Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 17 dicembre 2024, n. 10153

Presidente: Gambato Spisani - Estensore: Santise

FATTO E DIRITTO

1. Acciaierie d'Italia s.p.a. ha impugnato innanzi al T.A.R. il decreto n. 1443 del 28 dicembre 2021 dell'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale, con cui è stata disposta l'occupazione temporanea non preordinata all'esproprio, per un periodo pari a 36 mesi, delle seguenti aree, necessarie alla realizzazione dei lavori di cui al Progetto P3121: Foglio 76, Mappale 1157; Foglio 83, Mappale 535; Foglio 76, Mappale 1140; Foglio 74, Mappale 1141.

Il T.A.R., con sentenza n. 375 del 2022, ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Acciaierie d'Italia s.p.a. ha, quindi, impugnato la predetta sentenza, riproponendo i motivi di doglianza già articolati con il ricorso di primo grado, e deducendo i seguenti motivi di appello:

I) violazione dell'art. 35 c.p.a.; dell'art. 81 c.p.c.; degli artt. 1, 3, 11, 34, 49 e 50 del d.P.R. n. 327/2001; degli artt. 832 e 1638 c.c.; nonché dell'art. 24 Cost. e del principio di interpretazione adeguatrice al dettato costituzionale. Carenza ed erroneità della motivazione; travisamento dei fatti; illogicità della motivazione;

II) violazione degli artt. 24 e 117 Cost. e dell'art. 1 del Protocollo 1 CEDU. Violazione del principio di interpretazione adeguatrice;

III) violazione dell'art. 26 c.p.a. e dell'art. 92, comma 2, c.p.c. sulle spese di giudizio.

L'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale - Genova e il Commissario ricostruzione Genova si sono costituiti regolarmente in giudizio, contestando l'avverso appello e chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 29 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

Tanto premesso in punto di fatto, l'appello è infondato.

2. Il T.A.R. nella sentenza appellata ha dichiarato il ricorso di primo grado inammissibile per difetto di legittimazione attiva, in quanto l'appellante non è né proprietaria né titolare di altro diritto reale sulle aree oggetto di occupazione, ma soltanto affittuaria del ramo d'azienda comprendente lo stabilimento che insiste su di esse, qualifica che non le consentirebbe di impugnare gli atti oggetto del presente giudizio.

3. I motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro logicamente connessi, sono infondati, come già evidenziato da questa Sezione (sentenza dell'8 aprile 2024, n. 3201), in un caso sostanzialmente analogo tra le stesse parti del presente giudizio.

Non resta, quindi, a questa Sezione che richiamare quanto già affermato recentemente, non essendovi ragioni per discostarsi dal proprio orientamento.

4. Come già accaduto nel giudizio che si è concluso con la richiamata sentenza di questa Sezione, la parte appellante, anche in questo giudizio, ha evidenziato che la sentenza del T.A.R. è "in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale pacifico sul tema" e, in particolare, con alcune recenti sentenze del Consiglio di Stato in cui la legittimazione ad agire contro gli atti della procedura ablativa è stata dichiarata anche per coloro i quali sono titolari di un diritto reale o personale di godimento sul bene oggetto della procedura (Sez. II, 19 luglio 2021, n. 5433, che si riferisce, più in generale, agli "atti di una procedura ablativa").

In particolare, in queste sentenze è stato rimarcato che la legittimazione ad agire sorgerebbe in ragione della "relazione giuridica qualificata con il bene oggetto del provvedimento ablativo, tale da identificare una posizione giuridica soggettiva individualizzata e specifica che connoti un interesse all'annullamento dell'atto ablativo" (C.d.S., Sez. IV, 4 novembre 2022, n. 9667) e, dunque, anche nella sfera giuridica di coloro che "coltivino un fondo in virtù di specifici vincoli contrattuali (mezzadria, colonia parziaria, soccida, affitto di fondo rustico)" (C.d.S., Sez. IV, n. 1684 del 2023, che l'ha invece esclusa per "il mero possessore del fondo, quand'anche ivi eserciti un'attività agricola"). Questo in quanto il "vincolo giuridico con il bene" sarebbe "destinato ad essere travolto o, comunque, coinvolto dalla spendita del potere ablativo dell'Amministrazione (cfr., da ultimo, C.d.S., Sez. IV, 4 novembre 2022, n. 9667)" (C.d.S., Sez. IV, n. 1684 del 2023).

La società appellante domanda, quindi, la riforma della sentenza del T.A.R. che ha invece escluso la sua legittimazione attiva ad impugnare la dichiarazione di pubblica utilità derivante dall'approvazione del progetto dell'opera realizzanda e i successivi decreti di occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione (art. 22-bis d.P.R. n. 327/2001) e non preordinata all'espropriazione (art. 49 d.P.R. n. 327/2001).

5. Il Collegio ritiene infondati i motivi di appello.

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare che: "La legittimazione e l'interesse al ricorso trovano giustificazione nella natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, che non risulta preordinata ad assicurare la generale legittimità dell'operato pubblico, bensì tende a tutelare la situazione soggettiva del ricorrente, correlata ad un bene della vita coinvolto nell'esercizio dell'azione autoritativa oggetto di censura (C.d.S., Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4)".

La medesima pronuncia ha evidenziato, pertanto, che: "... la posizione di interesse legittimo (alla quale inerisce la legittimazione ad agire in sede processuale) presuppone ed esprime necessariamente una relazione intercorrente tra un soggetto che ha (o intende ottenere) una determinata utilità (riferita ad un "bene della vita"), e la pubblica amministrazione nell'esercizio di un potere ad essa attribuito dall'ordinamento giuridico, sia che tale utilità consista nel neutralizzare l'esercizio del potere amministrativo, a tutela di un patrimonio giuridico già esistente che verrebbe altrimenti compresso; sia se volta ad ottenere l'esercizio del potere amministrativo negato dall'amministrazione, attraverso il quale si intende(va) conseguire un ampliamento del proprio patrimonio giuridico".

Si è ritenuto, quindi, che: "... esiste un rapporto diretto ed immediato tra l'esercizio del potere amministrativo (e ciò in cui esso si sostanzia, cioè il provvedimento amministrativo) e l'interessato all'esercizio del potere medesimo. Tale relazione diretta si concretizza nel fatto che il provvedimento amministrativo e suoi effetti interessano direttamente (ed univocamente) il patrimonio giuridico di un determinato soggetto, in senso compressivo o ampliativo".

Si è infine specificato che "... l'interesse è 'personale' in quanto si appunta solo in capo al soggetto che si rappresenta come titolare, ed è altresì (inscindibilmente con la prima caratteristica), anche 'diretto', in quanto il suo titolare è posto in una relazione di immediata inerenza con l'esercizio del potere amministrativo (per essere destinatario dell'atto e/o per avere nei confronti dell'atto una posizione opposta, speculare a quella del destinatario diretto)" (C.d.S., Ad. plen., 28 gennaio 2022, n. 3, § 12.3).

6. Con riferimento all'impugnazione degli atti direttamente ricompresi nel procedimento espropriativo (e tra questi possono annoverarsi i decreti di occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione e non preordinata all'espropriazione) e di quelli presupposti a quel procedimento (e tra questi può ricomprendersi la dichiarazione di pubblica utilità), il Collegio ribadisce che, facendo applicazione dei principi enunciati dall'Adunanza plenaria, la legittimazione ad agire spetti soltanto in capo a quel soggetto che è titolare del diritto reale direttamente ed univocamente "compresso" o "inciso" dagli atti della procedura.

7. Ne consegue che il legittimato attivo ad impugnare gli atti dei procedimenti ablatori è, in linea generale, il proprietario del fondo, essendo l'unico soggetto rispetto al quale può sostenersi "una relazione di immediata inerenza con l'esercizio del potere amministrativo", preordinato, di regola, all'estinzione della proprietà in capo a chi ne era precedentemente il titolare e all'acquisizione del corrispondente diritto in capo all'amministrazione oppure, in caso di atti come quelli di occupazione non preordinati all'espropriazione, preordinato alla compressione temporanea del diritto di proprietà.

8. La sentenza dell'Adunanza plenaria, sviluppando nelle motivazioni i principi precedentemente trascritti, ha affermato, inoltre, che: "non possono esservi posizioni di interesse legittimo nei confronti della pubblica amministrazione nell'esercizio del potere amministrativo conferitole dall'ordinamento, che non siano quelle (e solo quelle) che sorgono per effetto dello stesso statuto normativo del potere, nell'ambito del rapporto giuridico di diritto pubblico, (pre)configurato normativamente" (C.d.S., Ad. plen., n. 3 del 2022, § 12.3).

8.1. Applicando il principio al procedimento espropriativo, si evidenzia come le norme contenute nel d.P.R. n. 327/2001, indichino, di regola, nel proprietario (da individuare secondo la regola dell'art. 3, comma 2):

i) il destinatario degli atti della procedura espropriativa (art. 3, comma 2);

ii) l'interessato alla partecipazione al relativo procedimento (art. 11);

iii) l'unico soggetto a cui l'autorità espropriante è tenuta a fornire l'avviso dell'avvio del procedimento preordinato all'approvazione del progetto definitivo e di dichiarazione di pubblica utilità, non essendo invece "tenuta a dare alcuna comunicazione a chi non risulti proprietario del bene" (art. 16, comma 9), nonché dell'atto che ha approvato il progetto definitivo (art. 17, comma 2);

iv) il destinatario dell'elenco dei beni da espropriare (art. 20, comma 1) e dell'atto che determina in via provvisoria la misura della indennità di espropriazione (art. 20, comma, 4);

v) l'unico soggetto legittimato ad accettare l'indennità di espropriazione offerta (art. 20, comma 5);

vi) il destinatario del decreto motivato "che dispone anche l'occupazione anticipata dei beni immobili necessari" (art. 22-bis);

vii) il destinatario della notifica del decreto di esproprio (art. 23, comma 1);

viii) il destinatario dell'avviso "contenente l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora in cui è prevista l'esecuzione dell'ordinanza che dispone l'occupazione temporanea" (art. 49).

8.2. Merita nuovamente sottolineare che assumono particolare rilievo, poi, quelle norme che risultano più direttamente correlate a disciplinare l'incidenza del decreto di esproprio sui diritti reali o personali insistenti sul bene espropriato.

Segnatamente, si prevede che l'espropriazione comporta "l'estinzione automatica di tutti gli altri diritti, reali o personali, gravanti sul bene espropriato, salvo quelli compatibili con i fini cui l'espropriazione è preordinata" (art. 25, comma 1), e che, da un lato, le "azioni reali e personali esperibili sul bene espropriando non incidono sul procedimento espropriativo e sugli effetti del decreto di esproprio" (comma 2) e, dall'altro, "tutti i diritti relativi al bene espropriato possono essere fatti valere unicamente sull'indennità" (comma 3).

La disciplina da ultimo indicata, prevedendo quale forma di tutela quella per equivalente, da far valere nei confronti del proprietario, consentono di escludere, in radice, che si configuri la violazione dell'art. 117 Cost. e dell'art. 1 del Protocollo 1 della C.e.d.u., dedotta con il terzo motivo di appello, come già chiarito in precedenza. A tale ultimo proposito si evidenzia, altresì, che, accogliendo la prospettazione dell'appellante, potrebbe verificarsi la situazione in cui, qualora il proprietario volesse prestare acquiescenza al provvedimento di esproprio, perché ritiene soddisfacente la somma offerta dall'amministrazione a titolo di indennizzo e/o non ha interesse alcuno a mantenere la titolarità del bene oggetto del procedimento, il titolare di un qualsiasi diritto personale di godimento (ad es., il comodatario del bene) potrebbe agire in giudizio per contestare gli atti del procedimento espropriativo, superando la volontà dispositiva del proprietario del bene e rallentando, altresì, la definizione della vicenda inerente alla titolarità del bene oggetto del decreto di esproprio (che verrebbe a trovarsi "sospesa" in attesa della definizione del giudizio sulla legittimità del provvedimento), oltre che il procedimento preordinato alla realizzazione dell'opera pubblica.

Nel caso esemplificato, si verificherebbe paradossalmente proprio quella lesione del diritto di proprietà paventata dalla società con il terzo motivo di appello perché il diritto di proprietà - che comprende anche la possibilità di prestare acquiescenza agli atti della procedura espropriativa - potrebbe essere ostacolato dal titolare di un diritto personale di godimento che per l'ordinamento può solo rivalersi sull'indennità ottenuta dal proprietario.

8.3. Il principio ora affermato non è in contrasto con i recenti precedenti di questo Consiglio citati dall'appellante, in particolare, con la sentenza n. 5433/2021, in cui si è statuito il difetto di legittimazione a ricorrere del "mero conduttore del fondo": le affermazioni che vanno nella direzione dell'ampliamento della legittimazione a ricorrere, invocati dalla società a sostegno della sua tesi, costituiscono nei richiamati precedenti al più dei meri obiter dicta non risolutivi per la decisione presa.

9. Risulta, però, opportuno puntualizzare che, essendo l'espropriazione preordinata anche all'ablazione di "diritti relativi ad immobili" (art. 1, comma 1, d.P.R. n. 327/2001), diversi dal diritto di proprietà, le norme suindicate (e le conclusioni cui si giunge in punto di legittimazione ad agire) debbano essere logicamente adattate nel caso in cui gli atti del procedimento non abbiano direttamente ad oggetto il diritto di proprietà, ma proprio tali altri "diritti relativi ad immobili".

9.1. In proposito, si evidenzia che anche questo caso non ricade nella suddetta ipotesi, in quanto risulta pacifico che gli atti impugnati siano preordinati ad incidere in maniera diretta ed univoca sul diritto di proprietà della società ILVA s.p.a. in amministrazione straordinaria, mentre la società appellante risulta essere conduttrice, con obbligo di acquisto, del ramo d'azienda comprendente lo stabilimento collocato nell'area, una cui porzione è oggetto degli atti amministrativi contestati.

9.2. Va soggiunto, inoltre, che proprio nella prospettiva da ultimo indicata al § 9 vanno intesi ed applicati i principi enunciati dall'Adunanza plenaria con la sentenza n. 21 del 18 luglio 1983, invocata dalla società appellante a sostegno della sua censura.

Con la pronuncia indicata si è ammessa, per l'appunto, la legittimazione a ricorrere del titolare di un diritto personale di godimento su di un bene avverso gli atti del procedimento espropriativo.

Le statuizioni della richiamata sentenza non corroborano, tuttavia, gli assunti dell'appellante e sono, al contrario, coerenti con i principi sopra enunciati.

9.3. Nel peculiare caso all'esame della Plenaria n. 21 del 1983, ad agire con i poteri espropriativi era stato l'ente proprietario dell'area, il quale aveva, in precedenza, costituito in capo al terzo (poi ricorrente) il diritto personale di godimento (locazione) su di essa, mentre, successivamente, aveva avuto la necessità di riacquisire la piena disponibilità del fondo, a causa della sopravvenuta necessità di realizzarvi un'opera pubblica.

Risulta evidente, allora, che in quella controversia il decreto di esproprio aveva avuto ad oggetto, producendo su di esso effetti pregiudizievoli, "diretti" ed "univoci", il diritto personale di godimento e la sfera giuridica e patrimoniale di chi ne era divenuto il titolare. Quest'ultimo veniva perciò "posto in una relazione di immediata inerenza con l'esercizio del potere amministrativo" e, pertanto, ritenuto legittimato ad impugnare il provvedimento.

10. Per quanto esposto, non ci sono, inoltre, ragioni per sospendere il giudizio in attesa della decisione del ricorso straordinario in relazione al decreto n. 1053/2021.

11. In conclusione, per le motivazioni sin qui evidenziate, l'appello va respinto.

Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 7390/2022), lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Liguria, sez. I, sent. n. 375/2022.