Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 2 febbraio 2017, n. 21324
Presidente: Di Tomassi - Estensore: Talerico
RITENUTO IN FATTO
1. Avverso il decreto penale di condanna emesso dal G.I.P. del Tribunale di Milano in data 4 giugno 2015, P. Tiziana proponeva opposizione avanzando richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova e, in subordine, di giudizio abbreviato.
Con ordinanza del 18 novembre 2015, il Giudice dichiarava inammissibile l'istanza ex art. 464-bis c.p.p. ritenendo che "in sede di opposizione non possa essere avanzata richiesta di messa alla prova poiché il suo eventuale fallimento determinerebbe una stasi processuale non rimediabile"; "riserva(va) ogni altra decisione all'udienza dell'8 aprile 2016" in relazione all'"istanza avanzata in via subordinata".
2. Contro detta ordinanza la P. ha proposto personalmente ricorso per cassazione denunciando l'inosservanza di norme processuali, nonché l'abnormità della decisione stessa, evidenziando che l'art. 464-bis, comma 2, ultimo periodo, c.p.p., prevede espressamente che «nel procedimento per decreto, la richiesta (di sospensione del procedimento con messa alla prova) è presentata con l'atto di opposizione» e che la decisione impugnata, in violazione del dettato normativo, ha comportato una lesione dei diritti dell'imputata alla quale è stato immotivatamente precluso l'accesso alla disciplina di cui agli artt. 464-bis e segg. del codice di rito.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, dott. Mario Fraticelli, ha chiesto l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata e la restituzione degli atti al giudice di merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il Collegio è consapevole del principio espresso da Sez. un., n. 33216 del 31 marzo 2016, Rigacci, Rv. 267234, secondo cui il rigetto della richiesta di sospensione del procedimento per messa alla prova non è immediatamente ricorribile, e lo condivide. Tuttavia detto principio non s'attaglia alla fattispecie in esame, in cui la richiesta è stata dichiarata inammissibile con provvedimento che, presentando i caratteri dell'abnormità, deve ritenersi ricorribile in cassazione.
Come hanno affermato le Sezioni unite di questa Corte, infatti, l'abnormità - per essere tale - deve integrare, non un semplice vizio dell'atto in sé, da cui scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, bensì - sempre e comunque - uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall'ordinamento (Cass., Sez. un., n. 25957 del 26 marzo 2009, Toni, Rv. 243590).
È perciò affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. In altri termini, l'abnormità dell'atto processuale può presentarsi sotto due forme, in quanto essa può riguardare tanto il "profilo strutturale", allorché l'atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il "profilo funzionale", quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini non solo la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo, ma una nullità rilevabile nel futuro corso del processo, idonea, perciò, a determinare una "crisi" irreparabile della sua evoluzione (Sez. un., Toni, citata).
Nel caso di specie, è agevole rilevare che l'ordinanza impugnata, emessa in evidente violazione di legge - essendo espressamente previsto dall'art. 464-bis, comma 2, ultimo periodo, c.p.p. che con l'opposizione a decreto penale di condanna possa essere richiesta la sospensione del procedimento con messa alla prova - è abnorme sotto l'aspetto funzionale in quanto determina un decisivo e verosimilmente non rimediabile nocumento al diritto di difesa, in quanto il Giudice, dichiarando inammissibile la richiesta principale di sospensione del procedimento con messa alla prova e fissando l'udienza in ordine all'istanza subordinata di rito abbreviato, ha, di fatto, precluso alla ricorrente di beneficiare della messa alla prova non più formulabile in limine al giudizio abbreviato.
Conseguentemente il provvedimento impugnato va annullato senza rinvio e gli atti devono essere restituiti al Giudice che lo ha emesso, per quanto di competenza in ordine all'ulteriore corso.
2. Ciò posto, occorre chiarire quale avrebbe dovuto essere, invece, il corretto sviluppo della domanda del ricorrente di sospensione del procedimento con messa alla prova, ineccepibilmente formulata in via principale con l'opposizione a decreto penale di condanna, ai sensi - si ripete - dell'art. 464-bis c.p.p., comma 2, ultimo periodo.
Al proposito va, innanzitutto, rilevato che l'innovazione di cui alla citata legge costituisce una probation giudiziale nella fase istruttoria assimilabile al modello adottato nel procedimento minorile e che il nuovo istituto è caratterizzato da un doppio profilo, sostanziale e processuale: da un lato, esso costituisce una causa di estinzione del reato, collocata nel Capo I del Titolo VI del codice penale, subito dopo la disciplina della sospensione condizionale della pena; dall'altro, costituisce un'ipotesi di definizione alternativa della vicenda processuale, inserita nell'apposito Titolo V-bis del Libro VI (Procedimenti speciali) del codice di rito.
Quanto alla disciplina processuale, ai fini che qui interessano, l'art. 464-bis c.p.p. individua espressamente il termine finale della richiesta, con diversificazioni legate ai differenti moduli procedurali, così come accade per i procedimenti speciali tipici:
- le conclusioni formulate dalle parti, a norma degli artt. 421 e 422 c.p.p., al termine dell'udienza preliminare, nel procedimento ordinario;
- la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, nel giudizio direttissimo e nel procedimento a citazione diretta;
- quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato all'imputato o dalla comunicazione del relativo avviso al difensore, nei casi di giudizio immediato;
- il medesimo termine previsto dall'art. 461 c.p.p., per l'opposizione nei procedimenti per decreto.
L'art. 464-ter c.p.p. prevede quindi che la richiesta in parola possa essere presentata anche nel corso delle indagini preliminari, mentre il successivo art. 464-quater c.p.p. individua i criteri della decisione giudiziale sull'ammissione: a) l'insussistenza delle ragioni che, a norma dell'art. 129 c.p.p., impongono l'immediato proscioglimento; b) l'idoneità del programma di trattamento e la prognosi di risocializzazione, che viene assunta dal giudice nel corso della stessa udienza oppure in apposita udienza in camera di consiglio fissata secondo le modalità di cui all'art. 127 del codice di rito.
I successivi articoli del codice di rito disciplinano l'esecuzione dell'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, l'acquisizione di prove («non rinviabili» o di quelle che «possono condurre al proscioglimento dell'imputato») durante la sospensione del procedimento («con le modalità stabilite per il dibattimento»), gli esiti della messa alla prova (l'estinzione del reato, che costituisce l'epilogo naturale della probation; la ripresa del processo, in caso di esito negativo della probation stessa) e la revoca dell'ordinanza di sospensione.
L'espressione adoperata dall'art. 464-septies, comma 2, c.p.p. («in caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso») e dall'art. 464-octies, comma 4 («quando l'ordinanza di revoca è divenuta definitiva il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso e cessa l'esecuzione delle prescrizioni e degli obblighi imposti») legittima l'interpretazione che il corso del processo dovrà riprendere dal momento in cui si è verificata l'interruzione e cioè gli incombenti conclusivi delle indagini preliminari, nel caso previsto dall'art. 464-ter; l'udienza preliminare, nell'ipotesi in cui la richiesta sia stata presentata in quella fase del procedimento ordinario; la dichiarazione di apertura del dibattimento, nell'ipotesi di richiesta presentata nel giudizio direttissimo e nel procedimento per citazione diretta o nel caso di sospensione "recuperata" a seguito di primitivo rigetto o del dissenso del Pubblico Ministero, ai sensi degli artt. 464-ter, comma 4, e 464-quater, comma 9; la costituzione delle parti nel dibattimento nel caso di richiesta presentata dopo l'emissione di giudizio immediato.
Per quanto riguarda il procedimento per decreto, posto che l'art. 464-bis, comma 2, ultima parte, prevede che la richiesta è presentata con l'atto di opposizione, il corso del processo dovrà riprendere dall'emissione da parte del G.I.P. del decreto di giudizio immediato, salvo che siano state presentate altre richieste subordinate e queste siano ancora da valutare (cfr. Sez. 2, n. 8997 del 18 novembre 2014, 2015, Galeandro, Rv. 263228; Sez. 2, n. 10462 dell'8 gennaio 2016, Ahmetovic, Rv. 266124 ).
E ciò in applicazione del principio di diritto fissato per i casi analoghi, secondo cui "in tema di procedimento per decreto, nell'ipotesi in cui, a seguito di opposizione, l'opponente non chieda il giudizio abbreviato o il patteggiamento, oppure manchi per quest'ultimo il consenso del P.M., oppure sia rigettata la richiesta di applicazione della pena, perché non ritenuta congrua dal giudice, questi deve procedere al giudizio immediato che costituisce l'esito necessario dell'opposizione quando difettino i presupposti per l'accesso agli altri riti" (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto abnorme, siccome determinante un'indebita regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il G.I.P., giudicata incongrua la pena concordata tra le parti, aveva disposto la trasmissione degli atti al P.M.) [Sez. 4, n. 6574 del 16 gennaio 2009, Paglierini, Rv. 220796].
3. Emerge da siffatto excursus come il sistema individui per l'accesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova, sedi, limiti temporali e scansioni affatto analoghi a quelli previsti per l'accesso al giudizio abbreviato o al patteggiamento, e dunque il giudice chiamato a decidere sulla richiesta formulata dall'imputato non può che essere, anche per tale procedimento speciale, il giudice che, in ciascuna delle sedi individuate, "procede".
Sicché, nel caso in cui detta richiesta sia stata presentata con l'atto di opposizione a decreto penale di condanna, tale giudice va individuato nel G.I.P., che avendo la disponibilità del fascicolo è da considerare il giudice che (ancora) procede (cfr., mutatis, Sez. un., n. 3088 del 17 gennaio 2006, Bergamasco, Rv. 232360, nonché, tra molte, in tema di abbreviato richiesto con l'opposizione a decreto penale di condanna, Sez. 1, n. 38595 del 30 settembre 2005 Galbignani, Rv. 232948, e successive conformi).
Non condivide, invero, il Collegio la soluzione adottata da questa Corte in sede di conflitto, secondo cui spetterebbe invece "al giudice del dibattimento, e non al giudice per le indagini preliminari, la competenza a decidere sulla richiesta di sospensione del procedimento e di messa alla prova ex art. 464-bis c.p.p., avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna" (Sez. 1, n. 25867 del 3 febbraio 2016, Rv. 267062).
Non convince l'affermazione secondo cui militerebbe in favore della soluzione da quella pronuncia adottata "l'obiettiva diversità della richiesta di messa alla prova rispetto a quella di ammissione a un rito alternativo"; e ciò in quanto l'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova è comunque disciplinato nell'introdotto Titolo V-bis del Libro VI del codice di rito che prevede proprio i "procedimenti speciali".
Del pari non convincente è poi l'affermazione, contenuta sempre nella citata pronuncia, secondo cui «se dovesse essere ritenuto competente il Giudice delle indagini preliminari, quest'ultimo, del tutto incongruamente, "dovrebbe acquisire delle prove relativamente al giudizio che, in caso di revoca dell'ordinanza di sospensione con messa alla prova, verrebbe poi ad essere celebrato, per la restante parte, dal giudice del dibattimento", con la conseguenza che, "così argomentando il legislatore avrebbe introdotto una nuova ipotesi di "incidente probatorio", ulteriormente derogando in maniera tra l'altro non espressa al principio di oralità della prova"».
Stabilisce, infatti, il citato art. 464-sexies, c.p.p., che "durante la sospensione del procedimento con messa alla prova il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili e quelle che possono condurre al proscioglimento dell'imputato"; ed è agevole constatare che siffatta norma è del tutto analoga a quella dell'art. 392 c.p.p. che prevede l'incidente probatorio.
Potendosi solo aggiungere che è appunto l'uso dell'espressione "con le modalità stabilite per il dibattimento" utilizzata nell'art. 464-sexies citato nella sentenza richiamata, che parrebbe dimostrare, invece, il contrario di quanto in quella si sostiene: perché se la competenza fosse - sempre - riservata al giudice del dibattimento, non vi sarebbe stata ragione alcuna per tale precisazione, riservata alle forme da adottare.
Dunque, ad avviso del Collegio, appare evidente l'intenzione del Legislatore: quella di consentire che le prove "non rinviabili" raccolte ai sensi dell'art. 464-sexies citato possano essere usate anche dal giudice del dibattimento, così come si verifica del resto per le prove raccolte, ex art. 392 c.p.p., sia nel corso delle indagini preliminari, sia - a seguito della sentenza della Corte costituzionale 10 marzo 1994, n. 77 - anche nella fase dell'udienza preliminare.
In entrambi i casi, peraltro, la prova viene raccolta nel contraddittorio delle parti e la deroga al principio secondo cui la stessa dovrebbe formarsi nel dibattimento è giustificata dalla non rinviabilità della sua assunzione, dovuta alle ragioni indicate nell'art. 392 c.p.p. citato, alle quali deve fare riferimento il Giudice delle indagini preliminari che ha disposto la sospensione del procedimento con messa alla prova.
La situazione verificatasi nel caso in esame manifesta, quindi, l'evidente asistematicità di una soluzione quale quella qui non condivisa, in base alla quale la sede "naturale" per la decisione sulla richiesta di sospensione del procedimento per messa alla prova e per i provvedimenti conseguenti dovrebbe essere sempre il dibattimento, così privando l'imputato della possibilità di eventualmente richiedere, in via subordinata come è accaduto nel caso in esame ovvero in caso di rigetto, la definizione mediante altri riti alternativi la cui richiesta non risulti ancora preclusa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti al GUP del Tribunale di Milano per l'ulteriore corso.
Depositata il 4 maggio 2017.