Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I-ter
Sentenza 27 maggio 2025, n. 10210

Presidente: Francavilla - Estensore: Mercone

FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe, la Federazione Associazioni Ricettività Extralberghiera (d'ora in poi F.A.R.E.), premesso di essere attiva sin dal 2011 e di rappresentare sul territorio nazionale il settore ricettivo extralberghiero (imprenditoriale e non), impugna, chiedendone l'annullamento, la circolare adottata del Ministero dell'interno il 18 novembre 2024, prot. 0038138, volta ad introdurre l'obbligo a carico dei gestori di strutture ricettive di identificare de visu gli ospiti, considerando non conformi all'art. 109 t.u.l.p.s. le procedure di check-in da remoto, di per sé ritenute potenzialmente pregiudizievoli per la sicurezza della collettività.

2. Plurime le censure mosse da parte ricorrente:

A) «Violazione dell'art. 109 TULPS, dell'art. 40 D.L. n. 201/2011, del Regolamento UE 1183/2024 ("eIDAS 2.0"), del DM del 7.1.2023, eccesso di potere per disparità di trattamento, irrazionalità e illogicità della motivazione, violazione del principio di proporzionalità, sviamento di potere, incompetenza e violazione del principio di tipicità degli atti e provvedimenti amministrativi», in quanto il provvedimento impugnato si porrebbe, innanzitutto, in conflitto con la riforma operata nel 2011 rispetto all'art. 109 TULPS; da tale momento, infatti, non è stato più previsto l'obbligo dei gestori di raccogliere de visu le generalità degli alloggiati, come confermato dall'eliminazione "della scheda compilata e/o firmata dall'ospite, dal capofamiglia o dal capo gruppo" e dal residuo obbligo dei gestori di dover solo accertare che gli alloggiati siano dotati di un documento di identità e di comunicare alle Questure le generalità delle persone alloggiate (adempimento da eseguirsi tramite il portale "Alloggiati web" secondo le modalità stabilite dal Ministero dell'interno con i decreti del 7 gennaio 2013 e del 16 settembre 2021), obblighi dal 2018 estesi anche ai locatori o sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni; in sintesi, con la riforma del 2011, si era inteso ridurre gli adempimenti a carico dei gestori di strutture ricettive, di nuovo aggravatisi con la circolare oggetto di gravame; in secondo luogo, il provvedimento impugnato, non sarebbe neppure idoneo a raggiungere l'obiettivo che si vuole perseguire, poiché l'identificazione de visu di per sé non elide il rischio che l'alloggiato, dopo l'identificazione, dia le chiavi dell'immobile locato ad un altro soggetto non identificato; ancora, la circolare oggetto di gravame creerebbe un'evidente disparità di trattamento rispetto ad altre categorie di attività, specificamente rispetto a chi noleggia autoveicoli, malgrado di frequente attentati terroristici siano avvenuti proprio tramite l'uso di macchine; altresì, sarebbe lesiva del principio di proporzionalità di cui al combinato disposto degli artt. 3 e 97 Cost.; infine, l'atto impugnato sarebbe pure affetto da una carenza di potere, poiché l'art. 109, comma 3, t.u.l.p.s., per parte ricorrente, conferirebbe al Ministero dell'interno il potere di stabilire le modalità di comunicazione, da parte dei gestori alle Questure, delle generalità delle persone alloggiate (come avvenuto con i decreti del 7 gennaio 2013 e del 16 settembre 2021), ma non anche il potere di definire le modalità di identificazione della clientela;

B) «Violazione dei principi di concorrenza e di non discriminazione, difetto di istruttoria e carenza di motivazione», poiché il provvedimento gravato determinerebbe un illegittimo vantaggio per le strutture alberghiere a scapito delle numerose attività di locazione breve, queste ultime non solo economicamente non in grado di potersi accollare un'eventuale spesa relativa all'identificazione de visu, ma pregiudicate anche rispetto agli investimenti già fatti per consentire i check-in automatizzati e da remoto; inoltre, nell'incipit della circolare si fa riferimento ad una generica evoluzione "della difficile situazione internazionale", senza, però, fornire alcun dato a supporto dell'intensificazione di tale fenomeno;

C) «Violazione del principio di riserva di legge», in quanto la circolare, di fatto, alla luce del disposto dell'art. 17 t.u.l.p.s. ("le violazioni di questo testo unico, per le quali non è prevista una sanzione amministrativa..., sono punite con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 206,00 euro"), finirebbe per introdurre una nuova fattispecie di reato, questo in evidente contrasto con l'art. 25 Cost.;

D) «Violazione e falsa applicazione della Direttiva 2006/123 del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa ai servizi nel mercato interno; violazione degli artt. 49 e 56 TFUE; violazione della Carta dei diritti fondamentali UE, artt. 15 e ss.», in quanto le misure introdotte dalla circolare, oltre a porsi in contrasto con la direttiva 2006/123 del Parlamento europeo e del Consiglio, violerebbero gravemente le disposizioni contenute nel TFUE in tema di libera prestazione dei servizi (art. 56) e libertà di stabilimento (art. 49), nonché innumerevoli diritti e libertà tutelati all'interno della Carta dei diritti fondamentali dell'UE quali, ad esempio, la libertà d'impresa e di scelta della professione (artt. 15 e 16), il diritto di proprietà (art. 17) e la libertà di circolazione delle persone (art. 45).

3. Il Ministero dell'interno e la Prefettura di Roma si costituivano in giudizio il 27 gennaio 2025.

4. Con memoria depositata il 7 febbraio 2025 il Ministero resistente eccepiva l'inammissibilità del gravame per una carenza di interesse ad agire e, in subordine, ne chiedeva la reiezione nel merito siccome infondato.

5. All'udienza pubblica del 13 maggio 2025 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Preliminarmente, va respinta l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Ministero resistente.

La circolare impugnata, infatti, non ha valore esclusivamente interpretativo dell'art. 109 t.u.l.p.s., in quanto, come risulta dalla parte finale, stabilisce "l'obbligo" a carico dei gestori di strutture ricettive di ogni genere o tipologia di dover verificare l'identità degli ospiti mediante verifica de visu della corrispondenza tra persone alloggiate e documenti forniti, comunicandola alla Questura competente per territorio secondo le modalità indicate dal decreto del Ministero dell'interno del 7 gennaio 2013, come modificato dal decreto del 16 settembre 2021.

In proposito, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'onere di impugnare una circolare unitamente al provvedimento applicativo che renda attuale il pregiudizio subìto non sussiste nell'ipotesi in cui tale circolare disciplini concretamente l'attività dei destinatari, ponendo prescrizioni immediatamente e direttamente lesive, rispetto alle quali il provvedimento di applicazione ha carattere semplicemente adempitivo (ex multis, cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I, 4 marzo 2019, n. 2800).

In sintesi, l'atto gravato presenta un contenuto già lesivo della sfera giuridica dei ricorrenti, e come tale è immediatamente impugnabile.

7. Passando al merito del ricorso, tenuto conto di quanto previsto dall'art. 74 c.p.a. ("la motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto e di diritto ritenuto risolutivo"), si ritiene che il provvedimento impugnato vada annullato già per alcune delle ragioni esposte nei primi due motivi di gravame.

7.1. Innanzitutto, come sottolineato da parte ricorrente, l'obbligo dell'identificazione de visu si pone in contrasto con la riduzione degli adempimenti amministrativi disposta con il d.l. n. 201/2011 ("disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici"), allorché è stato modificato il comma 3 dell'art. 109 t.u.l.p.s. In effetti, la novella è stata operata in ragione di quanto previsto dall'art. 40 d.l. cit., proprio rubricato "riduzione degli adempimenti amministrativi per le imprese", per eliminare degli oneri non indispensabili ai fini del rispetto della normativa dettata dal t.u.l.p.s.

Orbene, la circolare impugnata non risulta aver tenuto conto della modifica legislativa, avendo, di fatto, ripristinato quanto richiesto in passato, reintroducendo l'obbligo di identificazione de visu a carico dei gestori di strutture ricettive.

7.2. Inoltre, l'identificazione de visu non risulta di per sé in grado di garantire l'ordine e la sicurezza pubblica cui mira esplicitamente la circolare, in funzione anche della ratio dell'art. 109 t.u.l.p.s., poiché, come evidenziato da parte ricorrente, non fa venire meno il rischio che l'alloggio possa essere, comunque, utilizzato anche da soggetti non identificati dal gestore/proprietario dell'immobile locato (questo dopo il primo contatto). Detto altrimenti, l'identificazione de visu, introdotta dal Ministero resistente con la circolare impugnata, non risulta onere idoneo a perseguire il risultato posto alla base dell'atto gravato.

Peraltro, sempre sotto tale profilo, non è neppure specificato per quale ragione strumenti diversi (ad esempio, la verifica dell'identità da remoto) non siano sufficienti a raggiungere il medesimo obiettivo con minor pregiudizio sui destinatari dell'atto impugnato, ciò in linea col principio di proporzionalità che pure governa l'agire pubblico.

7.3. Infine, ma non da ultimo, la circolare non contiene giustificazioni adeguate rispetto all'obbligo imposto, poiché genericamente viene fatto riferimento ad una intensificazione delle c.d. locazioni brevi su tutto il territorio nazionale, in ragione anche del Giubileo della Chiesa cattolica iniziato dal 24 dicembre 2024, nonché ad una difficile evoluzione della situazione internazionale, ma tali affermazioni non sono supportate da alcun dato, necessario proprio a dimostrare la proporzionalità della misura adottata.

8. Ne consegue che la circolare è viziata, sia perché risulta in contrasto con l'attuale disposto dell'art. 109 t.u.l.p.s., sia per la violazione del principio di proporzionalità, sia, ancora, per eccesso di potere collegato ad una carenza di istruttoria.

9. Pertanto, assorbite le altre censure, il ricorso va accolto e, per l'effetto, annullato il provvedimento impugnato.

10. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna le amministrazioni resistenti al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in euro 2.000,00, oltre le spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge, nonché alla restituzione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.