Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 27 settembre 2024, n. 7828

Presidente: Saltelli - Estensore: Basilico

FATTO

1. Con sopralluogo del 30 luglio 2020 gli uffici di Roma Capitale hanno accertato sul terreno di proprietà della signora Nunzia C. la presenza di opere abusive consistenti in un capannone, un manufatto a uso abitativo a forma di "L", una tettoia in legno in aderenza a quest'ultimo, una piscina interrata, un muro di confine per l'intero lotto.

Con determinazione n. 135, notificata all'interessata il 22 febbraio 2022, è stata ordinata la demolizione delle predette opere con ripristino dello stato dei luoghi: detta ordinanza non è stata impugnata; con verbale del 24 agosto 2022 è stata accertata l'inottemperanza all'ordinanza.

Con due determinazioni del 24 novembre 2022 è stata disposta l'acquisizione di diritto al patrimonio comunale delle opere abusive e del terreno, nonché inflitta la sanzione pecuniaria per l'inosservanza.

2. Il T.A.R. del Lazio con la sentenza segnata in epigrafe ha dichiarato inammissibili le censure sollevate dall'interessata circa i presupposti dell'abusività del manufatto e circa l'entità dell'area da acquisire in quanto avrebbero dovuto essere rivolte tempestivamente nei confronti dell'ordinanza di demolizione; ha poi rigettato le doglianze con cui era stato lamentato che il proprietario non era responsabile dell'abuso, rilevando che questi fosse comunque tenuto alla demolizione; ha disatteso il motivo con cui era stata invocata la prescrizione della sanzione pecuniaria, non trovando applicazione la normativa prevista per le fattispecie penali.

3. L'interessata ha proposto appello avverso la sentenza chiedendone alla stregua di un unico motivo di seguito illustrato.

4. Ha resistito al gravame Roma Capitale, chiedendone il rigetto.

5. Con ordinanza n. 179 del 2024 è stata sospesa l'esecutività della sentenza e dei provvedimenti impugnati.

6. All'udienza pubblica del 17 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

7. Con unico motivo di appello, è stato dedotto: «Error in iudicando: erroneità della sentenza. violazione e falsa applicazione dell'articolo art. 112 c.p.c. eccesso di potere».

Si sostiene in sintesi che il T.A.R. non avrebbe considerato che nella specie era stato fatto valere un vizio proprio del provvedimento di acquisizione, consistente nella violazione dell'art. 15, comma 5, della l.r. Lazio n. 15 del 2008 secondo cui non si procede all'acquisizione dell'area, ma solo alla demolizione dell'opera abusiva, se il proprietario non è responsabile dell'abuso.

8. L'appello è infondato.

9. Come chiarito dalla sentenza dell'Adunanza plenaria n. 9 del 2017, l'ordine di demolizione dell'opera abusiva, avendo carattere reale, può essere rivolto anche nei confronti del proprietario che non sia responsabile dell'abuso; sempre l'Adunanza plenaria, con sentenza n. 16 del 2023, ha precisato che dalla notificazione dell'ordine di demolizione discende l'obbligo per il destinatario di ripristinare lo stato dei luoghi e che tanto la sanzione pecuniaria, quanto la misura dell'acquisizione del bene abusivo al patrimonio del Comune, rappresentano delle sanzioni per l'inosservanza di tale obbligo e dunque sono applicabili anche nei confronti del proprietario non responsabile dell'abuso, a meno che questo dimostri che l'inosservanza non è a lui imputabile.

In questi termini va interpretata anche la norma di cui all'art. 15, comma 5, della l.r. Lazio n. 15 del 2008, secondo cui «non si procede all'acquisizione dell'area [...] ma esclusivamente alla demolizione dell'opera abusiva nel caso in cui il proprietario della stessa non sia responsabile dell'abuso»: quest'ultimo infatti non viene sanzionato in quanto responsabile dell'abuso, ma in quanto inottemperante rispetto all'obbligo di demolizione (in termini anche C.d.S., Sez. VI, sent. n. 1648 del 2021).

10. L'appello deve quindi essere respinto.

11. Secondo la regola generale della soccombenza, da cui nel caso di specie non vi è ragione di discostarsi, l'appellante deve essere condannata al pagamento delle spese processuali, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge; condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite del grado, liquidate in 3.500 euro, oltre oneri e accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. II, sent. n. 7172/2023.