Corte di cassazione
Sezione VI penale
Sentenza 13 aprile 2017, n. 9385

Presidente: Fidelbo - Estensore: Giordano

RITENUTO IN FATTO

1. Antonio G., con ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia, impugna il provvedimento indicato in epigrafe con il quale il Tribunale di Genova ha respinto l'appello avverso l'ordinanza del locale giudice per le indagini preliminari che, rigettata la richiesta di revoca della misura degli arresti domiciliari, ne aveva disposto la sostituzione con quella dell'obbligo di dimora nel Comune di Afragola in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 353, commi 1 e 2, e 321-319 c.p.p.

Antonio G., nella qualità di amministratore di fatto della società G. Costruzioni Metalliche s.r.l. è sottoposto ad indagini perché prometteva e, quindi, consegnava somme di denaro a Michele L., Pietro Paolo M. e Maurizio D., rispettivamente presidente, direttore generale e responsabile degli affidamenti ed approvvigionamenti del Consorzio COCIV, e, quindi, pubblici ufficiali in relazione alle funzioni di stazione appaltante svolte da COCIV in sostituzione della pubblica amministrazione aggiudicatrice, affinché costoro aiutassero la G. Costruzioni Metalliche a vincere la gara indetta da COCIV per la fornitura di centine metalliche necessarie alla costruzione della "galleria finestra di Cravasco", formalizzata con contratto stipulato dalla COCIV il 22 dicembre 2014 per l'importo di euro 1.600.000,00. In particolare, i dirigenti COCIV, fornivano al G. informazioni sulle offerte presentate dagli altri concorrenti e consentivano, così, di offrire alla ditta del G. un rilevante sconto rispetto ad altre forniture, dietro la promessa che lo sconto sarebbe stato recuperato tramite atto aggiuntivo ad un precedente contratto del 16 maggio 2014 (relativo ad altro lavoro) e, quindi, presentavano al comitato direttivo COCIV l'offerta del G. come la migliore, nonostante l'altro concorrente avesse presentato offerta economicamente più vantaggiosa ovvero equivalente. COCIV, società di diritto privato, in forza di risalente contratto stipulato con TAV s.p.a. - nel quale è poi subentrata la società Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. - è il contraente generale risultato aggiudicatario per la costruzione di uno dei lotti della rete dell'alta velocità.

2. I motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione e sostanzialmente incontestate le condotte materiali acclarate attraverso il contenuto delle intercettazioni ambientali, sono incentrati sulla ritenuta qualificazione di pubblico ufficiale ovvero incaricato di pubblico servizio dei soggetti incaricati, in ambito COCIV, delle procedure di scelta del subcontraente e della qualificazione di "gara pubblica" della procedura alla quale aveva partecipato la società G. Costruzioni Metalliche. In particolare il ricorrente, analizzata la nozione di incaricato di pubblico servizio alla luce del disposto di cui agli artt. 357 e 358 c.p.p., ha sostenuto che la figura del contraente generale - oggetto di previsione negli artt. 9 del d.lgs. n. 190/2002 e 176 e 177 del d.lgs. n. 163/2006, vecchio Codice degli appalti applicabile ratione temporis al caso in esame - con riguardo alla procedura di scelta del contraente non riveste natura pubblicistica. In tale senso depone il tenore letterale dell'art. 176, comma 6, Codice (i rapporti del contraente generale con i terzi sono rapporti di diritto privato a cui non si applica il presente Codice, salvo quanto previsto dal presente capo... Al contraente generale che sia esso stesso amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore si applicano le sole disposizioni di cui alla parte I e parte II che costituiscono attuazione della direttiva 2004/18 ovvero di cui alla parte III). Alla stregua di tale lettura, prosegue il ricorrente, al Consorzio COCIV non si applica la procedura di gara pubblica nella scelta del contraente non essendo né amministrazione aggiudicatrice - ai sensi dell'art. 3, comma 25, del Codice, quale organismo di diritto pubblico - né un ente aggiudicatore, non rientrando neppure nelle categorie di cui all'art. 3, commi 26, 28 e 29, Codice. In particolare, infine, con riguardo allo status del COCIV nelle procedure di selezione del contraente, la fornitura di centine commissionate alla G. Costruzioni Generali rientrava nel 40% dell'atto integrativo stipulato in data 28 ottobre 2011 tra RFI e COCIV in forza del quale il 60% delle opere andava assegnato dal contraente generale mediante procedura di evidenza pubblica mentre il restante 40% di lavori potevano essere eseguiti da COCIV direttamente, oppure mediante subaffidamenti a imprese terze oppure (seppure entro certi limiti) mediante affidamento ad una delle imprese consorziate. Per quel che qui rileva, la previsione era frutto di una catena normativa che seguiva alla decisione della Commissione UE del 16 marzo 2005 - a chiusura della procedura di infrazione aperta nei confronti dell'Italia - e all'art. 12 della l. n. 133/2008 che, fra l'altro, aveva imposto a RFI (che medio tempore aveva fuso per incorporazione TAV) di modificare le convenzioni in essere con i contraenti generali, precisando la quota che i general contractors avrebbero dovuto affidare a imprese terze mediante procedura concorsuale conforme a normativa comunitaria. L'analisi degli elementi normativi delle fattispecie incriminatrici così condotta rende evidenti, per i profili meglio di seguito specificati, il vizio di violazione di legge ed i vizi di motivazione del provvedimento impugnato in relazione agli artt. 319, 321, 353, 357 e 358 c.p.p.:

2.1. per la illegittima applicazione dell'art. 176, comma 6, Codice degli appalti potendo, al più, essere ravvisata nelle condotte la fattispecie di corruzione tra privati - in relazione alla quale non può essere applicata, in ragione della pena prevista, misura cautelare - e, a tal riguardo, del tutto erroneo è il richiamo, nel provvedimento impugnato, al precedente del medesimo Tribunale concernente la posizione di Marciano R., perché quest'ultima era relativa all'appalto di lavori rientranti nel 60%;

2.2. per la erronea valorizzazione della teoria degli indici sintomatici, non potendo la figura del general contractor essere ricondotta a quella di ente aggiudicatore, conclusione erroneamente motivata dal Tribunale, ancora una volta, con richiamo alla differente posizione del R.;

2.3. per il richiamo a non meglio identificati principi comunitari e travisamento del contenuto dell'art. 31.1.2 dell'atto integrativo;

2.4. per l'erroneo richiamo al principio di autolimitazione, alla stregua della precisazione secondo la quale la sottoposizione dell'appalto al regime pubblicistico discende dalle caratteristiche oggettive dell'appalto e soggettive della stazione appaltante e, dunque, dalla esistenza di un vincolo eteronomo e non dalla dichiarazione della stazione appaltante e tenuto conto che, a mente della giurisprudenza della Corte di legittimità, l'applicazione dell'art. 353 c.p.p. rimanda, comunque, alla natura di pubblica amministrazione dell'ente appaltante.

Con ulteriori motivi il ricorrente denuncia altresì:

3. l'apparenza di motivazione del provvedimento impugnato, che non ha esaminato l'alternativa ricostruzione normativa sviluppata dalla difesa, ricostruzione che il Tribunale del riesame ha sostanzialmente eluso richiamando l'analisi svolta con riguardo alla posizione del R., distinta da quella in esame perché il conferimento oggetto di contestazione al R. era pacificamente rientrante nel 60% dei lavori che il COCIV doveva conferire attraverso procedura di selezione pubblica, e sulla natura del contratto in esame, avente ad oggetto una fornitura e, quindi, trattandosi di contratto che per definizione è regolato da norme di diritto privato;

4. la violazione dell'art. 280 c.p.p., poiché la condotta di corruzione ascritta al G. rientra nella fattispecie di cui all'art. 2635 c.c. (corruzione fra privati) per la quale, in ragione della pena prevista e non sussistendo l'aggravante di cui al comma 4 del richiamato articolo (non essendo COCIV quotato in Borsa), non può essere applicata misura cautelare;

5. vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari riferite al pericolo di inquinamento probatorio e reiterazione del reato valorizzando, nonostante l'intervenuto sequestro della documentazione anche informatica, la scelta del G. di avvalersi della facoltà di non rispondere - con riguardo al pericolo di cui all'art. 274, lett. a), c.p.p. - e, pretermettendo, con riguardo al pericolo di reiterazione, l'analisi delle circostanze di fatto allegate dalla difesa e, cioè, il cambio di governance delle aziende riferibili all'indagato; la risoluzione dei contratti in essere tra detta azienda e il COCIV; la cessazione dei rapporti degli ex manager con il Consorzio COCIV e l'enorme diffusione sui media delle intercettazioni ambientali in cui viene ripresa la presunta dazione di somma di denaro dal signor G. agli ex manager oggi indagati e la scrupolosa osservanza della misura applicata all'indagato, quali indici che denotano la insussistenza di attuali esigenze di prevenzione speciale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato. Risulta, inoltre, che l'indagato si trova ancora sottoposto alla misura cautelare.

2. È corretto l'approccio metodologico seguito nei motivi di ricorso, seguito anche dai giudici a quibus, secondo il quale le nozioni rilevanti ai fini della ritenuta sussistenza dei reati di cui agli artt. 319 e 353 c.p.p. discendono dalla qualifica pubblicistica o meno dei membri del comitato tecnico del Consorzio COCIV, responsabile degli affidamenti ed approvvigionamenti, funzionari che hanno seguito la procedura di affidamento alla società G. Costruzioni Metalliche della fornitura di centine e armamenti per la realizzazione della "galleria finestra di Crevasco" e che, in tale vicenda, sono i soggetti corrotti. Sulla natura del COCIV, come ente aggiudicatore, e sulla qualificazione di gara della procedura seguita per la selezione della società G. Costruzioni Metalliche, si registrano le contrapposte ricostruzioni della difesa - oggi proposte come motivo di ricorso - e dei giudici della cautela, pervenuti alla corretta e condivisibile conclusione, richiamando la concezione oggettiva delle qualifiche pubblicistiche e, quindi, i caratteri qualificanti l'attività svolta in concreto, che i componenti del Comitato tecnico del COCIV devono essere considerati incaricati di pubblico servizio.

3. Tale conclusione è in linea con la lettura delle qualifiche di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio delineate dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale le nozioni ricavabili dagli artt. 357 e 358 c.p.p. sono collegate alle attività svolte, che possono definirsi come pubblica funzione amministrativa o come pubblico servizio non per il legame tra il soggetto e un ente pubblico, ma per la disciplina pubblicistica che regola l'attività nonché per i contenuti giuridici pubblici che la connotano. Si è affermato, al confronto tra il vecchio e nuovo testo dell'art. 358 c.p.p. dal quale è stato espunto ogni riferimento al rapporto di impiego con lo Stato o altro ente pubblico - contenuto, invece, nella disposizione previgente - e per la presenza della locuzione «a qualunque titolo», che il legislatore ha privilegiato, ai fini della delimitazione esterna della categoria di incaricato di pubblico servizio, al pari di quella di pubblico ufficiale, il criterio oggettivo-funzionale, imperniato sulla natura della disciplina pubblicistica dell'attività svolta. L'elemento che differenzia il pubblico ufficiale dall'incaricato di pubblico servizio è costituito dal fatto che il primo è dotato di poteri deliberativi, autoritativi o certificativi mentre l'incaricato di pubblico servizio difetta di tali poteri, nonostante la sua attività sia comunque riferibile alla sfera pubblica (Sez. 6, n. 37102 del 17 maggio 2004, Rv. 230374, Ferreri). In altri termini l'art. 358 c.p.p., attribuisce la qualifica di incaricato di pubblico servizio a coloro che, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio, prescindendo dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione, fornendo poi, nel secondo comma, la definizione di pubblico servizio, inteso come un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma senza i poteri tipici di questa, con esclusione di attività concretizzantesi in semplici mansioni di ordine o di opera meramente materiale. Da qui la ricorrente affermazione giurisprudenziale secondo la quale anche i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l'attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici (Sez. 6, n. 49759 del 27 novembre 2012, Zabatta, Rv. 254201; Sez. 6, n. 1327 del 7 luglio 2015, dep. 2016, Caianiello, Rv. 266265).

4. Può conclusivamente affermarsi che servizio pubblico è quello che realizza direttamente finalità pubbliche e che, nell'ambito delle attività pubblicistiche, la qualifica di incaricato di pubblico servizio spetta soltanto a coloro che svolgono compiti di rango intermedio tra le pubbliche funzioni e le mansioni di ordine o materiali: tali compiti si identificano in attività in senso lato intellettive, rimanendo escluse quelle meramente esecutive, per le quali il contributo che da esse ricava la realizzazione delle finalità pubblicistiche può essere indifferentemente fornito con altri rimedi strumentali, sostitutivi della prestazione personale. Non esclude la possibilità di ascrivere la qualifica di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio ai soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa del relativo ente sociale, qualifica da ritenersi per contro confermata ed integrata laddove quest'ultimo (ente) sia disciplinato da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici propri delle società per azioni e, a condizione, ovviamente, che il soggetto abbia svolto in concreto un'attività che in tale servizio pubblico rientri.

5. La giurisprudenza ha cercato di individuare gli indici sintomatici del carattere pubblicistico dell'attività svolta, facendo riferimento alla natura pubblica dell'ente da cui promana l'attività del soggetto, al perseguimento di finalità pubbliche, all'impiego di pubblico denaro, alla soggezione a controlli pubblici, in ogni caso escludendo, tra i criteri idonei a qualificare come di rilievo pubblico l'attività svolta, la forma giuridica dell'ente e la sua costituzione secondo le norme del diritto pubblico. In materia prossima a quella in esame deve essere richiamata la più recente affermazione di questa Corte secondo la quale i funzionari dipendenti di società operanti nei c.d. settori speciali (nella fattispecie quello dell'energia), sono incaricati di pubblico servizio ai sensi dell'art. 358 c.p.p., atteso il rilievo pubblicistico dell'attività svolta da dette società, obbligate ad adottare la procedura di evidenza pubblica nella gestione degli appalti (Sez. 6, n. 28299 del 10 novembre 2015, dep. 2016, Bonomelli e altri, Rv. 267045). Conclusione, quest'ultima di particolare rilevanza ai fini della disamina della presente vicenda là dove vi si afferma che l'obbligatorietà della procedura di evidenza pubblica costituisce indice sintomatico del rilievo pubblicistico dell'attività svolta dalla società, in quanto la sua previsione presuppone la necessità ed il riconoscimento che una determinata attività, relativa a settori strategici per gli interessi pubblici di uno stato, sia sottoposta ad un regime amministrativo che assicuri la tutela della concorrenza assieme all'imparzialità della scelta del soggetto aggiudicatario.

6. Secondo l'ordinanza impugnata, è possibile enucleare, attraverso l'analisi della disciplina che regola l'attività del general contractor, gli indici positivi del carattere pubblicistico dell'attività svolta e, quindi, individuare nel COCIV (come si è detto aggiudicatario per la costruzione di uno dei lotti dell'alta velocità), la funzione di agente dell'amministrazione, ovvero incaricato di pubblico servizio, nei rapporti con i soggetti a cui esso affida l'esecuzione delle opere. In tal caso, il general contractor, fungendo da stazione appaltante, è tenuto al rispetto delle normative comunitarie e nazionali in materia di appalti pubblici, secondo le previsioni originariamente recate dal d.lgs. 190/2001, ribadite dal d.lgs. 163/2006, art. 176, comma 6, e art. 2 in attuazione della direttiva 2004/24 CEE (e ora dall'art. 194, comma 6, del d.lgs. 50/2016, con riferimento alla direttiva 2014/24 CEE), ed è, quindi, tenuto ad applicare i principi di imparzialità e trasparenza che presiedono allo svolgimento dell'attività amministrativa.

7. L'art. 176, comma 6, cit. come modificato dal d.lgs. n. 152 dell'11 settembre 2008 in vigore dal 17 ottobre 2008, recita testualmente "il contraente generale provvede alla esecuzione unitaria delle attività di cui al comma 2 direttamente ovvero, se costituito da più soggetti, a mezzo della società di progetto di cui al comma 10; i rapporti del contraente generale con i terzi sono rapporti di diritto privato, a cui non si applica il presente codice, salvo quanto previsto nel presente capo. Al contraente generale che sia esso stesso amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore si applicano le sole disposizioni di cui alla parte I e alla parte II, che costituiscono attuazione della direttiva 2004/18, ovvero di cui alla parte III".

8. Secondo il ricorrente semplice è la lettura della norma in esame: il Consorzio COCIV non è amministrazione aggiudicatrice (ai sensi dell'art. 3, comma 25, Codice) e tanto meno ente aggiudicatore (a mente dell'art. 3, comma 29, Codice), né impresa pubblica (a mente dell'art. 3, comma 28, Codice), norme che tutte e ciascuna definiscono esse stesse le correlative nozioni, né ente che opera in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi dall'autorità competente secondo le norme vigenti (art. 3, comma 29, Codice che, a propria volta, rimanda alla parte terza del corpus normativo, cioè ai settori speciali gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali sfruttamento di area geografica secondo le nozioni recate, per quanto concerne il trasporto, agli artt. 201 e 207 Codice). Ne consegue che il COCIV, in qualità di general contractor, opera come soggetto privato nei rapporti con i subfornitori, sia nel momento della selezione del contraente che nel momento successivo.

8.1. A tale conclusione non deroga la normativa, art. 12 della l. n. 133/2008 che ha convertito con modif., il d.l. 112 del 25 giugno 2008, che espressamente disciplina il settore dell'alta velocità e che, secondo l'assunto difensivo, non è comunque applicabile alla fattispecie in esame poiché la fornitura di centine commissionata dal Consorzio COCIV alla società G. Costruzioni Metalliche, non solo non rientra nel novero dei lavori civili e di armamento (trattandosi di fornitura) ma rientra, in ogni caso, nel 40% dei lavori civili e di armamento che il COCIV poteva commissionare liberamente, al di fuori degli impegni assunti con la società RFI, all'atto della stipula dell'atto integrativo in data 28 ottobre 2011, e che gli imponevano la scelta del contraente secondo una procedura ad evidenza pubblica.

9. La lettura proposta dalla difesa, tuttavia, non può essere condivisa perché rimanda ad una interpretazione del dato letterale dell'art. 176 del d.lgs. n. 152 dell'11 settembre 2008 e, a monte, dell'art. 29, comma 3, dello stesso decreto, che non trova conferma nella ricostruzione della figura del general contractor, quale ricavabile dalla evoluzione storico-fattuale dell'istituto e dai connotati pubblicistici che, secondo la giurisprudenza amministrativa e civile, è possibile desumere dalla disciplina che ne regola i rapporti sia con l'ente pubblico sia con i soggetti ai quali conferisce l'esecuzione delle opere ovvero le forniture di materiali. Tale disciplina, piuttosto che alle qualifiche soggettive e formali - privilegiate dalla difesa, e, cioè che si tratti di ente pubblico o concessionario in regime di monopolio - ovvero al dovere in senso lato pubblicistico gravante sul contraente generale di agire nell'interesse dell'amministrazione, va correlata ai compiti che il general contractor assume su di sé in un ambito, cioè la scelta dei soggetti terzi contraenti ai quali subaffidare le opere e/o le forniture che consentano di conseguire il risultato cui esso si è obbligato a fornire all'amministrazione aggiudicatrice e, quindi, alle attribuzioni ricevute in forza delle convenzioni con TAV (e poi RFI s.p.a.) e per le quali possa dirsi che egli è inserito nell'apparato dell'ente pubblico appaltante, così da assumere la veste di agente dell'amministrazione.

9.1. Sul piano generale il contratto in esame è quello con il quale la stazione appaltante affida ad un soggetto dotato di adeguata esperienza e qualificazione nella costruzione di opere nonché di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria la realizzazione dell'opera, con qualsiasi mezzo, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto preliminare o nel progetto definitivo redatto dalla medesima stazione appaltante e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori. Il contraente generale assume su di sé anche compiti che altrimenti graverebbero sulla stazione appaltante, quali ad esempio lo sviluppo del progetto definitivo e le attività tecnico-amministrative occorrenti per pervenire alla sua approvazione da parte del Cipe, ove detto progetto non sia posto a base di gara, l'acquisizione delle aree di sedime, la progettazione esecutiva, la direzione dei lavori, il prefinanziamento in tutto o in parte dell'opera da realizzare, la selezione dei soggetti gestori, l'indicazione del piano degli affidamenti, delle espropriazioni, delle forniture di materiale e di tutti gli altri elementi utili a prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata secondo le forme stabilite con gli organi competenti in materia, ferma restando la competenza della stazione appaltante in tema di approvazione del progetto definitivo, di elaborazione del progetto esecutivo e delle varianti, nonché di alta sorveglianza sull'esecuzione delle opere e di collaudo delle stesse.

9.2. La varietà di siffatti compiti ha generato, anche nella dottrina, incertezze circa la natura giuridica del contraente generale, talvolta assimilato alla figura dell'appaltatore, altre volte considerato piuttosto come un mandatario senza rappresentanza nell'interesse dell'amministrazione, oppure accostato ad un concessionario di lavori pubblici. Analogamente, il rapporto intercorrente tra l'amministrazione ed il contraente generale è stato ricondotto, di volta in volta, alle tradizionali figure dell'appalto, del mandato o della concessione amministrativa, ma non è mancato chi ha scorto in esso un'ipotesi di collegamento causale tra tipi negoziali diversi, oppure un contratto misto (atipico o connotato da una tipicità sui generis) o un contratto procedimentalizzato a struttura variabile.

9.3. Rileva il Collegio come non sia questa la sede per procedere alla ricostruzione delle vicende amministrative ed economiche che, a partire dagli anni '90 hanno contrassegnato i rapporti tra la società TAV e il Consorzio COCIV. Cionondimeno, anche alla stregua dei rilievi svolti nei motivi di ricorso, ove si sottolinea la diversità della fattispecie in esame rispetto ad altre posizioni della medesima vicenda cautelare (quella del R., cfr. motivi sub 2.1 e 3) e nella ricostruzione delle coordinate normative di riferimento (2.1, 2.2 dei motivi), è opportuno rammentare brevemente gli antefatti che consentono di inquadrare la figura del general contractor quale contraente della pubblica amministrazione con riguardo, in particolare, agli aspetti che, secondo l'impostazione accusatoria, possono interferire con la delineata nozione di incaricato di pubblico servizio in relazione alle procedure competitive che riguardano l'affidamento dei lavori o, comunque, le forniture a terzi, in materia di appalti.

Il COCIV era stato prescelto, senza alcuna gara, quale contraente generale per la realizzazione della rete ferroviaria AV/AC terzo Valico di Giovi con convenzione del 16 marzo 1992. Con d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, art. 12 (convertito, con modif., dalla l. n. 133/2008), per effetto delle revoche di cui al comma 8-quinquiesdecies, i rapporti convenzionali stipulati da TAV s.p.a. con i contraenti generali in data 15 ottobre 1991 e, con il COCIV, in data 16 marzo 1992 sono continuati, senza soluzione di continuità, con RFI s.p.a. L'art. 12 cit., per quanto è qui di interesse, dispone che i relativi atti integrativi prevedono la quota di lavori che deve essere affidata dai contraenti generali ai terzi mediante procedura concorsuale conforme alle previsioni delle direttive comunitarie. Con atto integrativo sottoscritto in data 28 novembre 2011 tra Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e Consorzio COCIV, quest'ultimo, ai sensi della citata disposizione, assumeva, al punto 31.1.2., «in parziale deroga a quanto previsto dagli articoli 3.2. e 21 della Convenzione e ad ogni altra contraria previsione contenuta nei Documenti Contrattuali», «i seguenti obblighi contrattuali: (a) far eseguire il 60% dei lavori civili e di armamento, valutati come da Allegato 15, mediante affidamenti ad imprese terze, selezionate dallo stesso Consorzio con l'applicazione delle procedure comunitarie di affidamento ad evidenza pubblica (e v. il successivo articolo 31.2); (b) eseguire il restante 40% dei lavori civili e di armamento: (i) direttamente, oppure (ii) mediante sub-affidamenti a imprese terze; oppure (iii) mediante affidamento a una o più Consorziate, che dovranno eseguire in proprio i lavori e non potranno in nessun caso affidarli in toto o in parte ad altri soggetti, ivi incluse loro controllate e/o collegate e/o eventuali raggruppamenti e/o associazioni e/o società consortili».

9.4. Pacifico, nella realtà fattuale, è il dato che il consorzio COCIV era stato costituito, nel lontano 1992, nell'ambito di un rapporto convenzionale con enti pubblici per la realizzazione di opere pubbliche di interesse strategico nazionale ed europeo, finanziate prevalentemente con risorse pubbliche e conferendogli poteri tipici delle stazioni appaltanti pubbliche, in forza di un contratto descritto come contratto di committenza, così creando una figura speciale di concessionario per la realizzazione di grandi opere di interesse strategico e che, indipendentemente dalla sua identità di soggetto imprenditoriale privato, persegue un interesse pubblico, esercitando potestà di natura e derivazione pubblicistica. Per quel che qui rileva, non solo il general contractor era stato individuato con una procedura che deroga alle norme ordinarie in materia di appalti, ma era - ed è - dotato di poteri e facoltà caratteristici di ogni committente pubblico, delineate sommariamente al par. 9.1., come l'acquisizione delle aree di sedime, mediante esproprio, lo svolgimento della direzione lavori (esclusa solo di recente), la potestà di indire gare e la vigilanza sulla esecuzione dei subaffidatari.

Alla stregua di tali connotati, che delineano in capo al contraente generale "diritti speciali ed esclusivi concessi dall'autorità competente secondo le norme vigenti", non si vede alcuna ragione ostativa a ricomprendere il contraente generale tra i soggetti indicati nell'art. 3, comma 29, del d.lgs. 163/2006 come ente aggiudicatore, categoria alla quale non osta la natura privata degli enti che concorrono alla sua formazione poiché l'ampia accezione ricavabile dalla disposizione non autorizza affatto ad identificare l'ente aggiudicatore con "i soli soggetti titolari di concessioni che garantiscono il monopolio nell'espletamento di determinate attività o servizi, ovvero che consentono lo sfruttamento in via esclusiva di beni o risorse pubbliche", secondo la riduttiva lettura proposta dalla difesa.

9.5. Secondo la condivisibile ricostruzione accusatoria, inoltre, ulteriori indici di matrice pubblicistica si rinvengono sia nella giurisprudenza amministrativa, sia nella giurisprudenza di legittimità con riguardo ai rapporti del contraente generale con i soggetti terzi.

9.5.1. Proprio con riferimento alla sfera dei rapporti che il contraente generale instaura con i soggetti affidatari delle opere da realizzare, in materia di diritto di accesso agli atti da parte dei subappaltatori, si è affermato che "il preteso carattere privato dell'appalto stipulato dal contraente generale non è di ostacolo al diritto del subappaltatore di accesso agli atti atteso che tale appalto può essere qualificato come attività di pubblico interesse, in quanto essendo attuativo del contratto a monte di affidamento al general contractor e concorrendo, con questo, a realizzare, nel caso specifico, il sistema italiano dell'alta velocità ferroviaria" (Ad. Pl. 30 agosto 2005, n. 5). Ancora, è stato ravvisato dalla giurisprudenza amministrativa, il riconoscimento dell'esistenza di un potere di autotutela per ragioni di pubblico interesse in capo ai soggetti privati che possano essere qualificati come organismi di diritto pubblico e che, agendo quali concessionari o contraenti generali della pubblica amministrazione siano tenuti all'osservanza delle regole di evidenza pubblica per l'affidamento dell'appalto. In tal caso, "gli atti delle procedure di evidenza pubblica sono oggettivamente amministrativi, ancorché posti in essere da stazioni appaltanti formalmente private, così come, queste ultime, limitatamente agli atti di gara, assurgono ad amministrazioni pubbliche in senso soggettivo" (C.d.S., Sez. 6, 28 ottobre 1998, n. 1478).

9.5.2. La giurisprudenza civile di questa Corte, resa in materia di responsabilità contabile del general contractor, ha ritenuto che il contraente generale, per le funzioni attribuitegli nell'iter che conduce alla realizzazione di un'opera pubblica "venga sotto certi riguardi ad assumere la veste di soggetto funzionalmente inserito nell'apparato dell'ente pubblico appaltante, così da rendersi compartecipe dell'operato di quest'ultimo, assumendo la veste di agente dell'amministrazione, con la conseguente instaurazione di un rapporto di servizio idoneo a radicare l'esercizio della giurisdizione contabile di responsabilità della Corte dei conti in controversie aventi ad oggetto il risarcimento del danno erariale derivante dalla violazione di obblighi previsti dalla legge o dal contratto" (S.U., n. 16240 del 16 luglio 2014).

9.6. Alla stregua di tali coordinate non vi è ragione derivante dal tenore letterale e dalla interpretazione sistematica delle norme di riferimento, per non ricomprendere il general contractor tra gli enti aggiudicatori ai quali, a mente dell'art. 176, comma 6, del Codice degli Appalti, si applicano le disposizioni di cui alla parte I e parte II che costituiscono attuazione della direttiva 2004/18 ovvero di cui alla parte III, previsione che trova un preesistente referente normativo in quella recata dal d.lgs. 190/2002, in attuazione della l. 21 dicembre 2001, n. 443. Infatti, già l'art. 9, comma 6, del citato decreto prevedeva che al contraente generale che sia esso stesso soggetto aggiudicatore in forza di normative comunitarie si applicano le disposizioni di cui alla direttiva 97/37 CEE ovvero al d.lgs. 17 marzo 1995, n. 158. Tale sistema non era derogato dall'art. 12 della l. n. 133/2008, al quale rinviano le richiamate disposizioni dell'atto integrativo COCIV del 28 ottobre 2011. Ed invero, il vizio genetico di origine nella scelta del contraente generale di TAV, che aveva condotto alla procedura di infrazione contro l'Italia, sanato con la richiamata convenzione e con l'adozione del d.l. 112/2008, derivava proprio dalla struttura del sistema delineato con la creazione delle figure del general contractor (risalente all'anno 1992), figure che non rispondevano agli obblighi imposti dalla normativa europea in tema di libertà di stabilimento, concorrenza e parità di trattamento quali si erano venuti a delineare con la successiva legislazione, anche comunitaria, obblighi ai quali, a prescindere dall'accordo convenzionale, avrebbero dovuto adattarsi le successive attività di subaffidamento della realizzazione delle opere dell'alta velocità, regolate dalle norme vigenti al momento dell'esecuzione del contratto. Attraverso il decreto-legge del 2008 e le convenzioni tra Reti Ferroviarie Italiane s.p.a. e il general contractor COCIV del 10 ottobre e 11 novembre 2011, i rapporti furono convenzionalmente conformati al sistema normativo successivo prevedendo, per il 60% dei lavori, non solo una gara ad evidenza pubblica, ma una gara ad evidenza europea, previsioni - contrattuale e normativa - che, comunque, non esoneravano i general contractor dall'adeguamento alle norme recepite dall'ordinamento italiano, dapprima con il d.lgs. n. 190/2002 e poi con il d.lgs. 163/2006, cioè il rispetto dei principi di parte prima e seconda del codice degli appalti, di natura generale e riguardanti gli obblighi procedurali del rispetto dei principi di parità del trattamento, di trasparenza e concorrenzialità, che costituiscono attuazione della direttiva 2004/18 ovvero di cui alla parte terza, secondo le previsioni recate, negli stessi termini, ora dall'art. 194, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, con riferimento alla direttiva 2014/24.

10. Non contrasta con tale ricostruzione la decisione delle Sezioni unite civili di questa Corte che, con riguardo ad una questione di giurisdizione del giudice amministrativo sulla relativa controversia ex art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a., hanno affermato che sussiste un obbligo per il contraente generale, derivante dall'art. 12 del citato d.l. n. 112 del 2008, di procedere all'affidamento a terzi di parte dei lavori di cui ai rapporti convenzionali stipulati da TAV s.p.a. con i Contraenti Generali in data 15 ottobre 1991 e in data 16 marzo 1992, mediante procedura concorsuale conforme alle previsioni delle direttive comunitarie. La Corte di legittimità ha, altresì, rilevato che si è, dunque, "in presenza di un obbligo derivante dalla legge di procedere con le procedure di evidenza pubblica, obbligo del quale la individuazione mediante atto integrativo, lungi dall'integrare un "autovincolo", inidoneo a modificare le regole attributive della giurisdizione, costituisce attuazione specifica, tanto più che la scelta del legislatore del 2008, di stabilire che una quota dei lavori oggetto dei citati rapporti convenzionali dovesse essere affidata attraverso le procedure di evidenza pubblica, era scaturita da impegni assunti in ambito comunitario, al fine di far cessare un procedimento di infrazione avviato nei confronti dell'Italia proprio per le modalità con le quali si era proceduto alla stipula delle convenzioni con i contraenti generali e al successivo affidamento dei lavori (S.U., ordinanza n. 25847 del 15 dicembre 2016, Rv. 641855).

11. E, dunque, nel momento in cui i contraenti generali effettuano la scelta di soggetti terzi contraenti, a cui dovranno essere subaffidate le opere o le forniture che consentiranno di conseguire il risultato che essi si sono obbligati a fornire all'amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente dalla propria veste di soggetto privato ed anche al di fuori della quota del 60% dei lavori per cui, in virtù degli atti integrativi del 2011, sono obbligati ad effettuare gare ad evidenza comunitaria, essi, quali enti aggiudicatori, sono, comunque, vincolati alle regole poste dal Codice degli appalti a tutela della libera concorrenza e della par condicio; e, qualora, per la scelta dei subaffidatari, si determinino a seguire una procedura concorrenziale, violandone le regole, ne rispondono non in qualità di soggetto privato bensì di incaricato di pubblico servizio, per effetto del già citato art. 176, comma 6, d.lgs. 163/2006 (oggi art. 194, d.lgs. 50/2016), trattandosi di affidamenti effettuati per conto della pubblica amministrazione, volti alla realizzazione di un'opera pubblica, finanziata da pubblico denaro.

Da qui la infondatezza dei motivi di ricorso sub 2. e 3. del ritenuto in fatto.

12. Alla stregua delle svolte argomentazioni sono infondati anche i motivi di ricorso sub 2.4. e sub 4., che ne costituiscono esplicazione con riguardo al limite di pena edittale previsto dal reato di corruzione fra privati ai fini dell'applicazione di misura cautelare, tenuto conto della natura di pubblica amministrazione dell'ente appaltante, natura che deve ritenersi configurabile in capo alla COCIV in relazione alla gara indetta per la fornitura di centine metalliche descritta nella provvisoria contestazione essendo incontestate, peraltro, le condotte materiali che, in violazione della par condicio dei partecipanti, vedevano i dirigenti COCIV, Michele L., Pietro Paolo M. e Maurizio D., rispettivamente presidente, direttore generale e responsabile degli affidamenti ed approvvigionamenti del Consorzio COCIV, fornire al G. informazioni sulle offerte presentate dagli altri concorrenti, in cambio di somme di denaro ed altre utilità, e orientare la scelta del contraente verso l'interesse di questi, in violazione dei doveri di lealtà e imparzialità che su di loro gravavano in ragione della pubblica funzione rivestita.

Secondo la prospettazione del ricorrente, il mero nomen iuris attribuito alla procedura di selezione del fornitore non rende ravvisabile nella procedura una gara poiché solo le caratteristiche oggettive dell'appalto e soggettive della stazione appaltante - e dunque la esistenza di un vincolo eteronomo - possono integrare l'applicazione del delitto di cui all'art. 353 c.p.p. laddove, per la procedura in esame, è ravvisabile una mera trattativa privata instaurata con il G.

13. La lettura proposta dal ricorrente, ferme le coordinate innanzi tracciate sulla natura del COCIV, non trova riscontro, nella giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, il reato di turbata libertà degli incanti è configurabile in ogni situazione nella quale la pubblica amministrazione proceda all'individuazione del contraente mediante una gara, quale che sia il nomen juris conferito alla procedura ed anche in assenza di formalità (Sez. 6, n. 44829 del 22 settembre 2004, Di Vincenzo, Rv. 230522). Se è vero, infatti, che non può dirsi integrata una gara per il solo fatto della pluralità dei soggetti interpellati, quando ciascuno di costoro presenti indipendentemente la propria offerta e l'amministrazione conservi piena libertà di scegliere secondo criteri di convenienza e opportunità propri della contrattazione tra privati, è anche indiscutibile, a tenore della giurisprudenza di questa Corte, che sia configurabile una gara quando si sia in presenza di una reale e libera competizione fra più soggetti e l'ente appaltante abbia indicato i criteri di aggiudicazione prestabiliti, portati a conoscenza di tutte le imprese invitate e di formalità per la presentazione delle offerte, ovvero, nel caso in esame, i criteri in base ai quali i potenziali partecipanti potevano formulare la propria offerta di partecipazione valutando le regole che presiedevano al confronto. È, dunque, la previsione di un meccanismo selettivo delle offerte nel quale i soggetti che vi partecipano, consapevoli delle offerte di terzi, propongono le proprie condizioni quale contropartita di ciò che serve alla pubblica amministrazione, a qualificare come gara la procedura di individuazione del contraente attivata da una pubblica amministrazione e, di conseguenza, le condotte collusive che turbano la competizione e la concorrenza tra i partecipanti, come delitto di cui all'art. 353 c.p.p.

15. Manifestamente infondato è il motivo di ricorso sub 5.

Il Tribunale ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere, valorizzando la gravità dei fatti e la personalità dell'indagato che ha agito quale amministratore di fatto dell'impresa di famiglia, con la conseguente irrilevanza dei mutamenti di governance intervenuti sia nella propria azienda che in ambito COCIV e di rilevanza mediatica della vicenda, circostanze che non interferiscono, escludendolo, sul negativo giudizio di personalità che può trarsi dalle modalità di condotta dell'indagato, non contestate in fatto.

16. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Depositata il 1° marzo 2018.