Corte costituzionale
Sentenza 17 aprile 2025, n. 47

Presidente: Amoroso - Redattore: Buscema

[...] nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c-bis), secondo periodo, della legge della Regione siciliana 12 gennaio 2012, n. 8 (Costituzione dell'Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive), promosso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sezione prima, nel procedimento vertente tra Comune di Augusta e Consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Siracusa in liquidazione, con sentenza non definitiva del 5 agosto 2024, iscritta al n. 176 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2024.

Visto l'atto di intervento della Regione siciliana;

udito nella camera di consiglio del 10 marzo 2025 il Giudice relatore Angelo Buscema;

deliberato nella camera di consiglio del 10 marzo 2025.

RITENUTO IN FATTO

1.- Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (CGARS), sezione prima, con sentenza non definitiva del 5 agosto 2024, iscritta al n. 176 del registro ordinanze 2024, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c-bis), secondo periodo, della legge della Regione siciliana 12 gennaio 2012, n. 8 (Costituzione dell'Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive), in riferimento agli artt. 97 e 119, commi primo, quarto, quinto e sesto, della Costituzione, nonché all'art. 15, secondo comma, dello statuto della Regione siciliana, approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2.

L'art. 19, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. siciliana n. 8 del 2012 stabilisce che i commissari liquidatori dei consorzi per le aree di sviluppo industriale, soppressi e posti in liquidazione ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, provvedono a «trasferire in concessione d'uso, nelle more dell'individuazione dei gestori unici del Servizio Idrico Integrato da parte delle Assemblee Territoriali Idriche della Regione e per la celere attuazione dell'articolo 172, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche ed integrazioni, gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione alle società di scopo a prevalente capitale pubblico che in atto garantiscono la gestione dei predetti impianti nei territori di propria competenza e ciò fino al definitivo subentro dei competenti gestori unici. In assenza delle predette società di scopo, i Commissari liquidatori possono trasferire in concessione d'uso temporaneo gli impianti idrici, fognari e depurativi di proprietà dei Consorzi per le Aree di sviluppo industriale in liquidazione, prioritariamente al comune nel cui territorio è ubicato l'impianto di depurazione o al Comune che risulti maggior utilizzatore del relativo impianto, purché quanto da trasferire non sia oggetto di sequestro penale ad eccezione degli impianti che trattino prevalentemente o esclusivamente reflui di origine industriale. Eventuali quote di ammortamento residue per spese di investimento effettuate da parte dei concessionari temporanei di cui alla presente disposizione, preventivamente autorizzate dal Consorzio proprietario, sono riconosciute, all'atto del definitivo subentro, dal gestore unico del servizio idrico integrato sono aggiunte le parole "eventuali contenziosi in essere per la realizzazione e gestione degli impianti da trasferire restano in capo all'ente proprietario o al precedente gestore"».

2.- Il rimettente riferisce che la vicenda oggetto del giudizio a quo trae origine da un ricorso proposto dal Comune di Augusta davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione terza, con il quale l'ente locale impugnava: a) il verbale del commissario liquidatore del Consorzio per l'Area di sviluppo industriale (ASI) di Siracusa in liquidazione del 24 maggio 2022, n. 319, con cui il predetto commissario «provvedeva unilateralmente alla consegna al ricorrente Ente locale "degli impianti e rete idrica realizzata dal Consorzio ASI di Siracusa nell'ambito dei lavori di realizzazione dell'agglomerato G2 di Siracusa" nonché "dell'impianto di chiarificazione acque facente parte del sistema idrico dell'acquedotto di Q.100 sito in c/da Mendola di Augusta"»; b) la nota del Consorzio ASI di Siracusa in liquidazione del 3 maggio 2022, n. 263, con cui il commissario aveva invitato il Comune ricorrente a prendere parte alle operazioni di consegna.

Il ricorso di primo grado era basato su due motivi:

i) violazione degli artt. 147 e 149-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., eccesso di potere per difetto di istruttoria ed eccesso di potere per carenza dei presupposti, in quanto i predetti artt. 147 e 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, «"mirando ad assicurare l'unicità della gestione per ciascun ambito territoriale e l'integrazione verticale ed orizzontale dei servizi, escludono la possibilità di una gestione diretta del servizio idrico da parte di un singolo comune poiché antieconomica ed inefficiente"», con la conseguenza che «"tutti gli impianti e le reti idriche già gestite dal Consorzio ASI dovranno essere trasferiti alla già costituita ATI di Siracusa"». La normativa statale avrebbe escluso «"in radice la possibilità di una gestione diretta del servizio idrico da parte di un comune, in quanto ciò sarebbe gravemente lesivo dei principi in tema di concorrenza nel conferimento della gestione del servizio"», con conseguente violazione, da parte della Regione, della competenza statale in materia di tutela della concorrenza;

ii) violazione degli artt. 149 e 152 del d.lgs. n. 152 del 2006 e dell'art. 117 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), in riferimento all'art. 119 Cost. e all'art. 15, secondo comma, dello statuto speciale reg. siciliana, eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione, in quanto il verbale di consegna «"in assenza di ogni e qualsivoglia indicazione in ordine al costo della gestione del servizio idrico, non consente di garantire e salvaguardare l'equilibrio economic-finanziario dell'ente comunale"», tenuto conto che, ai sensi dell'art. 19, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. siciliana n. 8 del 2012, le eventuali spese di investimento sarebbero rimaste a carico del bilancio comunale, salvo il rimborso futuro da parte del gestore unico del servizio idrico integrato (SII). La mancata indicazione dei costi sostenuti dal Consorzio ASI di Siracusa per la gestione del servizio idrico non consentirebbe al Comune di Augusta di determinare alcun piano finanziario ed alcuna tariffa al fine della integrale copertura dei costi, con conseguente pregiudizio per l'equilibrio economico-finanziario dell'ente comunale.

Il giudice a quo riferisce che il TAR adito - accolta la domanda cautelare ai fini della fissazione del merito - con sentenza 12 aprile 2023, n. 1229, ha dichiarato il ricorso irricevibile per tardività, nella parte in cui impugnava la nota del 3 maggio 2022, n. 263 e inammissibile per difetto di interesse, stante la mancanza di contenuto provvedimentale dell'atto, nella parte in cui impugnava il verbale di consegna del 24 maggio 2022.

Il rimettente riferisce, altresì, che tale decisione è stata appellata dall'ente locale, lamentando l'erroneità della pronuncia in rito del TAR e riproponendo, nel merito, i due motivi dedotti in prime cure.

Il CGARS, in sede di appello, ha riformato la sentenza impugnata, dichiarando il ricorso di primo grado tempestivo e ammissibile. Con sentenza non definitiva, il giudice a quo ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c-bis), secondo periodo, della legge reg. siciliana n. 8 del 2012, prospettata dal Comune di Augusta con il secondo motivo del ricorso di primo grado.

3.- Ad avviso del rimettente, la disposizione censurata, nel prevedere il trasferimento in concessione d'uso ai comuni siciliani degli impianti idrici, fognari e depurativi già appartenenti ai soppressi consorzi ASI, con i connessi obblighi di gestione e manutenzione della rete idrica in questione, senza una corrispondente attribuzione di risorse, violerebbe innanzitutto l'art. 119, commi primo, quarto, quinto e sesto, Cost. e l'art. 15, secondo comma, dello statuto speciale reg. siciliana.

La normativa regionale, difatti, non prevedendo alcuna disposizione derogatoria rispetto agli obblighi di custodia e manutenzione dei predetti impianti, si porrebbe in contrasto con il principio di autonomia finanziaria dei comuni, espressamente enunciato non solo dall'art. 119 Cost., ma anche dall'art. 15, secondo comma, dello statuto speciale reg. siciliana, il quale stabilisce che «[l]'ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria».

La disposizione censurata violerebbe, altresì, il principio di correlazione tra funzioni e risorse - desumibile dall'intero assetto del Titolo V della Carta costituzionale e, in particolare, dai commi primo, quinto e sesto dell'art. 119, applicabili agli enti locali a prescindere da ogni delimitazione territoriale -, in quanto non prevederebbe il trasferimento o l'attribuzione di risorse per le nuove funzioni.

Sul punto, il giudice rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale (tra le tante, sentenze n. 155 e n. 135 del 2020, n. 10 del 2016, n. 188 del 2015) secondo cui sono costituzionalmente illegittime, in quanto lesive dei principi di correlazione tra funzioni e risorse, di coordinamento della finanza pubblica e dell'equilibrio dei bilanci pubblici, le norme che determinano: a) un'alterazione del rapporto tra complessivi bisogni regionali o di altro ente locale e insieme dei mezzi finanziari per farvi fronte; b) una variazione del rapporto tra entrate e spese foriero di un "grave squilibrio" nel bilancio.

Nella fattispecie disciplinata dalla disposizione censurata, all'incremento delle funzioni dei comuni, connesso alla necessità di assicurare la gestione e la manutenzione degli impianti idrici, fognari e depurativi, non si accompagnerebbe una corrispondente e proporzionale attribuzione di mezzi finanziari. In tal modo, si determinerebbe una "rottura" dell'ordinario assetto delle competenze legislative stabilite dalla Costituzione, determinando una eccessiva compressione dell'autonomia finanziaria degli enti locali e la violazione del principio di corrispondenza tra funzioni attribuite e risorse finanziarie, nonché dei principi costituzionali di autonomia finanziaria dei comuni e di equilibrio del bilancio. Dal che discenderebbe l'illegittimità costituzionale della normativa regionale in esame.

Ad avviso del rimettente la questione odierna sarebbe analoga a quella già decisa con la sentenza di questa Corte n. 73 del 2023, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera b), della medesima legge reg. siciliana n. 8 del 2012, afferente al trasferimento delle strade a uso pubblico, da parte dei commissari liquidatori dei consorzi ASI, ai comuni competenti per territorio, nella parte in cui non subordina tale trasferimento alla attribuzione delle risorse necessarie alla gestione e manutenzione delle infrastrutture trasferite.

3.1.- La lesione dei menzionati parametri costituzionali determinerebbe anche la violazione dell'art. 97 Cost., poiché la disposizione censurata inciderebbe sul buon andamento dei servizi di gestione e di manutenzione degli impianti trasferiti in concessione d'uso, non essendo tali funzioni adeguatamente finanziate.

4.- È intervenuto in giudizio il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o manifestamente infondate.

Eccepisce innanzitutto la Regione siciliana che le questioni non sarebbero rilevanti nel giudizio a quo, in quanto il rimettente sarebbe stato adito, primariamente, per decidere se il Comune di Augusta avesse titolo per esercitare le funzioni trasferite con la disposizione regionale in esame e, solo in subordine, se il costo del servizio trasferito potesse essere coperto dal bilancio comunale, salvo rimborso futuro da parte del gestore unico nel momento in cui sarà costituito.

Ritiene inoltre la Regione siciliana che le questioni siano manifestamente infondate, in quanto basate su un presupposto errato e, cioè, sul fatto che il legislatore regionale avrebbe previsto il trasferimento degli impianti idrici realizzati dai consorzi ASI ai comuni senza le opportune risorse. Sostiene che i consorzi ASI si sarebbero già fatti carico, a suo tempo, della realizzazione di tali opere, cosicché sui comuni graverebbero soltanto gli oneri di gestione e conservazione delle reti fognarie e di depurazione loro affidate, da coprire mediante gli eventuali proventi derivanti dalla concessione di spazi a terzi ovvero attraverso la legislazione vigente in materia di finanziamento delle funzioni attribuite agli enti locali.

4.1.- Con memoria depositata il 17 febbraio 2025, il Presidente della Regione siciliana ha ribadito l'inammissibilità per difetto di rilevanza e la manifesta infondatezza delle censure sollevate dal rimettente.

Quanto alla manifesta infondatezza, la Regione rileva, anzitutto, come la giurisprudenza costituzionale richiamata dal giudice a quo, e in particolare la sentenza n. 73 del 2023, non siano pertinenti, stante la sostanziale differenza tra le fattispecie sottese alle diverse disposizioni sottoposte allo scrutinio della Corte.

Difatti, la disposizione regionale censurata nel presente giudizio, diversamente da quella dichiarata costituzionalmente illegittima con la citata sentenza n. 73 del 2023, che prevedeva il trasferimento definitivo ai comuni della piena proprietà della rete stradale, con le connesse funzioni di gestione e manutenzione, prevede un trasferimento in concessione d'uso temporaneo degli impianti idrici, fognari e depurativi: trasferimento che non implicherebbe, dunque, un trasferimento definitivo di funzioni, e che assumerebbe altresì "valore remunerativo", non soltanto per l'accrescimento patrimoniale dell'ente locale, ma anche per il trasferimento della titolarità del diritto alla riscossione del canone. Difatti, ai sensi della normativa vigente, i costi della gestione del servizio idrico integrato, comprendenti anche la manutenzione ordinaria e straordinaria, sarebbero coperti dalla tariffa a carico degli utenti. Sul punto, la difesa regionale evidenzia che l'obbligo della corresponsione al gestore dei costi sostenuti per la produzione di acqua grezza è stato introdotto dalla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, attuata in Italia con il d.lgs. n. 152 del 2006 e la successiva normativa secondaria di riferimento.

La disposizione censurata non determinerebbe, pertanto, alcuna alterazione dei fabbisogni dell'ente locale, poiché quest'ultimo riscuoterebbe il relativo canone e non potrebbe, di conseguenza, provocare alcuna grave violazione dell'equilibrio di bilancio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Il CGARS, sezione prima, con sentenza non definitiva, iscritta al n. 176 reg. ord. 2024, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c-bis), secondo periodo, della legge reg. siciliana n. 8 del 2012 deducendo la violazione degli artt. 97 e 119, commi primo, quarto, quinto e sesto, Cost., nonché dell'art. 15, secondo comma, dello statuto speciale reg. siciliana.

1.1.- La disposizione censurata violerebbe, innanzi tutto, l'art. 119, commi primo, quarto, quinto e sesto, Cost. e l'art. 15, secondo comma, dello statuto speciale reg. siciliana laddove prevede il trasferimento in concessione d'uso ai comuni siciliani, competenti per territorio, degli impianti idrici, fognari e depurativi con relative pertinenze, già appartenenti agli ex consorzi ASI, con i connessi obblighi di gestione e manutenzione della rete idrica, senza una previsione derogatoria rispetto agli obblighi di custodia e manutenzione dei diversi impianti e senza corrispondere un adeguato trasferimento (o un'attribuzione) di risorse per far fronte agli oneri derivanti da tali obblighi.

In tal modo, la disposizione censurata determinerebbe una eccessiva compressione dell'autonomia finanziaria degli enti locali, violando il principio di corrispondenza tra funzioni attribuite e risorse finanziarie nonché il principio di equilibrio del bilancio.

1.2.- La lesione dei predetti parametri costituzionali determinerebbe anche una violazione dell'art. 97 Cost., in quanto inciderebbe sul buon andamento dei servizi di gestione e manutenzione degli impianti trasferiti in concessione d'uso, funzioni che non risulterebbero adeguatamente finanziate.

2.- È intervenuto in giudizio il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, adducendo l'inammissibilità e la manifesta infondatezza delle censure.

2.1.- Le questioni di legittimità costituzionale - ad avviso della difesa regionale - sarebbero innanzitutto inammissibili per difetto di rilevanza, poiché il rimettente sarebbe stato adito per decidere se il Comune di Augusta avesse titolo a esercitare le funzioni trasferite con la normativa in esame e, soltanto in subordine, per stabilire se il costo del servizio trasferito potesse essere coperto dal bilancio comunale, salvo rimborso futuro da parte del gestore unico.

Secondo la Regione le censure sarebbero, poi, manifestamente infondate, in quanto il trasferimento in concessione d'uso degli impianti idrici, fognari e depurativi non determinerebbe alcuna alterazione dei bisogni dell'ente locale, visto che quest'ultimo riscuoterebbe il relativo canone. La disposizione censurata non potrebbe pertanto ritenersi idonea a provocare alcun grave squilibrio di bilancio.

3.- L'eccezione di inammissibilità della Regione siciliana è fondata, nei termini di seguito specificati.

Le doglianze del rimettente sono tutte incentrate sulla mancata previsione e attribuzione delle risorse occorrenti per la gestione e manutenzione degli impianti trasferiti all'ente locale.

Tuttavia, secondo quanto riferito dallo stesso rimettente, nel giudizio principale, il Comune di Augusta, con un primo motivo di ricorso, riproposto anche in appello, aveva chiesto al TAR di pronunciarsi sulla legittimità degli atti emanati nei suoi confronti sulla base della disposizione censurata anzitutto sotto il profilo della dedotta violazione degli artt. 147 e 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, oltre che dell'eccesso di potere e carenza dei presupposti, prospettando correlativamente il contrasto della normativa regionale con l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e che «tutti gli impianti e le reti idriche già gestiti dal Consorzio ASI dovranno essere trasferiti alla già costituita ATI di Siracusa».

Sosteneva, infatti, il Comune che il principio di unicità della gestione del servizio idrico integrato nell'ambito territoriale ottimale, stabilito dai citati artt. 147 e 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, precludesse in radice la possibilità di una gestione diretta del servizio idrico da parte del singolo comune, in quanto una simile soluzione sarebbe, oltre che «antieconomica ed inefficiente», «gravemente lesiv[a] dei principi in tema di concorrenza nel conferimento della gestione del servizio», con conseguente violazione, da parte della normativa regionale, della competenza statale in materia di tutela della concorrenza.

A sostegno delle proprie ragioni, l'ente locale richiamava la giurisprudenza di questa Corte secondo cui «"la disciplina diretta al superamento della frammentazione verticale della gestione delle risorse idriche, con l'assegnazione a un'unica Autorità preposta all'ambito delle funzioni di organizzazione, affidamento e controllo della gestione del servizio idrico integrato, è ascrivibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, essendo essa diretta ad assicurare la concorrenzialità nel conferimento della gestione e nella disciplina dei requisiti soggettivi del gestore, allo scopo di assicurare l'efficienza, l'efficacia e l'economicità del servizio (sentenze n. 325 del 2010 e n. 246 del 2009)" (sentenza n. 93 del 2017)» (sentenza n. 231 del 2020, che ha dichiarato costituzionalmente illegittima, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e, Cost., una norma regionale siciliana strutturalmente analoga a quella di cui oggi si discute).

Tale motivo di ricorso risulta, con tutta evidenza, pregiudiziale sul piano logico-giuridico rispetto al secondo, con il quale il Comune, prospettando la violazione dell'art. 119 Cost. e dell'art. 15, secondo comma, dello statuto speciale reg. siciliana, lamentava che la disposizione censurata, in assenza di qualsiasi indicazione in ordine al costo di gestione degli impianti trasferiti, non consentisse di salvaguardare l'equilibrio economico-finanziario del Comune.

Il giudice a quo ha però del tutto omesso l'esame del primo motivo del ricorso, limitandosi ad affrontare il secondo, attinente al profilo finanziario, nonostante la valutazione del primo, attinente alla titolarità dell'uso degli impianti strumentali al servizio idrico integrato, presentasse una priorità logica. Così operando, il rimettente non si è fatto carico dell'esigenza di verificare se, alla luce della normativa statale in materia e della giurisprudenza di questa Corte, la Regione siciliana possa prevedere, con le modalità stabilite dalla disposizione censurata, il trasferimento in concessione d'uso all'ente locale di impianti idrici, fognari e depurativi di proprietà dei consorzi ASI in liquidazione. Il carattere pregiudiziale dello scioglimento di tale nodo, rispetto alla proposizione delle odierne questioni, emerge, del resto, con immediatezza, ove si consideri che interrogarsi sulla legittimità costituzionale dell'affidamento di determinate funzioni a un comune, senza una contestuale assegnazione di risorse, ha un senso solo qualora si sia preventivamente accertato che quell'affidamento di funzioni è costituzionalmente consentito.

In definitiva, prima di affrontare la seconda questione, relativa alle risorse occorrenti per far fronte ai costi di gestione e manutenzione degli impianti in parola, il giudice rimettente avrebbe dovuto pronunciarsi sul primo motivo di ricorso proposto dall'ente locale, tenendo in considerazione quanto stabilito in materia di gestione delle risorse idriche del SII e delle sue reti dal d.lgs. n. 152 del 2006.

4.- Alla stregua delle argomentazioni sopra esposte, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal rimettente devono essere dichiarate inammissibili per difetto di motivazione sulla rilevanza.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c-bis), secondo periodo, della legge della Regione siciliana 12 gennaio 2012, n. 8 (Costituzione dell'Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive), sollevate, in riferimento agli artt. 97 e 119, commi primo, quarto, quinto e sesto, della Costituzione, nonché all'art. 15, secondo comma, dello statuto della Regione siciliana, approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sezione prima, con la sentenza non definitiva indicata in epigrafe.