Corte di cassazione
Sezione VI civile
Ordinanza 7 novembre 2017, n. 26405
Presidente: Scaldaferri - Relatore: Ferro
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. Fallimento FSG Forniture Servizi Generali di Riccardo C. s.a.s. e del socio illimitatamente responsabile Riccardo C. (Fallimento) impugna la sentenza App. Cagliari 31 marzo 2017, n. 12 in R.G. 201/2016, con cui è stato accolto il reclamo, interposto da FSG Forniture Servizi Generali di Riccardo C. s.a.s. e dal socio illimitatamente responsabile Riccardo C. ex art. 18 l.f. avverso la sentenza dichiarativa del rispettivo fallimento, resa da Trib. Cagliari con sentenza 12 dicembre 2016 su iniziativa del P.M. presso lo stesso tribunale;
2. per la corte l'avvenuta acquisizione dei debiti fiscali (pari a circa 330 mila euro) a carico della società in virtù di autonome indagini, come tali non collegate alle notizie sui debiti tratte dal procedimento penale aperto a carico del predetto socio per modeste (circa 600 euro) omissioni contributive (con imputazione di falso ideologico in atto pubblico ex art. 483 c.p.), non giustificavano l'iniziativa della richiesta di fallimento da parte del P.M., trattandosi di iniziativa nuova, né il dato era proprio di investigazioni connesse;
3. la revoca allora si imponeva posto che, oltre la debitoria fiscale, nessuna altra circostanza di quelle di cui all'art. 7 l.f. era emersa;
4. il ricorso è su due profili dedotti nell'unico motivo, ai quali resistono con controricorso società e socio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Considerato che:
1. con il motivo viene dedotta la violazione dell'art. 7 l.f., avendo erroneamente la corte ritenuto da un canto illegittima l'iniziativa fallimentare del P.M. nonostante l'esercizio da parte di quell'organo dell'azione penale e di indagini istituzionali, non tacciabili di alcuna arbitrarietà anche solo ai predetti fini e, d'altro canto, viziata la predetta legittimazione in quanto al momento dell'impulso alle indagini sull'amministratore di FSG, per quanto già imputato, la società non era palesemente insolvente, in quanto esposta per debiti modesti, così entrando in un sindacato inammissibile circa l'esercizio dei poteri di quell'autorità;
2. va disattesa l'eccezione del difetto di legittimazione del curatore, opponendosi ad essa il principio per cui «è ammissibile il ricorso per cassazione proposto dal curatore fallimentare avverso la sentenza di revoca della dichiarazione di fallimento, non essendo configurabile una carenza di legittimazione del curatore, nonostante l'intervenuta chiusura del fallimento e la cessazione del ricorrente dalla carica, atteso che il fallimento viene meno, con decadenza dei suoi organi, solo con il passaggio in giudicato della sentenza di revoca» (Cass. 4632/2009), circostanza pacificamente esclusa; mentre a sua volta la cura degli interessi della massa compete solo al curatore, non essendovi alcuna deminutio di legittimazione ove la sola iniziativa per il fallimento sia stata promossa dal P.M. e non anche da un singolo creditore;
3. il motivo è fondato; come statuito da Cass. 8903/2017 (e collegata a 10679/2014, con principio cui va data continuità, in difetto di nuove argomentazioni già non respinte in altri precedenti), va ripetuto che «la volontà legislativa che emerge dalla lettura delle ipotesi alternative previste dall'art. 7, primo comma, n. 1, legge fall., una volta venuta meno la possibilità di dichiarare il fallimento d'ufficio, è chiaramente nel senso di ampliare la legittimazione del P.M. alla presentazione della richiesta per dichiarazione di fallimento a tutti i casi nei quali l'organo abbia istituzionalmente appreso la notitia decoctionis; e tale soluzione interpretativa trova conforto sia nella previsione dell'art. 7, primo comma, n. 2, legge fall., che si riferisce al procedimento civile senza limitazioni di sorta, sia nella Relazione allo schema di d.lgs. di riforma delle procedure concorsuali, che fa riferimento a qualsiasi notitia decoctionis emersa nel corso di un procedimento penale»;
4. si tratta invero di indirizzo, inaugurato da Cass. 9260/2011, poi ripreso e completato da ulteriori arresti: così Cass. 17903/2015 ha valorizzato l'atto di responsabilità con cui il P.M. può anche limitarsi a far proprie le segnalazioni del giudice civile remittente, competendo poi al giudice che dichiara l'insolvenza l'autonoma responsabilità di dar conto dei rispettivi presupposti e così nettamente distinguendo l'iniziativa per un verso e la decisione del tribunale, per l'altro; Cass. 8977/2016 ha ricostruito la notitia decoctionis, quale compatibile con una fonte che sia anche solo l'indagine svolta nei confronti di soggetti diversi o collegati all'imprenditore, con atti di approfondimento, sul piano investigativo, successivi alla formulazione delle richieste in sede penale, essendo sufficiente che «quegli approfondimenti non costituiscano una nuova e arbitraria iniziativa d'indagine, ma si caratterizzino come uno sviluppo di essa, collegato strettamente alle sue risultanze, per quanto non complete, già acquisite nel corso dell'indagine penale»; per Cass. 2228/2017 l'unico profilo che conta, in relazione alla legittimazione, è che la notitia decoctionis sia stata appresa nel corso di indagini comunque legittimamente svolte, finanche nei confronti di soggetti diversi o collegati all'imprenditore medesimo, e a prescindere dai tempi di approfondimento investigativo direttamente incidenti sulla società insolvente;
5. si tratta dunque di un catalogo che esprime un'univoca direzione ermeneutica in ordine alla nozione di procedimento penale, non coincidente con il processo penale in senso stretto, cioè il mero segmento processuale in cui sia stata già esercitata l'azione penale; «al di là invero della malferma sistemazione che ne riceverebbe, seguendo la ipotesi più restrittiva, la necessità di abbinamento alle persone destinatarie dell'azione penale in caso di insolvenza di società (potendo quell'iniziativa dirigersi anche solo verso un cessato amministratore ovvero un sindaco), la lettura offerta dell'art. 7, n. 1, l.f. - che si riferisce ad "un procedimento penale" senza altre qualificazioni o riferimenti, nemmeno al debitore la cui insolvenza sia predicata - impone soltanto e già al P.M., che rilevi l'insolvenza nel corso della sua competenza penale, di agire chiedendo il fallimento. Né gli impone alcuna enunciazione delle ragioni di interesse pubblico per il quale agisce. Il trasferimento a questa sola parte pubblica della eredità istituzionale prima della riforma del 2006 diversamente distribuita anche nell'iniziativa d'ufficio, ha trovato una sua collocazione ordinamentale proprio con l'ampia ricognizione dell'insolvenza, quale individuabile anche in altre ipotesi dell'attività del P.M.: la disgiuntività che separa i casi di cui alla seconda parte del n. 1 dell'art. 7 l.f. consente così di ravvisare nella fuga, irreperibilità, latitanza dell'imprenditore, chiusura dei locali, trafugamento, sostituzione o diminuzione fraudolenta dell'attivo altrettante ipotesi che possono anche essere esterne ad un procedimento penale nel senso sopra tratteggiato, essendo sufficiente che, come fonti di informazione, da esse "l'insolvenza risulti" in una o più nell'ambito delle complesse attività svolte dal P.M. nel suo ufficio. Vale a dire che quei "fatti" ovvero condotte, ancorché non inquadrati in un procedimento penale, vengano conosciute dal P.M. nell'ambito delle proprie attività istituzionali, siano esse di direzione dell'investigazione, rappresentanza nei processi o destinatarietà di informazioni. Che tale lettura poi appaia la più coerente con il citato conferimento al P.M. del ruolo di controllore pubblico dell'insolvenza è confermato dalla ampiezza della nozione di procedimento civile che, all'altezza del n. 2 dell'art. 7 l.f., costituisce l'ulteriore bacino di acquisizione della notitia decoctionis (Cass. 18277/2015, 26043/2013 e Cass., Sez. un., 9409/2013)» (Cass. 8903/2017);
6. ne deriva che la "risultanza dell'insolvenza" va riferita ad una delle legittime prerogative dell'iniziativa del P.M., quando gli consti ed è collegata alla doverosa presentazione da parte sua della richiesta, senza che ciò implichi che la consistenza di quella condizione oggettiva non possa essere verificata o approfondita, una volta appresa nei suoi elementi, pena uno stravagante esaurirsi dei poteri di quell'Ufficio nella mera trasmissione al giudice civile di quanto meramente rilevato; l'istituto, all'opposto e per come premesso secondo i citati precedenti, non permette al tribunale di sindacare la legittimità dell'indagine penale o della più ampia attività investigativa che da essa tragga comunque fonte (circostanza nella specie materialmente peraltro sussistente, avendo l'approfondimento preso le mosse dalle falsità contestate all'imputato per debiti della società), essendo del tutto inconfigurabile una verifica a posteriori di un inesistente doppio requisito storico dell'insolvenza stessa, cioè - oltre che al momento della decisione - altresì quando prima il P.M. coordini un'attività di ricerca di quell'elemento ed operi nell'esercizio delle sue funzioni; e già sotto questo profilo la sentenza impugnata contiene un primo vizio;
7. per altro verso, ciò che la predetta norma semmai perimetra, avendo riguardo all'indagine penale e ad ogni altra attività istituzionale nel corso della quale il P.M. assuma la notitia decoctionis di un imprenditore commerciale fallibile, è un ambito di attività che non si risolva in una mera ricerca d'iniziativa ed ex novo della insolvenza stessa, posto che la insolvenza non è un illecito ovvero una condotta di per sé punibile;
8. ne consegue l'accoglimento del ricorso e la cassazione con rinvio alla Corte d'appello anche per la liquidazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d'appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese.