Corte di giustizia dell'Unione Europea
Terza Sezione
Sentenza 18 dicembre 2025
Presidente: Lycourgos - Relatore: Fenger
«Rinvio pregiudiziale - Spazio di libertà, sicurezza e giustizia - Cooperazione giudiziaria in materia penale - Direttiva 2014/41/UE - Ordine europeo di indagine penale - Articolo 3 - Ambito di applicazione ratione materiae - Nozione di "atto d'indagine" - Finalità - Assunzione di mezzi di prova - Articolo 10 - Ricorso a un diverso tipo di atto d'indagine - Articolo 11 - Motivi di non riconoscimento o di non esecuzione - Diritti fondamentali - Articolo 22 - Trasferimento temporaneo nello Stato di emissione di persone detenute ai fini di un atto d'indagine - Articolo 24 - Audizione dell'imputato mediante videoconferenza - Articolo 24, paragrafo 2, lettera b) - Principi fondamentali del diritto dello Stato membro di esecuzione».
Nella causa C‑325/24 [Bissilli] (*), avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunale ordinario di Firenze (Italia), con decisione del 5 febbraio 2024, pervenuta in cancelleria il 2 maggio 2024, nel procedimento penale contro HG, con l'intervento di: Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze.
[...]
1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli articoli 3 e 10, dell'articolo 11, paragrafo 1, lettera f), dell'articolo 22, paragrafo 1, e dell'articolo 24 della direttiva 2014/41/UE, relativa all'ordine europeo di indagine penale (GU 2014, L 130, pag. 1, e rettifica in GU 2019, L 245, pag. 9), nonché dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di un procedimento penale a carico di HG, imputato di partecipazione a un'organizzazione criminale e di traffico di stupefacenti.
Contesto normativo
3. I considerando da 5 a 8, 25, 26 e 34 della direttiva 2014/41 enunciano quanto segue:
«5) In seguito all'adozione delle decisioni quadro 2003/577/GAI [del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (GU 2003, L 196, pag. 45)] e 2008/978/GAI [del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativa al mandato europeo di ricerca delle prove diretto all'acquisizione di oggetti, documenti e dati da utilizzare nei procedimenti penali (GU 2008, L 350, pag. 72)], è apparso evidente che il quadro esistente per l'acquisizione delle prove è troppo frammentario e complesso. È pertanto necessaria una nuova impostazione.
6) Nel programma di Stoccolma, adottato dal Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2009, il Consiglio europeo ha considerato di perseguire ulteriormente l'istituzione di un sistema globale di acquisizione delle prove nelle fattispecie aventi dimensione transfrontaliera, basato sul principio del riconoscimento reciproco. Il Consiglio europeo ha rilevato che gli strumenti esistenti nel settore costituiscono una disciplina frammentaria e che è necessaria una nuova impostazione che, pur ispirandosi al principio del riconoscimento reciproco, tenga conto altresì della flessibilità del sistema tradizionale di assistenza giudiziaria. Il Consiglio europeo ha pertanto chiesto la creazione di un sistema globale in sostituzione di tutti gli strumenti esistenti nel settore, compresa la decisione quadro 2008/978/GAI del Consiglio, che contempli per quanto possibile tutti i tipi di prove, stabilisca i termini di esecuzione e limiti al minimo i motivi di rifiuto.
7) Tale nuova impostazione si basa su un unico strumento denominato ordine europeo d'indagine (OEI).
8) L'OEI dovrebbe avere una portata orizzontale e pertanto dovrebbe applicarsi a tutti gli atti di indagine finalizzati all'acquisizione di prove. Tuttavia, l'istituzione di una squadra investigativa comune e l'acquisizione di prove nell'ambito di tale squadra richiedono disposizioni specifiche, che è più opportuno disciplinare separatamente. Fatta salva l'applicazione della presente direttiva, gli strumenti esistenti dovrebbero pertanto continuare ad applicarsi a questo tipo di atto di indagine.
(...)
25) La presente direttiva stabilisce le regole sul compimento in tutte le fasi del procedimento penale, compresa quella processuale, di un atto di indagine, se necessario con la partecipazione della persona interessata ai fini della raccolta di elementi di prova. Ad esempio un OEI può essere emesso per il trasferimento temporaneo di tale persona nello Stato di emissione o per lo svolgimento di un'audizione mediante videoconferenza. Tuttavia, qualora tale persona debba essere trasferita in un altro Stato membro ai fini di un procedimento penale, anche per comparire dinanzi a un organo giurisdizionale per essere processata, dovrebbe essere emesso un mandato d'arresto europeo (MAE) in conformità della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio [del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1)]».
26) Per garantire un uso proporzionato del MAE, l'autorità di emissione dovrebbe esaminare se un OEI costituisca un mezzo efficace e proporzionato per svolgere i procedimenti penali. L'autorità di emissione dovrebbe esaminare, in particolare, se l'emissione di un OEI ai fini dell'audizione di una persona sottoposta a indagini o di un imputato mediante videoconferenza possa costituire una valida alternativa.
(...)
34) In virtù del suo ambito di applicazione, la presente direttiva contempla unicamente i provvedimenti provvisori al fine di raccogliere prove. (...)».
4. Ai sensi dell'articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva in parola:
«1. L'ordine europeo d'indagine (OEI) è una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un'autorità competente di uno Stato membro (lo "Stato di emissione") per compiere uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato membro (lo "Stato di esecuzione") ai fini di acquisire prove conformemente alla presente direttiva.
L'OEI può anche essere emesso per ottenere prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione.
2. Gli Stati membri eseguono un OEI in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alla presente direttiva».
5. Il successivo articolo 3 così dispone:
«L'OEI si applica a qualsiasi atto d'indagine, tranne all'istituzione di una squadra investigativa comune e all'acquisizione di prove nell'ambito di tale squadra ai sensi dell'articolo 13 della convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea [(GU 2000, C 197, pag. 3)] e della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio [del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni (GU 2002, L 162, pag. 1)] eccetto ai fini dell'applicazione, rispettivamente, dell'articolo 13, paragrafo 8, della convenzione e dell'articolo 1, paragrafo 8 della decisione quadro».
6. L'articolo 9, paragrafo 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:
«L'autorità di esecuzione riconosce un OEI, trasmesso conformemente alle disposizioni della presente direttiva, senza imporre ulteriori formalità e ne assicura l'esecuzione nello stesso modo e secondo le stesse modalità con cui procederebbe se l'atto d'indagine in questione fosse stato disposto da un'autorità dello Stato di esecuzione, a meno che non decida di addurre uno dei motivi di non riconoscimento o di non esecuzione ovvero uno dei motivi di rinvio previsti dalla presente direttiva». 7. L'articolo 10, paragrafi 1, 2 e 5, della direttiva 2014/41 recita:
«1. Qualora esista un atto di indagine alternativo ai sensi del diritto dello Stato di esecuzione, l'autorità di esecuzione dispone, ove possibile, un atto di indagine alternativo quando:
a) l'atto di indagine richiesto nell'OEI non è previsto dal diritto dello Stato di esecuzione; oppure
b) l'atto di indagine richiesto nell'OEI non sia disponibile in un caso interno analogo.
2. Fatto salvo l'articolo 11, il paragrafo 1 non si applica ai seguenti atti d'indagine, che devono sempre essere disponibili in base al diritto dello Stato membro di esecuzione:
(...)
c) l'audizione di un testimone, di un esperto, di una vittima, di una persona sottoposta ad indagini o di un imputato o di terzi nel territorio dello Stato di esecuzione;
(...)
5. Ove, conformemente al paragrafo 1, l'atto di indagine richiesto nell'OEI non sia previsto dal diritto dello Stato di esecuzione o non sia disponibile in un caso interno analogo, e ove non vi siano altri atti di indagine che consentano di ottenere lo stesso risultato dell'atto di indagine richiesto, l'autorità di esecuzione informa l'autorità di emissione che non è stato possibile fornire l'assistenza richiesta».
8. L'articolo 11, paragrafo 1, di tale direttiva, prevede quanto segue:
«Fatto salvo l'articolo 1, paragrafo 4, l'autorità di esecuzione può rifiutare il riconoscimento o l'esecuzione di un OEI qualora:
(...)
f) sussistono seri motivi per ritenere che l'esecuzione dell'atto di indagine richiesto nell'OEI sia incompatibile con gli obblighi dello Stato di esecuzione ai sensi dell'articolo 6 TUE e della Carta;
(...)
h) il ricorso all'atto di indagine richiesto nell'OEI sia limitato dal diritto dello Stato di esecuzione a un elenco o a una categoria di reati o a reati punibili entro una certa soglia fra cui non figura il reato oggetto dell'OEI.
(...)».
9. Gli articoli da 22 a 29 di detta direttiva ne compongono il capo IV, intitolato «Disposizioni specifiche per determinati atti di indagine».
10. L'articolo 22 della medesima direttiva, intitolato «Trasferimento temporaneo nello Stato di emissione di persone detenute ai fini di un atto d'indagine», ai paragrafi 1, 2 e 5 così dispone:
«1. Un OEI può essere emesso per il trasferimento temporaneo di una persona detenuta nello Stato di esecuzione ai fini del compimento di un atto d'indagine, nell'intento di raccogliere elementi di prova, che richieda la sua presenza nel territorio dello Stato di emissione, a condizione che sia ricondotta nello Stato di esecuzione entro il termine da quest'ultimo stabilito.
2. Oltre che per i motivi di non riconoscimento o di non esecuzione di cui all'articolo 11, l'esecuzione dell'OEI può anche essere rifiutata se:
a) la persona detenuta nega il proprio consenso; o
b) il trasferimento può prolungare la detenzione di detta persona.
(...)
5. Le modalità pratiche del trasferimento temporaneo della persona, compresi i dettagli della sua detenzione nello Stato di emissione e i termini entro i quali deve essere trasferita dal territorio dello Stato di esecuzione e ricondotta nello stesso, sono concordati tra lo Stato di emissione e lo Stato di esecuzione, garantendo che si tenga conto delle condizioni di salute fisica e mentale della persona interessata, nonché del livello di sicurezza richiesto nello Stato di emissione».
11. L'articolo 23, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/41 dispone quanto segue:
«1. Un OEI può essere emesso per il trasferimento temporaneo di una persona detenuta nello Stato di emissione ai fini del compimento di un atto di indagine per raccogliere elementi di prova che richieda la sua presenza nel territorio dello Stato di esecuzione».
2. L'articolo 22, paragrafo 2, lettera a), e paragrafi da 3 a 9 si applica, mutatis mutandis, a eventuali trasferimenti temporanei ai sensi del presente articolo».
12. L'articolo 24, intitolato «Audizione mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva», è così formulato:
«1. Laddove una persona, che si trova nel territorio dello Stato di esecuzione, debba essere ascoltata in qualità di testimone o di perito dalle autorità competenti dello Stato di emissione, l'autorità di emissione può emettere un OEI ai fini dell'audizione del testimone o del perito mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva a norma dei paragrafi da 5 a 7.
L'autorità di emissione può emettere un OEI anche ai fini dell'audizione di una persona sottoposta ad indagini o di un imputato mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva.
2. Oltre che per i motivi di non riconoscimento o di non esecuzione di cui all'articolo 11, l'esecuzione di un OEI può essere rifiutata se:
a) la persona sottoposta a indagini o l'imputato nega il proprio consenso; ovvero
b) l'esecuzione di tale atto di indagine in un caso particolare è contraria ai principi fondamentali del diritto dello Stato di esecuzione.
3. L'autorità di emissione e l'autorità di esecuzione concordano le modalità pratiche dell'audizione. (...)
(...)
5. In caso di audizione effettuata mediante videoconferenza o di altra trasmissione audiovisiva si applicano le seguenti disposizioni:
a) all'audizione è presente, se necessario assistito da un interprete, un rappresentante dell'autorità competente dello Stato di esecuzione che provvede anche ad assicurare l'identificazione della persona da ascoltare e il rispetto dei principi fondamentali del diritto dello Stato di esecuzione.
Se ritiene che durante l'audizione siano violati i principi fondamentali del diritto dello Stato di esecuzione, l'autorità di esecuzione prende immediatamente i provvedimenti necessari per assicurare che l'audizione continui a svolgersi secondo tali principi;
b) le autorità competenti dello Stato di emissione e dello Stato di esecuzione concordano, se del caso, misure relative alla protezione della persona da ascoltare;
c) l'audizione è condotta direttamente dall'autorità competente dello Stato di emissione, o sotto la sua direzione, secondo il proprio diritto interno;
d) su richiesta dello Stato di emissione o della persona da ascoltare, lo Stato di esecuzione provvede affinché la persona da ascoltare sia assistita, se necessario, da un interprete;
e) le persone sottoposte a indagini o gli imputati sono informati prima dell'audizione degli eventuali diritti procedurali previsti, compreso il diritto di non testimoniare, dal diritto dello Stato di esecuzione e dello Stato di emissione. I testimoni e i periti possono avvalersi del diritto di non testimoniare eventualmente previsto dal diritto dello Stato di esecuzione o dello Stato di emissione e sono informati di tale diritto prima dell'audizione.
6. Fatte salve le misure convenute per la protezione delle persone interessate, al termine dell'audizione l'autorità di esecuzione redige un verbale indicante la data ed il luogo dell'audizione, l'identità della persona ascoltata, le identità e le qualifiche di tutte le altre persone che hanno partecipato all'audizione nello Stato di esecuzione, le eventuali prestazioni di giuramento e le condizioni tecniche in cui si è svolta l'audizione. Tale documento è trasmesso dall'autorità di esecuzione all'autorità di emissione.
(...)».
13. Ai sensi dell'articolo 26, paragrafo 6, della suddetta direttiva:
«Un OEI può essere emesso anche per accertare se una persona fisica o giuridica oggetto del procedimento penale interessato detenga uno o più conti in un istituto finanziario diverso da una banca, situato nel territorio dello Stato di esecuzione. Si applicano, mutatis mutandis, i paragrafi da 3 a 5. In tal caso, oltre che per i motivi di non riconoscimento o di non esecuzione di cui all'articolo 11, l'esecuzione dell'OEI può essere rifiutata se l'esecuzione dell'atto di indagine non sia autorizzata in un caso interno analogo».
14. L'articolo 27, paragrafo 5, della stessa direttiva recita:
«Un OEI può essere emesso anche in relazione alle informazioni di cui al paragrafo 1 con riferimento alle operazioni finanziarie effettuate da istituti finanziari diversi dalle banche. Si applicano, mutatis mutandis, i paragrafi 3 e 4. In questo caso, oltre che per i motivi di non riconoscimento o di non esecuzione di cui all'articolo 11, l'esecuzione dell'OEI può essere rifiutata se l'esecuzione dell'atto di indagine non sia autorizzata in un caso interno analogo».
15. L'articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 prevede quanto segue:
«Quando un OEI è emesso ai fini dell'esecuzione di un atto di indagine che implica l'acquisizione di elementi di prova in tempo reale, in modo continuo e per un periodo determinato, quali:
a) il controllo di operazioni bancarie o altre operazioni finanziarie effettuate tramite uno o più conti specificati;
b) le consegne controllate nel territorio dello Stato di esecuzione;
l'esecuzione può essere rifiutata, oltre che per i motivi di non riconoscimento o di non esecuzione di cui all'articolo 11, qualora l'esecuzione dell'atto di indagine non sia autorizzata in un caso interno analogo». 16. L'articolo 29, paragrafi 1 e 3, di tale direttiva è così formulato:
«1. Un OEI può essere emesso ai fini della richiesta allo Stato di esecuzione di assistere lo Stato di emissione nello svolgimento di indagini sulla criminalità da parte di agenti infiltrati o sotto falsa identità ("operazioni di infiltrazione").
(...)
3. Oltre ai motivi di non riconoscimento e di non esecuzione di cui all'articolo 11, l'autorità di esecuzione può rifiutare di eseguire un OEI di cui al paragrafo 1 laddove:
a) l'esecuzione dell'operazione di infiltrazione non sia autorizzata in un caso interno analogo; o
b) non sia stato possibile raggiungere un accordo sulle modalità delle operazioni di infiltrazione di cui al paragrafo 4».
17. La sezione C del modulo di cui all'allegato A di detta direttiva consente all'autorità di emissione di indicare gli atti di indagine richiesti.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
18. HG è sottoposto, in Italia, a procedimento penale per partecipazione ad un'organizzazione criminale e traffico di stupefacenti.
19. Il procedimento penale a carico di HG per tali reati pende dinanzi al Tribunale ordinario di Firenze (Italia), che è il giudice del rinvio.
20. Non essendo comparso personalmente dinanzi a tale giudice, HG è stato dichiarato assente, in quanto era al corrente del processo ed era rappresentato da un avvocato da lui nominato. Accogliendo la richiesta di tale avvocato, il giudice del rinvio ha ordinato l'audizione di HG.
21. Informato dalla Procura del trattenimento di HG in Belgio, dal 15 febbraio 2022, detto giudice ha emesso un ordine europeo di indagine affinché le autorità belghe procedessero a un'audizione mediante videoconferenza di HG in qualità di imputato.
22. Con lettera del 17 febbraio 2023, la Procura di Bruges (Belgio) ha informato il giudice del rinvio che l'ordine europeo di indagine da esso emesso ai fini dell'audizione di HG mediante videoconferenza non sarebbe stato eseguito. Tale procura, senza fare riferimento ai motivi di rifiuto specifici previsti dalla direttiva 2014/41, ha precisato, in primo luogo, che il diritto belga autorizzava l'audizione mediante videoconferenza di determinati testimoni e periti nel corso del processo, ma non prevedeva la possibilità di un'audizione mediante videoconferenza di un imputato nel corso del suo proprio processo, dovendo questi invece comparire personalmente dinanzi al tribunale di condanna. In secondo luogo, detta procura ha considerato che la normativa belga che recepisce tale direttiva subordinava l'audizione di un imputato mediante videoconferenza a due condizioni, vale a dire, da un lato, il consenso dell'interessato e, dall'altro, il rispetto dei principi fondamentali del diritto belga. In terzo luogo, facendo riferimento a una sentenza della Cour constitutionnelle (Corte costituzionale, Belgio) del 21 giugno 2018 e a direttive adottate dal Collège des procureurs généraux (Consiglio dei procuratori generali, Belgio), la Procura di Bruges ha indicato che la comparizione di un imputato al suo processo mediante videoconferenza era contraria al diritto a un processo equo.
23. Successivamente, il giudice del rinvio ha chiesto l'assistenza dell'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust). Tuttavia, gli sforzi compiuti da Eurojust si sono rivelati vani, in quanto le autorità belghe hanno escluso la possibilità di un trasferimento temporaneo di HG in Italia, suggerita da Eurojust.
24. In tale contesto, il giudice del rinvio afferma di dover stabilire se siffatti dinieghi di esecuzione siano conformi al diritto dell'Unione, al fine di pronunciarsi sull'emissione, se del caso, di un nuovo ordine europeo di indagine.
25. Esso espone, in primo luogo, che, conformemente al diritto italiano, l'imputato non ha alcun obbligo di assistere al proprio processo. Di conseguenza, il processo può essere celebrato in assenza dell'imputato, purché vi sia la certezza che egli ha effettiva conoscenza del processo e che la sua assenza è frutto di una scelta volontaria. Ciò posto, dal momento che l'imputato ha il diritto di assistere al processo, qualora egli non possa comparire a causa di un impedimento legittimo, quale la sua detenzione all'estero, il suo processo deve essere rinviato fino a quando la sua comparizione sia nuovamente possibile, a meno che l'imputato stesso non rinunci espressamente a comparire. In una situazione del genere, gli imputati detenuti all'estero possono presenziare al loro processo mediante videoconferenza, qualora una siffatta possibilità sia prevista da accordi internazionali.
26. Inoltre, nell'ambito del procedimento penale italiano, le prove sono, in linea di principio, raccolte e versate agli atti unicamente durante la fase processuale. Pertanto, l'audizione dell'imputato che ne faccia richiesta o che vi acconsenta durante il processo, oltre a garantire la sua comparizione, persegue una finalità probatoria.
27. Il giudice del rinvio si chiede, in tale contesto, se sia possibile emettere un ordine europeo di indagine quando, come nel caso di specie, l'organizzazione dell'audizione di una persona mediante videoconferenza in qualità di imputato miri sia ad ottenere prove sia a garantire la sua comparizione al processo. 28. In secondo luogo, per quanto riguarda i motivi invocati dalla Procura di Bruges per rifiutare di eseguire l'ordine europeo di indagine emesso nell'ambito del procedimento principale, il giudice del rinvio rileva che tale procura ha dedotto un motivo generale e un motivo specifico di rifiuto.
29. Il primo è legato all'indisponibilità dell'audizione mediante videoconferenza in un caso interno analogo, dato che il diritto belga non prevede la misura dell'audizione degli imputati. Secondo il giudice del rinvio, il quale rileva che l'audizione mediante videoconferenza di un imputato figura tra gli atti di indagine specifici di cui al capo IV della direttiva 2014/41, l'articolo 24 di tale direttiva, che disciplina l'audizione mediante videoconferenza, non prevede un motivo di rifiuto fondato sull'indisponibilità dell'atto di indagine in un caso interno analogo, previsione che invece la stessa direttiva contiene per atti quali le operazioni di infiltrazione.
30. Il secondo motivo di rifiuto si riferisce all'incompatibilità dell'audizione mediante videoconferenza con i principi fondamentali del diritto dello Stato membro di esecuzione. Il giudice del rinvio osserva al riguardo che, sebbene le autorità belghe abbiano indicato che l'utilizzo della videoconferenza per ascoltare l'imputato nell'ambito del suo processo è contrario al diritto a un processo giusto ed equo e abbiano invocato la sentenza del 21 giugno 2018 con cui la Cour constitutionnelle (Corte costituzionale) ha annullato la legge belga relativa all'utilizzo della videoconferenza per la comparizione degli imputati in custodia cautelare, dette autorità non hanno precisato le ragioni per le quali ritengono che il motivo di rifiuto fondato sulla contrarietà dell'atto richiesto ai principi fondamentali del diritto belga sia applicabile nella fattispecie, alla luce delle circostanze del caso.
31. Il giudice del rinvio considera, in terzo luogo, che l'esecuzione dell'ordine europeo di indagine che aveva emesso nell'ambito del procedimento principale non avrebbe potuto essere rifiutata per incompatibilità dell'atto richiesto con i diritti fondamentali dell'Unione, sul fondamento dell'articolo 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2014/41, senza una previa verifica della compatibilità delle disposizioni pertinenti del diritto italiano con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.
32. Il giudice del rinvio indica, in quarto luogo, che intende altresì emettere un ordine europeo di indagine per il trasferimento temporaneo di HG in Italia ai fini della sua audizione in presenza. A suo avviso, il principio del mutuo riconoscimento sarebbe vanificato se lo Stato membro di esecuzione potesse mettere in dubbio la finalità probatoria dell'atto di indagine richiesto sul fondamento del proprio diritto nazionale e rifiutare l'esecuzione di un ordine europeo di indagine ritenendo che esso non persegua una finalità di raccolta delle prove. Esso si chiede se sia possibile emettere una decisione siffatta qualora, come nel caso di specie, il provvedimento richiesto miri non solo all'assunzione di prove, ma anche a garantire la comparizione al processo dell'imputato.
33. In tali circostanze, il Tribunale ordinario di Firenze ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) [s]e l'articolo 24 della direttiva [2014/41], letto congiuntamente all'articolo 3 [di tale] direttiva, consenta l'emissione di un OEI per l'audizione in videoconferenza di un imputato detenuto nello Stato di esecuzione durante l'udienza dibattimentale, allo scopo di raccogliere prove attraverso il suo esame e con la finalità aggiuntiva di assicurarne la partecipazione al processo, alla luce di quanto previsto all'articolo 24 e dei considerando 25 e 26 [di detta direttiva], ove in particolare siano assenti i requisiti per l'emissione di un MAE e nel diritto interno dello Stato di emissione sia sancito il diritto dell'imputato di partecipare al processo e sottoporsi ad esame anche tramite videoconferenza per rendere dichiarazioni con valenza probatoria.
2) [n]el caso in cui alla prima domanda sia data risposta affermativa, se la norma di cui all'articolo 10 della direttiva [2014/41], che legittima lo Stato di esecuzione a rifiutare l'esecuzione di un OEI ove l'atto investigativo non sia ammesso in un caso interno analogo, possa essere interpretata per legittimare lo Stato di esecuzione a rifiutare l'esecuzione di un OEI per l'audizione dell'imputato detenuto all'estero in videoconferenza a processo, alla luce del successivo articolo 24, che disciplina il regime specifico dell'udienza in videoconferenza senza includere il motivo di rifiuto in esame.
3) [s]e l'articolo 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva [2014/41], alla luce dell'articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che l'esecuzione di un OEI per l'audizione dell'imputato detenuto all'estero in videoconferenza in udienza dibattimentale non possa essere rifiutata qualora le garanzie procedurali applicabili a tale videoconferenza ai sensi della legge dello Stato di emissione siano idonee nel caso specifico ad assicurare all'imputato il concreto esercizio dei suoi diritti di difesa e il diritto fondamentale a un equo processo ai sensi dell'articolo 47 della Carta.
4) [s]e il concetto di "principi fondamentali [del diritto] dello Stato di esecuzione", che può costituire un motivo speciale di rifiuto ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 2, lettera b) [della direttiva 2014/41], possa costituire un limite all'esecuzione di qualsiasi richiesta di audizione dell'imputato in videoconferenza a processo, sulla base di una direttiva nazionale generale vincolante per tutte le autorità di esecuzione, senza alcuna valutazione delle peculiarità del caso specifico e dei precetti contenuti nella legge nazionale dello Stato di emissione a garanzia dei diritti di difesa dell'imputato applicabili nel caso concreto, o se, al contrario, non sia corretto intendere il rifiuto di esecuzione alla stregua di un'eccezione che deve essere interpretata in modo rigoroso, in relazione a specifici aspetti procedurali previsti dalla legge nazionale dello Stato di emissione o a particolari elementi rilevanti del caso specifico.
5) [s]e l'articolo 22, paragrafo 1, [della direttiva 2014/41], letto congiuntamente all'articolo 3 [di tale direttiva], consenta l'emissione di un OEI per il trasferimento temporaneo dell'imputato detenuto all'estero per consentirne la sua audizione in un'udienza dibattimentale, ove tale audizione abbia valenza istruttoria secondo la legge nazionale dello Stato di emissione».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
34. Il governo belga sostiene che la seconda e la terza questione pregiudiziale sono di natura ipotetica.
35. Secondo tale governo, il rifiuto di esecuzione dell'ordine europeo di indagine emesso dal giudice del rinvio nel procedimento principale era fondato sul motivo previsto all'articolo 24, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/41, relativo alla contrarietà dell'atto di indagine richiesto ai principi fondamentali del diritto dello Stato membro di esecuzione. Ebbene, la seconda e la terza questione pregiudiziale riguardano altri motivi di rifiuto, previsti rispettivamente all'articolo 10 e all'articolo 11, paragrafo 1, lettera f), della stessa direttiva.
36. Occorre ricordare, a tal riguardo, che, per giurisprudenza costante della Corte, nell'ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall'articolo 267 TFUE spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l'interpretazione del diritto dell'Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v. sentenze del 21 aprile 1988, Pardini, 338/85, EU:C:1988:194, punto 8, e del 24 luglio 2023, Lin, C-107/23 PPU, EU:C:2023:606, punto 61).
37. Ne consegue che le questioni relative al diritto dell'Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti in modo manifesto che la richiesta interpretazione o valutazione della validità di una norma del diritto dell'Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l'oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v. sentenze del 13 luglio 2000, Idéal tourisme, C‑36/99, EU:C:2000:405, punto 20, e del 24 luglio 2023, Lin, C‑107/23 PPU, EU:C:2023:606, punto 62).
38. Nel caso di specie, il giudice del rinvio precisa che la domanda di pronuncia pregiudiziale mira a consentirgli di stabilire se esso possa emettere un nuovo ordine europeo di indagine al fine di ascoltare HG, dopo che è stata rifiutata l'esecuzione di un precedente ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'audizione di HG mediante videoconferenza.
39. Queste considerazioni sono tali da giustificare che detto giudice possa, in quanto autorità giudiziaria emittente, interpellare la Corte sulle condizioni di esecuzione di un ordine europeo di indagine (v., per analogia, sentenze del 24 ottobre 2019, Gavanozov, C‑324/17, EU:C:2019:892, punti 21 e 22, e del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 53).
40. In tali circostanze, dato che le questioni pregiudiziali mirano a stabilire se l'emissione di un nuovo ordine europeo di indagine al fine di ascoltare HG possa collidere con un futuro rifiuto di esecuzione e, quindi, a precisare i poteri e gli obblighi dell'autorità giudiziaria emittente, la circostanza che la seconda e la terza questione vertano su motivi di rifiuto diversi da quelli sui quali sarebbe stato fondato il rifiuto di esecuzione di un precedente ordine europeo di indagine emesso dal giudice del rinvio nell'ambito del procedimento principale non è sufficiente a dimostrare che tali questioni non hanno alcun rapporto con la realtà effettiva o con l'oggetto di tale procedimento [v., per analogia, sentenze del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punti da 52 a 57, nonché del 20 marzo 2025, Procuratore della Repubblica (Concorso di un mandato d'arresto europeo e di una richiesta di estradizione), C‑763/22, EU:C:2025:199, punto 22].
41. Di conseguenza, occorre rispondere a tutte le questioni sollevate.
Nel merito
Sulle questioni prima e quinta
42. Con le sue questioni prima e quinta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se gli articoli 3, 22 e 24 della direttiva 2014/41 debbano essere interpretati nel senso che l'autorità giudiziaria di uno Stato membro può emettere un ordine europeo di indagine avente ad oggetto o il trasferimento temporaneo, nel suo territorio, di una persona detenuta in un altro Stato membro, al fine di procedere alla sua audizione in qualità di imputato durante il processo, o l'organizzazione, da parte delle autorità di quest'ultimo Stato membro, di un'audizione mediante videoconferenza di tale persona in questa stessa veste, quando la finalità di tali atti è al contempo di ottenere prove e di consentire a detta persona di presenziare a tale processo.
43. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, ai fini dell'interpretazione di una norma del diritto dell'Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v. sentenze del 17 novembre 1983, Merck, 292/82, EU:C:1983:335, punto 12, e del 25 febbraio 2025, BSH Hausgeräte, C‑339/22, EU:C:2025:108, punto 27).
44. Quanto, in primo luogo, al tenore letterale delle disposizioni pertinenti, l'articolo 3 della direttiva 2014/41 precisa che l'ordine europeo di indagine si applica a qualsiasi atto di indagine, tranne, in linea di principio, all'istituzione di una squadra investigativa comune e all'acquisizione di prove nell'ambito di tale squadra.
45. L'articolo 22, paragrafo 1, di tale direttiva prevede la possibilità di emettere un ordine europeo di indagine per il trasferimento temporaneo di una persona detenuta nello Stato membro di esecuzione ai fini del compimento di un atto d'indagine, nell'intento di raccogliere elementi di prova, che richieda la sua presenza nel territorio dello Stato di emissione, a condizione che tale persona sia ricondotta nello Stato membro di esecuzione entro il termine da quest'ultimo stabilito.
46. Inoltre, l'articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, della stessa direttiva prevede che l'autorità di emissione possa emettere un ordine europeo di indagine ai fini dell'audizione di una persona sottoposta ad indagini o di un imputato mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva.
47. Da tali disposizioni risulta che l'ambito di applicazione della medesima direttiva copre una grande varietà di atti, tra i quali figurano il trasferimento temporaneo di una persona detenuta nello Stato membro di esecuzione ai fini dell'esecuzione di un atto di indagine e l'audizione di un indagato o imputato mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva.
48. Quanto, in secondo luogo, al contesto in cui si inseriscono gli articoli 3, 22 e 24 della direttiva 2014/41, dal considerando 25 di tale direttiva risulta che un ordine europeo di indagine può essere emesso in qualsiasi fase del procedimento penale, compresa quella del processo. Pertanto, la circostanza che l'atto di indagine richiesto debba essere eseguito durante la fase del processo non osta, di per sé, all'emissione di un ordine europeo di indagine ai fini dell'esecuzione di tale atto.
49. Peraltro, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2014/41, l'ordine europeo di indagine è una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un'autorità giudiziaria di uno Stato membro per compiere uno o più atti d'indagine specifici in un altro Stato membro al fine di acquisire prove.
50. Da tale disposizione, letta alla luce dei considerando da 5 a 8 della direttiva 2014/41, risulta che un ordine europeo di indagine deve avere lo scopo di acquisire prove. In virtù del suo ambito di applicazione, la presente direttiva contempla unicamente i provvedimenti provvisori al fine di raccogliere prove.
51. Pertanto, affinché possa rientrare nell'ambito di applicazione di detta direttiva, l'atto richiesto deve necessariamente avere come scopo l'ottenimento di elementi di prova. Viceversa, un atto avente unicamente una finalità diversa dall'acquisizione di prove non può essere richiesto mediante l'emissione di un ordine europeo di indagine (v., in tal senso, sentenza del 9 gennaio 2025, Delda, C‑583/23, EU:C:2025:6, punto 42).
52. Per contro, dalle disposizioni di cui ai punti da 44 a 50 della presente sentenza non risulta affatto che il legislatore dell'Unione abbia escluso dall'ambito di applicazione della medesima direttiva atti di indagine aventi lo scopo di acquisire elementi di prova, mediante il trasferimento temporaneo dell'imputato o l'audizione di quest'ultimo in videoconferenza, per il solo motivo che tali atti di indagine intervengono nel corso del processo penale a carico di tale persona e hanno, pertanto, l'effetto incidentale di garantire anche la comparizione di detta persona a una parte di tale processo.
53. In terzo luogo, una siffatta interpretazione sarebbe tale da ostacolare la piena realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2014/41.
54. In effetti, tale direttiva, come risulta dai suoi considerando da 5 a 8, ha lo scopo di sostituire il quadro frammentario e complesso esistente in materia di acquisizione di prove nelle cause penali aventi dimensione transfrontaliera e tende, mediante l'istituzione di un sistema semplificato e più efficace basato su un unico strumento denominato «ordine europeo di indagine», a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria al fine di contribuire a realizzare l'obiettivo assegnato all'Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, fondandosi sull'elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri [v., in tal senso, sentenze del 30 aprile 2024, M.N. (EncroChat), C‑670/22, EU:C:2024:372, punto 86, e del 9 gennaio 2025, Delda, C‑583/23, EU:C:2025:6, punto 34].
55. Orbene, un'interpretazione di detta direttiva secondo la quale un'autorità giudiziaria di uno Stato membro non può emettere un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'esecuzione, da parte delle autorità competenti di un altro Stato membro, di un atto di indagine al fine di acquisire prove, per il solo motivo che tale atto garantisce incidentalmente la presenza dell'imputato al suo processo, sarebbe tale da pregiudicare l'obiettivo di accelerazione e di semplificazione della cooperazione giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri perseguito dalla medesima direttiva, interpretazione che può rallentare e complicare sensibilmente tale cooperazione.
56. Di conseguenza, si deve ritenere che un'autorità giudiziaria di uno Stato membro possa emettere un ordine europeo di indagine per compiere un atto di indagine in un altro Stato membro, come il trasferimento temporaneo di una persona detenuta in quest'ultimo Stato verso il primo Stato membro o l'audizione di tale persona mediante videoconferenza in qualità di imputato, qualora tale atto sia diretto ad ottenere prove e ciò indipendentemente dal fatto che esso implichi anche la comparizione di tale persona al processo a suo carico.
57. Per contro, un ordine europeo di indagine non può avere lo scopo di garantire la comparizione di detta persona a una parte del suo processo priva di qualsiasi obiettivo probatorio.
58. Occorre peraltro rilevare che la direttiva 2014/41 prevede garanzie che consentono di evitare che l'emissione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto il trasferimento temporaneo dell'imputato o la sua audizione mediante videoconferenza possa condurre ad eludere la portata dell'ambito di applicazione di tale direttiva, menzionata ai punti 50 e 51 della presente sentenza.
59. Infatti, l'articolo 22, paragrafo 1, di detta direttiva subordina l'emissione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto il trasferimento temporaneo di una persona detenuta in uno Stato membro alla condizione che tale persona sia rinviata entro il termine fissato da quest'ultimo Stato membro. Inoltre, il medesimo articolo precisa, al paragrafo 5, che le modalità pratiche del trasferimento temporaneo di una persona, compreso il termine entro il quale essa deve essere rinviata nel territorio dello Stato membro di esecuzione, sono fissate di comune accordo tra lo Stato membro di emissione e lo Stato membro di esecuzione. Tali disposizioni consentono quindi a quest'ultimo Stato membro di assicurarsi, da un lato, che la durata della presenza della persona interessata nello Stato membro di emissione non ecceda quanto necessario per l'acquisizione di prove e, dall'altro, che un siffatto trasferimento temporaneo a fini probatori non sia assimilabile a un trasferimento ai fini dell'esercizio dell'azione penale, il quale richiede l'adozione di un mandato d'arresto europeo, come ricordato dal considerando 25 della medesima direttiva (v., in tal senso, sentenza del 9 gennaio 2025, Delda, C‑583/23, EU:C:2025:6, punto 31).
60. Analogamente, dall'articolo 24, paragrafo 3, della direttiva 2014/41 risulta che l'autorità di emissione e l'autorità di esecuzione stabiliscono le modalità pratiche dell'audizione mediante videoconferenza di comune accordo. Ne consegue che l'autorità di esecuzione è altresì in grado di assicurarsi che l'esecuzione di tale atto non ecceda quanto necessario per l'assunzione di prove.
61. Tutto ciò considerato, occorre rispondere alla prima e alla quinta questione dichiarando che gli articoli 3, 22 e 24 della direttiva 2014/41 devono essere interpretati nel senso che l'autorità giudiziaria di uno Stato membro può emettere un ordine europeo di indagine avente ad oggetto o il trasferimento temporaneo, nel suo territorio, di una persona detenuta in un altro Stato membro, al fine di procedere alla sua audizione in qualità di imputato durante il processo a suo carico, o l'organizzazione, da parte delle autorità di quest'ultimo Stato membro, di un'audizione mediante videoconferenza di tale persona in questa stessa veste nel corso di tale processo, anche se l'esecuzione di tale atto implica altresì la comparizione di detta persona al suo processo, purché detto atto abbia un obiettivo probatorio e la sua esecuzione non ecceda quanto necessario ai fini dell'assunzione di prove.
Sulla seconda questione
62. Con la sua seconda questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se gli articoli 10 e 24 della direttiva 2014/41 debbano essere interpretati nel senso che un'autorità di uno Stato membro può rifiutare di eseguire un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso di un processo penale, di un'audizione dell'imputato mediante videoconferenza per il motivo che tale atto non sarebbe disponibile in un caso interno analogo.
63. Quanto, in primo luogo, al tenore letterale delle disposizioni pertinenti, occorre subito rilevare che, primo, a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, di detta direttiva, l'autorità di esecuzione deve avvalersi, ove possibile, di un atto di indagine alternativo a quello indicato nell'ordine europeo di indagine quando tale atto non è previsto dalla legge dello Stato membro di esecuzione o non è disponibile in un caso interno analogo.
64. Secondo, dall'articolo 10, paragrafo 2, di detta direttiva risulta che, fatto salvo l'articolo 11, paragrafo 1, della medesima direttiva, il paragrafo 1 di tale articolo 10 non si applica agli atti di indagine di cui al suo paragrafo 2 - tra i quali figura, in tale paragrafo 2, lettera c), l'audizione, nel territorio dello Stato membro di esecuzione, di un imputato - i quali devono sempre essere disponibili in base al diritto di tale Stato membro.
65. Ciò posto, l'audizione di cui all'articolo 10, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2014/41 non può essere confusa con l'audizione mediante videoconferenza di cui all'articolo 24 di tale direttiva. Infatti, occorre rilevare che l'articolo 24, paragrafo 5, lettera c), di detta direttiva precisa che un'audizione mediante videoconferenza è condotta secondo la legislazione dello Stato membro di emissione, mentre dall'articolo 10, paragrafo 2, lettera c), della medesima direttiva risulta che l'audizione ivi prevista si svolge in base alla legge dello Stato membro di esecuzione. Inoltre, la sezione C del modulo che figura all'allegato A della direttiva 2014/41 riguarda separatamente, tra gli atti di indagine che elenca, da un lato, l'audizione di un indagato o imputato e, dall'altro, l'audizione mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva di un indagato o imputato. Ne consegue che tale articolo 10, paragrafo 2, lettera c), non è applicabile all'audizione mediante videoconferenza.
66. Terzo, ai sensi dell'articolo 10, paragrafo 5, della direttiva 2014/41, ove le condizioni per l'applicazione del paragrafo 1 siano soddisfatte e non vi siano altri atti di indagine che consentano di ottenere lo stesso risultato dell'atto di indagine richiesto, l'autorità di esecuzione è tenuta a informare l'autorità di emissione che non è stato possibile fornire l'assistenza richiesta.
67. Dall'articolo 10, paragrafo 5, di detta direttiva risulta così un motivo di non esecuzione di un ordine europeo di indagine che può essere invocato qualora l'atto richiesto non sia disponibile in un caso interno analogo, a condizione che non si tratti di uno degli atti di cui al paragrafo 2 di tale articolo e che non esistano altri atti di indagine che consentano di ottenere lo stesso risultato dell'atto richiesto.
68. Poi, l'articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, della medesima direttiva prevede la possibilità di emettere un ordine europeo di indagine ai fini dell'audizione di una persona sottoposta ad indagini o di un imputato mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva.
69. Tale articolo 24 precisa, al paragrafo 2, che, oltre ai motivi di non riconoscimento o di non esecuzione di cui all'articolo 11, l'esecuzione di un ordine europeo di indagine può essere rifiutata se la persona sottoposta a indagini o l'imputato nega il proprio consenso o se l'esecuzione di tale atto di indagine in un caso particolare è contraria ai principi fondamentali del diritto dello Stato membro di esecuzione.
70. La formulazione dell'articolo 24, paragrafo 2, di tale direttiva precisa così i motivi che possono essere invocati per rifiutare l'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione di un'audizione di un imputato mediante videoconferenza senza menzionare, nel loro novero, il motivo di non esecuzione risultante dall'articolo 10, paragrafo 5, di detta direttiva.
71. Inoltre, come sottolineato al punto 69 della presente sentenza, l'articolo 24, paragrafo 2, lettera b), della medesima direttiva prevede che l'autorità di esecuzione possa rifiutare l'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione di un'audizione mediante videoconferenza qualora l'esecuzione di un siffatto atto di indagine, in un caso particolare, sia contraria ai principi fondamentali del diritto dello Stato membro di esecuzione.
72. Orbene, l'applicazione di tale motivo specifico di diniego dell'esecuzione ha una portata necessariamente più limitata rispetto all'applicazione del motivo di non esecuzione risultante dall'articolo 10, paragrafo 5, della direttiva 2014/41. Infatti, quest'ultimo è fondato sull'inesistenza o sull'indisponibilità dell'atto richiesto in un caso interno analogo nello Stato membro di esecuzione, ossia su un'ipotesi che include necessariamente tutti i casi particolari in cui tale atto si rivelerebbe contrario ai principi fondamentali del diritto di tale Stato. Pertanto, il motivo previsto da tale articolo 24, paragrafo 2, lettera b), sarebbe, in pratica, privo di qualsiasi utilità se si dovesse ritenere che l'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione di un'audizione mediante videoconferenza possa, in ogni caso, essere rifiutata sulla base di tale articolo 10, paragrafo 5.
73. Per contro, l'applicazione del motivo di rifiuto previsto all'articolo 11, paragrafo 1, lettera h), di tale direttiva a un atto di indagine avente ad oggetto l'audizione mediante videoconferenza non comporta di privare di qualsiasi effetto utile il motivo di rifiuto specifico di cui all'articolo 24, paragrafo 2, lettera b), di detta direttiva. Infatti, se è vero che, in forza della prima di tali disposizioni, lo Stato membro di esecuzione può rifiutare di eseguire un atto di indagine, compresa una richiesta di audizione mediante videoconferenza, qualora il ricorso a tale atto sia limitato, in base al diritto di tale Stato membro, a determinati reati non comprendenti il reato oggetto dell'ordine europeo di indagine, è giocoforza constatare che, a differenza di quello previsto all'articolo 10, paragrafo 5, della medesima direttiva, siffatto motivo di rifiuto non comprende necessariamente tutti i casi particolari in cui il medesimo atto di indagine si rivelerebbe incompatibile con i principi fondamentali del diritto di detto Stato membro.
74. Dalla formulazione stessa dell'articolo 24 della direttiva 2014/41 risulta quindi che tale articolo esclude l'applicazione dei paragrafi 2 e 5 dell'articolo 10 di tale direttiva agli atti di indagine consistenti in audizioni mediante videoconferenza o qualsiasi altra trasmissione audiovisiva.
75. Quanto, in secondo luogo, al contesto in cui si inseriscono gli articoli 10 e 24 della direttiva 2014/41, occorre rilevare che quest'ultimo articolo figura nel capo IV di tale direttiva, intitolato «Disposizioni specifiche per determinati atti di indagine», il quale comprende gli articoli da 22 a 29 di detta direttiva.
76. A tal riguardo, l'articolo 26, paragrafo 6, l'articolo 27, paragrafo 5, l'articolo 28, paragrafo 1, e l'articolo 29, paragrafo 3, lettera a), della medesima direttiva prevedono espressamente un motivo di rifiuto fondato sulla circostanza che l'esecuzione dell'atto di cui trattasi non sarebbe autorizzata in un caso interno analogo.
77. Risulta quindi dall'economia generale del capo IV della direttiva 2014/41 che, quando ha inteso preservare la facoltà per lo Stato membro di esecuzione di rifiutare di eseguire uno degli atti di indagine specifici di cui a tale capo per il motivo dell'indisponibilità di tale atto in un caso interno analogo, il legislatore dell'Unione ha esplicitamente riconosciuto siffatta facoltà nelle disposizioni appositamente dedicate a tale atto di indagine. Orbene, nelle disposizioni dell'articolo 24 della direttiva 2014/41, dedicato all'atto di indagine specifico dell'audizione mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva, detta facoltà non è riconosciuta.
78. Siffatta interpretazione è corroborata, in terzo luogo, dagli obiettivi perseguiti dalla stessa direttiva, che mira, come ricordato al punto 54 della presente sentenza, all'instaurazione di un sistema semplificato e più efficace fondato su un unico strumento per l'acquisizione delle prove, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria al fine di contribuire a realizzare l'obiettivo assegnato all'Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, fondandosi sull'elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri.
79. A tal fine, dalla medesima direttiva, e in particolare dal suo articolo 1, paragrafo 2, risulta che l'ordine europeo di indagine è uno strumento fondato sul principio del riconoscimento reciproco, la cui esecuzione costituisce la regola e la cui non esecuzione, invece, l'eccezione da interpretare restrittivamente [v., in tal senso, sentenza dell'8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C‑584/19, EU:C:2020:1002, punto 64].
80. Orbene, l'obbligo di interpretare restrittivamente i motivi di rifiuto di esecuzione di un ordine europeo di indagine depone a favore dell'interpretazione dell'articolo 24 della direttiva 2014/41 secondo cui lo Stato membro di esecuzione non può rifiutare di eseguire, nell'ambito di un procedimento penale, una richiesta di audizione mediante videoconferenza per il solo motivo che tale atto non potrebbe essere disposto in un caso interno analogo.
81. Tutto ciò considerato, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l'articolo 10, l'articolo 11, paragrafo 1, lettera h), e l'articolo 24 della direttiva 2014/41 devono essere interpretati nel senso che un'autorità di uno Stato membro non può rifiutare di eseguire un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso del processo penale, di un'audizione mediante videoconferenza dell'imputato per il solo motivo che tale atto non sarebbe disponibile in un caso interno analogo.
Sulla terza questione
82. Con la sua terza questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l'articolo 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2014/41 debba essere interpretato nel senso che la circostanza che il motivo di rifiuto previsto da tale disposizione non osti all'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso di un processo penale, di un'audizione mediante videoconferenza dell'imputato impedisce all'autorità di esecuzione di rifiutarne l'esecuzione sul fondamento di un altro motivo di rifiuto previsto da tale direttiva.
83. Risulta dall'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 che un'autorità di esecuzione può decidere di non eseguire un ordine europeo di indagine adducendo uno dei motivi di non riconoscimento o di non esecuzione o uno dei motivi di rinvio previsti dalla direttiva in parola.
84. L'articolo 11 della direttiva 2014/41, intitolato «Motivi di non riconoscimento o di non esecuzione», elenca, al suo paragrafo 1, i motivi di non riconoscimento o di non esecuzione di un ordine europeo di indagine.
85. Tra tali motivi figura, alla lettera f) di tale disposizione, la sussistenza di seri motivi per ritenere che l'esecuzione dell'atto di indagine richiesto nell'ordine europeo di indagine sia incompatibile con gli obblighi dello Stato membro di esecuzione ai sensi dell'articolo 6 TUE e della Carta.
86. Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale sembra emergere che, secondo il giudice del rinvio, le autorità belghe non potessero avvalersi di un tale motivo per rifiutare di eseguire la richiesta di audizione mediante videoconferenza di HG.
87. Tale motivo costituisce tuttavia solo uno dei motivi di non riconoscimento o di non esecuzione previsti all'articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2014/41.
88. Orbene, i motivi di non riconoscimento o di non esecuzione previsti da tale disposizione sono autonomi gli uni rispetto agli altri.
89. Inoltre, l'articolo 11, paragrafo 1, di detta direttiva non stabilisce alcuna gerarchia tra tali motivi di non riconoscimento o di non esecuzione e non prevede alcuna conseguenza dell'inapplicabilità di uno di tali motivi sulla possibilità, per l'autorità di esecuzione, di invocarne un altro al fine di rifiutare l'esecuzione di un ordine europeo di indagine.
90. Peraltro, come rilevato ai punti da 68 a 70 della presente sentenza, l'articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2014/41 prevede motivi specifici di rifiuto di esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione di un'audizione mediante videoconferenza di un imputato, i quali si aggiungono a quelli di cui all'articolo 11 di tale direttiva.
91. Da tali disposizioni risulta che l'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso di un processo penale, di un'audizione mediante videoconferenza dell'imputato può essere rifiutata sul fondamento di uno qualsiasi dei motivi di rifiuto previsti all'articolo 11, paragrafo 1, o all'articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2014/41, cosicché la constatazione di un'autorità di esecuzione secondo la quale uno di tali motivi non può essere invocato per rifiutare l'esecuzione di tale ordine europeo di indagine non impedisce affatto alla medesima autorità di rifiutare l'esecuzione di quest'ultimo sul fondamento di un altro di tali motivi.
92. Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l'articolo 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che la circostanza che il motivo di rifiuto previsto da tale disposizione non osti all'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso di un processo penale, di un'audizione mediante videoconferenza dell'imputato non impedisce all'autorità di esecuzione di rifiutarne l'esecuzione sul fondamento di un altro motivo di rifiuto previsto da tale direttiva.
Sulla quarta questione
93. Con la sua quarta questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l'articolo 24, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/41 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un'autorità di uno Stato membro rifiuti l'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso di un processo penale, di un'audizione mediante videoconferenza dell'imputato sul solo fondamento di direttive generali emanate da tale Stato membro, senza procedere a un esame che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie.
94. L'articolo 24, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/41 stabilisce che l'esecuzione di un ordine europeo di indagine relativo all'audizione di una persona mediante videoconferenza può essere rifiutata qualora l'esecuzione di un tale atto di indagine, in un caso particolare, sia contraria ai principi fondamentali del diritto dello Stato membro di esecuzione.
95. Dal tenore letterale di tale disposizione, e più precisamente dall'espressione «in un caso particolare», emerge che l'applicazione del motivo di rifiuto previsto da detta disposizione richiede che l'autorità di esecuzione proceda a un esame che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie.
96. Siffatta interpretazione è corroborata dal requisito, ricordato al punto 79 della presente sentenza, secondo il quale i motivi di rifiuto dell'esecuzione previsti da tale direttiva devono essere interpretati restrittivamente.
97. Occorre nondimeno precisare che la necessità di procedere a un esame che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie ai fini dell'applicazione del motivo di rifiuto di cui all'articolo 24, paragrafo 2, lettera b), di detta direttiva non osta, di per sé, a che gli Stati membri adottino direttive generali dirette ad agevolare l'attuazione dei principi fondamentali del loro diritto nazionale da parte delle autorità competenti.
98. Pertanto, nell'ipotesi in cui i principi fondamentali del diritto dello Stato membro di esecuzione ostino a che, nel corso di un processo penale, un imputato sia ascoltato mediante videoconferenza, l'articolo 24, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/41 non osta a che tale Stato membro adotti direttive generali al fine di ricordare il contenuto di tali principi fondamentali e di precisare le conseguenze che ne derivano per le autorità di detto Stato membro competenti nell'ambito dell'esecuzione di un ordine europeo di indagine, a condizione che tali autorità possano applicarle alla luce di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie nell'ambito di un esame individuale.
99. Ciò considerato, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l'articolo 24, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un'autorità di uno Stato membro rifiuti l'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso di un processo penale, di un'audizione mediante videoconferenza dell'imputato sul solo fondamento di direttive generali emanate da tale Stato membro, senza procedere a un esame che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie.
Sulle spese
100. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) Gli articoli 3, 22 e 24 della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all'ordine europeo di indagine penale, devono essere interpretati nel senso che l'autorità giudiziaria di uno Stato membro può emettere un ordine europeo di indagine avente ad oggetto o il trasferimento temporaneo, nel suo territorio, di una persona detenuta in un altro Stato membro, al fine di procedere alla sua audizione in qualità di imputato durante il processo a suo carico, o l'organizzazione, da parte delle autorità di quest'ultimo Stato membro, di un'audizione mediante videoconferenza di tale persona in questa stessa veste nel corso di tale processo, anche se l'esecuzione di tale atto implica altresì la comparizione di detta persona al suo processo, purché detto atto abbia un obiettivo probatorio e la sua esecuzione non ecceda quanto necessario ai fini dell'assunzione di prove.
2) L'articolo 10, l'articolo 11, paragrafo 1, lettera h), e l'articolo 24 della direttiva 2014/41 devono essere interpretati nel senso che un'autorità di uno Stato membro non può rifiutare di eseguire un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso del processo penale, di un'audizione mediante videoconferenza dell'imputato per il solo motivo che tale atto non sarebbe disponibile in un caso interno analogo.
3) L'articolo 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2014/41 dev'essere interpretato nel senso che la circostanza che il motivo di rifiuto previsto da tale disposizione non osti all'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso di un processo penale, di un'audizione mediante videoconferenza dell'imputato non impedisce all'autorità di esecuzione di rifiutarne l'esecuzione sul fondamento di un altro motivo di rifiuto previsto da tale direttiva.
4) L'articolo 24, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2014/41 dev'essere interpretato nel senso che esso osta a che un'autorità di uno Stato membro rifiuti l'esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l'organizzazione, nel corso di un processo penale, di un'audizione mediante videoconferenza dell'imputato sul solo fondamento di direttive generali emanate da tale Stato membro, senza procedere a un esame che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie.
Note
(*) Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.