Corte di cassazione
Sezione I civile
Ordinanza 2 novembre 2017, n. 26072
Presidente: Tirelli - Relatore: Valitutti
Rilevato che:
la Corte d'appello di Napoli, con sentenza n. 1844/2012, depositata il 23 maggio 2012, ha confermato la decisione n. 5820/2005, con la quale il Tribunale di Napoli aveva rigettato la domanda proposta dalla Impresa Costruzioni Cav. Lav. Rozzi Costantino & C. s.p.a. in concordato preventivo, per difetto di legittimazione attiva della medesima ad agire in qualità di mandataria dell'ATI costituita con le società SI.CO.GE s.p.a. e Rozzi Elio & C. s.p.a., per non avere l'impresa esteriorizzato, nell'atto introduttivo del giudizio, la propria qualità di rappresentante del gruppo appaltatore, nella vicenda contrattuale concernente la costruzione di diversi immobili di edilizia residenziale pubblica in località Ponticelli del Comune di Napoli;
per la cassazione della pronuncia di appello ha proposto ricorso l'Impresa Costruzioni Cav. Lav. Rozzi Costantino & C. s.p.a. in concordato preventivo nei confronti della SPC - Società di Partecipazioni Cooperative per azioni s.p.a., della Consulcoop s.c.r.l., nella loro qualità di concessionarie-appaltanti dell'opera pubblica, e del Comune di Napoli, nella qualità di concedente, affidato a tre motivi illustrati con memoria;
i resistenti Planta Global Italia s.p.a., titolare del ramo di azienda già di Consulcoop s.c.r.l. e Comune di Napoli hanno replicato con controricorso;
l'intimata SPC s.p.a. non ha svolto attività difensiva;
il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato che:
con i tre motivi di ricorso, che per la loro evidente connessione vanno esaminati congiuntamente, l'Impresa Rozzi s.p.a. - denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 22 della l. 8 agosto 1977, n. 584, 23, comma 9, del d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, 116, 163, 183 e 345 c.p.c., nonché l'insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c. - censura l'impugnata sentenza per avere confermato la carenza di legittimazione attiva dell'Impresa Rozzi, già affermata in prime cure, ad agire in giudizio in qualità di mandataria dell'ATI costituita con le società SI.CO.GE s.p.a. e Rozzi Elio & C. s.p.a.;
assume, invero, la ricorrente che la volontà della medesima di stare in giudizio anche in nome e per conto delle imprese mandanti si sarebbe dovuta desumere dal contenuto dell'atto introduttivo del giudizio, ed in special modo dall'esposizione dei fatti di causa, nonché dalla documentazione allegata, ossia dall'atto costitutivo dell'ATI del 28 agosto 1986, rep. n. 11666, e dall'atto di modifica delle quote di partecipazione delle partecipanti all'associazione, stipulato in data 18 gennaio 1987, rep. n. 15511, e comunque dalla precisazione della domanda operata nella memoria ex art. 183 c.p.c.;
del tutto erronea sarebbe, poi, ad avviso della istante, la statuizione con la quale la Corte d'appello ha ritenuto di escludere la legittimazione dell'Impresa Rozzi ad agire in proprio, dichiarando, altresì, infondatamente tardiva tale domanda proposta formalmente in appello, per violazione del disposto dell'art. 345 c.p.c.
Ritenuto che:
in tema di associazione temporanea di imprese, il potere di rappresentanza, anche processuale, di cui all'art. 23, comma 9, del d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406 (ratione temporis vigente), spetti all'impresa mandataria o «capogruppo» esclusivamente nei confronti della stazione appaltante, per le operazioni e gli atti dipendenti dall'appalto, e non anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, atteso che la presenza di tale mandato collettivo non determina un centro autonomo di imputazione giuridica, essendo esso finalizzato ad agevolare l'amministrazione appaltante nella tenuta dei rapporti con le imprese appaltatrici (Cass. 29 dicembre 2011, n. 29737);
peraltro, non essendo automatica la rappresentanza processuale, l'impresa capogruppo, per poter proporre un giudizio in primo grado ed in appello, nei confronti della stazione appaltante, anche a nome delle imprese rappresentate, sia tenuta a spenderne il nome, essendo priva di legittimazione processuale qualora lo abbia proposto in proprio, atteso che l'esercizio del mandato con rappresentanza, da parte della capogruppo, nei confronti dell'appaltante è obbligatorio, nel senso che le imprese mandanti non potrebbero direttamente agire nei confronti dell'amministrazione appaltante, o direttamente resistere in giudizio ad essa, ma non è automatico, ossia non è in re ipsa nella costituzione in giudizio, la quale deve pur sempre contenere, secondo le regole generali, la spendita del nome delle imprese rappresentate (Cass. 20 maggio 2010, n. 12422);
in tema di mandato con rappresentanza, la contemplatio domini - che assolve alla duplice funzione di esteriorizzare il rapporto di gestione rappresentativa esistente tra il rappresentante ed il rappresentato, e di rendere conseguentemente possibile l'imputazione al secondo degli effetti del contratto concluso in suo nome dal primo - deve risultare da una dichiarazione espressa ed univoca, anche se non esige l'impiego di formule solenni o l'osservanza di un preciso rituale, e può essere manifestata anche attraverso un comportamento del rappresentante che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell'altro contraente che egli agisce - anche in giudizio - per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto concluso e della conseguente azione sono destinati a prodursi direttamente (Cass. 17 settembre 2005, n. 18441; Cass. 24 ottobre 2007, n. 22333).
Rilevato che:
nel caso concreto, la Corte d'appello si è arrestata al rilievo che, né nell'intestazione dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, né nelle conclusioni in esso contenute l'Impresa Rozzi si era qualificata come mandataria delle altre imprese dell'ATI, il cui nome non avrebbe, pertanto, in alcun modo speso nella editio actionis, reputando non sufficiente - a tal fine - che l'ATI e le sue componenti fossero state menzionate nella narrazione dei fatti;
peraltro, la Corte territoriale ha del tutto omesso di considerare il tenore complessivo dell'atto introduttivo del giudizio, nel quale si dava atto che l'impresa Rozzi operava nella vicenda per cui è causa come capogruppo dell'ATI affidataria dei lavori in questione, e la documentazione allegata, dalla quale era possibile desumere tale nomina a capogruppo in capo all'odierna ricorrente, a seguito della modifica delle quote di partecipazione all'ATI operata con l'atto pubblico del 18 gennaio 1987, rep. n. 15511;
di più, a siffatti elementi - certamente esprimenti un contegno processuale significativo della volontà dell'impresa Rozzi di agire in giudizio quale mandataria, si aggiunge la precisazione operata dalla medesima nella memoria ex art. 183 c.p.c., nella quale l'impresa dichiarava «di agire nel presente giudizio in proprio ed in qualità di mandataria dell'ATI costituita per l'esecuzione dei lavori di costruzione dei fabbricati siti nel sub comprensorio 6 del Piano di zona di Ponticelli», ritenuta erroneamente dalla Corte di merito una domanda nuova, laddove, trattandosi di una precisazione della domanda connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, non poteva ritenersi preclusa in quella sede (Cass., Sez. un., 15 giugno 2015, n. 12310).
Considerato che:
per quanto concerne la legittimazione ad agire in proprio, la Corte territoriale si è limitata ad osservare che l'odierna ricorrente aveva richiesto la liquidazione dell'intera somma spettante all'ATI, e non della quota di sua spettanza, in relazione alle riserve formulate per il preteso anomalo svolgimento dell'appalto, neppure indicando quale fosse la sua quota di partecipazione nell'ambito del sodalizio appaltante;
di conseguenza, ad avviso del giudice di seconde cure, neppure la legittimazione dell'Impresa Rozzi ad agire in proprio potrebbe essere riconosciuta, neanche nel giudizio di appello, trattandosi di domanda nuova vietata ai sensi dell'art. 345 c.p.c.
Ritenuto che:
per contro, l'impresa mandataria di un'associazione temporanea di imprese, pur essendo l'unica interlocutrice dell'amministrazione appaltante in rappresentanza delle imprese associate, sia legittimata ad agire anche in proprio per la tutela delle ragioni di credito relative alla quota dei lavori da essa eseguiti, non avendo la questione della determinazione della quota spettante alla mandataria nulla a che vedere con la questione, posta a fondamento della sentenza impugnata, della legittimazione ad agire, che costituisce una condizione dell'azione, laddove la determinazione di tale quota implica un mero accertamento di fatto che va compiuto dai giudici di merito, e come tale non è preclusivo, sul piano del diritto, della sussistenza della legittimazione della mandataria ad agire in proprio in giudizio (Cass. 26 febbraio 2016, n. 3808);
neppure la domanda in questione debba ritenersi proposta per la prima volta in appello, in violazione dell'art. 345 c.p.c., avendo l'Impresa Rozzi - come si evince dalla stessa sentenza impugnata (p. 12) - precisato la domanda nella memoria ex art. 183 c.p.c., specificando di «agire in giudizio in proprio e quale mandataria dell'ATI costituita per l'esecuzione dei lavori di costruzione dei fabbricati siti nel sub comprensorio 6 del Piano di zona di Ponticelli»;
siffatta precisazione della domanda - per le ragioni in precedenza esposte - vale certamente a legittimare la medesima ad agire in giudizio, sia in nome delle mandanti sia per la quota di sua spettanza, che andrà determinata dal giudice di merito sulla base della documentazione versata in atti.
Ritenuto che:
per tutte le ragioni suesposte, i motivi di ricorso debbano essere accolti, con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza con rinvio alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.