Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna
Sentenza 26 settembre 2017, n. 188
Presidente: Fino - Estensore: Rigoni
Con atto di citazione regolarmente notificato la Procura Regionale cita C. Sabina per sentirla condannare al risarcimento del danno erariale di euro 11.316,22, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali e condanna alle spese di giudizio.
La Procura riferisce che, a seguito di notizie di stampa pubblicate il 12 aprile 2012, con nota del 22 gennaio 2015, venivano richieste al Nucleo di Polizia Tributaria - Gruppo Tutela Spesa Pubblica della Guardia di Finanza di Bologna informazioni con riferimento all'indagine sul presunto cumulo d'impieghi da parte di personale sanitario in servizio presso il Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di detta città e altre Aziende USL.
La Procura attrice espone che la Guardia di Finanza, con nota del 4 marzo 2015, riscontrava una serie di certificazioni dei compensi erogati da società di assistenza private riguardanti trentacinque dipendenti pubblici operanti nel settore sanitario che avevano espletato incarichi extra-istituzionali retribuiti a fronte di prestazioni infermieristiche.
Secondo quanto esposto in citazione C. Sabina, infermiera professionale dipendente del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, aveva percepito la somma di euro 14.585,74 per l'attività extraistituzionale svolta presso varie società di assistenza private nel periodo dal 2005 al 2009, senza autorizzazione da parte dell'ente pubblico datore di lavoro.
La Procura ritiene sussistente a carico della convenuta una responsabilità amministrativa per avere adottato comportamenti contrari ai doveri di servizio, produttivi di danno erariale nella misura di euro 14.585,74 per l'omesso riversamento dei compensi professionali percepiti in conflitto d'interesse.
Richiama, in tal senso, le disposizioni di cui all'art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 in tema d'incompatibilità tra rapporto di lavoro pubblico ed incarichi esterni, rappresentando che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, e che dalla inosservanza di tale divieto discende - salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare - l'obbligo, con adempimento a cura dell'erogante od in difetto del percettore, di versare il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente, per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
Per il caso di specie, rilevato che C. Sabina ha espletato negli anni dal 2005 al 2009, in assenza di preventiva e specifica autorizzazione, attività lavorative private di natura professionale a scopo di lucro, l'attrice ritiene che dette attività extra-murarie siano incompatibili con lo status giuridico ed economico del pubblico dipendente, così come disciplinato dalla normativa richiamata (citt. art. 1, comma 60, l. n. 662/1996 e art. 53 d.lgs. n. 165/2001), nonché dal regolamento in materia di autorizzazioni allo svolgimento di attività ed incarichi compatibili con il rapporto di lavoro presso l'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico Sant'Orsola-Malpighi.
Al fine della qualificazione psicologica della condotta in violazione dei doveri di servizio, la Procura evidenzia che C. Sabina non avrebbe richiesto alcuna autorizzazione per l'attività esterna.
Riguardo al quantum del danno erariale cagionato, ad avviso della Procura Regionale esso appare commisurabile all'entità complessiva degli emolumenti indebitamente percepiti dalla convenuta, nella misura di euro 14.585,74, trattandosi di specifica ipotesi di responsabilità risarcitoria/sanzionatoria. In tal senso richiama la giurisprudenza della Corte di cassazione, Sez. un., n. 22688/2011, secondo la quale la Corte dei conti ha piena giurisdizione in materia di violazione dell'art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165/2001.
La Procura attrice ritiene inoltre che la restituzione della predetta somma debba avvenire al lordo delle imposte e delle ritenute fiscali, perché detto prelievo rappresenta un obbligo di legge per il percettore, e quindi afferisce ad un rapporto diverso e riguardante soggetti diversi, non quindi influente sulla quantificazione del danno (Sez. Sicilia, n. 2018/2010).
Per quanto attiene al termine prescrizionale, la Procura richiama l'indirizzo giurisprudenziale in base al quale il dies a quo debba essere identificato con il momento in cui il diritto possa essere esercitato, e quindi a decorrere dalla segnalazione dell'Ispettorato della Funzione Pubblica ricevuta dal Policlinico Sant'Orsola-Malpighi in data 12 luglio 2013.
Pur essendo stata regolarmente citata in giudizio per l'udienza del 12 luglio 2017, la convenuta C. Sabina è rimasta contumace, e come tale va dichiarata ai sensi dell'art. 93 d.lgs. n. 174/2016.
All'udienza pubblica del 12 luglio 2017 il Pubblico Ministero ha insistito per l'accoglimento delle conclusioni contenute in atto di citazione.
La fattispecie di danno erariale sottoposta all'esame della Corte attiene, secondo la prospettazione accusatoria, all'indebito esercizio, da parte della convenuta C. Sabina, all'epoca dei fatti infermiera dipendente dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Policlinico Sant'Orsola-Malpighi, di attività extra lavorativa non autorizzata, per il complessivo importo pari a euro 14.585,74.
Al riguardo, occorre anzitutto ricordare che per i dipendenti pubblici la materia delle incompatibilità e del cumulo d'impieghi e incarichi è ora regolata dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ("Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"), il cui art. 53 (riproduttivo dell'art. 58 del d.lgs. n. 29 del 1993), tenuta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli artt. 60 ("L'impiegato non può esercitare il commercio, l'industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro...") e ss. del d.P.R. n. 3 del 1957, con salvezza della deroga prevista dall'art. 23-bis dello stesso d.lgs. n. 165/2001, nonché, per i lavori a tempo parziale, dall'art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 117/1989 e dall'art. 1, commi 57 e ss., della l. n. 662/1996, al comma 7 [come modificato dall'art. 1, comma 42, lett. c), della l. 6 novembre 2012, n. 190], ha disposto l'impossibilità per i dipendenti pubblici di svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, la quale, ai fini di detta autorizzazione, "verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi".
A sua volta, il precedente comma 6 dello stesso art. 53 ha stabilito che "... Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti: a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali; c) dalla partecipazione a convegni e seminari; d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita; f-bis) da attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché di docenza e di ricerca scientifica".
L'assenza di autorizzazione da parte della pubblica amministrazione di appartenenza determina, ai sensi dell'art. 53, comma 7, d.lgs. 165/2001, l'obbligo di versamento, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto delle entrare del bilancio dell'amministrazione di appartenenza per essere destinato ad incremento dei fondi di produttività o equivalenti. L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti.
Nell'ambito del rapporto d'impiego pubblico, infatti, il nostro sistema costituzionale prevede, in linea di principio, l'esclusività della prestazione lavorativa (a mente dell'art. 98, primo comma, Cost.: "I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione"). Peraltro detto principio conosce delle significative eccezioni, come emerge dall'art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 ("Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"), che, al primo comma, enuncia le ipotesi per le quali sussiste l'incompatibilità assoluta del dipendente pubblico, rinviando nel concreto alle ipotesi previste dagli artt. 60 e ss. d.P.R. n. 3/1957.
Dal quadro normativo così ricostruito si ricava che, se intende svolgere altri incarichi retribuiti, il pubblico dipendente deve richiedere l'autorizzazione per consentire di verificare la sussistenza, anche potenziale, di conflitti d'interesse.
Nel caso di specie non risulta, agli atti di causa, che C. Sabina abbia presentato regolare istanza, all'amministrazione dell'azienda sanitaria di cui era dipendente, per poter svolgere attività extraistituzionale presso società private di assistenza. Inoltre la mancata costituzione in giudizio della convenuta non ha consentito l'eventuale eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale per decorso del termine.
Pertanto la domanda attorea è fondata, e conseguentemente C. Sabina deve essere condannata al risarcimento del danno erariale pari all'importo complessivo delle somme ricevute dalle società di assistenza private in assenza di autorizzazione, nella misura di euro 14.585,74 indicata in atto di citazione.
Il danno in questione va calcolato sulla base dei compensi ricevuti dal pubblico dipendente al lordo delle imposte e delle ritenute previdenziali e fiscali, posto che il Collegio ritiene condivisibile la prospettazione della Procura che ritiene detto prelievo un obbligo di legge per il percettore, e quindi afferisce ad un rapporto diverso e riguardante soggetti diversi nel rapporto con l'amministrazione finanziaria (Sez. Sicilia, n. 2018/2010).
Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, definitivamente pronunciando, dichiara, ai sensi dell'art. 93 d.lgs. n. 174/2016, la contumacia della convenuta C. Sabina.
Condanna la convenuta C. Sabina al risarcimento del danno erariale, in favore dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant'Orsola-Malpighi di Bologna, in misura pari a euro 14.585,74, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici FOI dalle singole date dei pagamenti fino al deposito della sentenza e interessi legali dal deposito al saldo.
Condanna C. Sabina al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in euro 243,86 (duecentoquarantatre/86).
Manda alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.