Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Sezione II
Sentenza 29 settembre 2025, n. 3009

Presidente: Russo - Estensore: Cozzi

FATTO E DIRITTO

Saphira 3 Re s.r.l., odierna ricorrente, è proprietaria di un complesso immobiliare sito in via Marcona n. 5/7 a Milano il quale confina con altro complesso immobiliare, inizialmente di proprietà della società Cellini Real Estate 2010 s.r.l. poi ceduto alla società Antarctica s.r.l., situato in via Cellini, n. 14.

In data 29 gennaio 2025, la società Opera s.r.l., locatrice del citato immobile di via Cellini, n. 14, ha presentato al Comune di Milano una SCIA avente ad oggetto l'esercizio di una attività alberghiera da svolgere presso di esso.

Saphira 3 Re s.r.l., venuta a conoscenza dell'inoltro della suddetta SCIA, ha a sua volta inoltrato al Comune di Milano, in data 10 febbraio 2025, istanza di esercizio dei poteri di vigilanza e controllo ai sensi dell'art. 19, comma 6-ter, della l. n. 241 del 1990, chiedendo all'Amministrazione di inibire l'esercizio dell'attività alberghiera.

Non avendo l'Amministrazione risposto nel termine di trenta giorni, con il ricorso in esame, Saphira 3 Re s.r.l. chiede che venga accertata l'illegittimità del silenzio e che il Comune di Milano venga condannato a provvedere sulla sua istanza con provvedimento espresso.

Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Milano e la società Opera s.r.l. La società Antarctica s.r.l. ha depositato atto di intervento ad opponendum.

La causa è stata trattenuta in decisione in esito alla camera di consiglio del 23 settembre 2025.

Va innanzitutto dichiarata l'inammissibilità del secondo motivo di ricorso con il quale parte ricorrente deduce censure volte a dimostrare l'illegittimità della SCIA del 29 gennaio 2025, stante la ritenuta illegittimità/inefficacia del presupposto certificato di prevenzione incendi rilasciato in data 7 settembre 2016 dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco.

Va invero osservato che, ai sensi dell'art. 19, comma 6-ter, della l. n. 241 del 1990, la SCIA non costituisce provvedimento tacito direttamente impugnabile. E in effetti, con il ricorso in esame, non viene chiesto l'annullamento della SCIA del 29 gennaio 2025, né viene chiesto a questo Giudice di pronunciarsi sulla fondatezza dell'istanza di esercizio del potere inibitorio. Non sussiste quindi alcun interesse allo scrutinio delle suindicate censure posto che, come si vedrà, per accertare l'illegittimità del silenzio, non occorre verificare se il certificato di prevenzione incendi che costituisce presupposto della SCIA sia effettivamente illegittimo/inefficace, ma è sufficiente accertare la perdurante inerzia dell'Amministrazione sull'istanza presentata dalla ricorrente.

Questa decisione fa venir meno l'interesse allo scrutinio delle eccezioni di inammissibilità sollevate dal Comune di Milano il quale, nella propria memoria, oltre a sostenere che la ricorrente non sarebbe legittimata ad impugnare il certificato di prevenzione incendi, evidenzia che le censure mosse in questa sede contro quest'ultimo violerebbero il principio del ne bis in idem posto che tale certificato sarebbe già stato dalla medesima effettivamente impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Per queste stesse ragioni va anche respinta la domanda istruttoria avente ad oggetto i documenti relativi al fascicolo antincendio e al procedimento SUAP concernente l'attività alberghiera di cui si discute: come appena detto infatti, questo giudizio non ha ad oggetto l'accertamento della illegittimità della SCIA del 29 gennaio 2025, ma più semplicemente l'illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Milano sull'istanza della ricorrente inoltrata in data 10 febbraio 2025; ne consegue che, agli specifici fini che qui interessano, la suddetta documentazione risulta del tutto priva di rilevanza.

Ciò stabilito, si può passare all'esame del primo motivo con il quale parte ricorrente sostiene che il Comune di Milano sarebbe obbligato a dare espresso riscontro alla sua istanza del 10 febbraio 2025 e che, per questa ragione, il silenzio su di essa serbato sarebbe illegittimo.

Questo motivo è fondato per le ragioni di seguito esposte.

Come anticipato, l'art. 19, comma 6-ter, della l. n. 241 del 1990 stabilisce che la SCIA non costituisce provvedimento tacito direttamente impugnabile. La norma aggiunge che gli interessati ad opporsi alla SCIA, i quali sarebbero altrimenti privi di ogni mezzo di tutela, possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire l'azione sul silenzio di cui all'art. 31, commi 1, 2 e 3, c.p.a.

La giurisprudenza ha chiarito che il sollecito all'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione non è assimilabile ad una istanza di esercizio del potere di autotutela, e ciò in quanto, in caso di SCIA, manca in radice il provvedimento su cui esercitare tale potere. Ne consegue che l'Amministrazione cui è rivolto il sollecito è obbligata darvi riscontro ed è altresì obbligata ad una motivazione rafforzata che dia conto non soltanto delle ragioni dell'eventuale esercizio del potere inibitorio, ma anche di quelle opposte che la inducono a non intervenire (confronta, fra le tante, C.d.S., Sez. II, 23 giugno 2025, n. 5423). Del resto, se così così non fosse, il terzo interessato ad opporsi all'attività oggetto della SCIA rimarrebbe, come detto, privo di ogni tutela.

Ciò precisato, va ora osservato che le parti resistenti non contestano il fatto che il Comune di Milano non ha dato riscontro all'istanza proposta dalla ricorrente in data 10 febbraio 2025 ai sensi dell'art. 19, comma 6-ter, della l. n. 241 del 1990. Nelle loro memorie, le parti si soffermano principalmente sulle deduzioni della ricorrente che prospettano l'illegittimità della SCIA le quali, tuttavia, non hanno come detto alcun rilievo nel presente giudizio.

Neppure hanno rilievo le circostanze che il Comune di Milano avrebbe positivamente riscontrato l'istanza di accesso agli atti presentata dalla ricorrente in data 14 aprile 2025, posto che in questa sede non si discute di questa istanza, e che il Comando provinciale dei Vigili del fuoco avrebbe già dato riscontro all'istanza di verifica di legittimità del certificato di prevenzione incendi, posto che in questa sede non si discute delle istanze rivolte al Comando provinciale dei Vigili del fuoco ma dell'istanza rivolta al Comune di Milano in data 10 febbraio 2025.

Il Collegio non può quindi far altro che rilevare l'illegittimità del perdurante silenzio serbato su tale istanza.

Per queste ragioni il ricorso deve essere accolto, con conseguente condanna del Comune di Milano a provvedere sull'istanza del 10 febbraio 2025 entro il termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione della presente sentenza.

Le spese vanno poste a carico dell'Amministrazione soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Milano al rimborso delle spese di giudizio in favore della ricorrente, che vengono liquidate in euro 1.500 (millecinquecento), oltre spese generali e accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.