Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione II
Sentenza 4 febbraio 2025, n. 229

Presidente: Correale - Estensore: Baffa

Considerato che:

- i ricorrenti impugnano la deliberazione del Consiglio comunale di Dasà avente ad oggetto "Concessione in locazione porzione edificio Biblioteca comunale per Poste Italiane" contestandone l'illegittimità sotto vari profili;

- il Comune di Dasà, costituito in giudizio, ha avanzato diverse censure di inammissibilità del ricorso fra cui, in particolare, il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti.

Ritenuto che, quanto alla posizione del ricorrente Francesco F.:

- va condiviso il costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale: "Va esclusa la legittimazione dei consiglieri comunali a impugnare in sede giurisdizionale un atto emesso da un organo dello stesso ente al quale essi appartengono (Sindaco, Giunta comunale e Consiglio comunale), a eccezione dei casi in cui le censure proposte siano rivolte a contestare lesioni della propria sfera giuridica o della propria posizione all'interno dell'organo o dell'ente medesimo, ovvero a contestare la modifica della composizione dell'organo e il relativo funzionamento, ma sempre in relazione a un interesse connesso alla propria sfera giuridica o alla propria posizione all'interno dell'organo o dell'ente" (T.A.R. Salerno, Sez. I, 3 luglio 2024, n. 1439; nello stesso senso anche: T.A.R. Potenza, Sez. I, 7 giugno 2024, n. 303; T.A.R. Potenza, Sez. I, 13 febbraio 2016, n. 104; T.A.R. Milano, Sez. II, 24 aprile 2013, n. 1067; T.A.R. Lecce, Sez. III, 11 marzo 2010, n. 700);

- non sussiste pertanto, nel caso di specie, la legittimazione a ricorrere, considerato che con i motivi di ricorso sono state sollevate doglianze che non incidono direttamente sui diritti di partecipazione del consigliere comunale ricorrente;

- non può essere condiviso quanto controdedotto sul punto da parte ricorrente nella memoria del 24 gennaio 2025 secondo cui: "Tali gravissime violazioni comportano certamente una menomazione delle prerogative del Consigliere comunale ed incidono in via immediata e diretta sullo ius in officium di cui lo stesso è gode in funzione della carica rivestita, impedendo il formarsi una corretta valutazione della proposta di deliberazione e della manifestazione di voto in merito" (pag. 2);

- infatti non ogni violazione di forma o di sostanza nell'adozione di una deliberazione si traduce in una automatica lesione dello ius ad officium, ma solo quella che si sostanzia nella lesione del diritto-dovere della persona investita della carica di consigliere comunale di esercitare la propria funzione, tramite il proprio voto; solo così, infatti, si crea un contrasto che non è suscettibile di risoluzione nella dialettica interna all'organo, atteso che proprio la lesione del munus impedisce l'attivazione dei meccanismi di responsabilità politica e rende necessario il ricorso all'autorità giurisdizionale per ripristinare il libero esercizio dello ius ad officium;

- in definitiva, una deliberazione collegiale, per essere impugnabile dal componente dell'organo, deve investire direttamente la sua sfera giuridica, non potendosi ritenere che la relativa legittimazione si possa desumere dal fatto che vi è la sua opposizione a quanto deciso dalla maggioranza (C.d.S., Sez. IV, 13 aprile 2021, n. 3034).

Ritenuto, quanto alla posizione di Francesco R. (nato nel 1951) e Francesco R. (nato nel 1947), che:

- la legittimazione ad agire indica la titolarità di una situazione giuridica differenziata, cioè di un interesse qualificato rispetto ad un bene della vita;

- la titolarità di tale interesse non dipende dalla legittimità o meno del provvedimento, atteso che può sussistere un interesse legittimo quando il provvedimento che vi incide è illegittimo così come quando è legittimo (l'interesse sarà perciò legittimamente sacrificato); al contempo può esistere un provvedimento illegittimo senza, però, che vi sia la titolarità di una situazione giuridica soggettiva differenziata;

- non può essere condiviso quanto controdedotto sul punto da parte ricorrente nella memoria del 24 gennaio 2025 secondo cui: «La legittimazione ad impugnare dei Sigg. R. Francesco classe 1947 e R. Francesco classe 1949, risiede nella loro posizione di cittadini che risiedono e vivono nel Comune di Dasà e rappresentano la "collettività cittadina" che ritiene sia illegittima la procedura di approvazione della delibera del C.C. e della G.C. impugnate, sia sotto il profilo procedimentale e amministrativo, per i motivi illustrati nel ricorso, sia sotto il profilo del merito, atteso che la esecuzione dei lavori necessari a trasformare una parte dell'edificio costruito e da sempre destinato a Biblioteca comunale nella sua interezza con sala di lettura, aula convegni e settore conservazione volumi (area unica collegata al suo interno e con unico accesso esterno - vedesi foto edificio allegata), comporta in sostanziale venir meno della funzione culturale e sociale cui la stessa è destinata in quanto l'edifico viene diviso in tre parti autonome non più collegate fra loro, di cui una destinata alla locazione ad una società privata e le altre due separate senza una previa valutazione dei danni che tale operazione comporta, senza alcun utile per l'ente e la comunità amministrata» (pag. 2);

- ciò perché il giudizio amministrativo è caratterizzato da una giurisdizione soggettiva, sicché la parte che agisce deve vantare un interesse personale e distinto da quello della generalità dei consociati, come si desume, implicitamente ed a contrario, dalla eccezionalità dei casi di giurisdizione oggettiva [art. 130, comma 1, lett. a) e b), c.p.a.; art. 70 t.u.e.l.; d.l. n. 198/2009];

- ne consegue che il corretto o migliore funzionamento della amministrazione, così come il perseguimento della decisione migliore per una determinata collettività, non sono integrano interessi di per sé tutelabili in questa sede da parte del singolo cittadino-ricorrente.

Ritenuto, in definitiva, che va dichiarata l'inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione a ricorrere, assorbendo tale eccezione le altre relative alla mancata completezza del contraddittorio e alla natura di atto non provvedimentale della delibera di G.c. n. 63/2024.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del Comune di Dasà delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 2.000,00, oltre spese e accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.