Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Salerno, Sezione II
Sentenza 25 settembre 2024, n. 1722
Presidente: Durante - Estensore: Marena
FATTO E DIRITTO
La ricorrente è proprietaria di un appezzamento di terreno sito in Scafati, catastalmente identificato al foglio 12 particella 135 e 661.
La consistenza immobiliare era concessa in comodato con contratto ritualmente registrato all'Agenzia delle entrate il 28 ottobre 2021 a favore della ditta Officine Sicignano s.r.l., che esercita un'attività industriale nell'opificio adiacente al fondo di proprietà della ricorrente.
Con ordinanza n. 2349 del 24 marzo 2023, notificata in data 29 marzo 2023, l'ente ordina la demolizione delle seguenti opere abusive così descritte: "realizzazione di un muro in c.a. edificato a confine con fabbricato rurale...; realizzazione di due depositi...; realizzazione di una piattaforma in cemento... ha comportato un cambio di destinazione d'uso...; realizzazione di due ombraie...".
Avverso l'atto de quo insorge il ricorrente, mediante gravame di annullamento, ritualmente notificato e depositato, sorretto da una serie di censure di illegittimità, variamente scandite nei diversi motivi di ricorso, così di seguito sintetizzate:
1) violazione e falsa applicazione del t.u. edilizia; violazione e falsa applicazione dell'art. 97 della Costituzione; eccesso di potere per difetto di istruttoria.
La parte ricorrente rimarca che, ancorché sia proprietario della consistenza immobiliare, non esercita su di essa alcun tipo di gestione e/o di possesso, stante il contratto di comodato registrato all'Agenzia delle entrate tra l'usufruttuaria e la comodataria sin dal 2013. A seguito della notifica del presente provvedimento ingiuntivo, parte ricorrente provvedeva a diffidare a mezzo dello scrivente difensore sia la società comodataria sia l'usufruttuaria circa il ripristino dello stato dei luoghi con pec del 17 maggio 2023.
Peraltro, il ricorrente si duole dell'impossibilità di dare esecuzione all'ordine demolitorio in ragione del sequestro penale;
2) violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della l. 241/1990.
La parte ricorrente lamenta la violazione dell'art. 7 l. 241/1990, atteso che l'omessa comunicazione avrebbe comportato la violazione della ratio stessa della normativa in questione, mirante alla finalità di partecipazione del cittadino ai procedimenti avviati d'ufficio dalla pubblica amministrazione.
Resiste in giudizio il Comune intimato, depositando documentazione e memoria difensiva, nella quale, controdeducendo alle avverse prospettazioni di parte ricorrente, conclude per il rigetto del ricorso.
Nell'udienza pubblica del 24 settembre 2024, la causa è introitata per la decisione.
Il gravame è rigettato.
Si controverte della legittimità o meno dell'ordine demolitorio, oggetto della presente impugnazione.
Ed invero, sulla base della disamina della documentazione in atti, la gravata ordinanza si appalesa al Collegio legittima, in ragione della rigorosa osservanza della normativa vigente in materia.
Sono prive di pregio, in quanto infondate, le censure di illegittimità, variamente profilate nei diversi motivi di ricorso, le quali, in ragione della loro affinità contenutistica, sono congiuntamente scrutinate.
Anzitutto, va disattesa la censura di illegittimità, circa la omessa comunicazione di avvio procedimentale.
La giurisprudenza è chiara.
Gli atti vincolati, come l'ordinanza di demolizione, non richiedono la comunicazione di avvio del procedimento in quanto non prevedono valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene. L'ordine di demolizione, come gli altri provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, in quanto si tratta di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche, regolamentata rigidamente dalla legge (C.d.S., Sez. VI, 2 gennaio 2024, n. 22).
I provvedimenti non sarebbero annullabili ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990, atteso che - trattandosi di atti dovuti - risulta palese che il contenuto dispositivo dell'impugnata ordinanza di demolizione non avrebbe potuto essere diverso se fosse stata data ai ricorrenti comunicazione dell'avvio del procedimento (T.A.R. Napoli, Sez. III, 5 dicembre 2023, n. 6707).
Anche le doglianze di illegittimità espresse nel primo motivo di ricorso sono infondate.
Com'è noto, le sanzioni urbanistiche ed edilizie hanno natura reale, ossia attengono alla cosa e non hanno carattere personale.
L'ordinanza di demolizione è, infatti, rivolta a sanzionare una situazione di fatto oggettivamente antigiuridica e può essere rivolta a chiunque si trovi ad essere proprietario dell'immobile al momento dell'emanazione del provvedimento, pur se estraneo all'illecito, per cui, pur restando ferma la possibilità di dimostrare l'estraneità rispetto all'abuso e di rivalersi nei riguardi del dante causa, le misure repressive per l'attività edilizia abusiva sono legittimamente irrogate nei confronti degli attuali proprietari degli immobili diversi dal soggetto che ha realizzato l'abuso stesso, salva la loro facoltà di agire nei confronti dei danti causa (T.A.R. Ancona, Sez. I, 4 novembre 2020, n. 637).
L'individuazione del suo destinatario comporta l'accertamento di chi sia obbligato propter rem a demolire e prescinde da qualsiasi valutazione sulla imputabilità e sullo stato soggettivo (dolo, colpa) del titolare del bene.
Diverso discorso vale per l'acquisizione gratuita, quale conseguenza dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e della relativa omissione, ha natura afflittiva (così come la correlata sanzione pecuniaria).
La stessa giurisprudenza è chiara sul punto.
Deve ritenersi destinatario della sanzione pecuniaria il solo responsabile dell'abuso e non anche il proprietario che non risulti responsabile dell'abuso, né sia nella disponibilità e nel possesso del bene; e che, quindi, la responsabilità di quest'ultimo può sorgere solo nel caso in cui egli sia responsabile dell'abuso ovvero quando, avendo la disponibilità ed il possesso del bene o avendoli successivamente acquisiti, non abbia provveduto alla demolizione (C.d.S., Sez. VI, n. 3391/2017; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, n. 5014/2022).
L'estraneità all'illecito edilizio accertato, di per sé sola, non sottrae il proprietario alla misura sanzionatoria pecuniaria susseguente all'inottemperanza a quella ripristinatoria: incombe, infatti, su tale soggetto, siccome interessato ad evitare la perdita del diritto dominicale, anche il dovere di attivarsi tempestivamente al fine di adottare i comportamenti necessari ad assicurare il ripristino dello stato dei luoghi antecedente l'abuso. Conseguentemente, al fine di riparare il proprietario incolpevole dall'altrui illecito edilizio da conseguenze eccessivamente penalizzanti, ossia dagli effetti sanzionatori ex art. 31, commi 3, 4 e 4-bis, del d.P.R. n. 380/2001, occorre che egli dimostri, da un lato, la sua estraneità all'abuso e, dall'altro, l'assunzione di iniziative consentite dall'ordinamento, che siano idonee a costringere il responsabile dell'attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall'autorità amministrativa (C.d.S., Ad. plen., 11 ottobre 2023, n. 16; T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. II, n. 1835/2009; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, n. 3103/2012; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, n. 3480/2015).
Da ciò consegue la legittimità dell'ordinanza demolitoria, indirizzata anche al proprietario incolpevole.
Vale, altresì, soggiungere che la sottoposizione di un manufatto abusivo a sequestro penale non costituisce impedimento assoluto a ottemperare a un ordine di demolizione, né integra causa di forza maggiore impeditiva della demolizione, dato che sussiste la possibilità di ottenere il dissequestro dell'immobile al fine di ottemperare all'ingiunzione di demolizione. Il contemperamento con le esigenze della difesa si realizza ritenendo che il termine assegnato dall'ordinanza per la demolizione o la rimessione in pristino non decorre sin quando l'immobile rimane sotto sequestro, restando all'autonoma iniziativa della difesa ovvero della magistratura inquirente attivare gli strumenti che al dissequestro possono condurre (C.d.S., Sez. VII, 19 giugno 2024, n. 5467).
Stanti queste premesse, il gravame è rigettato.
La peculiarità della fattispecie consente di compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.