Corte di giustizia dell'Unione Europea
Ottava Sezione
Sentenza 20 novembre 2025
Presidente e Relatore: Rodin
«Rinvio pregiudiziale - Libera circolazione delle persone - Articoli 45 e 49 TFUE - Riconoscimento delle qualifiche professionali - Diritto di esercitare la professione di insegnante di sostegno in uno Stato membro - Cittadini di tale Stato membro che hanno ottenuto un titolo di formazione rilasciato da un istituto di istruzione superiore privato in un altro Stato membro - Titolo che non è legalmente riconosciuto e non dà accesso alla professione corrispondente in quest'ultimo Stato membro - Obbligo del primo Stato membro di prendere in considerazione l'insieme dei diplomi, certificati e altri titoli di cui dispone l'interessato - Deroga».
Nelle cause riunite C‑340/24 e C‑442/24 [Artollisi e Lescolanno] (*), aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), con ordinanze del 3 maggio e del 17 giugno 2024, pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 9 maggio e il 21 giugno 2024, nei procedimenti EW (C‑340/24), LO (C‑442/24) contro Ministero dell'Istruzione e del Merito (C‑340/24 e C‑442/24), Ministero dell'Università e della Ricerca (C‑340/24).
[...]
1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull'interpretazione dell'articolo 13 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013 (GU 2013, L 354, pag. 132) (in prosieguo: la «direttiva 2005/36»).
2. Tali domande sono state presentate nell'ambito di due controversie in cui si contrappongono, rispettivamente, EW al Ministero dell'Istruzione e del Merito (Italia) nonché al Ministero dell'Università e della Ricerca (Italia), e LO al Ministero dell'Istruzione e del Merito, in ordine al rigetto delle domande di EW e LO dirette a ottenere il riconoscimento del titolo «Curso superior de Especialización en atención a las necesidades específicas de apoyo educativo» (Corso superiore di specializzazione in assistenza ai bisogni di sostegno), rilasciato dall'Universidad Cardenal Herrera - CEU di Valencia (Spagna), al fine di esercitare la professione di insegnante di sostegno.
Contesto normativo
Diritto dell'Unione
3. Il considerando 41 della direttiva 2005/36 enuncia quanto segue:
«La presente direttiva non pregiudica l'applicazione dell'articolo [45], paragrafo 4 e dell'articolo [49] del trattato [FUE] (...)».
4. Ai sensi dell'articolo 1 di tale direttiva:
«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato "Stato membro ospitante"), che sul proprio territorio subordina l'accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l'accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (in seguito denominati "Stati membri d'origine") e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione».
5. L'articolo 2, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva prevede quanto segue:
«La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali».
6. L'articolo 3, paragrafo 1, lettere c) e d), della medesima direttiva contiene le seguenti definizioni:
«Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
(...)
c) "titolo di formazione": diplomi, certificati e altri titoli rilasciati da un'autorità di uno Stato membro designata ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale Stato membro e che sanciscono una formazione professionale acquisita in maniera preponderante [nell'Unione]. (...)
d) "autorità competente": qualsiasi autorità o organismo abilitato da uno Stato membro in particolare a rilasciare o a ricevere titoli di formazione e altri documenti o informazioni, nonché a ricevere le domande e ad adottare le decisioni di cui alla presente direttiva».
7. L'articolo 13 della direttiva 2005/36, intitolato «Condizioni del riconoscimento», al paragrafo 1 prevede quanto segue:
«Se, in uno Stato membro ospitante, l'accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l'autorità competente di tale Stato membro permette l'accesso alla professione e ne consente l'esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell'attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all'articolo 11, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio.
Gli attestati di competenza o i titoli di formazione sono rilasciati da un'autorità competente di uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro».
Diritto italiano
8. La professione di insegnante di sostegno è una professione regolamentata in Italia. Ai sensi dell'articolo 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124 - Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico (GURI n. 107, del 10 maggio 1999), solo i soggetti in possesso del titolo di specializzazione sul sostegno possono essere inseriti nelle graduatorie provinciali sulla base delle quali avviene il conferimento degli incarichi di supplenza annuali.
9. L'articolo 7, comma 4, lettera e), dell'ordinanza ministeriale 10 luglio 2020, n. 60 - Procedure di istituzione delle graduatorie provinciali e di istituto di cui all'articolo 4, commi 6-bis e 6-ter, della legge 3 maggio 1999, n. 124 e di conferimento delle relative supplenze per il personale docente ed educativo, prevede che gli aspiranti che presentano istanza di inserimento in dette graduatorie provinciali debbano produrre, in allegato alla loro domanda, «i titoli di accesso richiesti, conseguiti entro il termine di presentazione della domanda, con l'esatta indicazione delle istituzioni che li hanno rilasciati», e che, «qualora il titolo di accesso sia stato conseguito all'estero e riconosciuto dal Ministero, devono essere altresì indicati gli estremi del provvedimento di riconoscimento del titolo medesimo».
10. Inoltre, il giudice del rinvio precisa che il titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità conseguito in Italia in esito allo specifico percorso specializzante, o analogo titolo di specializzazione sul sostegno conseguito all'estero e riconosciuto in Italia, è titolo di accesso per i posti di sostegno messi a concorso.
11. La legge 11 luglio 2002, n. 148 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all'insegnamento superiore nella Regione europea, fatta a Lisbona l'11 aprile 1997, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Supplemento ordinario alla GURI n. 173, del 25 luglio 2002), all'articolo 2 prevede quanto segue:
«1. La competenza per il riconoscimento dei cicli e dei periodi di studio svolti all'estero e dei titoli di studio stranieri, ai fini dell'accesso all'istruzione superiore, del proseguimento degli studi universitari e del conseguimento dei titoli universitari italiani, è attribuita alle Università ed agli Istituti di istruzione universitaria, che la esercitano nell'ambito della loro autonomia e in conformità ai rispettivi ordinamenti, fatti salvi gli accordi bilaterali in materia».
12. L'articolo 5 di tale legge così dispone:
«1. Il riconoscimento dei titoli accademici per finalità diverse da quelle indicate nell'articolo 2, è operato da amministrazioni dello Stato, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di riconoscimento ai fini professionali e di accesso ai pubblici impieghi, secondo procedure da stabilire con successivo regolamento di esecuzione».
13. Il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 - Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania (Supplemento ordinario alla GURI n. 261, del 9 novembre 2007), come modificato dal decreto legislativo 28 gennaio 2016, n. 15 - Attuazione della direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («Regolamento IMI») (GURI n. 32, del 9 febbraio 2016) (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 206/2007»), disciplina, in virtù del suo articolo 1, segnatamente, «il riconoscimento, per l'accesso alle professioni regolamentate e il loro esercizio (...) delle qualifiche professionali già acquisite in uno o più Stati membri dell'Unione europea, che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitare nello Stato membro di origine la professione corrispondente».
14. Ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 206/2007, quest'ultimo «si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che vogliano esercitare sul territorio nazionale, quali lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in base a qualifiche professionali conseguite in uno Stato membro dell'Unione europea e che, nello Stato d'origine, li abilita all'esercizio di detta professione».
15. L'articolo 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 206/2007 così recita:
«1. Il riconoscimento delle qualifiche professionali operato ai sensi del presente decreto legislativo permette di accedere, se in possesso dei requisiti specificamente previsti, alla professione corrispondente per la quale i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, sono qualificati nello Stato membro d'origine e di esercitarla alle stesse condizioni previste dall'ordinamento italiano.
2. Ai fini dell'articolo 1, comma 1, la professione che l'interessato eserciterà sul territorio italiano sarà quella per la quale è qualificato nel proprio Stato membro d'origine, se le attività sono comparabili (fatto salvo quanto previsto all'articolo 5-septies in tema di accesso parziale)».
16. L'articolo 4 del decreto legislativo n. 206/2007 precisa che la nozione di «qualifiche professionali» riguarda «le qualifiche attestate da un titolo di formazione, un attestato di competenza (...) o un'esperienza professionale» e che i soggetti che abbiano conseguito all'estero il titolo di formazione, identificabile in «diplomi, certificati e altri titoli rilasciati da un'università o da altro organismo abilitato secondo particolari discipline che certificano il possesso di una formazione professionale acquisita in maniera prevalente sul territorio dell['Unione]» che, sulla base di tale decreto, conferisce loro una qualifica professionale e li abilita ad esercitare tale professione nello Stato d'origine, possono attivare la procedura di riconoscimento delle qualifiche professionali prevista da detto decreto legislativo.
Fatti, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte
17. Ciascuna ricorrente nel procedimento principale ha presentato all'autorità competente italiana, nel corso del 2021, una domanda di riconoscimento di qualifiche professionali acquisite in un altro Stato membro, ai fini dell'esercizio della professione di insegnante di sostegno. La domanda di riconoscimento aveva ad oggetto il titolo denominato «Curso superior de Especialización en atención a las necesidades especifícas de apoyo educativo» (Corso Superiore di Specializzazione in Assistenza ai Bisogni di Sostegno), rilasciato dall'Universidad Cardenal Herrera - CEU di Valencia.
18. La competente autorità italiana ha respinto le istanze di tali ricorrenti con la motivazione che, secondo le informazioni ricevute dalle competenti autorità spagnole a seguito di una domanda presentata tramite il sistema di informazione del mercato interno, previsto dal regolamento (UE) n. 1024/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno e che abroga la decisione 2008/49/CE della Commissione («regolamento IMI») (GU 2012, L 316, pag. 1), il titolo in questione, essendo solo un titolo proprio dell'università che l'aveva rilasciato, non era un titolo ufficiale in Spagna e non abilitava all'esercizio in tale Stato membro della professione regolamentata di «maestro di educazione primaria» nelle specializzazioni di pedagogia terapeutica, o udito e linguaggio, che sono le professionalità che servono per l'educazione speciale in detto Stato membro. 19. Di conseguenza, l'autorità competente italiana ha concluso che tale titolo, che non era riconosciuto dallo Stato spagnolo, non era valido e non produceva effetti in Spagna, di modo che non poteva essere riconosciuto sulla base di alcuna normativa italiana.
20. Pertanto le ricorrenti nei procedimenti principali hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), giudice del rinvio, con un ricorso diretto a ottenere l'annullamento delle decisioni di rigetto delle loro rispettive domande.
21. Tale giudice ritiene che sussista un dubbio quanto alla compatibilità con il diritto dell'Unione dell'interpretazione data alla normativa nazionale pertinente dalla giurisprudenza nazionale, che porta ad imporre alle autorità nazionali competenti di valutare sempre il contenuto del percorso formativo seguito nello Stato membro d'origine, comparandolo con quello previsto nell'ordinamento dello Stato ospitante, in particolare in un caso in cui il titolo di cui si chiede il riconoscimento nello Stato membro ospitante non sia legalmente riconosciuto nello Stato membro d'origine quale titolo ufficiale abilitante alla professione in questione.
22. In tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, che sono identiche nei due procedimenti principali:
«1) Se l'articolo 13 della direttiva 2005/36 (...), letto alla luce dell'obiettivo [dell'Unione] della eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di persone e servizi tra Stati membri e della libera circolazione degli insegnanti, debba essere interpretato nel senso che, con riguardo al riconoscimento infracomunitario delle qualifiche professionali, con particolare riferimento al titolo di specializzazione all'insegnamento sul sostegno, osti alla interpretazione ed applicazione di una normativa nazionale che consenta di considerare sussistenti le condizioni per il riconoscimento anche nel caso in cui il titolo di formazione specialistica acquisito nello Stato membro d'origine non permetta l'esercizio della corrispondente professione nel medesimo Stato e da questo non sia legalmente riconosciuto come titolo abilitante al ridetto esercizio.
2) Nel caso in cui l'articolo 13 della direttiva 2005/36 (...) non abbia detto effetto ostativo, se le disposizioni del titolo III, capo I, della direttiva 2005/36 debbano, dunque, essere interpretate nel senso che le autorità competenti in materia di riconoscimento delle qualifiche, acquisita la relativa istanza, siano sempre e comunque tenute a valutare il contenuto di tutti i documenti presentati dalla persona interessata, idonei ad attestare la sua qualifica professionale, ancorché non abilitante nello Stato membro d'origine, nonché la conformità della formazione che essi attestano alle condizioni richieste per ottenere la qualifica professionale in questione nello Stato membro ospitante e, se del caso, applicare misure di compensazione».
23. Con decisione del presidente della Corte dell'11 settembre 2024, le cause C-340/24 e C‑442/24 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
24. In via preliminare occorre rilevare che, con le sue questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio interroga la Corte sull'interpretazione dell'articolo 13 della direttiva 2005/36. Orbene, il riconoscimento delle qualifiche professionali previsto da tale disposizione implica che la persona che chiede un siffatto riconoscimento disponga di un titolo di formazione che lo qualifichi, nello Stato membro d'origine, per esercitarvi una professione regolamentata. Infatti, tale direttiva non si applica a una situazione in cui una persona che chiede il riconoscimento delle sue qualifiche professionali non abbia ottenuto un siffatto titolo di formazione (v., in tal senso, sentenza dell'8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija, C‑166/20, EU:C:2021:554, punto 29), come nel caso delle ricorrenti nei procedimenti principali.
25. Secondo una giurisprudenza costante, nell'ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall'articolo 267 TFUE, spetta a quest'ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia che gli è sottoposta. In tale ottica, incombe eventualmente alla Corte riformulare le questioni che le vengono sottoposte (sentenze del 28 novembre 2000, Roquette Frères, C‑88/99, EU:C:2000:652, punto 18, e del 24 giugno 2025, GR REAL, C‑351/23, EU:C:2025:474, punto 61).
26. Nel caso di specie, dall'insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio nella motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑340/24 - l'ordinanza di rinvio nella causa C‑442/24 si limita, in sostanza, a rinviare a tale domanda - risulta che tale giudice chiede, in realtà, se il diritto dell'Unione, nell'ambito dell'esame di una domanda di riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite in un altro Stato membro, imponga un obbligo, per lo Stato membro ospitante, di prendere in considerazione un titolo di formazione ottenuto nello Stato membro d'origine che non sia legalmente riconosciuto da quest'ultimo e che sia privo di qualsiasi carattere ufficiale in tale Stato.
27. Le ricorrenti nei procedimenti principali sono cittadine italiane che hanno seguito un corso presso un'università spagnola e hanno quindi esercitato il loro diritto alla libera circolazione. Al termine dei loro studi, esse hanno chiesto all'autorità competente italiana il riconoscimento dei loro titoli di formazione spagnoli al fine di poter esercitare la professione di insegnante di sostegno in Italia. Orbene, il cittadino di uno Stato membro, che abbia soggiornato e acquisito in un altro Stato membro un titolo universitario di cui intenda avvalersi nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza, rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 45 o 49 TFUE [v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base), C‑634/20, EU:C:2022:149, punto 40 e giurisprudenza citata].
28. Di conseguenza, occorre considerare che, con le sue due questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 45 e 49 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi impongono allo Stato membro ospitante un obbligo di prendere in considerazione, nell'ambito dell'esame di una domanda di riconoscimento delle qualifiche professionali, un titolo di formazione ottenuto in un altro Stato membro che non sia legalmente riconosciuto da tale Stato e sia privo di qualsiasi carattere ufficiale in detto Stato.
29. Secondo una giurisprudenza costante, in una situazione che non ricade nell'ambito di applicazione della direttiva 2005/36, ma che rientra in quello dell'articolo 45 TFUE o dell'articolo 49 TFUE, le autorità di uno Stato membro - alle quali un cittadino dell'Unione abbia presentato domanda di autorizzazione all'esercizio di una professione il cui accesso, secondo la normativa nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o anche a periodi di esperienza pratica - sono tenute a prendere in considerazione l'insieme dei diplomi, certificati e altri titoli, nonché l'esperienza pertinente dell'interessato, procedendo a un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall'altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla normativa nazionale [sentenza del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base), C‑634/20, EU:C:2022:149, punto 38 e giurisprudenza citata].
30. Tale procedura di valutazione comparativa presuppone la fiducia reciproca tra gli Stati membri nei titoli attestanti le qualifiche professionali rilasciate da ciascuno Stato membro. Pertanto, l'autorità dello Stato membro ospitante è in linea di principio tenuta a considerare come veritiero un documento quale, in particolare, un titolo di formazione, rilasciato dall'autorità di un altro Stato membro [v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Psicoterapeuti), C‑577/20, EU:C:2022:467, punto 48].
31. Orbene, nei casi di specie lo Stato membro d'origine ha informato le autorità competenti dello Stato membro ospitante che il titolo in questione nei procedimenti principali, essendo solo un titolo proprio dell'università che lo aveva rilasciato, non era un titolo ufficiale in tale primo Stato e non consentiva di esercitare nel medesimo Stato la professione regolamentata alla quale le ricorrenti nei procedimenti principali intendono accedere. Inoltre, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, il titolo in questione non dà accesso a un livello accademico superiore e non rientra nel sistema istituito dal processo di Bologna e dallo Spazio europeo dell'istruzione superiore. 32. Ne consegue che la fiducia reciproca sulla quale si fonda il sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali nell'Unione non può essere invocata nell'ipotesi in cui il titolo di formazione, ottenuto nello Stato membro d'origine, sia stato rilasciato da un istituto privato che non è stato autorizzato dalle autorità competenti di tale Stato a rilasciare titoli di formazione attestanti qualifiche professionali, cosicché il titolo rilasciato da un siffatto istituto non è «rilasciato da uno Stato membro» e, pertanto, non solo non è ivi riconosciuto, ma non offre alcuna garanzia circa il livello e la qualità delle competenze che esso attesta.
33. Se è certamente vero che, in una situazione come quella di cui trattasi ai procedimenti principali, che non ricade nell'ambito di applicazione della direttiva 2005/36, ma che rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 45 TFUE o dell'articolo 49 TFUE, lo Stato membro ospitante interessato, come risulta dai punti 29 e 30 della presente sentenza, deve prendere in considerazione, in particolare, un titolo rilasciato dallo Stato membro d'origine, tuttavia questi stessi articoli non possono imporre al primo Stato membro di prendere in considerazione un titolo che non sia rilasciato dal secondo Stato membro e che non sia ivi riconosciuto. Infatti, le libertà di circolazione non possono imporre allo Stato membro ospitante di attribuire a un titolo di formazione rilasciato nello Stato membro d'origine un valore superiore a quello che esso ha in quest'ultimo Stato.
34. Tuttavia, lo Stato membro ospitante resta libero, se del caso, di tener conto di un siffatto titolo nell'ambito della procedura di valutazione comparativa menzionata al punto 29 della presente sentenza.
35. Di conseguenza, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che gli articoli 45 e 49 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non impongono allo Stato membro ospitante un obbligo di prendere in considerazione, nell'ambito dell'esame di una domanda di riconoscimento delle qualifiche professionali, un titolo di formazione ottenuto in un altro Stato membro che non sia legalmente riconosciuto da tale Stato e sia privo di qualsiasi carattere ufficiale in detto Stato.
Sulle spese
36. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
Gli articoli 45 e 49 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non impongono allo Stato membro ospitante un obbligo di prendere in considerazione, nell'ambito dell'esame di una domanda di riconoscimento delle qualifiche professionali, un titolo di formazione ottenuto in un altro Stato membro che non sia legalmente riconosciuto da tale Stato e sia privo di qualsiasi carattere ufficiale in detto Stato.
Note
(*) I nomi delle presenti cause sono nomi fittizi. Non corrispondono ai nomi reali di nessuna delle parti dei procedimenti.