Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 6 aprile 2018, n. 2128

Presidente: Maruotti - Estensore: Lopilato

FATTO E DIRITTO

1. La signora L. Caterina è stata investita, in data 2 luglio 2001, da un'automobile condotta da un soggetto che era, all'epoca, assicurato con la s.p.a. Italiana Assicurazioni s.p.a., succeduta alla s.p.a. Piemontese Assicurazioni.

Non avendo ricevuto la somma richiesta a titolo risarcitorio, la signora L. ha chiesto all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazione private di sollecitare la società a provvedere.

L'Isvap, con processo verbale di accertamento n. 12933 prot. n. 43849, ha contestato al dott. Alessandro R., in qualità di legale rappresentante pro tempore della società, quale responsabile in solido, la violazione delle regole della materia per non avere formulato una proposta risarcitoria entro il termine di centoventi giorni.

L'Autorità ha comunicato, inoltre, alla società che gli illeciti commessi comportavano una sanzione pecuniaria compresa tra euro 4.647,60 ed euro 74.369,40 e l'ha informata della possibilità di estinguere il procedimento mediante il pagamento di una somma di denaro in misura ridotta.

La società non si è avvalsa di tale facoltà e l'Isvap, con verbale dell'11 maggio 2005, n. 630, ha proposto al Ministero per lo sviluppo economico di applicare la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 70.014,00.

Il Ministero, con ordinanza n. 510 del 2005, ha ingiunto alla società il pagamento di euro 70.028,00.

2. Quest'ultima ha proposto ricorso innanzi al Tribunale civile di Torino, che, dopo avere istruito la causa, l'ha decisa con la sentenza n. 1926 del 2007, con la quale ha dichiarato l'insussistenza della giurisdizione civile.

2. La società ha proposto, pertanto, ricorso innanzi al Tribunale amministrativo per il Piemonte, deducendo l'illegittimità dell'atto impugnato in quanto:

i) il dott. R. non avrebbe competenza nella trattazione dei sinistri e non potrebbe controllare in modo puntuale l'operato degli ispettori e degli agenti che avrebbero piena autonomia;

ii) il termine di centoventi giorni sarebbe stato rispettato, in quanto la proposta risarcitoria sarebbe stata formulata con atto del 17 gennaio 2002;

iii) la sanzione sarebbe non proporzionata alla gravità del fatto contestato.

2.1. Il Tribunale, con la sentenza 31 marzo 2011, n. 305, ha respinto il ricorso, ritenendo che non fosse stato rispettato il termine di centoventi giorni, in quanto l'atto di quietanza del 17 gennaio 2002, «esibito dalla ricorrente, non ha alcun valore probatorio, atteso che si tratta di documento di provenienza unilaterale di cui non sussiste la prova circa il fatto che sia stato realmente sottoposto al danneggiato, manca una qualsiasi sua firma anche di mera presa visione».

3. La ricorrente in primo grado ha proposto appello, riproponendo le censure respinte dal TAR.

3.1. Si è costituita in giudizio l'Autorità, chiedendo il rigetto dell'appello.

4. La causa è stata decisa all'esito dell'udienza pubblica del 22 marzo 2018.

5. Con un motivo di appello si lamenta l'erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui essa non ha ritenuto rilevante - ai fini dell'interruzione del termine di 120 giorni previsto dall'art. 5 della l. n. 57 del 2001 - la quietanza del 17 gennaio 2002, atteso che vi è stata una tempestiva e comprovata proposta di pagamento - rivolta all'avvocato della danneggiata - da considerare rilevante senza che fossero necessarie particolari formalità.

Ritiene la Sezione che il motivo è fondato.

5.1. Si devono considerare rilevanti le risultanze probatorie, emerse nel corso del giudizio a suo tempo proposto innanzi al giudice civile, che si è poi concluso con la sua declaratoria del difetto di giurisdizione.

In considerazione dei principi riguardanti la traslatio iudicii, l'art. 11, comma 6, c.p.a. prevede che, «nel giudizio riproposto davanti al giudice amministrativo, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova».

5.2. Le risultanze probatorie del precedente giudizio civile - dopo evidenziate - vanno esaminate tenendo conto della normativa di cui ha inteso dare applicazione il provvedimento impugnato in primo grado.

L'art. 3 del d.lgs. 23 dicembre 1976, n. 857, dispone, tra l'altro:

i) l'obbligo in capo alla società di assicurazione, per i sinistri che hanno causato lesioni personali, di proporre al danneggiato una congrua offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di effettuare tale offerta entro novanta giorni dalla presentazione da parte del danneggiato della documentazione richiesta (comma 2);

ii) l'applicazione di una sanzione «da lire quindici milioni a lire duecentoquarantamilioni», in caso di «omessa formulazione dell'offerta», «omessa comunicazione dei motivi della mancata offerta» ovvero «omessa corresponsione della somma offerta», che «si protragga per oltre centoventi giorni dal termine utile finale».

5.3. Nella fattispecie in esame, il sinistro si è verificato il 2 luglio 2001 e la documentazione necessaria per la formulazione dell'offerta è stata trasmessa dall'avvocato P., legale della danneggiata, in data 27 luglio 2001. Ne consegue che il termine di novanta giorni per formulare l'offerta scadeva il 25 ottobre 2001 e l'ulteriore termine di centoventi giorni, scaduto il quale si sarebbe potuta applicare la sanzione amministrativa, scadeva il 25 febbraio 2002.

5.4. La Sezione ritiene che sia comprovato il fatto che entro tale ultimo termine la società abbia effettuato un'offerta di corresponsione di una somma a titolo risarcitorio.

Risulta, infatti, dagli atti che durante un incontro che si è avuto il 17 gennaio 2002, presso l'ufficio sinistri di Bari, tra l'avv. P. il e dott. G., quest'ultimo ha offerto la somma di euro 10.000,00, mediante consegna di un atto di transazione e quietanza di pagamento.

L'avv. P. ha restituito tale documentazione il successivo 21 gennaio, ritenendo la somma non congrua.

5.5. Tale circostanza di fatto risulta dalle dichiarazioni testimoniali rese dalle parti nel corso del giudizio civile (rilevanti in questa sede ai sensi del citato art. 11, comma 6, c.p.a., costituiscono "argomenti di prova").

In presenza di tali "argomenti", ed in mancanza di contrarie risultanze o di contestazioni svolte dall'Autorità, deve ritenersi raggiunta la prova della tempestività della proposta risarcitoria.

5.6. Contrariamente a quanto ha ritenuto la sentenza impugnata, non rileva quanto enunciato nella circolare della Autorità 28 gennaio 1998, n. 293, sulla necessità che la proposta debba essere effettuata in forma scritta.

Da un lato, la legge in materia non ha previsto alcun requisito formale [d]ella proposta, sicché la circolare, per questa parte, non ha rilievo.

Dall'altro, dalle sopra riportate risultanze testimoniali risulta che vi è stata proprio una proposta scritta, pur se non seguita dalla accettazione da parte del difensore della danneggiata.

6. La valenza decisiva del motivo accolto esime la Sezione dall'esaminare anche le altre censure prospettate dall'appellante.

7. Per le ragioni che precedono, l'appello va accolto e, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato della Autorità.

8. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese dei due gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) accoglie l'appello n. 6072 del 2011 e, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla l'impugnato provvedimento della Autorità;

b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.