Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa per il Trentino-Alto Adige
Bolzano
Sentenza 30 settembre 2025, n. 250
Presidente: Beikircher - Estensore: Sacchetti
FATTO
1. Con ricorso di data 30 marzo 2025, notificato in data 31 marzo 2025, [omissis], [omissis], [omissis] e [omissis] impugnavano il provvedimento con il quale in data [omissis] il Questore di Bolzano, sulla scorta del loro deferimento all'A.G. per la fattispecie di cui agli artt. 624 e 625, comma 1, n. 5), c.p., commessa al rientro dall'incontro di hockey su ghiaccio disputato in data [omissis], con inizio alle ore 17,30 e valevole per la quarantunesima giornata del campionato internazionale "Ice Hockey League" ICEHL, a [omissis] tra le squadre "[omissis]" e "[omissis]", ne inibiva, per la durata di [omissis], l'accesso a tutti i luoghi ospitanti competizioni di hockey su ghiaccio nonché competizioni svolte nell'ambito di attività organizzate e gestite dalle federazioni sportive facenti capo al CONI.
Il provvedimento impugnato traeva origine dall'episodio verificatosi il giorno successivo ([omissis], poco dopo mezzanotte) presso il punto ristoro dell'area di servizio denominata "[omissis]", sita al [omissis], carreggiata sud, dell'Autostrada A22 del Brennero, nel territorio del [omissis], quando un gruppo di ultras costituito da [omissis], tra cui i ricorrenti, appartenenti alla tifoseria organizzata dell'[omissis] del gruppo identificabile con il nominativo "[omissis]", di ritorno dalla predetta trasferta si sarebbero resi protagonisti dell'impossessamento furtivo di beni ed oggetti esposti alla pubblica fede sugli scaffali del predetto autogrill.
2. A sostegno del proprio ricorso deducevano i seguenti motivi:
2.1. «Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'art. 6, comma 1, l. 401 e successive modificazioni in relazione all'art. 6-bis, comma 2, l. 401/89, sotto il profilo della non riconducibilità della condotta attribuita ai prevenuti nell'"elencazione tassativa" del citato art. 6, comma 1, lett. c), l. 401/89».
Ad avviso dei ricorrenti il comportamento contestato non poteva in alcun modo essere ricondotto alle ipotesi tassativamente considerate dalla normativa di settore ai fini dell'applicazione del divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive (di seguito anche "D.A.Spo.").
Le fattispecie contemplate dall'art. 6, comma 1, lett. a), della l. 401/1989, considerati i riflessi del c.d. "D.A.Spo." su diritti costituzionalmente garantiti, non potevano considerarsi suscettibili di estensione analogica, trattandosi peraltro di provvedimento di natura discrezionale.
Il delitto contro il patrimonio contestato ai ricorrenti e posto a fondamento dell'impugnato provvedimento non risultava pertanto contemplato dall'art. 6 l. 401/1989 tra le fattispecie ivi espressamente tipizzate, con conseguente difetto di uno dei presupposti richiamati dalla normativa.
Tale impostazione risultava peraltro avallata dal G.I.P. presso il Tribunale per i minorenni di Bolzano, che con provvedimento adottato in data [omissis] non convalidava l'obbligo di presentazione contestato a un concorrente nella medesima fattispecie delittuosa ritenendo il reato di cui agli artt. 624 e 625, n. 5), c.p. non riconducibile al novero dei delitti costituenti il presupposto per la misura di prevenzione di cui all'art. 6 l. 401/1989.
2.2. «Violazione di legge ex art. 6, comma 1, ultima parte, l. 401/89, difetto di pericolosità per l'ordine pubblico dei comportamenti censurati».
I ricorrenti contestavano che la condotta agli stessi ascritta avesse ingenerato pericolo per le persone presenti all'interno dell'autogrill. Il G.I.P. presso il Tribunale per i minorenni di Bolzano, nel non convalidare il provvedimento inibitorio adottato nei confronti di altro compartecipe della condotta delittuosa, non ravvisava infatti la presenza di soggetti intimiditi, escludendo che la fattispecie dedotta potesse altresì rientrare nelle ulteriori ipotesi di cui alle lett. a) e b) dell'art. 6 della l. 401/1989.
La disamina degli atti di polizia giudiziaria a disposizione dei ricorrenti evidenziava l'assenza di travisamenti e di oggetti atti ad offendere, così come dalla deposizione del dipendente della stazione di servizio non emergevano atteggiamenti di natura aggressiva.
I ricorrenti rilevavano quindi come l'emissione di provvedimenti analoghi a quello impugnato richiedesse non già il compimento di una qualsivoglia ipotesi delittuosa, quanto piuttosto di condotte finalizzate a compiere episodi di violenza o minaccia, nel caso di specie insussistenti.
2.3. «Violazione di legge ed in particolare dell'art. 6, comma 1, l. 401/89 e dell'art. 2-bis, comma 1, l. 377/01 e successive modifiche in relazione al collegamento dei fatti con la manifestazione sportiva».
Ad avviso dei ricorrenti i fatti oggetto di contestazione, in quanto posti in essere a diverse ore di distanza dall'incontro svoltosi a [omissis], risultavano essersi verificati al di fuori del contesto sportivo, con ciò difettando uno dei presupposti di cui all'art. 6, comma 1, l. 401/1989.
I furti commessi in autogrill non potevano considerarsi avvenuti a causa di una manifestazione sportiva, non sussistendo alcuna connessione con l'incontro di hockey disputato tra [omissis] e [omissis] e ciò sia per la distanza cronologica tra gli eventi, sia per l'assenza di eventuali scontri tra le opposte tifoserie.
2.4. «Violazione di legge ex art. 6 l. 401/89 ed eccesso di potere per difetto ed indeterminatezza dei presupposti in merito alle manifestazioni sportive inibite ed in merito ai luoghi d'accesso/transito/trasporto da e per gli impianti sportivi».
Il provvedimento adottato dal Questore ometteva di prescrivere specificamente le manifestazioni e/o i luoghi di accesso, transito e trasporto da e per impianti sportivi oggetto del divieto di avvicinamento impartito ai ricorrenti, richiamando non solo tutte le competizioni di hockey su ghiaccio, bensì anche tutte quelle organizzate dal CONI. Tale ultimo richiamo implicava pertanto un divieto di avvicinamento a qualsiasi manifestazione relativa a ogni tipologia di attività sportiva, ciò in contrasto sia con il tenore testuale della norma, sia con la ratio legis, finalizzata a consentire al destinatario del provvedimento di individuare preventivamente gli incontri sportivi e i relativi luoghi oggetto del divieto di avvicinamento.
2.5. «Violazione di legge ex artt. 3 e 10 l. 241/90 ed eccesso di potere per difetto di motivazione del provvedimento del questore in relazione al principio di gradualità della sanzione».
I ricorrenti lamentavano l'omessa motivazione circa la durata di [omissis] del provvedimento impugnato, pari a oltre la metà della cornice edittale caratterizzante la fattispecie astrattamente contemplata dall'art. 6 della l. 401/1989.
La natura preventiva, anziché squisitamente sanzionatoria, del provvedimento irrogato imponeva in maniera ancora più evidente la motivazione della dosimetria posta a suo fondamento, con ciò dovendosi ritenere altresì violato il principio di proporzionalità dell'azione amministrativa.
3. In data 30 aprile 2025 si costituiva in giudizio l'Amministrazione resistente, depositando in data 7 maggio 2025 memoria difensiva attraverso la quale contestava la fondatezza dei motivi posti a fondamento del ricorso, di cui chiedeva la reiezione, eccependo altresì l'inammissibilità del ricorso collettivo e cumulativo presentato dai ricorrenti, in quanto rivolto avverso tre distinti provvedimenti.
4. Con ordinanza n. 53/2025, pubblicata in data 14 maggio 2025, questo T.R.G.A. accoglieva l'istanza cautelare presentata in calce al ricorso introduttivo, sospendendo gli effetti del provvedimento impugnato e fissando per la trattazione di merito del ricorso l'udienza pubblica del 24 settembre 2025.
5. A tale udienza, sentite le parti, la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso introduttivo è fondato e merita accoglimento, per le ragioni in fatto e in diritto di seguito esposte.
2. Il Collegio rileva preliminarmente l'infondatezza dell'eccezione preliminare avente ad oggetto l'inammissibilità del ricorso collettivo articolata dalla difesa erariale.
La giurisprudenza del Consiglio di S[t]ato ha al riguardo reiteratamente precisato che: "Nel processo amministrativo il ricorso collettivo, presentato da una pluralità di soggetti con unico atto, è ammissibile solo nel caso in cui sussistano contemporaneamente i requisiti dell'identità delle situazioni sostanziali e processuali (ovvero deve trattarsi di domande giudiziali identiche nell'oggetto, di atti impugnati aventi il medesimo contenuto e censurati per gli stessi motivi) e dell'assenza di un conflitto di interessi, anche solo potenziale, tra le parti; poiché la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, in quanto tesa a tutelare un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal relativo titolare con separata azione vista la natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, deputata ad erogare tutela giurisdizionale ad una posizione soggettiva lesa dall'azione amministrativa, non a veicolare un controllo oggettivo della legittimità dell'azione amministrativa stessa, scisso da una concreta lesione arrecata agli specifici interessi di un determinato consociato (C.d.S., Sez. V, 1° settembre 2023, n. 8138)" (C.d.S., Sez. VII, 17 giugno 2024, n. 5378; negli stessi termini T.R.G.A. Bolzano, 26 febbraio 2024, n. 56).
Nel caso di specie sussiste sia il requisito negativo, consistente nell'assenza anche solo potenziale di un conflitto di interessi tra le parti ricorrenti, sia il presupposto positivo, identificabile nell'identità delle posizioni sostanziali e processuali dei medesimi soggetti, trattandosi di domande identiche nell'oggetto, rivolte avverso provvedimenti caratterizzati dal medesimo contenuto e censurati per i medesimi motivi. La connessione tra le misure impugnate dai ricorrenti, oltre a derivare dall'identico contenuto motivazionale e dispositivo anche in relazione alla durata dell'effetto inibitorio, emerge altresì dall'identità delle condotte contestate e poste a fondamento delle stesse, essendo richiamata un'ipotesi di compartecipazione nel delitto di furto, con ciò dovendosi ritenere senz'altro giustificata la trattazione congiunta nell'ambito del medesimo gravame.
Il richiamo alla sentenza n. 301/2018 del T.A.R. Basilicata operato dalla difesa erariale si profila inoltre del tutto inconferente, riguardando la distinta ipotesi di impugnazione di "D.A.Spo." caratterizzati da diversa durata e sorretti da distinte condotte, così come evidenziato nell'impianto motivazionale della stessa: "Nella specie, manca la connessione soggettiva, in quanto i dieci ricorrenti hanno assunto comportamenti diversi e perciò è stata determinata nei loro confronti una diversa durata del DASPO. Neppure sussiste tra i dieci provvedimenti impugnati la connessione oggettiva, in quanto tali provvedimenti attengono a distinti soggetti e a distinti procedimenti amministrativi".
3. Ciò posto, i primi tre motivi di impugnazione, in quanto aventi ad oggetto questioni intimamente connesse tra di loro afferenti l'insussistenza dei presupposti per l'emissione dell'ordinanza gravata, sono suscettibili di trattazione congiunta.
Ai fini di una corretta individuazione delle questioni sottese al presente giudizio giova premettere come, ai sensi dell'art. 6 della l. 13 dicembre 1989, n. 401, il c.d. "D.A.Spo." possa essere adottato nei confronti delle seguenti tipologie di soggetti:
- coloro che siano denunciati per fatti di violenza su persone o cose posti in essere "in occasione o a causa di manifestazioni sportive";
- coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto "una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a)" (lett. b);
- soggetti che risultino denunciati o condannati per uno degli specifici reati indicati alla lett. c);
- soggetti indiziati per reati con finalità di terrorismo di cui alla lett. d).
Nelle ipotesi delineate dalle lett. c) e d) del citato art. 6 la misura di prevenzione può essere applicata anche se i reati contestati non sono stati posti in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Nel caso di specie, la condotta posta a fondamento del provvedimento impugnato è rappresentata da un episodio di furto di beni di svariata natura collocati sugli scaffali dell'area di servizio "[omissis]" commesso dai ricorrenti al rientro dell'incontro di hockey disputato tra le squadre "[omissis]" e "[omissis]", che ne ha comportato il deferimento all'A.G. per il reato di cui agli artt. 624 e 625, comma 1, n. 5), c.p.
Il comportamento tenuto dai ricorrenti, ancorché sussumibile nell'ambito di una fattispecie penalmente rilevante, non è tuttavia suscettibile di essere inquadrato nell'ipotesi di cui all'art. 6, comma 1, lett. c), della l. 13 dicembre 1989, n. 401, non rientrando l'ipotesi delittuosa di cui agli artt. 624 e 625, n. 5), agli stessi contestata nell'elencazione tassativa ivi contemplata.
Sulla natura tassativa delle fattispecie di reato richiamate dall'art. 6, comma 1, l. n. 401/1989 la giurisprudenza amministrativa è pacifica nel ritenere che: "l'elenco dei comportamenti di cui all'art. 6 della l. 401/89, come legislativamente integrato, va considerato tassativo" (C.d.S., Sez. VI, 5 giugno 2009, n. 2847; idem, 8 aprile 2008, nn. 1950, 1951 e 1952; cfr. altresì T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-ter, 9 giugno 2024, nn. 11135 e 11136; T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. IV, 28 novembre 2023, n. 1102; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 10 marzo 2017, n. 354 e giurisprudenza ivi richiamata).
La fattispecie ascritta agli odierni ricorrenti, di tutta evidenza, non rientra tra i reati specificamente richiamati dall'art. 6 della l. n. 401/1989, con ciò dovendosi escludere la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura ai sensi della citata lett. c).
Né possono essere utilmente richiamate le ulteriori ipotesi sancite dalle lett. a) e b) dell'art. 6, comma 1, l. n. 401/1989, essenzialmente incentrate sul compimento di condotte violente su persone o cose o comunque finalizzate alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico.
Giova evidenziare come, anche in relazione a tali ulteriori fattispecie, la giurisprudenza amministrativa abbia evidenziato la necessità di un approccio ermeneutico di stretta interpretazione rispetto all'art. 6 l. n. 401/1989, ravvisando un carattere di tassatività intimamente connesso con la natura sanzionatoria del c.d. "D.A.Spo." ed evidenziando specificamente che le stesse: "rivestono anch'esse un carattere di tassatività, in quanto dalla natura sanzionatoria della norma de qua discende che essa debba essere necessariamente di stretta interpretazione" (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 10 marzo 2017, n. 354, resa con riferimento alla versione vigente in epoca precedente rispetto alla riformulazione della norma ad opera del d.l. 14 giugno 2019, n. 53, ma recante un principio di portata generale da ritenersi tuttora valido).
In relazione all'attuale formulazione normativa la medesima giurisprudenza ha avuto modo di precisare che: "In ordine al quadro normativo il DASPO può essere disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulti aver tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva a episodi tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse, e non solo nel caso di accertata lesione, in ottica di repressione, ma anche in caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, in evidente ottica di prevenzione. L'art. 6, comma 1, della l. n. 401 del 1989 attribuisce al Questore un potere interdittivo, esercitabile nei riguardi di coloro che, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, tengano una condotta violenta, o comunque tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica. Detto potere è connotato da un'elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto con il corollario che la misura del divieto di accesso ad impianti sportivi può essere disposta pure in caso di mero pericolo per l'ordine pubblico, magari ascrivibile a semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 5 dicembre 2011, n. 9547). Tuttavia, proprio perché la misura del divieto di accesso agli impianti sportivi ha funzione di prevenzione e di precauzione, la cui valutazione, quanto all'inaffidabilità del soggetto, spetta all'Autorità di PS, chiamata ad un apprezzamento discrezionale nel bilanciamento tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell'ordine e della sicurezza dei cittadini e l'interesse del privato ad accedere liberamente negli stadi, è necessario che tale giudizio si basi su comportamenti concreti ed attuali del destinatario, dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 13 luglio 2015, n. 1938; T.A.R. Toscana, Sez. II, 6 giugno 2013, n. 955)" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-ter, 7 gennaio 2025, n. 219).
Ciò posto, nel caso di specie deve senz'altro escludersi che le condotte contestate ai ricorrenti siano suscettibili di essere inquadrate nell'ambito di tali ulteriori ipotesi, non ravvisandosi elementi che ne consentano di attestare una partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione di natura tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico.
Dalla documentazione versata in atti non emerge infatti la presenza, all'interno dell'autogrill, di avventori minorenni o vulnerabili, essendo stato per contro attestato che l'unico dipendente presente all'interno della struttura, oltre ad avere escluso eventuali atteggiamenti aggressivi nei suoi confronti da parte del gruppo di tifosi riconducibile ai ricorrenti, non risulta essersi nemmeno reso conto degli ammanchi verificatisi.
Invero, dalla C.N.R. di data [omissis] si evince inequivocabilmente che "al momento del patito furto era presente solamente un dipendente, il Signor [omissis] il quale, successivamente, le riferiva di non essersi accorto di nulla... Personale dello scrivente ufficio escuteva a SIT il signor [omissis] (Sopra generalizzato), unico dipendente dell'esercizio commerciale presente al momento del fatto reato. Lo stesso confermava l'ingresso di 10-15 ragazzi da lui non conosciuti che, non avevano il volto coperto e che non erano stati aggressivi nei suoi confronti. Non aveva visto i mezzi con cui sono giunti nell'area di servizio e non sapeva se erano appartenenti a tifoserie di Hockey...".
Agli odierni ricorrenti, del resto, non risulta nemmeno contestata la circostanza aggravante dell'avere usato violenza sulle cose di cui all'art. 625, n. 2), c.p., essendo stata ravvisata esclusivamente l'ipotesi di cui all'art. 625, comma 1, n. 5), c.p., segnatamente del fatto commesso da tre o più persone, con ciò dovendosi escludere un qualsivoglia carattere violento della condotta dagli stessi tenuta.
L'impostazione adottata nella presente sede risulta stata peraltro già avallata da altro organo giurisdizionale, segnatamente dal G.I.P. presso il Tribunale per i minorenni di Bolzano, che con provvedimento adottato in data [omissis] non ha convalidato l'obbligo di presentazione contestato a un concorrente nella medesima fattispecie delittuosa. Il G.I.P. ha infatti ritenuto il reato di cui agli artt. 624 e 625, n. 5), c.p. non riconducibile al novero dei delitti costituenti il presupposto per la misura di prevenzione di cui all'art. 6 l. n. 401/1989, escludendo altresì il compimento di una qualsivoglia condotta violenta e/o intimidatrice da parte del gruppo di tifosi del ricorrente.
Del tutto inconferente si profila altresì il precedente di cui a Cass. n. 5173/2024, posto dal G.I.P. presso il Tribunale di Bolzano a fondamento della propria decisione di convalida del provvedimento inibitorio con prescrizioni emesso nei confronti di un concorrente nel medesimo reato contestato ai ricorrenti e richiamato dalla difesa dell'Amministrazione resistente, riguardando la distinta fattispecie relativa a soggetto che, dopo avere partecipato ad azioni predatorie, vanificava "gli sforzi del personale dipendente dell'autogrill di arginare le condotte, uscendo dalla porta di emergenza", realizzando "un quid pluris rispetto al mero furto" (pag. 4 sent. cit.).
Nel caso di specie, dunque, l'insussistenza dei presupposti richiamati dalla normativa di riferimento inficia la legittimità della misura impugnata, che deve essere conseguentemente annullata, risultando altresì superflua l'indagine circa la sussistenza di un nesso tra le condotte contestate e la manifestazione sportiva richiamata dal provvedimento.
3. L'accoglimento del ricorso introduttivo, nei termini sopra prospettati, assorbe le ulteriori censure prospettate con il quarto motivo e il quinto di impugnazione in relazione rispettivamente alla genericità delle prescrizioni impartite nel Questore e all'eccessiva durata della misura impugnata.
La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. C.d.S., Ad. plen., 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242), che ha consentito di derogare all'ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2022, n. 339), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
4. Le spese di giudizio seguono, come per legge, l'ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna le parti resistenti Ministero dell'interno - Questura di Bolzano al pagamento delle spese di giudizio in favore dei ricorrenti [omissis], [omissis], [omissis] e [omissis], liquidate complessivamente in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge, C.P.A. e I.V.A. (se e in quanto dovuti).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 9, § 1, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i ricorrenti.