia e dell'urbanistica tale rapporto è solitamente definito, appunto, come "rapporto di copertura". Il Collegio non vede allora altra possibile interpretazione della locuzione in esame se non quella che allude al rapporto tra la superficie dell'area interessata e la superficie di essa sulla quale le previsioni del Piano Regolatore Generale abbiano già ricevuto attuazione, attuazione che ovviamente, a seconda della tipizzazione urbanistica dell'area, in concreto può essere avvenuta anche con modalità diverse dalla edificazione. Ciò spiega come il Comune resistente abbia potuto considerare già urbanizzate, ai fini di che trattasi, ad esempio, aree destinate a parco pubblico. Così interpretato il criterio in parola, il fatto che un'area in planimetria risulti di fatto non edificata o poco edificata non significa affatto che non debba considerarsi "urbanizzata" ai fini della applicazione del divieto di accostamenti critici nella classificazione acustica; la sola realizzazione della viabilità primaria e delle aree verdi di un'area soggetta a lottizzazione può infatti valere, a questa stregua, a farla considerare completamente urbanizzata ove la superficie occupata da tali opere di urbanizzazione rappresenti più del 12,5% della superficie dell'area considerata.
7.10.1. Le Linee Guida regionali non sono state fatte oggetto di censure specifiche, ma si tratta pur sempre di norme a valenza generale e regolamentare, e quindi il Collegio può esaminarle al fine di verificarne la illegittimità per eventuale non conformità alle norme di rango superiore. In punto concetto di "area urbanizzata" non è dato rinvenire definizioni né nella legge regionale n. 52/2000 né nella legge quadro n. 447/1995. Occorre allora domandarsi se il concetto di "area urbanizzata" desumibile dalle Linee Guida regionali corrisponda alla ratio delle norme statali e regionali, le quali richiamano il concetto di "aree già urbanizzate" a giustificare la deroga al divieto di accostamenti critici. L'interrogativo da porsi, in altre parole, è il seguente: se abbia senso escludere l'operatività del divieto di accostamenti critici quando la confrontanza si abbia con un'area che, pur già caratterizzata dal punto di vista urbanistico, tuttavia abbia un carico antropico esiguo se non nullo e dunque possa concretamente consentire l'inserimento di una o due fasce in cui vi possano essere valori limite di immissione più elevati, all'interno delle quali non risiede o non lavora una popolazione che possa risentirne.
7.10.2. Il Collegio è dell'opinione che effettivamente non possa che darsi risposta positiva al quesito, venendo altrimenti ad essere vanificate le previsioni del Piano Regolatore Generale, anche nella parte non ancora attuata: l'inserimento delle fasce cuscinetto, su aree con destinazione urbanistica incompatibile ma già implementata, dovrebbe in caso contrario essere assistita dalla previsione dell'obbligo, per il comune, di apportare immediatamente al Piano Regolatore Generale le varianti che imprimano, alla superficie compresa nelle fasce cuscinetto, una destinazione d'uso compatibile con la relativa classificazione acustica (magari anche solo prevedendone la inedificabilità di fatto, con concentrazione della relativa volumetria su una parte dell'area o ammettendo la possibilità di trasferirla su altro sito); ma un simile obbligo non è previsto nella legge quadro, né nella l.r. 52/2000 né, infine nella Linee Guida, verosimilmente per la ragione che le varianti del Piano Regolatore Generale relative ad aree in cui il PRG abbia già avuto attuazione, anche solo parziale, comportano innumerevoli difficoltà, rischiando di stravolgere l'impostazione del Piano stesso. Ne consegue che a normativa invariata l'unico modo per assicurare coerenza tra la classificazione acustica e le destinazioni d'uso, impresse al territorio prima della entrata in vigore del PCA e già parzialmente attuate, passa attraverso la classificazione acustica del territorio nel rispetto delle destinazioni urbanistiche già implementate, a costo di addivenire ad accostamenti "critici", cioè alla confrontanza di aree i cui limiti massimi di rumore si differenzino per più di 5 dBA. Va soggiunto che, coerentemente, le Linee Guida regionali prevedono che le fasce cuscinetto non possono venire ad avere una superficie superiore al 50% della superficie della intera area, al chiaro fine di evitare di snaturare eccessivamente la destinazione urbanistica, originaria e, così, di salvaguardare per quanto possibile l'impostazione dello strumento urbanistico generale. Osserva al riguardo il Collegio che il progetto di classificazione acustica non ha la finalità di garantire la continuità delle sorgenti di rumore preesistenti ma di raggiungere tendenzialmente livelli di immissioni compatibili con il rispetto della salute umana; ne deriva che esso non possa prescindere dalla presenza di insediamenti, abitativi o di altro tipo, e ne debba essere in qualche misura condizionato. Al riguardo è significativo annotare che, nel definire le modalità operative di inserimento delle fasce cuscinetto, le linee guida considerano la presenza di abitazioni ricadenti all'interno delle fasce medesime causa di riduzione della profondità di queste al di sotto del limite minimo di 50 metri, il che conferma quanto dianzi evidenziato circa il fatto che gli insediamenti abitativi preesistenti inevitabilmente condizionano la zonizzazione acustica.
7.11. Difformità dalle superiori norma legislative ad avviso del Collegio non è dato ravvisare neppure nel fatto che, come già anticipato, le Linee Guida indicano i criteri che devono assistere la zonizzazione privilegiando in prima battuta "le scelte dell'Amministrazione comunale in materia di destinazione d'uso del territorio", dando rilevanza alla "attuale fruizione del territorio" solo quando lo strumento urbanistico non abbia determinato in modo univoco le destinazioni d'uso ovvero se queste non risultino rappresentate nello stato di fatto esistente.
7.11.1. L'art. 4, comma 1, lett. a), della l. 447/1995, demandando alle regioni la definizione dei criteri da seguire nella classificazione acustica del territorio, richiama, oltre alla necessità di individuare le zone idonee ad ospitare spettacoli temporanei o itineranti, solo il criterio delle "preesistenti destinazioni d'uso del territorio", definizione questa che sembra piuttosto richiamare le destinazioni urbanistiche impresse al territorio prima della classificazione acustica, piuttosto che l'uso concreto fatto delle zone del territorio. L'art. 6, comma 1, della l.r. 52/2000 evoca la "vocazione intrinseca e l'evoluzione storica dello sviluppo del territorio": anche tale criterio, tuttavia, è definito in maniera piuttosto generica, e pare arduo che esso possa riferirsi specificamente anche al rispetto di quello che si potrebbe definire "preuso", cioè l'uso del territorio fatto in concreto prima della classificazione acustica, a prescindere dalla destinazione urbanistica; la questione appare peraltro oziosa se si considera che normalmente la disciplina urbanistica recepisce l'uso consolidato del territorio, salvo che ragioni specifiche facciano optare per una riconversione. Certo è che la norma in esame, come del resto la norma statale, non prevede affatto che nella "competizione" tra aree frontistanti quella di più recente urbanizzazione debba essere penalizzata, nella classificazione acustica, allo scopo di non interferire con l'utilizzazione del territorio urbanizzato in epoca precedente. Neppure le Linee Guida, infine, enunciano un criterio che in qualche modo privilegia l'uso presistente, segnatamente classificando le aree contigue e di più recente urbanizzazione con una classificazione non coerente e comportante l'esposizione a limiti assoluti di immissione più elevati. Del resto è evidente che l'adozione sistematica di un simile criterio finirebbe per deteriorare la qualità della vita degli ambienti abitativi nati posteriormente, ed indurrebbe progressivamente un aggravamento dell'inquinamento acustico generalizzato del territorio, perché la classificazione delle aree contigue a quelle più rumorose, e più risalenti nel tempo, ne rimarrebbe sempre condizionata, e con essa la relativa destinazione urbanistica.
7.11.2. Segue da quanto sopra esposto che non si ravvisa illegittimità delle Linee Guida regionali neppure nella enunciazione dei criteri di classificazione del territorio che rispettano quelli genericamente menzionati nella normativa statale e regionale.
7.12. Il Collegio, ancora, non ravvisa illegittimità delle Linee Guida regionali con riguardo alla caratterizzazione delle classi. In effetti non pare che le Linee Guida abbiano inteso proporre una classificazione autonoma, con definizione delle classi in maniera differente da quella enunciata dal d.P.C.M. 14 novembre 1997: le Linee Guida, piuttosto, al paragrafo III, "Elementi utili all'attribuzione delle classi", effettuano una ricognizione della tipologia di insediamenti ed edificati esistenti sul territorio comunale, indicando per ciascuna di esse la classe di possibile riferimento. Il Collegio non concorda con la difesa del Comune di Torino circa il fatto che per individuare le classi occorre guardare alle Linee Guida e non al d.P.C.M. 14 novembre 1997; è vero che questo ultimo è stato emanato per definire i valori massimi di rumore, e non già per definire le classi; è tuttavia evidente che in tanto ha un senso la definizione dei limiti massimi di rumore definiti dal d.P.C.M. in quanto essi siano applicati in maniera omogenea sul territorio nazionale; per tale ragione il d.P.C.M. ha anche definito le caratteristiche essenziali delle varie classi cui fanno riferimento i valori limite di rumore, e per la medesima ragione tali caratteristiche debbono considerarsi vincolanti sul territorio nazionale, giacché in caso contrario si rischierebbe di vedere applicati identici valori limite di rumore a zone del territorio nazionale con caratteristiche non omogenee. Ciò chiarito non si può però affermare che le Linee Guida regionali del 2001 abbiano inteso discostarsi dalle indicazioni che emergono dal d.P.C.M. 14 novembre 1997 circa le caratteristiche essenziali delle sei classi di zonizzazione acustica.
7.14. Concludendo questa disamina generale il Collegio non ravvisa nelle Linee Guida regionali alcuna illegittimità che possa giustificarne la disapplicazione per contrarietà alle superiori norme legislative.
8. Fatte queste premesse di ordine generale, il Collegio passa alla disamina dei vari motivi di ricorso, la infondatezza dei quali consente al Collegio di prescindere dall'esame delle eccezioni preliminari di rito sollevate dalla difesa del Comune.
8.1. Il primo motivo va respinto sul rilievo che il divieto dei c.d. accostamenti critici non è assoluto, essendo ammesso quando si abbia confrontanza tra aree entrambe urbanizzate, nel senso sopra precisato. Nel caso di specie il Comune ha ritenuto che le aree contigue al Comprensorio di via Puglia 35, della cui classificazione si duole la ricorrente, debbono considerarsi "già urbanizzate", come ovviamente anche le aree del Comprensorio industriale. Parte ricorrente, dal canto suo, non ha dato dimostrazione del fatto che tali aree non sono "già urbanizzate" nel senso sopra precisato: condividendo in parte le difese del Comune, il Collegio non può non rilevare che la censura che denuncia la illegittimità di accostamenti critici contigui agli impianti di proprietà della ricorrente è generica, tenuto conto del fatto la semplice disamina della cartografia del Piano non consente di affermare che un'area, che appare sgombra da edifici, sia da considerare non completamente urbanizzata, con conseguente obbligo di inserimento delle fasce cuscinetto; risulta quindi infondata ed indimostrata la censura che contesta la violazione del divieto di accostamenti critici, senza una descrizione, per ciascuna delle aree in contestazione, della relativa destinazione urbanistica, della attuazione delle previsioni del P.R.G. in termini percentuali e dello stato di fatto. Quanto al fatto che il Comune avrebbe privilegiato una classificazione acustica coerente con la destinazione urbanistica, si richiama quanto fatto rilevare al precedente paragrafo 7, ed in particolare al paragrafo 7.11.
8.2. Il secondo motivo, che ruota ancora intorno al supposto divieto di accostamenti critici, lamentando in particolare il difetto di motivazione della scelta di derogare a tale divieto, deve essere respinto ancorquì per la ragione che le aree frontistanti il Comprensorio di proprietà della ricorrente risultano "già urbanizzate" nella accezione spiegata al precedente paragrafo 7.10, o quantomeno parte ricorrente non deduce e non dimostra il contrario: ciò perché, in realtà, parte ricorrente parte dal presupposto che per "area già urbanizzata" si debba intendere l'area "satura", verosimilmente - se il Collegio ben intende le difese della ricorrente - per avvenuto consumo del suolo con edificazione di qualche tipo. Così non è: per "urbanizzazione" ai fini di che trattasi deve intendersi la attuazione delle previsioni del Piano Regolatore Generale, che può aversi in diversi modi, che non necessariamente si compendiano nella realizzazione di edifici o di infrastrutture; di converso la non-urbanizzazione è quella situazione che, proprio in ragione della non ancora avvenuta attuazione delle previsioni di P.R.G., consente di imprimere ad una porzione di territorio una destinazione urbanistica diversa, coerente con una classificazione acustica meno penalizzante per la sorgente sonora esistente sulla porzione contigua. Ciò ribadito, non si vede, a fronte della constatata già avvenuta "urbanizzazione" di un'area, nei termini chiariti al paragrafo 7.10, che altra motivazione dovesse indicare il Comune a sostegno degli accostamenti critici individuati. Parte ricorrente, dal canto suo, deduce difetto di istruttoria, ma è lei per prima a non aver dimostrato che le aree della cui classificazione acustica si lagna non sono "già urbanizzate" nel senso precisato.
8.3. Circa la mancata considerazione dell'apporto collaborativo presentato dalla ricorrente non può che richiamarsi quanto sopra già rilevato: l'accoglimento delle osservazioni solo relativamente ad alcune aree che fronteggiano la proprietà della ricorrente, e non altre, è stato determinato dalla confrontanza di aree entrambe "già urbanizzate", nelle quali non è previsto l'inserimento delle fasce cuscinetto e che anche ai sensi delle norme statali giustificano la deroga al divieto di accostamenti critici.
8.4. Sul quarto motivo il Collegio osserva che la ricorrente non ha dato evidenza del fatto che la classificazione acustica delle aree limitrofe non è coerente con le caratteristiche delle aree stesse ed ai parametri desumibili dal d.P.C.M. 14 novembre 1997: non ci si può invero limitare, in sede giurisdizionale, ad enunciare vizi e violazioni senza contemporaneamente dare un principio di prova della verità dei fatti sui quali si fondano le censure; vale infine la considerazione che la classificazione acustica è comunque frutto di discrezionalità amministrativa, e non della applicazione di regole tecniche, insindacabile in sede giurisdizionale se non nei limiti della macroscopica illogicità o travisamento, che qui non si apprezza.
8.5. Con l'ultimo motivo la ricorrente lamenta l'illegittimità del Piano di Classificazione Acustica nella misura in cui non prevede espressamente che i Piani di risanamento acustico devono essere predisposti ed attuati ad esclusiva cura e spese della Amministrazione comunale: la censura, prima che inammissibile per difetto di interesse, è infondata per le ragioni già indicate al precedente paragrafo 7.9, cui si rinvia.
9. Il ricorso in epigrafe indicato va conclusivamente respinto.
10. La complessità e novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.