Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 25 ottobre 2017, n. 4938

Presidente: Santoro - Estensore: Buricelli

FATTO E DIRITTO

1.1. Con gli appelli in epigrafe le società Nokia Italia, Hewlett-Packard Italiana, Telecom Italia, Samsung Electronics Italia, Dell, Fastweb, Sony Mobile Communications Italia e Wind Telecomunicazioni hanno impugnato le sentenze sopra specificate del TAR del Lazio di rigetto, con compensazione delle spese, dei ricorsi proposti per l'annullamento del decreto ministeriale (d.m.) del Mibact del 30 dicembre 2009 e del suo Allegato tecnico, sulla determinazione del compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi (c.d. "equo compenso per copia privata").

1.2. Va rammentato che nel ricorso n. 7383 del 2012 proposto dalla società Samsung Italia era stata avanzata anche domanda di risarcimento del danno derivante dall'equo compenso indebitamente pagato per gli apparecchi e i supporti destinati a un uso esclusivamente professionale (quali, ad esempio, apparecchi a uso medicale, dispositivi dotati di memorie indisponibili per l'utente quali decoder e consolle di videogiochi, dispositivi per uso satellitare, palmari per la verifica della validità dei biglietti sui mezzi di trasporto, dispositivi forniti alle P.A. ...).

1.3. Le sentenze di primo grado erano state impugnate nelle parti in cui, a detta delle parti appellanti:

- era stata esclusa la natura regolamentare del d.m.;

- era stata esclusa la violazione della riserva di legge di cui agli artt. 23, 41 e 76 Cost.;

- non era stata riconosciuta l'illegittimità del d.m. per avere esso assoggettato a compenso i dispositivi di telefonia mobile senza accertare il pregiudizio sofferto dai titolari dei diritti in conseguenza delle attività di copia privata realizzate attraverso i telefoni cellulari e senza riconoscere che detto pregiudizio è assente o minimo;

- non era stato dato rilievo, nel senso di escludere qualsivoglia compenso, alla circostanza che i telefoni cellulari siano destinati solo in via residuale e marginale alla registrazione di fonogrammi e di videogrammi;

- non era stata riconosciuta l'illegittimità del d.m. là dove il decreto stesso non avrebbe previsto specifiche esenzioni per i dispositivi acquistati da persone giuridiche o comunque destinati a un uso professionale, essendo stato attribuito alla Siae soltanto il potere discrezionale di stipulare protocolli di esenzione con i soggetti obbligati alla corresponsione del compenso, o con le loro associazioni di categoria. In particolare, a questo riguardo si era contestato come la disciplina nazionale preveda, in concreto, un'applicazione indiscriminata dell'equo compenso per copia privata, rimandando alla volontà e alla discrezionalità di Siae, ente portatore di un interesse diretto contrapposto a quello dei soggetti interessati al riconoscimento dell'esenzione dalla "copia privata", la possibile promozione, da un lato, di eventuali accordi privatistici con i soggetti obbligati, anche singolarmente, o con le loro associazioni, per stabilire possibili ipotesi di esenzione ex ante e, dall'altro, la fissazione discrezionale, mediante mere "istruzioni", delle condizioni per consentire il rimborso ex post della "copia privata";

- era stata esclusa l'illegittimità del d.m. perché non avrebbe considerato la rilevanza delle misure tecniche di protezione - DRM (Digital Rights Management);

- non era stato ritenuto illegittimo il d.m. là dove, con riferimento in particolare agli apparecchi polifunzionali, il compenso è stato determinato mediante commisurazione alla capacità di memoria della componente interna destinata alla registrazione (o in misura fissa), anziché con riferimento al prezzo di un apparecchio avente caratteristiche equivalenti a quelle della componente interna destinata alla registrazione;

- non era stata svolta una istruttoria adeguata, con riguardo in particolare alla omessa verifica della effettiva entità del danno provocato dalla copia privata agli autori di opere dell'ingegno. Inoltre è stato respinto il profilo di censura relativo al rischio di doppia imposizione sulla medesima attività di realizzazione di un'unica copia privata.

1.4. Con la sentenza parziale n. 823 del 2015 questa Sezione, previa riunione dei ricorsi, per ragioni di connessione oggettiva, ha respinto tutti i motivi di appello proposti salvo uno.

La sentenza ha, tra l'altro, anche dichiarato manifestamente infondate questioni di incostituzionalità sollevate nel corso delle cause e ha respinto richieste di rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di giustizia.

1.5. Soltanto con riferimento al dedotto, "illegittimo assoggettamento a prelievo per copia privata con riguardo ai prodotti destinati a un uso esclusivamente professionale" la Sezione, con la decisione n. 823/2015, ha accolto - ma solo in parte - la richiesta di rinvio pregiudiziale diretta a verificare la conformità del sistema italiano in materia di compenso per copia privata con la disciplina dettata dalla Direttiva 2001/29/CE del 22 maggio 2001, "sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione" e, in particolare, con il considerando 31 e con l'art. 5, § 2, lett. b).

1.6. Con la sentenza-ordinanza n. 823/2015, la Sezione ha rimesso alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali, ai sensi dell'art. 267 del TFUE (v. p. 4.6.22.):

"1) se l'ordinamento comunitario - e segnatamente il considerando 31 e l'articolo 5, paragrafo 2, lettera b) della direttiva 2001/29/CE - osti a una disciplina nazionale (in particolare: l'articolo 71-sexies della LDA italiana in combinato operare con l'art. 4 del d.m. 30 dicembre 2009) la quale preveda che, nel caso di supporti e dispositivi acquistati per scopi manifestamente estranei a quelli di copia privata - ossia per uso esclusivamente professionale -, la determinazione dei criteri di esenzione ex ante dal prelievo sia rimessa alla contrattazione - o "libera negoziazione" - privatistica, con particolare riguardo ai "protocolli applicativi" di cui al citato art. 4, in assenza di previsioni generali e di alcuna garanzia di parità di trattamento tra Siae e soggetti obbligati al versamento del compenso, o loro associazioni di categoria";

"2) se l'ordinamento comunitario - e segnatamente il considerando 31 e l'articolo 5, paragrafo 2, lettera b) della direttiva 2001/29/CE - osti a una disciplina nazionale (in particolare: l'articolo 71-sexies della LDA italiana in combinato operare con il d.m. 30 dicembre 2009 e con le istruzioni impartite dalla SIAE in tema di rimborsi) la quale preveda che, nel caso di supporti e dispositivi acquistati per scopi manifestamente estranei a quelli di copia privata - ossia per uso esclusivamente professionale - il rimborso possa essere richiesto dal solo utente finale anziché dal produttore dei supporti e dispositivi".

1.7. La Sezione aveva ritenuto le richieste di rinvio pregiudiziale avanzate dalle appellanti "pertinenti per la risoluzione delle controversie dinanzi a questo Consiglio" e fondate su ragioni "ben chiare", in quanto "nella prospettazione delle società, la "combinazione" data a) dall'attribuzione a Siae di ampi margini di discrezionalità nel promuovere e concludere protocolli di esenzione ex ante, e b) dalla determinazione delle ipotesi e delle modalità per ottenere il rimborso ex post per uso professionale (con una procedura come detto assai complessa, tale da svuotarne nella pratica l'effettività consentendo a Siae di incassare somme rilevanti per prelievi riferiti a dispositivi non destinati in alcun modo ad attività di copia privata e in un contesto in cui è solo l'utente finale a poter domandare il rimborso)" ... "si porrebbe in contrasto con il principio del "giusto equilibrio" e con l'art. 5, § 2, della direttiva" (v. sentenza parziale n. 823/2015, p. 4.6.20).

1.8. Alla luce delle circostanze suindicate, nella sentenza-ordinanza era stato osservato, al p. 4.6.21., che: "la direttiva sembra ostare anzitutto a una normativa nazionale la quale preveda che, nel caso di supporti e dispositivi acquistati per scopi manifestamente estranei a quelli di copia privata - ossia per uso esclusivamente professionale -, la determinazione dei criteri di esenzione ex ante dal prelievo sia rimessa alla contrattazione - o "libera negoziazione" - privatistica, con particolare riguardo ai "protocolli applicativi" di cui al citato art. 4, in assenza di previsioni generali e di alcuna garanzia di parità di trattamento, tra Siae e soggetti obbligati al versamento del compenso, o loro associazioni di categoria"; "la direttiva sembra ostare a un sistema normativo nazionale il quale preveda, sempre nel caso anzidetto, che il rimborso possa essere richiesto dal solo utente finale anziché dal produttore dei supporti e dispositivi" (v. sentenza-ordinanza n. 823/2015, p. 4.6.21).

1.9. Sulla base del rinvio pregiudiziale così motivato, con sentenza in data 22 settembre 2016, emessa nella causa C-110/15 (in seguito, anche solo "sentenza della CGUE", o sentenza Nokia Italia, o sentenza 22 settembre 2015 C-110/15), la Corte di Giustizia, dopo essersi espressa in modo favorevole sulla ricevibilità delle questioni sottopostele si è pronunciata sulle questioni deferitele dichiarando che: "Il diritto dell'Unione europea, in particolare l'articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, dev'essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, da un lato, subordini l'esenzione dal pagamento del prelievo per copia privata in capo ai produttori e agli importatori di apparecchi e di supporti destinati a un uso manifestamente estraneo alla copia privata alla conclusione di accordi tra un ente, titolare di un monopolio legale della rappresentanza degli interessi degli autori delle opere, e i debitori del compenso o le loro associazioni di categoria, e che, dall'altro lato, stabilisca che il rimborso di detto prelievo, ove questo sia stato indebitamente versato, può essere chiesto solo dall'utente finale di tali apparecchi e supporti".

1.10. La Corte di Giustizia ha dichiarato l'incompatibilità del vigente sistema nazionale di esenzione dal pagamento del prelievo per copia privata in capo ai produttori e agli importatori di apparecchi e di supporti destinati a un uso manifestamente estraneo alla riproduzione di copia per uso privato rispetto alla disciplina europea in quanto:

- è pacifico che la normativa italiana "non prevede disposizioni di applicazione generale che esonerino dal pagamento del prelievo per copia privata i produttori e gli importatori che dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati da soggetti diversi dalle persone fisiche per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato" (p. 40 della sentenza);

- l'Allegato Tecnico al d.m. del 30 dicembre 2009, all'art. 4 prevede solamente "che la SIAE «promuove» protocolli, «anche al fine di praticare esenzioni oggettive e soggettive come, a titolo esemplificativo, nei casi di uso professionale di apparecchi o supporti ovvero per taluni apparati per videogiochi", protocolli che devono essere adottati in accordo con i soggetti obbligati alla corresponsione del compenso per copia privata o con le loro associazioni di categoria" (v. p. 43 della sentenza).

La CGUE è giunta a tali conclusioni sulla base delle considerazioni che seguono.

La Direttiva 2001/29/CE, agli artt. 2 e 5, lett. b), riconosce agli Stati Membri la facoltà di introdurre un'eccezione al diritto esclusivo dei titolari di diritto d'autore con riferimento a quelle attività di riproduzione di materiale sonoro, visivo e audiovisivo svolte da persone fisiche per uso privato e a fini non commerciali.

Condizione per il riconoscimento di tale eccezione è che a fronte di tali attività di copia privata i titolari dei diritti ricevano un equo indennizzo (ossia, appunto, l'"equo compenso per copia privata").

Tuttavia - ha puntualizzato la CGUE - una corretta interpretazione della normativa europea implica che un equo compenso possa essere disposto solo ove la realizzazione di copie private arrechi ai titolari dei diritti d'autore un pregiudizio che non sia minimo.

Ciò posto:

- "come emerge dalla giurisprudenza della Corte, per essere conforme all'articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, l'equo compenso e dunque il sistema su cui questo si basa devono essere correlati al pregiudizio causato ai titolari dei diritti per effetto della realizzazione di copie private..." (p. 28);

- "pertanto, un sistema di finanziamento dell'equo compenso risulta compatibile con le esigenze del «giusto equilibrio» - previsto dal considerando 31 della direttiva 2001/29 - tra i diritti e gli interessi degli autori, beneficiari dell'equo compenso, da un lato, e quelli degli utenti dei materiali protetti, dall'altro, soltanto nel caso in cui gli apparecchi e i supporti di riproduzione di cui trattasi possano essere utilizzati ai fini della realizzazione di copie private e possano pertanto causare un pregiudizio all'autore dell'opera protetta. Alla luce di tali requisiti, sussiste quindi una correlazione necessaria tra l'applicazione del prelievo per copia privata a detti apparecchi e supporti di riproduzione digitale e l'uso dei medesimi a scopi di riproduzione privata..." (p. 29; v. anche p. 42);

- "poiché il soggetto che ha causato il pregiudizio al titolare del diritto esclusivo di riproduzione è quello che realizza, a fini di uso privato, la riproduzione di un'opera protetta senza chiedere la previa autorizzazione di detto titolare, incombe, in linea di principio, a tale soggetto risarcire il danno correlato alla riproduzione suddetta, finanziando il compenso che sarà corrisposto al titolare in questione..." (p. 30);

- tuttavia, la sentenza rammenta che "tenuto conto delle difficoltà pratiche per identificare gli utenti privati e per obbligarli a indennizzare i titolari del diritto esclusivo di riproduzione in ragione del pregiudizio arrecato a questi ultimi, è consentito agli Stati membri istituire, ai fini del finanziamento dell'equo compenso, un «prelievo per copia privata» a carico non dei soggetti privati interessati, bensì di coloro che dispongono di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione e che, a tale titolo, de iure o de facto, mettono tali apparecchiature a disposizione di soggetti privati. Nell'ambito di un siffatto sistema, il versamento del prelievo per copia privata incombe ai soggetti che dispongono di dette apparecchiature..." (p. 31);

- tale sistema "consente ai debitori di traslare l'onere del prelievo per copia privata ripercuotendone l'ammontare sul prezzo della messa a disposizione di tali apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione ovvero sul prezzo del servizio di riproduzione fornito", con la conseguenza che "l'onere del prelievo viene in definitiva sopportato dall'utente privato che paga tale prezzo, e ciò conformemente al «giusto equilibrio», previsto dal considerando 31 della direttiva 2001/29, da realizzare tra gli interessi dei titolari del diritto esclusivo di riproduzione e quelli degli utenti di materiali protetti" (p. 33). È questo il sistema vigente anche nell'Ordinamento italiano il quale, all'art. 71-septies della LDA dispone, al comma 1, che "detto compenso è costituito ... da una quota del prezzo pagato dall'acquirente finale al rivenditore" e al comma 3 che "il compenso è dovuto da chi fabbrica o importa nel territorio dello Stato allo scopo di trarne profitto gli apparecchi e i supporti indicati nel comma 1".

La Corte ha poi ribadito che:

- "un sistema diretto ad applicare un prelievo del genere risulta conforme all'articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 solo se la sua attuazione è giustificata da difficoltà pratiche (e, in particolare, dalla necessità di ovviare alla impossibilità di identificare gli utenti finali) e se i debitori dispongono di un diritto al rimborso di tale prelievo, qualora quest'ultimo non sia dovuto..." (punti 34 e 35);

- "in ogni caso, detto prelievo non deve applicarsi alla fornitura di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione effettuata a favore di soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato..." (p. 36);

- nell'esaminare le questioni specifiche, sollevate dal giudice del rinvio, alla luce delle considerazioni svolte sopra, e della giurisprudenza della Corte stessa, ampiamente richiamata (v., tra le altre, CGUE 21 ottobre 2010, Padawan, C-467/08; 11 luglio 2013, Amazon.com, C-521/11, e 5 marzo 2015, Copydan, C-463/12), la Corte di Giustizia, sull'esenzione per i casi di uso esclusivamente professionale di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione, ha rilevato l'incompatibilità del sistema italiano e, in particolare, del d.m., col diritto dell'Unione Europea osservando in particolare che:

- la normativa nazionale "non prevede disposizioni di applicazione generale che esonerino dal pagamento del prelievo per copia privata i produttori e gli importatori che dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati da soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato..." (p. 40; conf. conclusioni dell'Avvocato generale, punti 27, 28 e 34);

- "... detto prelievo non deve essere applicato alla fornitura di apparecchiature nelle circostanze sopra indicate" (p. 41);

- certamente "l'allegato tecnico prevede, all'articolo 4, che la SIAE «promuove» protocolli, «anche al fine di praticare esenzioni oggettive e soggettive, come, a titolo esemplificativo, nei casi di uso professionale di apparecchi o supporti ovvero per taluni apparati per videogiochi», protocolli che devono essere adottati in accordo con i soggetti obbligati alla corresponsione del compenso per copia privata o con le loro associazioni di categoria" (p. 43);

- "la Corte ha tuttavia ricordato che le eccezioni previste all'articolo 5 della direttiva 2001/29 devono essere applicate rispettando il principio della parità di trattamento, che costituisce un principio generale del diritto dell'Unione, sancito dall'articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ed il quale, secondo una giurisprudenza costante della Corte, impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato..." (p. 44);

- nella specie, la normativa nazionale non è tale da garantire, in ciascun caso, il soddisfacimento del principio della parità di trattamento, in maniera effettiva e nel rispetto, in particolare, del principio della certezza del diritto, tra i produttori e gli importatori assoggettati al prelievo per copia privata che possano trovarsi in situazioni paragonabili (punti 45 e 46; conf. p. 55, secondo cui il sistema nazionale di equo compenso "non prevede garanzie sufficienti per l'esenzione dal pagamento del prelievo in capo ai produttori e agli importatori che dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato..."). Infatti:

- "tale normativa - la quale, come si è rilevato al punto 40 della presente sentenza, non prevede disposizioni di applicazione generale che esonerino dal pagamento del prelievo per copia privata i produttori e gli importatori che dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati da soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato - si limita a imporre un obbligo di mezzi alla SIAE, dato che a quest'ultima incombe soltanto l'obbligo di «promuovere» la conclusione di protocolli di accordo con i soggetti tenuti alla corresponsione del prelievo per copia privata. Ne consegue che produttori e importatori che si trovano in situazioni paragonabili possono essere trattati in maniera differenziata, a seconda che abbiano o meno concluso un protocollo di accordo con la SIAE" (p. 47);

- "... detta normativa e, in particolare, l'articolo 4 dell'allegato tecnico, non prevede criteri oggettivi e trasparenti che debbano essere soddisfatti dai soggetti tenuti alla corresponsione dell'equo compenso o dalle loro associazioni di categoria, ai fini della conclusione di tali protocolli di accordo, dato che detta disposizione si limita a menzionare, a titolo esemplificativo, l'esenzione «nei casi di uso professionale di apparecchi o supporti ovvero per taluni apparati per videogiochi», tenendo presente peraltro che le esenzioni praticate possono, secondo i termini stessi di tale articolo, assumere un carattere oggettivo o soggettivo" (p. 48);

- "infine, poiché la conclusione di tali protocolli è lasciata alla libera negoziazione tra la SIAE, da un lato, e i soggetti obbligati alla corresponsione dell'equo compenso o le loro associazioni di categoria, dall'altro, occorre considerare che, anche supponendo che tali protocolli vengano conclusi con tutti i soggetti che potrebbero avere diritto a un'esenzione dal prelievo del compenso per copia privata, non sussistono garanzie che i produttori e gli importatori che si trovano in situazioni paragonabili siano trattati in maniera identica, essendo i termini di tali accordi il risultato di una negoziazione di diritto privato" (p. 49).

Sul "versante" del diritto al rimborso la Corte:

- dapprima, al p. 37, rammenta e ribadisce in via generale, richiamando i propri precedenti giurisprudenziali Amazon.com e Copydan, che il sistema di prelievo per copia privata deve prevedere un diritto al rimborso "effettivo e che non renda eccessivamente difficile la restituzione del prelievo corrisposto. A tale proposito, la portata, l'efficacia, la disponibilità, la pubblicità e la semplicità di esercizio del diritto al rimborso devono consentire di controbilanciare gli eventuali squilibri creati dal sistema del prelievo per copia privata al fine di rispondere alle difficoltà pratiche constatate...";

- quindi, la Corte osserva:

- al p. 51, che "la procedura di rimborso ... elaborata dalla SIAE e che è contenuta in «istruzioni» di quest'ultima disponibili sul suo sito Internet, prevede che il rimborso possa essere chiesto soltanto dall'utente finale, che non sia una persona fisica. Il rimborso non può invece essere chiesto dal produttore o dall'importatore dei supporti e dei dispositivi";

- al p. 52 che, a tale proposito, "come rilevato dall'avvocato generale ai paragrafi 58 e 59 delle sue conclusioni, la Corte, pur avendo affermato, nella sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C 463/12, EU:C:2015:144, punto 55), che il diritto dell'Unione non osta a un regime di equo compenso che preveda un diritto al rimborso del prelievo per copia privata a favore del solo utente finale degli apparecchi o dei supporti assoggettati al prelievo, ha però precisato che tale regime è compatibile con il diritto dell'Unione soltanto a condizione che i debitori siano esentati, nel rispetto del diritto dell'Unione, dal pagamento di detto prelievo qualora dimostrino di avere fornito gli apparecchi e i supporti di cui trattasi a soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della riproduzione per uso privato", e che "tale condizione non si realizza nel caso di specie, come emerge dalle considerazioni svolte ai punto da 39 a 49 della presente sentenza" (p. 53);

- al p. 54 che, dovendosi mantenere un "giusto equilibrio tra i titolari dei diritti e gli utenti dei materiali protetti", in base al considerando 31 della direttiva 2001/29, il sistema di equo compenso deve prevedere meccanismi, segnatamente di rimborso, "destinati a correggere qualsiasi situazione di «sovracompensazione» a scapito di questa o quella categoria di utenti", la quale non sia compatibile con il requisito menzionato nel detto considerando 31; e, al p. 55, che, "poiché il sistema di equo compenso in esame nel procedimento principale non prevede garanzie sufficienti per l'esenzione dal pagamento del prelievo in capo ai produttori e agli importatori che dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato, detto sistema dovrebbe in ogni caso, come osservato al punto 37 della presente sentenza, prevedere un diritto al rimborso del prelievo che sia effettivo e che non renda eccessivamente difficile la restituzione del compenso corrisposto. Orbene, il diritto al rimborso previsto dal sistema di equo compenso di cui trattasi nel procedimento principale non può essere considerato effettivo, poiché è pacifico che esso non è esercitabile dalle persone fisiche, neanche quando queste ultime acquistino gli apparecchi e i supporti per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato".

La Corte di Giustizia ha infine respinto la richiesta formulata dalla Siae di limitare gli effetti della sentenza nel tempo (v. punti da 57 a 64). La sentenza della Corte di Giustizia ha efficacia ex tunc.

1.11. Esaurita la fase incidentale del giudizio dinanzi alla CGUE, in vista della nuova udienza di discussione degli appelli riuniti, da decidere entro il perimetro e i correlati, circoscritti profili di diritto non ancora definiti e tuttora rilevanti, le società in epigrafe, con memorie di contenuto sostanzialmente omogeneo, salvo quanto si dirà tra breve in ordine al ric. n. RG 7383 del 2012, depositate in prossimità della udienza di discussione del 21 settembre 2017, dopo avere riepilogato i passaggi salienti della motivazione della sentenza del 22 settembre 2016 e avere recepito e fatto proprie le argomentazioni e le conclusioni della sentenza stessa, che vincola il giudice nazionale per ciò che attiene all'interpretazione delle norme euro unitarie alle quali essa si riferisce, nel seguire l'impostazione impugnatoria e annullatoria delle azioni proposte in primo grado (ferma la domanda risarcitoria di Samsung Italia nell'appello n. RG 7383/2012, su cui v. infra, p. 2.17.), nella maggioranza dei casi hanno osservato che per effetto della sentenza della CGUE il sistema italiano dell'equo compenso per copia privata, così come disciplinato dal d.m. del 30 dicembre 2009, dovrà essere annullato in via integrale, posto che la disciplina nazionale della copia privata ha carattere unitario e produce effetti indivisibili; ferma naturalmente l'illegittimità dell'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m., in base al quale la Siae "promuove protocolli per una più efficace applicazione delle presenti disposizioni, anche al fine di praticare esenzioni oggettive o soggettive, come, a titolo esemplificativo, nei casi di uso professionale di apparecchi o supporti ovvero per taluni apparati per videogiochi. Detti protocolli applicativi sono adottati in accordo con i soggetti obbligati alla corresponsione del compenso per copia privata o con loro associazioni di categoria. Sino all'adozione dei protocolli di cui al comma 1, restano in vigore gli accordi previgenti alle presenti disposizioni".

1.12. In altri casi (si leggano, ad esempio, la memoria di Wind Tre per l'udienza pubblica del 21 settembre 2017, nel ric. n. RG 7801/2012, e la difesa Asstel sul ric. n. RG 7371/2012), dopo avere sottolineato che questo Consiglio di Stato non potrà discostarsi da quanto statuito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 22 settembre 2016, è stato domandato alla Sezione di dichiarare l'illegittimità del d.m. soltanto in parte qua, con riferimento, cioè, all'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m. 30 dicembre 2009, il quale costituisce parte integrante del decreto, nella parte in cui, anziché esentare ex ante, in modo esplicito e in via diretta, generale e radicale, dal pagamento del compenso per copia privata, i produttori e gli importatori i quali dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati da soggetti diversi dalle persone fisiche per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato, si è limitato soltanto a stabilire che la Siae promuove protocolli anche per praticare esenzioni nei casi di uso professionale di apparecchi o supporti, subordinando quindi l'esenzione di produttori e importatori dal pagamento della "copia privata" per apparecchi, supporti e dispositivi destinati a un uso manifestamente estraneo alla riproduzione di copie per uso privato, alla conclusione, come rilevato, di appositi protocolli applicativi tra la Siae e i soggetti debitori o le loro associazioni di categoria, e ciò a fronte di un sistema di rimborso dell'equo compenso per copia privata indebitamente versato, chiaramente inefficace poiché accessibile al solo acquirente finale di tali apparecchi, supporti e dispositivi, e non anche al produttore o all'importatore.

1.13. Una menzione a parte richiede l'impugnazione di Samsung Italia (n. RG 7383 del 2012), unica società tra le appellanti ad avere formulato domanda di risarcimento del danno.

1.13.1. In primo luogo Samsung Italia, nel muovere dall'assunto dell'illegittimità in toto del sistema di "copia privata" vigente in Italia, ha chiesto, in riforma della sentenza del TAR Lazio n. 2159 del 2014, l'annullamento dell'intero sistema dell'equo compenso così come disciplinato dal d.m. del 30 dicembre 2009 e, quindi, l'annullamento dell'intero d.m. che, si sostiene, avrebbe carattere unitario e non frazionabile, contenuto inscindibile ed effetti indivisibili, sicché non sarebbe passibile di annullamento soltanto parziale.

1.13.2. In secondo luogo, parte appellante, dopo avere rilevato che la Siae ha beneficiato per anni, a vantaggio proprio e dei propri associati, e a discapito dei soggetti obbligati al pagamento, di una enorme sovracompensazione della copia privata dovuta all'assenza di una disciplina per i prodotti a uso esclusivamente professionale, e avere soggiunto che risultano comprovate l'esistenza del danno, la sua ingiustizia, il nesso causale, l'elemento soggettivo e che, in definitiva, è stata comprovata l'esistenza di tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito, ha domandato in via principale la condanna del Mibact e della Siae a risarcire il danno arrecato, pari a Euro 53.368.000, ammontare che, si sostiene, corrisponde alle somme versate da Samsung Italia alla Siae, per "copia privata", durante il periodo di vigenza del d.m. (quindi, tra il gennaio del 2010 e il giugno del 2014).

Se la Sezione disporrà che il d.m. debba essere annullato soltanto in parte, con la conseguente risarcibilità del solo danno derivante dall'equo compenso indebitamente pagato alla Siae per i prodotti destinati in via esclusiva a uso professionale, ad avviso di Samsung Italia, dovendosi considerare oggettivamente impossibile appurare con certezza quali e quanti prodotti, tra quelli commercializzati da Samsung tra il gennaio del 2010 e il giugno del 2014, siano stati effettivamente destinati a un uso esclusivamente professionale, e dovendo pertanto darsi accesso a un "ristoro risarcitorio liquidato in via equitativa", la somma da risarcire alla società non potrà tuttavia non essere quantificata in misura inferiore a Euro 5.870.000, pari all'11% dell'importo suindicato, corrispondente al valore medio dei telefoni cellulari, dei tablet e di altri dispositivi a marchio Samsung venduti "a titolo professionale", tra il gennaio del 2010 e il giugno del 2014, attraverso gli operatori di telefonia mobile, tenuto conto dei dati riportati a Samsung dagli operatori medesimi.

In ulteriore subordine Samsung Italia ha chiesto, in via istruttoria, che sia disposta c.t.u. in ordine alla quantificazione economica del danno in funzione, anche su base statistica, della quota di prodotti, tra quelli soggetti alla disciplina dell'equo compenso di cui al d.m. del 30 dicembre 2009, commercializzata a uso professionale.

In alternativa, Samsung si è resa disponibile a fare affidamento sull'istituto di cui all'art. 34, comma 4, del c.p.a.

1.14. Samsung Italia e altre società appellanti rimarcano poi che, per quanto riguarda l'esenzione dal prelievo per uso esclusivamente professionale e la disciplina del rimborso di tale prelievo, la normativa italiana non ha subito alcuna modifica ed è stata ritrascritta in maniera pressoché identica nel successivo d.m. sull'equo compenso, datato 20 giugno 2014 e anch'esso impugnato dalle società con ricorsi tuttora pendenti dinanzi al TAR del Lazio.

1.15. La Siae ha depositato una memoria difensiva unica per tutte le impugnazioni.

1.15.1. L'Ente appellato sostiene anzitutto che la sentenza della CGUE non vincola il giudice nazionale per quanto riguarda la ricostruzione e l'interpretazione del diritto nazionale e, inoltre, che la sentenza della Corte di Giustizia avrebbe limitate implicazioni per la soluzione della controversia de qua.

1.15.2. In particolare, la Siae ritiene che, sulla base di una interpretazione "comunitariamente orientata", l'art. 71-septies della LDA vada interpretato nel senso che l'assoggettamento a prelievo riguarda solo gli apparecchi e i supporti di registrazione destinati alla riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi per uso esclusivamente personale, restando perciò esonerati dal pagamento del compenso i soggetti obbligati se dimostrano che gli apparecchi e i supporti di registrazione, per le loro caratteristiche tecniche o per la qualità professionale degli acquirenti, non possono essere utilizzati dai privati per riprodurre opere e materiali protetti, ma sono diretti a scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato, essendo rivolti a finalità riservate con evidenza a un uso diverso dalla "copia privata".

1.15.3. Si soggiunge, "sui protocolli di esenzione ex ante", che il sistema vigente di esonero sarebbe assai efficace, e che la normativa nazionale sarebbe coerente con le statuizioni della sentenza della CGUE del 22 settembre 2016 e, in particolare, con il p. 36, là dove la Corte di Giustizia rileva che il prelievo è inapplicabile alla fornitura di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione effettuata a favore di soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato.

1.15.4. Nel dedurre che la stipula dei protocolli esentativi ricade nella discrezionalità riconosciuta agli Stati membri, la Siae rimarca che l'art. 4 dell'Allegato tecnico va interpretato nel senso che tale disposizione sancisce un'esenzione necessaria dalla copia privata nei casi di uso professionale di apparecchi o supporti.

1.15.5. La Siae non godrebbe di discrezionalità nella stipulazione dei protocolli di esenzione. Al contrario, sarebbe vincolata a esentare ex ante il soggetto obbligato, dal pagamento dell'equo compenso per copia privata nei casi di vendite per uso professionale di apparecchi, supporti o dispositivi, previa verifica dei presupposti previsti.

1.15.6. L'esenzione dal prelievo per copia privata non sarebbe lasciata al potere discrezionale della Siae. Essa, al contrario, avrebbe carattere obbligatorio.

1.15.7. La Siae soggiunge che i protocolli esentativi costituiscono strumento di individuazione dei presupposti oggettivi e soggettivi e delle modalità pratiche di esenzione.

1.15.8. Nel verificare le caratteristiche tecniche delle apparecchiature e la destinazione a usi di carattere esclusivamente professionale dei prodotti da parte dell'utilizzatore finale, la Siae è chiamata ad accertare, garantendo parità di trattamento fra tutti i soggetti obbligati a versare il compenso per copia privata, i casi concreti in cui si verificano i presupposti di fatto, normativamente prescritti, per fruire dell'esenzione.

1.15.9. Del resto, lo stesso TAR ha colto nel segno, là dove ha affermato che il disposto di cui all'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m. del 2009 "stabilisce espressamente la necessità di prevedere esenzioni con riguardo all'uso professionale dell'apparecchio".

1.15.10. Vengono dunque in rilievo, ad avviso della Siae, protocolli "meramente applicativi" che, per definizione, escludono qualsiasi discrezionalità, rimanendo affidato alla Siae un compito solamente attuativo di disposizioni normative che impongono l'esenzione.

1.15.11. È poi da escludere che la Siae, sottoposta, peraltro, all'obbligo di contrattare, e al divieto di discriminazioni arbitrarie stabilito dall'art. 2597 c.c., con le conseguenze previste dall'ordinamento, possa esercitare le sue funzioni in modo discriminatorio, differenziando tra prodotti, ad esempio restringendo al massimo le categorie di dispositivi e supporti destinati in via esclusiva a usi professionali, o diversificando la disciplina tra categorie di imprese, non potendosi prescindere dalla natura di ente pubblico della Società.

1.15.12. Inoltre, la Siae è assoggettata ai controlli giurisdizionali del caso, dinanzi al Giudice ordinario, se si rifiuta in modo arbitrario di stipulare un protocollo di esenzione, o se si comporta in maniera ingiustificatamente diversa in situazioni analoghe.

1.15.13. Segue, da pag. 20 della memoria, un elenco dei protocolli di esenzione ex ante stipulati dalla Siae, prevalentemente per uso professionale.

1.15.14. Infine, la disciplina nazionale, ancorché residuale, dei rimborsi ex post è tutt'altro che "eccessivamente difficile" essendo la stessa, anzi, oggettivamente, assai agevole, sin dalla sottoscrizione, avvenuta nel 2003, di accordi con le associazioni di categoria rappresentative dei soggetti obbligati.

1.15.15. In particolare, il sistema in vigore garantisce all'acquirente finale, persona giuridica o persona fisica titolare di partita IVA, il quale dimostri che i prodotti sono effettivamente destinati a usi estranei alla copia privata, il diritto di ottenere dalla Siae il rimborso del compenso già indebitamente corrisposto, nei casi specificati in memoria, a pag. 24 e seguenti.

1.15.16. A sostegno della legittimità di un siffatto sistema di rimborsi ex post, nell'ambito del quale la Siae è chiamata a svolgere un'azione di mero accertamento, l'ente appellato richiama il p. 37 della sentenza della CGUE Amazon.com, sussistendo, nella fattispecie in esame, le "difficoltà pratiche" alle quali fa riferimento la sentenza medesima, inerenti alla conoscenza della destinazione finale degli apparecchi, tali da giustificare un sistema nazionale il quale applichi in via indiscriminata un prelievo per copia privata a carico di produttori e importatori e, nel contempo, preveda però a favore dell'utente finale un diritto al rimborso ex post dei prelievi versati.

1.16. L'Apt - Associazione produttori televisivi, costituitasi in tutti i giudizi, salvo che nell'appello n. RG 7801 del 2012, delimitati i confini della controversia, ha eccepito la improcedibilità dei ricorsi riuniti per sopravvenuta carenza di interesse e, comunque, la inammissibilità degli stessi per mancanza di un interesse concreto e attuale alla decisione dell'unico motivo pendente, argomentando inoltre nel senso della reiezione della domanda risarcitoria.

1.17. Samsung Italia, in sede di replica, ha eccepito l'inammissibilità dell'eccezione di Apt di inammissibilità del ricorso per carenza di un interesse concreto e attuale.

1.18. Asstel - che, nell'ambito di Confindustria, rappresenta le imprese esercenti servizi di comunicazioni elettroniche e ricomprende anche le imprese fornitrici di reti e/o servizi di telecomunicazione -, nell'intervenire ad adiuvandum nel ricorso n. 7371/2012, ha risposto all'eccezione sollevata da Apt sull'asserita carenza di interesse alla decisione dell'appello e, nel merito, "alla luce di quanto esposto e argomentato", ha concluso domandando a questa Sezione di accogliere la parte residua dell'appello e di riformare in parte qua la sentenza del TAR Lazio n. 2160/2012 annullando, per l'effetto, l'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m. impugnato, per contrasto con la direttiva n. 2001/29/CE, come interpretata dalla sentenza della CGUE.

1.19. Il Ministero non ha svolto difese aggiuntive dopo la pubblicazione della sentenza della CGUE. Restano ferme le osservazioni difensive formulate dal Mibact con le memorie depositate nel novembre del 2014, anche sulla conformità dell'art. 4 dell'Allegato tecnico alla normativa nazionale e comunitaria, con riferimento alla disciplina sull'esenzione dalla "copia privata" per gli apparecchi e i supporti destinati a usi esclusivamente professionali.

1.20. Le parti si sono scambiate repliche e all'udienza del 21 settembre 2017 i ricorsi, già riuniti con la sent./ord. n. 823 del 2015, sono stati nuovamente trattenuti in decisione.

2. Ritornano all'esame della Sezione, in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia "Nokia Italia", del 22 settembre 2016, C-110/15, i giudizi in epigrafe, già riuniti, in tema di "equo compenso per copia privata".

2.1. Anzitutto va richiamata e data per conosciuta la nozione di "copia privata", sulla quale si fa rinvio a C.d.S., VI, sent. parziale n. 823 del 2015, pur non apparendo superfluo dare atto al contempo che oggi la "copia privata" è stata "almeno parzialmente (se non ampiamente) sostituita da vari tipi di servizi Internet che consentono ai titolari dei diritti di controllare l'uso di materiale tutelato dal diritto d'autore mediante contratti di licenza (con conseguente) calo di importanza pratica della riproduzione ad uso privato" (così, testualmente, l'Avvocato generale ai punti 23 e 24 delle sue conclusioni nella causa C-110/15).

2.2. Ciò premesso, in primo luogo occorre puntualizzare che, come si ricava dal riepilogo della vicenda processuale, di cui ai punti 1.3. e seguenti di questa decisione, i giudizi di appello riuniti sono già stati in gran parte definiti con la sentenza parziale di questa Sezione n. 823 del 2015, di conferma in parte qua delle impugnate decisioni del TAR del Lazio.

Restano da dirimere, alla luce della domanda di rinvio pregiudiziale presentata ai sensi dell'art. 267 del TFUE, e della sentenza 22 settembre 2016 della CGUE, la questione relativa alla esenzione dal pagamento del "prelievo per copia privata" per uso esclusivamente professionale, e la correlata questione della disciplina del rimborso ex post del prelievo versato, anche per quanto riguarda i produttori e gli importatori dei supporti e dei dispositivi.

2.3. Sempre in via preliminare, vanno disattese le domande, formulate da gran parte delle società appellanti, di conseguire, in accoglimento delle impugnazioni, l'annullamento dell'intero d.m. del 2009 e quindi della disciplina italiana sull'equo compenso per copia privata nella sua totalità - "dell'intero sistema di copia privata vigente in Italia" - in quanto, si sostiene da più parti, il d.m. stesso avrebbe carattere unitario e non frazionabile, contenuto inscindibile ed effetti indivisibili, sicché non sarebbe passibile di un annullamento solo parziale.

A questo proposito, il Collegio evidenzia che, dalla ricapitolazione della sentenza della Corte di Giustizia (su cui v. sopra, punti 1.9. e 1.10.), emerge che la CGUE è stata chiamata a pronunciarsi soltanto su un aspetto circoscritto della normativa di settore, e che il contenuto della motivazione della sentenza medesima attiene solamente alle questioni di corretta interpretazione del diritto euro unitario relative alla esenzione ex ante dal pagamento del prelievo per copia privata in capo ai produttori e agli importatori di apparecchi e di supporti destinati a usi esclusivamente professionali, e al sistema di rimborso ex post della "copia privata" anche per i produttori e gli importatori degli apparecchi e dei dispositivi suindicati.

La sentenza pregiudiziale, in modo coerente con le questioni che la Sezione, con l'ord. n. 823 del 2015, aveva sottoposto alla Corte del Lussemburgo, riguarda, cioè, unicamente l'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m., vale a dire un segmento soltanto della normativa nazionale sul compenso per copia privata, segmento di per sé separabile rispetto alla rimanente disciplina di settore, giudicata, dal TAR del Lazio, e da questa Sezione, immune dalle censure formulate, fatti salvi i due aspetti appena rammentati (v. sentenza parziale di questa Sezione, n. 823 del 2015, dal p. 4.1. al p. 4.5.).

2.4. Sempre in via preliminare, ma sotto una differente angolazione, è infondata e va respinta l'eccezione, sollevata da Apt nei riguardi di alcune delle parti appellanti, di sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, e ciò alla luce della normativa, in materia di compenso per copia privata, sopraggiunta nel corso degli appelli, per non essere stato impugnato anche il d.m. del 20 giugno 2014, recante "determinazione del compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi ai sensi dell'art. 71-septies della legge 22 aprile 1941, n. 633", sopravvenuto al d.m. del 30 dicembre 2009, oggetto dei presenti giudizi riuniti, e del quale "ha replicato la impostazione di fondo".

In proposito, a parte che, a quanto consta, il d.m. 20 giugno 2014 risulta essere stato impugnato dinanzi al TAR del Lazio, perlomeno da gran parte delle società odierne ricorrenti e appellanti, con ricorsi tuttora pendenti; ai fini del rigetto dell'eccezione appare decisivo osservare che il d.m. del 2009 - ma la stessa cosa, senza volere con ciò anticipare valutazioni spettanti ad altri collegi, non può non valere per il d.m. del 2014: quindi - entrambi i decreti ministeriali, sono "atti amministrativi generali", come rilevato dal TAR del Lazio in ordine al d.m. del 2009 con statuizioni confermate da questa Sezione (v. sent. n. 823/2015 cit., p. 4.1.), autonomi e distinti, anche se assimilabili sotto l'aspetto contenutistico (il d.m. 20 giugno 2014, come già segnalato, riproduce nella sostanza gli stessi contenuti del decreto del 30 dicembre 2009), adottati al termine di separati procedimenti amministrativi e diretti a disciplinare l'imposizione del compenso per copia privata in diversi periodi temporali, sicché è da ritenere che in capo alle parti appellanti permanga un interesse a vedere decisi i giudizi riuniti per quanto attiene alla disciplina sull'esenzione da copia privata per uso esclusivamente professionale dettata dal d.m. del 30 dicembre 2009 per il periodo gennaio 2010-giugno 2014, avuto riguardo anche a possibili domande risarcitorie astrattamente proponibili ai sensi dell'art. 30 del c.p.a.

Ai fini della permanenza dell'interesse alla decisione dei ricorsi le società non avevano dunque alcun onere di impugnare anche il d.m. del 20 giugno 2014.

2.5. Apt eccepisce poi la carenza di un interesse "concreto e attuale alla decisione dell'unico motivo pendente", muovendo dalla premessa che "il ricorso di cui si discute riguarda esclusivamente quanto già avvenuto in passato e non il sistema futuro", e sull'assunto che, "se anche venisse riconosciuta ai produttori la possibilità di ottenere il rimborso per gli apparecchi venduti per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato, nessun rimborso potrebbe essere in concreto preteso dall(e) società avendo quest(e) già ribaltato il relativo costo sull'utente finale". Né - prosegue l'Apt - le appellanti avrebbero "mai fornito, neppure in via indiziaria, la prova di avere venduto (o acquistato) apparecchiature per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato, rispetto ai quali vantare in concreto un interesse alla decisione".

Al riguardo, il Collegio ritiene che le deduzioni formulate dall'Apt a sostegno dell'eccezione di carenza d'interesse non riguardino il rito ma, al contrario, si riverberino sull'accoglibilità, o meno, nel merito, di una domanda risarcitoria che, nel caso di Samsung Italia (RG n. 7383 del 2012), è stata presentata contestualmente all'azione di annullamento; e nel caso delle altre società ricorrenti e odierne appellanti potrebbe essere avanzata con le modalità e nei termini di cui all'art. 30 del c.p.a.

Ben si può affermare infatti che l'interesse su cui si fondano i ricorsi delle appellanti odierne attiene in modo stretto alla lesione economica asseritamente sofferta a causa della mancanza di un meccanismo generale di esenzione ex ante dal "prelievo per copia privata" a favore della intera categoria degli utenti professionali, normativamente stabilito, e per l'assenza di una procedura efficace di rimborso ex post che riguardi anche produttori e importatori, come emerge non solo dalle difese di Samsung e di talune delle società appellanti che, pure, non hanno formulato in maniera rituale la domanda risarcitoria, ma anche dalle considerazioni di cui al p. 4.6.20 della sentenza parziale di questa Sezione n. 823 del 2015, integrate con i richiami ai punti 4.6.2. e 4.6.4. della sentenza medesima.

Pertanto, le eccezioni suesposte, sollevate da Apt, sono infondate e vanno respinte, restando assorbiti gli aspetti preliminare di rito pure sollevati da Samsung Italia.

2.6. Venendo adesso al merito, gli appelli, riuniti, proposti dalle società in epigrafe, alla luce della sentenza della CGUE "Nokia Italia" del 22 settembre 2016, sono fondati e vanno accolti, in parte qua, sotto il profilo annullatorio, per le ragioni e nei limiti che saranno specificati in appresso, ferme rimanendo le statuizioni di infondatezza della sentenza parziale n. 823 del 2015, alle quali si è accennato sopra, ai punti 1.3. e 1.4.

2.7. La domanda risarcitoria formulata da Samsung Italia nel ricorso n. 7383 del 2012, invece, non può trovare accoglimento.

2.8. Anzitutto, va riaffermato che con la sentenza pregiudiziale del 22 settembre 2016, causa C-110/15, si è statuito che "Il diritto dell'Unione europea, in particolare l'articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, dev'essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, da un lato, subordini l'esenzione dal pagamento del prelievo per copia privata in capo ai produttori e agli importatori di apparecchi e di supporti destinati a un uso manifestamente estraneo alla copia privata alla conclusione di accordi tra un ente, titolare di un monopolio legale della rappresentanza degli interessi degli autori delle opere, e i debitori del compenso o le loro associazioni di categoria, e che, dall'altro lato, stabilisca che il rimborso di detto prelievo, ove questo sia stato indebitamente versato, può essere chiesto solo dall'utente finale di tali apparecchi e supporti".

2.9. Dapprima, la Corte di Giustizia, dopo avere superato l'eccezione di irricevibilità, sollevata da Siae sull'assunto che la questione avrebbe dovuto essere risolta attraverso un'interpretazione della normativa nazionale conforme al diritto dell'Unione (v. p. 17 e seguenti della sentenza), ha ribadito che il prelievo per copia privata non va applicato "alla fornitura di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione effettuata a favore di soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato..." (v. punti 36 e 41: v. anche sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi, C 463/12, punto 47, e la giurisprudenza ivi citata).

Quindi la CGUE, trattando sempre la questione dell'esenzione dal prelievo nei casi di fornitura di prodotti effettuata a favore di soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato, ha rilevato l'incompatibilità del sistema italiano e, in particolare, dell'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m., col diritto dell'Unione Europea.

In particolare la Corte di Giustizia ha osservato quanto segue:

- la disciplina italiana non prevede alcun criterio o meccanismo di esenzione ex ante, assoggettando così in via indiscriminata, almeno tendenzialmente, e salvo quanto si preciserà più avanti, tutti gli apparecchi e i supporti al prelievo per copia privata (v. p. 40, in cui si afferma che la normativa nazionale "non prevede disposizioni di applicazione generale che esonerino dal pagamento del prelievo per copia privata i produttori e gli importatori che dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati da soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato..."; conf. p. 47; v. anche le conclusioni dell'Avvocato generale: punti 27, 28 e 34);

- la normativa nazionale vìola il principio di parità di trattamento - che costituisce principio generale del diritto dell'Unione europea: v. p. 44 sent. - tra produttori e importatori assoggettati al prelievo per copia privata. E infatti, la normativa nazionale si limita a imporre un "obbligo di mezzi" alla Siae, che è gravata da un unico, generico obbligo di "promuovere", vale a dire di farsi parte iniziatrice, la conclusione di protocolli applicativi/esentativi (v. punti 43 e 47. P. 43: "l'allegato tecnico prevede, all'articolo 4, che la SIAE «promuove» protocolli, «anche al fine di praticare esenzioni oggettive e soggettive, come, a titolo esemplificativo, nei casi di uso professionale di apparecchi o supporti ovvero per taluni apparati per videogiochi», protocolli che devono essere adottati in accordo con i soggetti obbligati alla corresponsione del compenso per copia privata o con le loro associazioni di categoria". P. 47: la normativa in esame "si limita a imporre un obbligo di mezzi alla SIAE, dato che a quest'ultima incombe soltanto l'obbligo di «promuovere» la conclusione di protocolli di accordo con i soggetti tenuti alla corresponsione del prelievo per copia privata. Ne consegue che produttori e importatori che si trovano in situazioni paragonabili possono essere trattati in maniera differenziata, a seconda che abbiano o meno concluso un protocollo di accordo con la Siae");

- tuttavia, "le eccezioni previste all'articolo 5 della direttiva 2001/29 devono essere applicate rispettando il principio della parità di trattamento, che costituisce un principio generale del diritto dell'Unione, sancito dall'articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ed il quale, secondo una giurisprudenza costante della Corte, impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato..." (p. 44);

- nella specie, la normativa nazionale non è tale da garantire, in ciascun caso, il soddisfacimento del principio della parità di trattamento, in maniera effettiva e nel rispetto, in particolare, del principio della certezza del diritto, tra i produttori e gli importatori assoggettati al prelievo per copia privata che possano trovarsi in situazioni paragonabili (v. punti 45 e 46; conf. p. 55, secondo cui il sistema nazionale di equo compenso "non prevede garanzie sufficienti per l'esenzione dal pagamento del prelievo in capo ai produttori e agli importatori che dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato..."). Infatti:

- tale normativa, come rilevato sopra, "si limita a imporre un obbligo di mezzi alla SIAE..." (p. 47 cit.);

- "... detta normativa, in particolare l'articolo 4 dell'allegato tecnico, non prevede criteri oggettivi e trasparenti che debbano essere soddisfatti dai soggetti tenuti alla corresponsione dell'equo compenso o dalle loro associazioni di categoria, ai fini della conclusione di tali protocolli di accordo, dato che detta disposizione si limita a menzionare, a titolo esemplificativo, l'esenzione «nei casi di uso professionale di apparecchi o supporti ovvero per taluni apparati per videogiochi», tenendo presente peraltro che le esenzioni praticate possono, secondo i termini stessi di tale articolo, assumere un carattere oggettivo o soggettivo" (p. 48);

- "infine, poiché la conclusione di tali protocolli è lasciata alla libera negoziazione tra la SIAE, da un lato, e i soggetti obbligati alla corresponsione dell'equo compenso o le loro associazioni di categoria, dall'altro, occorre considerare che, anche supponendo che tali protocolli vengano conclusi con tutti i soggetti che potrebbero avere diritto a un'esenzione dal prelievo del compenso per copia privata, non sussistono garanzie che i produttori e gli importatori che si trovano in situazioni paragonabili siano trattati in maniera identica, essendo i termini di tali accordi il risultato di una negoziazione di diritto privato" (p. 49; su esenzione ex ante e negoziazione di accordi cfr. anche le conclusioni dell'Avvocato generale, ai punti 36, 37, 42 e 47);

- la normativa italiana non prevede meccanismi in grado di porre rimedio a eventuali situazioni di "sovracompenso" di Siae, posto che il rimborso non può essere richiesto da qualsiasi soggetto che abbia ingiustificatamente pagato il compenso (v. pp. 54 e 55; sulla "questione rimborsi" si ritornerà più avanti, al p. 2.14).

2.10. La Corte di Giustizia ha statuito dunque che la disciplina italiana, nell'avere esteso il prelievo per copia privata, in maniera indiscriminata e senza sicure esenzioni, anche ad apparecchi e supporti destinati a un uso esclusivamente professionale, contrasta con il diritto euro unitario.

L'assenza di previsioni certe e oggettive circa le modalità di esenzione dall'obbligo di versamento della "copia privata", infatti, non può in alcun modo considerarsi bilanciata dall'obbligo di mezzi, avente spiccata natura privatistica, spettante alla Siae e correlato al semplice "promovimento" di protocolli anche di esenzione con i singoli operatori.

2.11. Siae obietta che, attraverso i protocolli applicativi/esentativi sottoscritti con le singole aziende, o con le loro associazioni, l'Ente sarebbe chiamato unicamente ad accertare i requisiti e le condizioni per il riconoscimento delle esenzioni.

Al riguardo, il Collegio ritiene di dover sottolineare nuovamente, con la Corte di Giustizia (sia consentito rinviare ai punti 46, 47, 48 e, soprattutto, 49 della sentenza del 22 settembre 2016), che tali requisiti, condizioni, presupposti e procedure non sono prestabiliti dalla disciplina di settore (vale a dire dalla LDA, dal d.m. del 30 dicembre 2009 e dall'Allegato tecnico), ma sono decisi in via unilaterale dalla stessa Siae, che in concreto sceglie con quali soggetti stipulare i protocolli e con quali no, e se applicare le medesime condizioni contrattuali in tutti i protocolli.

L'attività di accertamento circa le "caratteristiche tecniche dei prodotti e gli usi di carattere esclusivamente professionale dei prodotti da parte dell'utilizzatore finale", diversamente da quanto sostiene la Siae, implica necessariamente l'esercizio di poteri discrezionali che - come rilevato dalla CGUE in diversi punti della sentenza - possono dare luogo a discriminazioni in ragione del fatto che l'attività dianzi indicata non risulta in alcun modo disciplinata da previsioni di legge o comunque normative generali tali da assicurarne l'effettiva attuazione.

Gli accordi o i protocolli, in "libera negoziazione" (v. p. 49 sent. CGUE cit.), tra la Siae e le aziende o le associazioni di categoria, non sono lo strumento legittimo e idoneo per disciplinare le esenzioni ex ante nei casi previsti.

È esatto poi quanto osserva Wind Tre nelle sue difese, vale a dire che è in discussione non l'eventuale correttezza delle modalità con cui Siae stipula i singoli protocolli di esenzione con le associazioni suindicate quanto, invece, la mancanza di certezze, e di parità di trattamento, che contraddistingue la disciplina di settore in tema di esenzioni, con riferimento alla quale sussiste l'incompatibilità tra la normativa nazionale e quanto stabilito dalla direttiva 2001/29.

La limpidezza delle argomentazioni della sentenza della CGUE emerge con evidenza.

2.12. Per tentare di sminuire la portata della sentenza pregiudiziale, Siae rimarca che "il compito di interpretare il diritto nazionale resta riservato al giudice a quo, il quale, nell'assolvere tale compito, non è vincolato all'interpretazione del diritto nazionale prospettata nel provvedimento di rinvio alla Corte ... perché, una volta pronunciatasi la Corte sull'interpretazione del diritto europeo, il giudice nazionale è tenuto, se possibile, ad interpretare il diritto nazionale in modo conforme al diritto dell'Unione europea come interpretato dalla Corte".

Senonché, in termini generali non pare superfluo ribadire anzitutto, da ultimo con C.d.S., Ad. plen., n. 11 del 2016, punti 54. e 55., che "le sentenze pregiudiziali interpretative della Corte di Giustizia hanno la stessa efficacia vincolante delle disposizioni interpretate: la decisione della Corte resa in sede di rinvio pregiudiziale, dunque, oltre a vincolare il giudice che ha sollevato la questione, spiega i propri effetti anche rispetto a qualsiasi altro caso che debba essere deciso in applicazione della medesima disposizione di diritto (in tal senso è costante la giurisprudenza comunitaria: cfr. Corte Giust., 3 febbraio 1977, in causa C-52/76, Benedetti c. Munari F.lli sas, in Racc. 1977, 163 e 5 marzo 1986, in causa 69/85, Wünsche Handelgesellschaft Gmbh& Co. c. Repubblica Federale della Germania, in Racc., 1986, 947) ... La sentenza interpretativa pregiudiziale della Corte di Giustizia è, quindi, equiparabile ad una sopravvenienza normativa, la quale, incidendo su un procedimento ancora in corso di svolgimento e su un tratto di interesse non coperto dal giudicato ha determinato non un conflitto ma una successione cronologica di regole che disciplinano la medesima situazione giuridica...".

Guardando più da vicino la fattispecie odierna, fermo l'obbligo, per gli Stati membri, e per gli organi giurisdizionali degli stessi, di osservare le sentenze della CGUE, qui non si tratta soltanto di decidere in ordine a una "interpretazione del diritto nazionale", con particolare riferimento alla LDA (al d.m., e al suo Allegato tecnico).

Si tratta di prendere atto che la Corte di Giustizia, con sentenza pregiudiziale vincolante, ha riconosciuto che la disciplina italiana su esenzioni ex ante e rimborsi del prelievo per copia privata nei casi di uso esclusivamente professionale contrasta con il diritto euro unitario ("osta") e che, dunque, la normativa nazionale deve necessariamente essere caducata, mediante l'annullamento dell'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m. 30 dicembre 2009, come si preciserà più avanti, per contrasto con la direttiva 2001/29/CE, come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia del 22 settembre 2016, C-110/15, senza che, sostenendosi che l'esenzione in parola sarebbe, in realtà, già disciplinata dalla LDA, vada rimessa in discussione la decisione di questa Sezione di sottoporre alla CGUE, in sede di rinvio pregiudiziale ex art. 267 del TFUE, le due questioni indicate ai punti da 1.6. a 1.8.

La Corte di Giustizia, con le argomentazioni riassunte sopra, ha rilevato nella sostanza che la disciplina nazionale non è in grado di "mantenere un giusto equilibrio tra i titolari dei diritti e gli utenti dei materiali protetti" e, dunque, di evitare una situazione di "sovracompensazione" (cfr. p. 54), a scapito degli utenti esclusivamente professionali, anche perché tale disciplina nazionale esenta dal prelievo per copia privata i produttori e gli importatori i quali dimostrino che gli apparecchi e i dispositivi sono stati acquistati da soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato - ossia per uso esclusivamente professionale, in modo non sicuro ma soltanto eventuale (e ciò, ritiene questo Collegio, al di là dei protocolli sin qui sottoscritti in concreto dalla Siae, della predisposizione del modulo per le "unità non assoggettate", applicabile peraltro alle cessioni soltanto a partire dal 7 luglio 2014, ossia a d.m. del 2009 ormai scaduto, e dei richiami di Siae all'art. 2597 c.c.).

Ciò contrasta con il diritto euro unitario, per il quale l'esenzione doveva costituire un atto dovuto nel rispetto, in ogni caso, del principio della parità di trattamento (cfr. anche le conclusioni dell'Avvocato generale, pp. 27, 28 e 34).

2.13. L'art. 71-sexies della LDA, inserito dall'art. 9 del d.lgs. n. 68 del 2003, si è limitato a introdurre in Italia, in termini di principio e generali, la copia privata, mentre, con l'art. 71-septies è stata affidata al Ministero la determinazione della disciplina sul compenso.

Dal canto proprio, l'Allegato tecnico al d.m. 30 dicembre 2009 contempla, a fronte di una applicazione sostanzialmente indiscriminata del prelievo, previsioni di esenzione in concreto solo eventuali e basate su accordi privatistici che i soggetti obbligati o le loro associazioni di categoria negoziano di volta in volta con la Siae, qualificata dalla stessa Corte di Giustizia come soggetto "titolare di un monopolio legale della rappresentanza degli interessi degli autori delle opere", ente creditore (o perlomeno "collettore") del versamento delle somme dovute a titolo di equo compenso che poi vengono ripartite tra gli autori ed editori: sicché in questo contesto i protocolli stipulati dalla Siae e in generale l'attività demandata all'Ente assume un ruolo indebitamente "costitutivo" delle esenzioni ex ante e non può essere ricostruita in termini puramente applicativi, o attuativi, di criteri di determinazione dell'equo compenso (che non sono) stabiliti in altra sede normativa, mancando previsioni generali ed effettive a questo riguardo.

La prevista possibilità di stipulare protocolli applicativi/esentativi non vale a elidere l'applicazione sostanzialmente indiscriminata del compenso, in mancanza di esenzioni ex ante certe ed effettive. Al riguardo, in modo incisivo Sony Mobile (ric. n. RG 7661/2012) nelle sue osservazioni fa riferimento a una "delega in bianco di funzioni", dall'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m. del 2009, "in capo all'ente di riscossione", affinché esso promuova la stipula dei protocolli.

Quanto poi al rilievo difensivo di Siae secondo cui i soggetti obbligati ben possono rivolgersi al Giudice ordinario per contestare le richieste di pagamento dell'Ente e, in particolare, per vedersi riconosciuto il diritto all'esenzione, il Collegio ritiene che tutto ciò non assuma rilievo ai fini della soluzione da dare alla controversia odierna, che ha ad oggetto esclusivamente la verifica di legittimità dell'art. 4 dell'Allegato tecnico, risultando evidenti i separati àmbiti di giurisdizione che contraddistinguono il Giudice ordinario e quello amministrativo.

2.14. Sulla seconda questione pregiudiziale sollevata da questa Sezione ai sensi dell'art. 267 del TFUE, vale a dire sul "versante" della effettività del sistema del rimborso (su cui v. sopra, dal p. 1.6. al p. 1.8.), prima di tutto dev'essere richiamato il p. 1.10., seconda parte, di questa sentenza, per ciò che riguarda il riepilogo delle considerazioni e delle conclusioni della Corte di Giustizia in ordine alla complessiva non effettività del sistema di rimborso nazionale (v. punti 37 e da 51 a 55 della sentenza Nokia Italia).

In particolare, pare il caso di rammentare che la Corte, al p. 51, ha rilevato che le istruzioni Siae sul rimborso prevedono che "il rimborso possa essere chiesto soltanto dall'utente finale, che non sia una persona fisica. Il rimborso non può invece essere chiesto dal produttore o dall'importatore dei supporti e dei dispositivi". Al p. 52 si legge che "la Corte, pur avendo affermato, nella sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C 463/12, punto 55), che il diritto dell'Unione non osta a un regime di equo compenso che preveda un diritto al rimborso del prelievo per copia privata a favore del solo utente finale degli apparecchi o dei supporti assoggettati al prelievo, ha però precisato che tale regime è compatibile con il diritto dell'Unione soltanto a condizione che i debitori siano esentati, nel rispetto del diritto dell'Unione, dal pagamento di detto prelievo qualora dimostrino di avere fornito gli apparecchi e i supporti di cui trattasi a soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della riproduzione per uso privato". "Tale condizione non si realizza nel caso di specie, come emerge dalle considerazioni svolte ai punto da 39 a 49 della presente sentenza" (p. 53).

Ai punti 54 e 55 la Corte ha, quindi, dapprima rilevato che, dovendosi mantenere un "giusto equilibrio tra i titolari dei diritti e gli utenti dei materiali protetti", in base al considerando 31 della direttiva 2001/29, secondo la propria giurisprudenza "il sistema di equo compenso deve prevedere meccanismi, segnatamente di rimborso, destinati a correggere qualsiasi situazione di «sovracompensazione» a scapito di questa o quella categoria di utenti, la quale non sia compatibile con il requisito menzionato in detto considerando 31" (p. 54); e, al p. 55, ha infine concluso che, nella specie, poiché "il sistema di equo compenso in esame nel procedimento principale non prevede garanzie sufficienti per l'esenzione dal pagamento del prelievo in capo ai produttori e agli importatori che dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato, detto sistema dovrebbe in ogni caso, come osservato al punto 37 della presente sentenza, prevedere un diritto al rimborso del prelievo che sia effettivo e che non renda eccessivamente difficile la restituzione del compenso corrisposto. Orbene, il diritto al rimborso previsto dal sistema di equo compenso di cui trattasi nel procedimento principale non può essere considerato effettivo, poiché è pacifico che esso non è esercitabile dalle persone fisiche, neanche quando queste ultime acquistino gli apparecchi e i supporti per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato" (cfr. anche conclusioni dell'Avvocato generale, pp. 60 e 61, e da 66 a 68).

Per un riepilogo delle deduzioni della Siae sulla questione pare sufficiente fare rinvio ai punti da 1.15.14. a 1.15.16. della presente sentenza.

A differenza di quanto sostiene l'Ente, la inefficacia complessiva del sistema di rimborso italiano (al riguardo l'Avvocato generale, al p. 66, al quale si rinvia, opera un riferimento dettagliato a regole di rimborso applicate dalla Siae tali da dissuadere gli interessati dal domandare il rimborso), discende da una serie di elementi concomitanti, capaci di produrre "distorsioni" del "giusto equilibrio" che dovrebbe essere garantito tra gli interessi dei titolari dei diritti di riproduzione e quelli degli utilizzatori di materiali oggetto di tali diritti, e idonei a determinare "sovracompensi" a favore dei titolari dei diritti. L'inefficacia del sistema discende:

- dal fatto che il "sistema Siae" di rimborsi permette ai soli "acquirenti finali" di ottenere il rimborso, e non a qualsiasi soggetto in grado di dimostrare di avere pagato ingiustamente il compenso;

- dalla sua inaccessibilità alle persone fisiche che acquistano dispositivi con capacità di registrazione per fini manifestamente estranei alla copia privata (come ad es. i professionisti);

- dalla previsione di termini assai ristretti per l'invio della richiesta di rimborso alla Siae e dalla imposizione di obblighi non sempre giustificati che dissuadono l'avente diritto dal domandare il rimborso (ad es. l'adozione di codici deontologici o di condotta). In generale, il riconoscimento del rimborso è assoggettato a condizioni particolarmente restrittive e in contrasto, come si è rilevato, con la normativa euro unitaria;

- dalla modificabilità delle istruzioni in via unilaterale e discrezionale, in qualsiasi momento, da parte della stessa Siae (conf. p. 66 cit. delle conclusioni dell'Avvocato generale).

L'illegittimità del sistema si desume, nel complesso, dal combinato disposto derivante, da un lato, dalla mancata previsione di esenzioni generali e, dall'altro, dall'esclusione dei soggetti produttori importatori e distributori di apparecchi e supporti destinati a uso professionale da una procedura di rimborso effettiva.

2.15. In conclusione, sul piano impugnatorio e delle proposte azioni di annullamento, previa riforma, in parte qua, delle sentenze impugnate, per avere il TAR del Lazio giudicato il sistema italiano relativo ai meccanismi di esenzione ex ante dall'equo compenso per gli apparecchi utilizzati dalle persone giuridiche a uso esclusivamente professionale, in linea con le disposizioni del diritto dell'Unione Europea, dev'essere dichiarato illegittimo e va annullato l'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m. 30 dicembre 2009, il quale costituisce parte integrante del decreto, nella parte in cui, anziché esentare ex ante, in modo esplicito e in via diretta, generale e radicale, secondo criteri oggettivi e trasparenti, dal pagamento del compenso per copia privata, i produttori e gli importatori i quali dimostrino che gli apparecchi e i supporti sono stati acquistati da soggetti diversi dalle persone fisiche per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato, si è limitato soltanto a stabilire che la Siae promuove protocolli anche per praticare esenzioni nei casi di uso professionale di apparecchi o supporti, subordinando quindi l'esenzione, a favore di produttori e importatori, dal pagamento della "copia privata" per apparecchi dispositivi e supporti destinati a un uso manifestamente estraneo alla riproduzione di copie per uso privato, alla conclusione come detto di protocolli appositi lasciati alla "libera negoziazione" tra la Siae e i soggetti debitori o le loro associazioni di categoria, e ciò a fronte di un sistema di rimborso dell'equo compenso per copia privata indebitamente versato, chiaramente inefficace poiché accessibile al solo acquirente finale di tali apparecchi, supporti e dispositivi, e non anche al produttore o all'importatore. Spetta al Mibact l'individuazione dei casi e modi di esenzione ex ante dalla "copia privata" per usi esclusivamente professionale, e di rimborso della "copia privata" anche a favore del produttore e dell'importatore, secondo criteri oggettivi e trasparenti.

2.16. Resta da vagliare la domanda risarcitoria di Samsung Italia sul ricorso n. RG 7383 del 2012, riepilogata sopra al p. 1.13.2.

A tale riguardo, in linea di principio è il soggetto che ha causato il pregiudizio al titolare del diritto d'autore, vale a dire colui che, per fini di uso privato, ha posto in essere la riproduzione di un'opera protetta senza previa autorizzazione, a dover risarcire il danno correlato alla riproduzione suddetta (v. p. 44 delle conclusioni dell'Avvocato generale), finanziando il compenso che sarà corrisposto al titolare del diritto in questione (v. p. 30 della sentenza della CGUE).

L'onere della "copia privata" grava, dunque, sull'utente privato a favore del quale vengono messi a disposizione apparecchi e supporti e che, quale debitore, pagherà il prezzo dei dispositivi.

Sussiste un collegamento necessario tra compenso versato all'autore e pregiudizio sofferto dal titolare del diritto d'autore in conseguenza della riproduzione a uso privato (v. p. 44 conclusioni dell'Avvocato generale).

Il soggetto che produce o importa gli apparecchi è soltanto il debitore indiretto, obbligato al versamento alla Siae (v. art. 71-septies della LDA), fermo quanto si dirà più avanti.

Il collegamento suindicato non sussiste invece quando gli apparecchi sono destinati a scopi manifestamente estranei a quello della realizzazione di copie private, ovvero a usi esclusivamente professionali.

L'onere del prelievo per copia privata grava come detto sull'acquirente finale dato che è il consumatore il soggetto che effettua la riproduzione di un'opera protetta.

La stessa Asstel - v. pag. 3 memoria del 20 luglio 2017 - afferma che attualmente il prelievo, "sopportato" dai produttori nel senso sopra precisato, comporta normalmente una maggiorazione del prezzo di vendita a carico del consumatore, e questo perché vi è una stretta correlazione tra l'applicazione del prelievo per copia privata a determinati apparecchi e la presunzione di uso degli stessi a scopo di riproduzione privata.

Tuttavia, quando si parla di apparecchiature o dispositivi a larga diffusione è impossibile individuare i singoli utenti o acquirenti privati e chiedere a essi il pagamento del compenso per copia privata.

È per questo che, tenuto conto delle difficoltà pratiche per identificare gli utenti che effettuano riproduzioni e per obbligarli a indennizzare il titolare del diritto, vale a dire l'autore o l'editore, il prelievo per copia privata viene posto a carico non degli acquirenti finali/consumatori/riproduttori dell'opera protetta ma di coloro che producono o importano tali apparecchi, mettendoli a disposizione degli utenti finali; e che i soggetti obbligati alla corresponsione del compenso alla Siae sono, come detto, i produttori e gli importatori.

Ora, il sistema consente di ripercuotere l'importo del prelievo per copia privata a valle della filiera commerciale, ovvero sul prezzo finale dell'apparecchio.

Il diritto di copia privata è conglobato dal produttore nel prezzo, e l'onere corrispondente è in pratica sostenuto dall'acquirente finale (conf. sent. CGUE, p. 33, là dove si richiama la giurisprudenza della Corte di Giustizia sulla "traslazione" dell'onere del prelievo per copia privata e sulla ripercussione dell'ammontare della copia privata sul prezzo della messa a disposizione delle apparecchiature, sicché "l'onere del prelievo viene in definitiva sopportato dall'utente privato - finale - che paga tale prezzo, e ciò conformemente al "giusto equilibrio" previsto dal considerando 31 della direttiva 2001/29, da realizzare tra gli interessi dei titolari del diritto esclusivo di riproduzione - beneficiari del compenso per copia privata - e quelli degli utenti di materiali protetti"; sulla "naturale" ripercussione del costo del prelievo sul prezzo del prodotto v. anche sentenze Padawan, pp. 48 e 49, Opus Supplies, p. 28, Amazon.com, 25 e Copydan, 53).

Il compenso per copia privata è infatti costituito da una quota del prezzo versato dall'acquirente al rivenditore (v. art. 71-septies, comma 1, della LDA): il prelievo avviene a monte ma viene scaricato a valle.

Se dunque l'onere dell'equo compenso viene "caricato" sul prezzo finale di vendita del dispositivo; se viene riversato sull'utente finale il quale ultimo, in definitiva, nell'acquistare il prodotto paga un prezzo che tiene conto anche del prelievo in questione, è giocoforza concludere che, anche nei casi di apparecchi (in astratto) esclusi dal pagamento del compenso, il prelievo versato dal produttore o dall'importatore alla Siae debba considerarsi "neutro", dovendo di norma il suo ammontare ritenersi "ricaricato" sul prezzo finale di vendita, con la conseguenza che non si concretizza alcun danno economico in capo al produttore o importatore.

Tale situazione viene chiaramente evidenziata nella sentenza della Corte di Giustizia laddove, al p. 33, si statuisce che "l'onere del prelievo viene in definitiva sopportato dall'utente privato che paga tale prezzo, e ciò conformemente al "giusto equilibrio" previsto dal considerando 31 della direttiva 2001/29".

Andando alla sostanza della questione, l'onere della copia privata si riversa sul consumatore, ancorché l'ammontare del diritto di copia privata non sia specificato nel prezzo corrisposto dall'acquirente finale al momento dell'acquisto dell'apparecchio: al riguardo, pare corretto il rilievo di Apt per cui l'importo del compenso per copia privata viene "nascosto" nel prezzo finale, impedendo così all'avente diritto di essere informato in via immediata in ordine all'indennizzo sopportato e al diritto di ottenere il rimborso nei casi previsti.

Né, d'altra parte, Samsung ha dato conto e prova di una politica di prezzi di vendita idonea a diversificare l'offerta in funzione degli acquirenti e dell'uso, esclusivamente professionale, o no, degli apparecchi e dei supporti.

Ma anche valorizzando la tesi (su cui v. p. 63 delle conclusioni dell'Avvocato generale) per la quale il prelievo per copia privata non si ripercuoterebbe, sistematicamente e necessariamente, sul prezzo di vendita del prodotto al dettaglio, e il prelievo medesimo potrebbe essere assorbito effettivamente dai soggetti normativamente tenuti al pagamento del compenso alla Siae, vale a dire dai produttori e importatori; ebbene anche in questa ipotesi di, per così dire, mancata ripercussione del costo del compenso sugli utenti finali, osterebbe all'accoglimento della domanda risarcitoria proprio la libera scelta di politica di prezzi, ovvero di "strategia commerciale" osservata dal produttore: la scelta, cioè, di sopportare quello che Samsung Italia definisce "extra costo", allo scopo di rendere il prodotto più appetibile sul mercato, anziché addossare l'onere all'acquirente finale "ammortizzandone" così il peso, sicché, in questa prospettiva, non giova all'appellante il fatto che Samsung non abbia disposto aumenti nel listino prezzi a partire dal gennaio del 2010, vale a dire dalla entrata in vigore del d.m. 30 dicembre 2009.

Infine, e in ogni caso, va soggiunto che la prova convincente del danno non risulta soddisfatta dall'avvenuta produzione in giudizio di comunicazioni pervenute alla Samsung da operatori di telefonia/rivenditori della stessa Samsung, relative alle loro vendite, di telefoni e tablet prodotti da Samsung, a utenti asseritamente professionali, e questo perché - come rileva la Siae, con considerazione condivisa dal Collegio - la complessità della filiera distributiva è tale che anche ammettendo che gli acquisti siano stati compiuti da professionisti, non è dato, al produttore o all'importatore, di conoscere l'identità dell'acquirente finale del dispositivo e, a maggior ragione, l'uso che ne farà, posto che i telefoni e i tablet venduti da Samsung agli operatori telefonici sono in grado di soddisfare le esigenze di qualsiasi tipo di cliente, a prescindere dalla natura professionale.

Senza dimenticare che nell'ambito dell'espressione "scopo manifestamente estraneo a quello di riproduzione di copia per uso privato", va posto l'accento sull'avverbio "manifestamente" sicché, ai fini dell'esenzione, va dato risalto non solo e non tanto al profilo soggettivo dell'acquirente finale (che, in via esemplificativa, potrebbe essere un professionista, una società, una P.A. ecc.), quanto invece, anche e soprattutto, all'elemento oggettivo della attività alla quale il dispositivo è destinato, che dev'essere tale da non comportare, per sua stessa natura, l'utilizzo dell'apparecchio per trarre copie a uso privato; e che l'istituto del rimborso è stato creato proprio per fare fronte a situazioni come quelle indicate dalla società appellante.

Quanto poi alla ipotesi del tutto particolare in cui Samsung Italia rivesta la qualità non di produttrice o importatrice di apparecchi e supporti ma di acquirente diretta di dispositivi per scopi manifestamente estranei alla realizzazione di copie per uso privato, il Collegio considera ostativa all'accoglimento della domanda risarcitoria la circostanza che, anche alla luce delle osservazioni svolte sopra, ben potrà parte appellante chiedere il rimborso del prelievo per copia privata secondo i criteri che verranno adottati alla luce delle statuizioni della Corte di Giustizia, oltre che della presente sentenza, fermo l'onere, da parte del produttore (questa volta nella veste di acquirente finale) di dimostrare che l'acquisto è stato effettivamente compiuto da soggetti diversi dalle persone fisiche per scopi manifestamente estranei alla riproduzione di copia per uso privato, ovvero per usi esclusivamente professionali (sulla necessità di dimostrare i requisiti suddetti e, in particolare, la finalità manifestamente estranea a quella di copia per uso privato, non pare superfluo richiamare ancora CGUE, 22 settembre 2016, C-110/15, punti 40, 47, 52 e 55).

A quest'ultimo proposito non risulta che l'appellante abbia fornito, neppure in via indiziaria, la prova di avere acquistato apparecchiature per scopi esclusivamente professionali.

In conclusione, non vi sono i presupposti per poter accogliere la domanda risarcitoria di Samsung Italia.

2.17. Gli appelli riuniti vanno perciò accolti soltanto in parte (v. sopra, dal p. 2.6. al p. 2.15.) e, per l'effetto, in riforma parziale delle sentenze del TAR del Lazio indicate in epigrafe, e in parziale accoglimento dei ricorsi di primo grado proposti, va annullato l'art. 4 dell'Allegato tecnico al d.m. 30 dicembre 2009, per le ragioni e con gli effetti specificati in motivazione.

Per il resto, gli appelli riuniti vanno respinti e le sentenze del TAR del Lazio confermate.

Considerato l'esito complessivo dei giudizi riuniti, sussistono ragioni eccezionali per disporre la compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi dei giudizi tra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie in parte, per le ragioni ed entro i limiti specificati in motivazione (v. dal p. 2.6. al p. 2.15.) e, per l'effetto, in riforma parziale delle sentenze impugnate, e in accoglimento parziale dei ricorsi di primo grado, annulla l'art. 4 dell'Allegato tecnico del d.m. 30 dicembre 2009, il quale costituisce parte integrante del decreto ministeriale, come da motivazione (v. p. 2.15.).

Con riguardo al ricorso n. R. G. 7383 del 2012 (Samsung Electronics Italia), respinge la domanda di risarcimento danni (v. p. 2.16.).

Respinge nel resto.

Spese del doppio grado dei giudizi riuniti compensate.

Dispone che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.