Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II stralcio
Sentenza 9 ottobre 2024, n. 17315
Presidente: Scala - Estensore: Fiorani
FATTO E DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 2 luglio 2018 e depositato il 6 luglio 2018, Stefania D.M. ha impugnato l'ordinanza dirigenziale n. 14 del 12 aprile 2018, prot. n. 51944 del 13 aprile 2018, a firma del dirigente dell'Area edilizia e T.P.L. del Comune di Fiumicino, notificata in data 3 maggio 2018, con cui veniva ordinata alla ricorrente la demolizione, ai sensi dell'art. 15 l.r. 15/2008, di un manufatto ritenuto abusivo, di ogni altra opera nel frattempo eseguita e il ripristino dello stato dei luoghi, unitamente a tutti gli atti comunque connessi, presupposti, preordinati e conseguenti ai provvedimenti impugnati.
2. Il ricorso è affidato a due motivi.
2.1. Con il primo (rubricato "Violazione ed erronea applicazione dell'art. 31 D.P.R. 380/2001 sul punto dell'individuazione del responsabile dell'abuso e della indicazione dell'area soggetta all'acquisizione di diritto"), la ricorrente afferma di essere nuda proprietaria dell'immobile su cui insistono gli abusi contestati e di essere estranea rispetto alle violazioni ivi riscontrate, non avendo mai avuto la disponibilità del manufatto.
2.2. Con il secondo (rubricato "Violazione ed erronea applicazione dell'art. 15 L. R. Lazio n. 15/2008 - eccesso di potere per travisamento. Violazione del principio di 4 compatibilità e difetto di motivazione sul punto. Violazione e/o errata applicazione degli art. 32 e 33 l. 47/85 e difetto di motivazione sul punto"), si lamenta che l'immobile de quo costituirebbe un ampliamento di altro edificio, oggetto di una precedente ordinanza di demolizione, nonché di una domanda di sanatoria ex art. 13 l. 47/1985 e successivamente di un'istanza di condono ex l. 326/2003.
2.2.1. Poiché la detta istanza non sarebbe stata a tutt'oggi definita, dovrebbe, ad avviso della ricorrente, trovare applicazione l'art. 38 l. n. 47/1985, come richiamato dall'art. 32 l. n. 326/2003, con conseguente sospensione automatica dei procedimenti sanzionatori fino alla definizione della suddetta domanda.
2.2.2. Evidenzia altresì la ricorrente - in relazione al seguente passaggio del provvedimento gravato: "verificato che l'area interessata dall'edificazione abusiva risulta gravata dai seguenti vincoli: P.T.P.R.: Aree agricole identitarie - Paesaggio naturale di continuità; P.T.P. zona B1 zona B3" - che i vincoli sarebbero stati apposti nel 2008, quindi successivamente alla realizzazione dell'abuso oggetto di domanda di sanatoria nel 2002 e di domanda di condono nel 2003.
3. Il Comune di Fiumicino si è costituito in resistenza in data 23 marzo 2019.
4. All'udienza di smaltimento del 20 settembre 2024, in vista della quale le parti hanno depositato documenti e memorie, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Il primo motivo non è meritevole di accoglimento, in quanto, per giurisprudenza costante, in sede di emanazione di un ordine di demolizione, l'amministrazione deve notificare il provvedimento al proprietario del bene quale risultante dai registri catastali, sicché la mancata notifica all'usufruttuario non incide sulla legittimità dell'ordine di demolizione, ferma rimanendo la possibilità per l'usufruttuario di impugnare autonomamente il provvedimento, di cui sia venuto a conoscenza, qualora ne ricorrano i presupposti (ex plurimis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 14 settembre 2016, n. 4310; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 16 aprile 2015, n. 607; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 4 febbraio 2014, n. 158).
5.1. In ordine alla deduzione secondo cui la ricorrente non sarebbe responsabile dell'abuso descritto nell'ordinanza gravata ("abitazione costituita da un piano seminterrato e da un piano terra rialzato di mq 57,00 ciascuno, circondata su tre lati da un balcone. Il primo piano seminterrato presenta n. 3 camere da letto e n. 1 bagno mentre il piano terra rialzato è composto da soggiorno con angolo cottura e n. 1 bagno. Il tutto è stato realizzato laddove era presente il manufatto in muratura di mq 20.00 circa di cui all'ordinanza di demolizione n. 121/AG aprile 00"), va richiamato il consolidato orientamento secondo cui, avendo l'ordine di demolizione natura reale, lo stesso è correttamente rivolto al proprietario a prescindere dalla responsabilità dello stesso nella realizzazione dell'illecito, che investe il diverso tema relativo alla sanzione amministrativa o al provvedimento acquisitivo (tra le tante, cfr. C.d.S., Sez. VI, 3 giugno 2022, n. 4570; 21 dicembre 2020, n. 8171).
5.2. Da ultimo, il rilievo secondo cui il provvedimento gravato non conterrebbe l'indicazione dell'area che sarebbe oggetto di acquisizione di diritto in caso di inottemperanza alla demolizione è privo di pregio, poiché tale mancanza non comporta l'illegittimità dell'ordinanza di demolizione, in quanto la detta individuazione può avvenire con il successivo atto di accertamento dell'inottemperanza (ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, 5 maggio 2023, n. 4563).
6. Il secondo motivo è infondato.
6.1. Risulta per tabulas che il Comune di Fiumicino ha emesso in data 3 novembre 2000 un'ordinanza di demolizione (n. 121/AG/4/00) nei confronti del padre della ricorrente che descriveva l'opera abusiva come segue: "di fronte al manufatto principale è stata realizzata una costruzione in muratura con copertura con travi di legno e pannelli coibentati di mq 20 circa alta mt 2,80 con a ridosso una tettoia di mq 10, sorretta da 2 pali di legno e coperta anch'essa con pannelli coibentati".
6.2. Nel provvedimento impugnato nella presente sede si ordina, invece, la demolizione del manufatto come descritto nel passaggio già trascritto al precedente paragrafo 5.1.
6.3. La ricorrente rileva, a questo proposito, che il suo dante causa ha formulato nel marzo 2002 una richiesta di concessione in sanatoria ex art. 13 l. 47/1985 e, nel 2003, di condono per il manufatto che era già stato oggetto dell'ordinanza di demolizione del 2000 (descritto come segue nelle due istanze in esame: "costruzione di un locale accessorio per una superficie utile di mq 20,00 e una cubatura fuori terra pari a mc 70").
6.4. Orbene, va osservato che, successivamente alla presentazione della domanda di condono edilizio e prima che quest'ultima sia decisa, il proprietario non può effettuare alcun lavoro di completamento o ampliamento dell'immobile abusivo, valendo il principio in forza del quale è la prosecuzione in sé dei lavori ad essere preclusa, a prescindere dal regime edilizio a tali opere applicabile, anche in termini di trattamento sanzionatorio. Pertanto, le ulteriori opere eseguite dopo la presentazione dell'istanza di condono - ancorché interne o pertinenziali, oppure astrattamente riconducibili alle categorie della manutenzione ordinaria/straordinaria, del restauro e/o del risanamento conservativo, o della ristrutturazione edilizia - devono dirsi abusive e in prosecuzione dell'indebita attività edilizia pregressa, ripetendo le caratteristiche di illiceità dell'opera principale cui ineriscono strutturalmente, con conseguente obbligo dell'amministrazione comunale di ordinarne la demolizione ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001; ciò, peraltro, non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende l'istanza di condono, ma solo affermare che, a pena dell'assoggettamento alla medesima sanzione demolitoria prevista per il manufatto abusivo di riferimento, tale possibilità di intervento deve esplicarsi nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell'art. 35 della l. n. 47/1985 (al quale, nel caso in esame, parte ricorrente non ha dato prova di essersi attenuta, posto che nel caso in esame non si verte in tema di mero completamento, ma di un ampliamento, se non di una vera e propria sostituzione del manufatto preesistente oggetto di sanatoria), ancora applicabile per effetto dei rinvii operati anche dalla successiva legislazione condonistica (orientamento consolidato: cfr. per tutte C.d.S., Sez. II, 19 aprile 2021, n. 3171).
6.5. Quanto alla concessione in sanatoria, è vero che agli atti è presente il doc. 6 di parte ricorrente, datato 4 novembre 2002 e avente ad oggetto "richiesta certificato stato istruttorio relativa istanza prot. 3272 del 21 marzo 2002, Loc. Tagliata, Via Casale del Castellaccio, 146", dove si legge che la «suddetta istanza [di concessione in sanatoria, n.d.r.] è in istruttoria presso questa Amministrazione Comunale in attesa di definizione. Si precisa che in data 12 agosto 2002 nella seduta n. 375 è stata sottoposta alla Commissione Edilizia Comunale la quale ha espresso il seguente parere: "Favorevole alle condizioni di ufficio"», ma è pur vero che deve trovare applicazione l'art. 13, comma 2, l. 47/1985 (che si assume ratione temporis vigente, ma si tratta di disposizione non dissimile dal vigente art. 36 del d.P.R. 380/2001, comma 3, secondo cui "Sulla richiesta di concessione o di autorizzazione in sanatoria il sindaco si pronuncia entro sessanta giorni, trascorsi i quali la richiesta si intende respinta".
6.5.1. Ebbene, a distanza di oltre vent'anni dalla proposizione dell'istanza, quest'ultima deve ritenersi respinta, senza che, peraltro, sia stata allegata e provata la tempestiva impugnazione del silenzio-diniego formatosi sulla stessa nel termine previsto dalla legge (sulla necessità di tale impugnazione, cfr. C.d.S., Sez. VI, 19 novembre 2018, n. 6506).
6.6. Tenuto conto che il provvedimento impugnato richiama l'art. 15 della l.r. Lazio 15/2008, il quale riguarda l'ipotesi di "interventi di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire o di denuncia di inizio attività nei casi previsti dall'articolo 22, comma 3, lettere b) e c), del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche o in totale difformità dagli stessi, ovvero con variazioni essenziali determinate ai sensi dell'articolo 17", si può prescindere dall'esame dei rilievi con cui si lamenta il carattere sopravvenuto dei vincoli paesaggistici che interessano l'area su cui è avvenuta l'edificazione, perché, anche se accolti, non inciderebbero sul contenuto precettivo del provvedimento impugnato, basato (anche) sulla mancanza di un titolo edilizio atto a giustificare le opere abusive descritte e contestate nell'ordinanza gravata.
6.7. Quanto alle precarie condizioni del nucleo familiare rappresentate dalla ricorrente nella memoria ex art. 73 c.p.a., le stesse non sono idonee a incidere sulla validità del provvedimento gravato, il quale ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, basato su una ponderazione tra interesse pubblico e privato già compiuta, a monte, dal legislatore (cfr. C.d.S., Sez. VI, 17 ottobre 2022, n. 8808).
7. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
8. Le spese seguono la soccombenza e, nell'ammontare liquidato in parte dispositiva, sono poste a carico della parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente a rifondere al Comune resistente le spese di lite, che liquida in euro 2.000,00, oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.