Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
Sezione III
Sentenza 26 giugno 2024, n. 784

Presidente: Di Santo - Estensore: Andolfi

FATTO

Con il ricorso notificato a mezzo raccomandata postale il 21 novembre 2019 e depositato il 18 dicembre 2019, parte ricorrente chiede l'annullamento della non autorizzazione paesaggistica numero 93 del 16 settembre 2019, del diniego di condono edilizio in data 16 settembre 2019, atti entrambi riguardanti la pratica edilizia numero 6100 B, nonché dell'ordinanza di demolizione numero 4 del 19 settembre 2019, provvedimenti relativi ai manufatti di proprietà dei ricorrenti siti nel Comune di Marciana.

Il Comune di Marciana non si costituisce in giudizio.

Il ricorso è trattato all'udienza del 22 maggio 2024, passando in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, non essendosi costituito il Comune intimato, deve essere verificata la validità della notificazione.

Parte ricorrente ha provato che la notifica è andata a buon fine allegando un messaggio di posta elettronica certificata del Comune, in data 24 aprile 2024, che attesta che il ricorso è stato protocollato presso gli uffici comunali.

Nel merito, si deve considerare che, con il primo provvedimento impugnato, la cosiddetta non autorizzazione paesaggistica relativa al condono edilizio di cui alla legge 47 del 1985 per la realizzazione di un locale barche, il Comune si è espresso in senso negativo con riferimento all'istanza di condono presentata dall'attuale parte ricorrente il 28 marzo 1986 nella qualità di proprietaria di un locale rimessaggio barche ricadente in zona tutelata ai sensi della terza parte del codice dei beni culturali e paesaggistici.

Nel provvedimento si ricostruisce il procedimento amministrativo che ha condotto all'esito negativo. La Commissione comunale per il paesaggio, il 14 maggio 2004, aveva espresso parere favorevole con la prescrizione della eliminazione dei materiali non consoni all'ambiente, quali la copertura in lamiera e l'infisso in alluminio. La documentazione è stata quindi trasmessa alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Provincia, al fine dell'espressione del parere vincolante di cui all'art. 146, comma 7, del decreto legislativo 42 del 2004. La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, in data 5 agosto 2014, aveva comunicato il preavviso di rigetto, ai sensi dell'art. 10-bis della legge sul procedimento amministrativo, con la motivazione del contrasto con le esigenze di tutela del vincolo paesaggistico. La parte privata aveva quindi inviato alla Soprintendenza, in data 19 agosto 2014, le osservazioni in merito al preavviso di rigetto. Il Comune, quindi, ha constatato che la Soprintendenza non ha mai concluso il procedimento con un provvedimento definitivo negativo e, dopo aver più volte chiesto alla suddetta Soprintendenza il parere finale riguardante l'istanza di condono edilizio, considerato che nel preavviso di rigetto si diceva che, nel caso in cui non fossero pervenute osservazioni si sarebbe provveduto in conformità all'adozione definitiva del provvedimento di diniego, ha adottato autonomamente il provvedimento negativo finale impugnato.

Il secondo provvedimento impugnato è il diniego del condono edilizio, chiesto con istanza del 28 marzo 1986. Il provvedimento è motivato con riferimento alla non autorizzazione paesaggistica numero 93 del 16 settembre 2019.

Il terzo provvedimento impugnato è l'ordinanza di demolizione e rimessa in pristino dello stato dei luoghi adottata dal Comune il 19 settembre 2019. Il provvedimento è motivato con riferimento alla non autorizzazione paesaggistica numero 93 del 16 settembre 2019 e al provvedimento finale di diniego del condono edilizio in data 16 settembre 2019, essendo l'ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi un atto dovuto in presenza di opere realizzate in assenza del titolo abilitativo.

Con il primo motivo di impugnazione, parte ricorrente deduce la violazione dell'art. 146 del decreto legislativo 42 del 2004, dell'art. 32 della legge 47 del 1985, della legge sul procedimento amministrativo ed eccesso di potere, incompetenza ed illegittimità derivata. Essendo il primo e fondamentale atto lesivo la non autorizzazione paesaggistica numero 93 del 16 settembre 2019 ed essendo il diniego di condono e la successiva ordinanza di demolizione provvedimenti conseguenziali alla definizione negativa del procedimento di autorizzazione paesaggistica, la difesa di parte ricorrente censura il diniego di autorizzazione paesaggistica in quanto non fondato su un parere definitivo reso dalla Soprintendenza, bensì su una mera comunicazione, resa ex art. 10-bis della legge sul procedimento amministrativo, dei motivi ostativi all'autorizzazione. Essendo state presentate osservazioni della parte privata sui motivi ostativi, la Soprintendenza avrebbe dovuto concludere il procedimento con un parere definitivo. In mancanza di una pronuncia definitiva della Soprintendenza, il Comune avrebbe dovuto astenersi dal concludere il procedimento in senso negativo. La illegittimità del provvedimento comunale di non autorizzazione paesaggistica determinerebbe la illegittimità derivata dei conseguenziali provvedimenti di diniego di condono e di ingiunzione alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi.

A giudizio del Collegio, il motivo è fondato e assorbente.

L'art. 32 della legge sul condono edilizio numero 47 del 1985, con riferimento alle opere costruite su aree sottoposte a vincolo, prescrive che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro 180 giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto.

La norma, quindi, concede al privato richiedente il condono edilizio la facoltà di impugnare il silenzio-inadempimento dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico qualora, come nel caso di specie, essa non abbia reso il parere entro il termine per la conclusione del procedimento amministrativo.

La norma, invece, non consente all'amministrazione comunale di concludere, in senso negativo, il procedimento di autorizzazione paesaggistica funzionale al condono edilizio prima che l'amministrazione preposta alla tutela del vincolo si sia espressa.

Al riguardo, la giurisprudenza ha più volte chiarito (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-quater, 19 luglio 2021, n. 8529) che la valutazione di compatibilità rispetto al vincolo insistente sull'area oggetto di intervento costituisce condicio sine qua non della sanatoria urbanistico-edilizia di talché, in caso di parere sfavorevole, l'amministrazione comunale è tenuta, quale atto dovuto e vincolato, a rigettare la richiesta di condono (art. 32, comma 4, l. n. 47/1985). Il parere in questione, in considerazione della natura vincolante dello stesso, si impone sulle eventuali differenti valutazioni espresse dall'amministrazione comunale innanzi alla quale pende il procedimento di condono, senza che quest'ultima, in sede di definizione dello stesso, possa discostarsene.

In sostanza, essendo il rilascio del provvedimento di condono subordinato al parere vincolante dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo gravante sul bene, essendo il previo rilascio del parere espressamente imposto dall'art. 32 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 ed essendo il parere della Sovraintendenza, per espressa previsione di legge, necessario e vincolante (C.d.S., Sez. II, 22 novembre 2021, n. 7817), il diniego di autorizzazione paesaggistica adottato dal Comune in mancanza del parere della Soprintendenza deve essere ritenuto illegittimo, in quanto carente di un parere obbligatorio e vincolante.

Ne consegue che anche il diniego di condono edilizio e l'ordine di demolizione disposti dal Comune, tenuto conto della illegittima conclusione del procedimento di autorizzazione paesaggistica, sono illegittimi, essendo viziati da illegittimità derivata.

Il ricorso, in conclusione, deve essere accolto, con l'annullamento dei provvedimenti impugnati.

Le spese processuali sostenute dalla parte ricorrente devono essere poste a carico dell'amministrazione comunale soccombente, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l'amministrazione comunale soccombente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali, liquidate in euro 3.000,00 oltre accessori dovuti per legge e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.