Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 12 dicembre 2017, n. 18720

Presidente: Mazzei - Estensore: Binenti

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, investito quale giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza di sospensione dell'esecuzione della pena di euro 12.000,00 di multa applicata a Roberto A. (con sentenza emessa il 27 aprile 2015 ai sensi dell'art. 444, c.p.p.), unitamente a quella detentiva in ordine alla cui esecuzione era già intervenuta l'ammissione alla misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale ancora in corso di svolgimento.

A ragione, rilevava che era stata richiesta l'applicazione di un istituto non previsto, al fine di ottenere l'anticipazione delle disposizioni di cui al comma 12 dell'art. 47, ord. pen., rimesse in via esclusiva all'apprezzamento del Tribunale di sorveglianza e solamente all'esito positivo dell'affidamento in prova, attraverso l'esercizio del potere di dichiarare estinta anche la pena pecuniaria nel caso in cui «l'interessato si trovi in disagiate condizioni economiche».

Il G.I.P. osservava, altresì, che in ogni caso tali particolari condizioni nella specie non risultavano sussistenti alla stregua della documentazione allegata.

2. Propone ricorso per cassazione Roberto A., tramite il proprio difensore, denunziando inosservanza dell'art. 47, comma 12, ord. pen., nonché degli artt. 665 e 676, c.p.p., sul rilievo che non era stato invocato l'esercizio in quella sede delle attribuzioni del Tribunale di sorveglianza in ordine all'estinzione della pena pecuniaria, ma si era piuttosto chiesto al giudice dell'esecuzione, secondo le sue competenze in materia di sospensione del titolo esecutivo riguardante anche la pena pecuniaria, di provvedere in tal senso al fine di prevenire un ingiusto e irreparabile nocumento, non potendo prima dell'esito dell'affidamento in prova disporsi l'estinzione prendendo in considerazione le condizioni economiche dell'interessato, con l'effetto così di risultare vanificati irreversibilmente gli esiti di una decisione favorevole nel prosieguo adottabile.

Il ricorrente inoltre chiede che, in caso di non accoglimento dei superiori rilievi, sia sollevata questione di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 660 e 676 c.p.p., per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., laddove i primi, non attribuendo al giudice dell'esecuzione il potere di sospendere l'esecuzione della pena pecuniaria in tutti i casi di ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale, si pongono in contrasto con il principio di rieducazione della pena, e determinano una ingiustificata disparità di trattamento in favore dei condannati sottoposti alla medesima misura nei confronti dei quali, durante la stessa, non sia stata posta in esecuzione (con la riscossione) la pena pecuniaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il giudice dell'esecuzione ha preliminarmente rilevato che era stato richiesto, nel corso dell'affidamento in prova al servizio sociale, un intervento cautelare in tema di esecuzione della pena pecuniaria, in funzione della salvaguardia degli effetti di un provvedimento, quello di cui al comma 12 dell'art. 47, ord. pen. («L'esito del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale. Il tribunale di sorveglianza, qualora l'interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, può dichiarare estinta anche la pena pecuniaria che non sia stata riscossa»), di competenza invece del Tribunale di sorveglianza.

Ma poi lo stesso giudice dell'esecuzione, pur avendo escluso in premessa la possibilità di detto intervento, ha svolto considerazioni in ordine all'assenza dei presupposti per disporlo apprezzando le condizioni economiche di A., sicché ha reso una pronunzia di rigetto dell'istanza a tutti gli effetti di merito.

2. Premesso ciò, va rilevato che le attribuzioni di cui trattasi, a prescindere dai tempi dell'intervento chiesto in relazione all'esercizio dei poteri di cui al citato comma 12 dell'art. 47, esulano dall'area delle competenze funzionali del giudice dell'esecuzione, poiché nella specifica materia, tanto più una volta intervenuta l'ammissione alla misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, la sorte dell'esecuzione della concorrente pena pecuniaria, sotto il profilo della sua estinzione in ragione delle condizioni economiche e del percorso dell'affidamento in prova, rimane affidata solo ai poteri valutativi del Tribunale di sorveglianza.

Del resto, discutendosi della sollecitazione di un intervento interlocutorio di natura sospensiva, ogni determinazione in merito, secondo i principi generali in materia cautelare operanti anche nell'ambito dell'esecuzione penale (in assenza di previsioni di segno contrario), non può che essere rimessa allo stesso giudice chiamato ad adottare il provvedimento definitivo i cui effetti alla stregua di quanto prospettato dovrebbero essere salvaguardati, essendo tale giudice quello al quale resta attribuita durante il procedimento la conoscenza del percorso trattamentale compiuto in funzione del giudizio finale sull'esito della misura.

3. Mette conto altresì di rilevare che l'area delle valutazioni di cui trattasi, concernenti le modalità di esecuzione della pena pecuniaria, rimane più in generale sottratta alle competenze del giudice dell'esecuzione, come risulta dalle disposizioni di cui all'art. 660, c.p.p., che, riferendosi appunto all'esecuzione di tale tipo di pena, attribuiscono le valutazioni in materia e le relative determinazioni, da rapportare alla situazione economica del condannato, alla magistratura di sorveglianza. E ciò, peraltro, analogamente a quanto avviene per la remissione del debito, ove, pur in presenza di diversa causale, ugualmente vengono in considerazione le condizioni economiche del condannato, per di più definite in modo corrispondente al testo del citato comma 12 dell'art. 47.

4. Risulta dunque confermato che ci si muove in un ambito in cui le risposte, anche di natura preliminare e pur attinenti alla sola ammissibilità delle richieste alla stregua della loro corretta interpretazione in funzione degli interventi consentiti, fra cui potrebbero anche venire in evidenza quelli previsti dall'art. 660, c.p.p., spettano non già al giudice dell'esecuzione, ma alla magistratura di sorveglianza e nella specie, in corso l'affidamento in prova al servizio sociale, al tribunale di sorveglianza, avuto riguardo alle competenze allo stesso riservate sugli esiti del trattamento disposto. E ciò secondo un iter di svolgimento di tale trattamento sottoposto sempre e solamente agli apprezzamenti e alle determinazioni della magistratura di sorveglianza, che dunque si trova anzitutto nelle condizioni di valutare se e quando potranno essere raggiunti i risultati estintivi di cui si discute, così da potere considerare, in primo luogo, secondo quali tempi i prevedibili interventi a tal riguardo potranno risultare compatibili in concreto con la tempestiva salvaguardia delle esigenze di disagio economico anticipatamente prospettate dal richiedente.

È evidente, invero, che allorché il percorso dell'esecuzione della misura conduca già a formulare una ragionevole prognosi circa il suo esito negativo, la questione della tutela cautelare neppure può porsi, non essendo prevedibili effetti estintivi da salvaguardare. Le stesse considerazioni possono valere quando non sia, per altro verso, plausibilmente riscontrabile il presupposto delle «disagiate condizioni economiche», da porre in rapporto con l'entità della pena da eseguire, tenendo conto anche della possibile sua rateizzazione secondo le modalità e le decisioni del magistrato di sorveglianza previste dall'art. 660, c.p.p. Di contro, ove l'esecuzione abbia già raggiunto la data del suo completamento e ci si trovi al cospetto di un chiaro esito positivo della misura, può risultare risolutiva, prescindendo da ogni considerazione sugli evocati interventi cautelari, già la solerte adozione del provvedimento che, prendendo atto in tempi idonei del buon esito della misura appena espletata e verificate le «disagiate condizioni economiche», dichiari l'estinzione anche della pena pecuniaria. E quando, pur in presenza di tali ultime condizioni, la misura sia invece solo prossima all'intera esecuzione e però sia ugualmente formulabile una ragionevole prognosi positiva in ordine ai presupposti estintivi della pena pecuniaria, spetterà ugualmente al competente organo della sorveglianza l'individuazione del modo in cui i suoi poteri potranno garantire apprezzabili e concrete esigenze a salvaguardia dell'effettività del provvedimento di favore nel prosieguo adottabile, al fine di non pregiudicare in itinere gli obiettivi rieducativi del trattamento che il comma 12 dell'art. 47 intende ulteriormente proteggere.

5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, l'impugnata ordinanza del giudice dell'esecuzione, laddove in definitiva è giunta ad adottare valutazioni di merito così deliberando il rigetto dell'istanza, risulta preliminarmente affetta da incompetenza funzionale, che, come tale, è rilevabile d'ufficio e impone l'annullamento senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Torino, quale organo competente a pronunziarsi, nella piena autonomia deliberativa circa l'ammissibilità della tutela preventiva cautelare in favore dell'affidato in prova al servizio sociale, condannato anche alla pena pecuniaria, che assume di versare in «disagiate condizioni economiche».

In ragione delle valutazioni da adottare rimane, altresì, attribuita al Tribunale di sorveglianza ogni determinazione in ordine alla questione di legittimità costituzionale in via subordinata prospettata dal ricorrente.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Torino per l'esame della richiesta.

Depositata il 2 maggio 2018.