Corte di cassazione
Sezione III penale
Sentenza 26 ottobre 2017, n. 5784
Presidente: Savani - Estensore: Liberati
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 23 febbraio 2017 il Tribunale di Isernia, in accoglimento della istanza presentata da Antonella T., ha sospeso il procedimento penale nei suoi confronti, in relazione al reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. 74/2000 (per avere, quale amministratore della s.p.a. Groupe, omesso di versare l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale per l'anno 2009, pari a euro 278.497,00), con messa alla prova per nove mesi, onde consentire l'esecuzione del programma di trattamento predisposto dall'Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Campobasso, prevedendo la restituzione da parte della imputata del debito tributario di euro 278.497,00 oltre interessi entro il termine massimo di sospensione del procedimento, pari a due anni.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l'imputata, affidato a due motivi.
2.1. Con un primo motivo ha denunciato violazione e falsa applicazione dell'art. 464-quater, comma 4, c.p.p., per la modifica del programma di trattamento (attraverso la previsione della restituzione pagamento della somma di euro 278.497,00), in assenza del consenso della imputata e nonostante la società di cui l'imputata era stata amministratrice fosse ancora in termini per chiedere, ai sensi del d.l. n. 193 del 2016, la c.d. rottamazione della cartella di riscossione emessa nei suoi confronti.
2.2. Con un secondo motivo ha prospettato l'errata applicazione dell'art. 168-bis c.p. da parte del Tribunale, evidenziando l'improprietà della subordinazione della messa alla prova all'integrale risarcimento del danno, richiamando l'orientamento interpretativo di legittimità secondo cui l'indicazione contenuta nell'art. 168-bis, comma 2, c.p., ha carattere prescrittivo ma non assoluto, con la conseguenza che la mancanza dell'integrale risarcimento del danno non sarebbe ostativo all'accesso a tale istituto.
3. Il Procuratore Generale ha concluso nella sua requisitoria scritta per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata, sottolineando l'assenza di consenso alla modifica del programma di trattamento, mediante l'imposizione dell'obbligo di provvedere all'integrale pagamento della somma di euro 278.497,00 a favore della Agenzia delle Entrate durante lo svolgimento della prova, entro il termine di durata della stessa e senza alcuna rateizzazione (benché la T. potesse ancora beneficiare della possibilità di riduzione del debito verso la s.p.a. Equitalia e del pagamento rateale dello stesso), nonostante il potere del giudice di integrare o modificare il programma di trattamento sia, ai sensi dell'art. 464-quater c.p.p., subordinato al consenso dell'imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Questa Corte ha già affermato che è illegittima la modifica del programma di trattamento, elaborato ai sensi dell'art. 464-bis, comma 2, c.p.p., che venga disposta dal giudice senza la consultazione delle parti e in assenza del consenso dell'imputato (cfr. Sez. 5, n. 7429 del 27 settembre 2013, G., Rv. 259993, in tema di sospensione del processo a carico di imputato minorenne, ma si tratta di principio estensibile alla messa alla prova per adulti di cui all'art. 168-bis c.p., stante l'analogia delle forme previste per la modifica al programma di intervento; nonché Sez. 5, n. 4610 del 3 febbraio 2016, Abazi, non massimata), in quanto l'art. 464-quater, comma 4, c.p.p., prevede la possibilità per il giudice di integrare o modificare il programma di trattamento ma con il consenso dell'imputato; tale consenso deve ritenersi vincolante, sia alla luce dell'inequivoco tenore della disposizione, sia in considerazione della struttura dell'istituto, che è rimesso alla iniziativa dell'imputato e nell'ambito del quale il programma di trattamento deve essere elaborato d'intesa con l'ufficio esecuzione penale esterna, cosicché deve ritenersi che in caso di mancanza di consenso alle modifiche o integrazioni il programma, come elaborato d'intesa tra l'imputato richiedente e l'ufficio esecuzione penale esterna, non possa essere modificato, sicché il giudice dovrà decidere su di esso nella sua originaria formulazione.
Nel caso in esame tale consenso alla modifica apportata dal giudice (che ha prescritto di procedere all'integrale pagamento della somma di euro 278.497,00 a favore della Agenzia delle Entrate entro il periodo di svolgimento della prova) è mancato, con la conseguente sussistenza della violazione di legge denunciata dalla ricorrente, essendo stata disposta la sospensione del procedimento con messa alla prova della imputata sulla base di un programma di trattamento di contenuto differente rispetto a quello elaborato d'intesa con l'ufficio esecuzione penale esterna (che non contemplava la suddetta prescrizione di pagamento), alla cui modifica l'imputata non ha consentito.
Ne consegue l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.
3. L'annullamento dell'ordinanza in accoglimento del primo motivo di ricorso è assorbente rispetto al secondo motivo di doglianza.
Va comunque osservato che l'indicazione contenuta nell'art. 168-bis, comma 2, c.p., ha natura prescrittiva ma non assoluta, come chiaramente evidenziato dalla locuzione "ove possibile", sicché risulta ingiustificato ritenere che la sospensione del procedimento con messa alla prova sia necessariamente subordinata all'integrale risarcimento del danno: deve, infatti, in concreto verificarsi se il risarcimento del danno sia o meno possibile, se la eventuale impossibilità derivi da fattori oggettivi estranei alla sfera di dominio dell'imputato, o se essa discenda dall'imputato, e se, in tale ultimo caso, sia relativa o assoluta e riconducibile o meno a condotte volontarie dell'imputato medesimo, potendo l'impossibilità ritenersi ingiustificata, e quindi potenzialmente ostativa alla ammissione alla messa alla prova, solo in tale ultima ipotesi.
Nel caso in esame, inoltre, la ricorrente al momento della proposizione della richiesta di messa alla prova era ancora in termini per giovarsi della cosiddetta "rottamazione" del debito tributario, che le avrebbe consentito di restituire ratealmente il solo capitale dovuto al netto degli interessi, sicché la prescrizione della integrale restituzione di quanto dovuto alla Agenzia alle Entrate, oltre che priva del necessario consenso della imputata, in quanto difforme rispetto al programma di trattamento elaborato d'intesa con l'ufficio esecuzione penale esterna, risulta anche inesatta, alla luce della facoltà della imputata di ridurre il debito tributario e, con esso, anche quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno da reato.
4. L'ordinanza impugnata deve, in conclusione, essere annullata, con rinvio al Tribunale di Isernia per nuovo esame della richiesta della imputata, da compiere tenendo conto dei rilievi che precedono riguardo alla necessità del consenso della imputata per modificare o integrare il programma di trattamento già elaborato, e della verifica della effettiva entità del danno da reato e della possibilità del suo risarcimento.
P.Q.M.
Previa correzione sul ruolo e su tutti gli atti e le registrazioni presso questa Corte del cognome della ricorrente da T. in T., annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Isernia.
Depositata il 7 febbraio 2018.