Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 24 maggio 2018, n. 3128
Presidente: Troiano - Estensore: D'Angelo
FATTO E DIRITTO
1. Al signor G.C., sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri, già in servizio presso la stazione di Subiaco, è stata irrogata la sanzione disciplinare di corpo della consegna di giorni cinque. Contestualmente, l'Amministrazione ha avviato anche un procedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale.
2. Con istanza di accesso del 26 maggio 2016 il C. ha chiesto, al fine di tutelarsi dalle accuse mosse nei suoi confronti nel provvedimento disciplinare, l'accesso ai seguenti atti:
"- verbale o atto da cui si evincano le complete generalità della persona che ebbe a consegnare la documentazione in data 31 marzo 2014 al comando dipendente dalla compagnia cc di Subiaco;
- estremi del procedimento penale nei suoi confronti archiviato in data 11 gennaio 2016;
- annotazione a firma del Comandante di compagnia del mese di giugno 2014;
- messaggi trasmessi all'Autorità giudiziaria;
5. f.n. 38/4 del Comando provinciale dei Carabinieri di Roma, inviato per competenza alla detta unità organizzativa;
6. ogni altro atto compiuto finalizzato ad avvalorare la proposta di trasferimento d'autorità di cui al f.n. 3579/t-15 del 12.04.2016 del Comando Legione Carabinieri Lazio".
3. Con nota del 15 giugno 2016, prot. 113/10, l'Amministrazione ha accolto l'istanza di accesso limitatamente ai soli documenti relativi al procedimento disciplinare. Per i restanti atti, facenti parte del fascicolo relativo ad un procedimento penale, l'Amministrazione lo ha invitato a formulare istanza di rilascio delle copie all'Autorità giudiziaria inquirente.
4. Il C. ha quindi richiesto, ai sensi dell'art. 116 c.p.p., gli atti non rilasciati alla segreteria della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Tivoli.
Lo stesso ufficio, tuttavia, ha respinto l'istanza in quanto l'interessato, non essendo parte del procedimento penale, non era titolato ad acquisire i documenti richiesti, comunque in possesso anche dell'Amministrazione.
Pertanto, in data 22 giugno 2016 ha inoltrato una nuova richiesta di accesso limitatamente agli atti non consegnati.
5. Contro la nota del 26 giugno 2016 con la quale l'Amministrazione ha respinto tale successiva richiesta, il C. ha proposto ricorso al T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, che con la sentenza indicata in epigrafe lo ha solo in parte accolto, disponendo l'accesso limitatamente alle annotazione a firma del Comandante di compagnia del mese di giugno 2014 e al verbale di consegna dei documenti del 31 marzo 2014.
6. Il Ministero della Difesa ha impugnato la predetta sentenza, formulando il seguente motivo di appello.
6.1. Ai sensi dell'art. 116 c.p.p. chiunque vi abbia interesse può ottener il rilascio di copie di singoli atti del procedimento penale. Di conseguenza, secondo il Ministero appellante, l'Amministrazione (rectius la Compagnia Carabinieri di Subiaco) ha correttamente rinviato l'interessato al giudice penale competente, cioè il GIP presso il Tribunale di Tivoli (parte appellata ha invece chiesto gli atti dalla Procura della Repubblica).
In ogni caso, la sentenza avrebbe ordinato l'ostensione di un documento, quello relativo alle annotazioni del giugno 2016, inesistente.
7. Il C. si è costituito in giudizio il 4 maggio 2017, proponendo anche ricorso incidentale in relazione alla parte della sentenza impugnata che ha respinto il suo ricorso.
In particolare, ha prospettato l'errore materiale in cui sarebbe incorsa la sentenza laddove ha disposto il rilascio delle annotazioni riferibili al 2016 invece che al 2014, nonché l'erronea esclusione dall'ordine di esibizione degli altri atti richiesti.
8. Con ordinanza cautelare n. 2003 del 12 maggio 2017, questa Sezione ha respinto l'istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata presentata contestualmente al ricorso.
9. Con memoria depositata il 1° marzo 2018 il Ministero della Difesa ha comunicato la sopravvenuta carenza di interesse all'appello, chiedendo la compensazione delle spese.
10. La causa è stata trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 22 marzo 2018.
11. L'appello principale è improcedibile.
12. A seguito della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, sezione prima bis, n. 29 del 2018 che ha disposto l'ottemperanza della sentenza impugnata e la nomina del commissario ad acta, sono stati resi disponibili all'accesso i documenti che lo stesso Tribunale aveva ritenuto ostensibili.
Per questa ragione, l'Amministrazione con la memoria del 1° marzo 2018 ha dichiarato di non avere più interesse all'appello.
Non resta pertanto al Collegio che prendere atto di tale sopravvenuta carenza di interesse.
13. Quanto al ricorso incidentale proposto dal C., va preliminarmente osservato che lo stesso deve essere considerato come appello incidentale improprio essendo relativo ai capi della sentenza impugnata con i quali il T.a.r. ha respinto in parte il suo ricorso introduttivo.
In particolare, tale mezzo incidentale è nella sostanza un appello autonomo, che ha la medesima natura di quello principale: l'appellante incidentale, parzialmente soccombente in primo grado, ha chiesto la revisione dei capi o dei punti della sentenza che gli sono sfavorevoli, sicché il suo interesse ad impugnarla nasce da essa e non dall'appello principale (cfr. ex multis C.d.S., sez. III, 2 agosto 2017, n. 3873).
Ne consegue che, in forza della regola di concentrazione delle impugnazioni, esso deve essere proposto all'interno del giudizio instaurato con l'appello principale che comunque non ne altera l'intima struttura. Incidentale è, infatti, solo la tecnica con la quale viene attivata l'impugnazione (e ciò perché, nel sistema vigente, l'impugnazione proposta per prima determina la costituzione del rapporto processuale, nel quale devono confluire le impugnazioni degli altri soccombenti) e non anche il suo contenuto.
Lo stesso deve dunque essere valutato come un'impugnazione autonoma, in quanto diretto contro capi della sentenza diversi e indipendenti da quelli impugnati dall'appellante principale e afferenti a distinta domanda di annullamento (cfr. C.d.S., sez. IV, 8 novembre 2013, n. 5342), e deve essere esaminato a partire dal rispetto del termine decadenziale di proposizione di cui all'art. 96, comma 3, c.p.a.
14. Ciò premesso, va rilevato che l'appello incidentale è stato depositato contestualmente all'atto di costituzione (2 maggio 2017) ed è stato proposto nel rispetto del termine di sessanta giorni di cui al citato art. 96, comma 3, c.p.a. (l'appello principale è stato notificato in data 24 marzo 2017, l'appello incidentale è stato notificato il 20 aprile 2017). Inoltre, lo stesso mezzo di impugnazione risulta fondato nel merito.
15. Con il ricorso di primo grado, il mar[e]sciallo C. aveva chiesto anche l'accesso agli atti in possesso dell'Amministrazione relativi al procedimento penale instaurato a suo carico e poi concluso con una archiviazione.
Il T.a.r., tuttavia, ha ritenuto che tali documenti, in quanto riferiti all'attività investigativa, dovevano, ai sensi dell'art. 24, comma 1, lett. a), della l. n. 241 del 1990, essere esclusi dal diritto di accesso. L'apertura di un procedimento penale, seppure poi archiviato, avrebbe imposto al ricorrente di chiederne l'ostensione all'Autorità giudiziaria.
16. Il giudice di primo grado ha quindi consentito l'accesso solo a quelli fuori dalla vicenda penale e sufficientemente individuati nell'istanza: "In altri termini, a prescindere dalla specifica indicazione della data e del numero di protocollo attribuito agli atti richiesti, non v'è dubbio come l'accesso non possa costringere l'Amministrazione ad attività di ricerca ed elaborazione dati, di guisa che la relativa istanza non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati".
17. Le conclusioni del T.a.r. non possono essere condivise.
Innanzitutto, va rilevato che con l'archiviazione del procedimento penale non sussistono ragioni ostative all'accesso ai relativi atti in possesso dell'Amministrazione e riconducibili al ricorrente incidentale (atti comunque non oggetto di sequestro).
Il diritto di accesso, ferme le ovvie limitazioni derivanti dal segreto d'ufficio o da prevalenti ragioni di privacy, ha infatti una portata ampia collegata in particolare alla necessità dell'interessato di essere posto nelle condizioni di esercitare al meglio ogni forma di tutela consentita.
Peraltro, anche gli atti relativi e denunce ed esposti sono accessibili. Questi ultimi, una volta entrati nella disponibilità dell'Amministrazione, non sono preclusi dall'accesso per esigenze di tutela della riservatezza, giacché il predetto diritto non assume un'estensione tale da includere il diritto all'anonimato di colui che rende una dichiarazione che comunque va ad incidere nella sfera giuridica di terzi (C.d.S., sez. V, 19 maggio 2009, n. 3081; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 11 febbraio 2016, n. 396).
Né il nostro ordinamento, ispirato a principi democratici di trasparenza, imparzialità e responsabilità ammette la possibilità di denunce segrete. Colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha quindi un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell'esercizio del potere di vigilanza, a cominciare dagli atti di iniziativa e di preiniziativa, quali, appunto, denunce, segnalazioni o esposti (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 12 luglio 2016, n. 980, T.A.R. Campania, sez. VI, 4 febbraio 2016, n. 639).
18. Il diritto di accesso non soffre, infatti, limitazioni se non quelle espressamente previste con legge o, comunque, in base a legge e non è, in particolare, soggetto ad applicazioni interpretative, manipolative o, comunque, riduttive ad opera dell'Autorità atteso che ogni Amministrazione è tenuta a dar seguito all'istanza del privato (ove rispettosa dei crismi normativi quanto a forma, oggetto, interesse sostanziale sotteso), mediante l'esibizione o la consegna di copia di quella documentazione precisamente richiesta, salvo che non ricorrano le tassative circostanze legislativamente previste per differirne ovvero negarne l'accesso (cfr. C.d.S., sez. IV, 19 aprile 2017, n. 1832).
19. Non sono infine ravvisabili, come invece ritenuto dal T.a.r., incertezze circa l'individuazione degli atti oggetto dell'istanza di accesso.
In primo luogo, correttamente il ricorrente incidentale rileva che l'atto richiesto (annotazioni del comandante di Compagnia), di cui l'Amministrazione dichiara l'inesistenza, si riferiva la 2014 e non come erroneamente riportato nella sentenza al 2016.
Più in generale, la richiesta di accesso appare sufficientemente determinata, anche con riferimento agli atti che hanno formato oggetto di valutazione in sede penale (ad esempio, le conversazioni con una minorenne che sono state richiamate al fine di giustificare, sulla base dell'eccesso di confidenzialità, il procedimento disciplinare e il trasferimento per incompatibilità ambientale).
Cosicché non risulta motivato, neppure sotto questo profilo, il diniego espresso dall'Amministrazione all'accesso.
20. Per le ragioni sopra esposte, l'appello principale va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, mentre l'appello incidentale va accolto e, per l'effetto, va in parte riformata la sentenza impugnata con conseguente accoglimenti in toto del ricorso di primo grado.
Conseguentemente, va ordinato all'Amministrazione appellante di consentire l'accesso a tutti gli atti richiesti dal C.
20. Le spese di giudizio sono poste a carico dell'Amministrazione appellante nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:
- dichiara improcedibile l'appello principale;
- accoglie l'appello incidentale e per l'effetto in parziale riforma della sentenza impugnata accoglie in toto il ricorso di primo grado.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di giudizio in favore del signor G.C. nella misura complessiva di euro 1.000,00 (mille/00), oltre agli altri oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellato.