Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione I
Sentenza 13 giugno 2024, n. 3734
Presidente: Salamone - Estensore: Palliggiano
FATTO E DIRITTO
1. Con l'odierno ricorso, notificato il 10 luglio 2023 e depositato l'8 agosto 2023, M. Andrea ha impugnato le deliberazioni del Consiglio comunale n. 13 e n. 14 entrambe del 10 maggio 2023 aventi ad oggetto, rispettivamente, l'"Approvazione del rendiconto di gestione - anno 2022" e l'"Approvazione del bilancio di previsione 2023".
Il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
1) violazione e falsa applicazione artt. 3 e 97 Cost.; violazione e falsa applicazione artt. 3 e ss. l. 241/1990; violazione e falsa applicazione degli artt. 174 e 227 t.u.e.l.; violazione e falsa applicazione artt. 13 e 66 del regolamento di contabilità approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 24/2016; eccesso di potere per sviamento.
Fa presente di avere potuto visionare gli atti inerenti la predetta proposta di deliberazione consiliare, volta all'approvazione del rendiconto di gestione relativa alla predetta anno 2022, in particolare, la necessaria ed indefettibile relazione del revisore unico soltanto a decorrere dal 5 maggio 2023, ovvero solo cinque giorni prima della seduta consiliare del 10 maggio 2023, con violazione delle prescrizioni previste dalla legge e dal regolamento comunale.
Sarebbe stato dunque violato il termine perentorio pari a venti giorni entro cui è necessario mettere a disposizione dei consiglieri comunali la proposta di deliberazione di approvazione del rendiconto, unitamente alla documentazione allegata prevista dalla legge, tra cui la relazione dell'organo di revisione.
Non a caso, il ricorrente ha manifestato voto contrario all'impugnata deliberazione consiliare, rappresentando la violazione dei termini perentori prescritti dalle vigenti disposizioni legislative e regolamentari.
2. Il Comune di Casamarciano si è costituito in giudizio con atto depositato il 31 agosto 2023. Con memoria depositata il 2 settembre 2023, ha in via preliminare eccepito l'inammissibilità del ricorso per avere prestato acquiescenza alla presunta irregolarità con decadenza dall'interesse legittimo e dalla legittimazione a fare valere, in via giudiziaria, la violazione del munus. Il ricorrente, infatti, se avesse inteso salvaguardare l'esercizio del diritto ad un voto informato, correttamente avrebbe dovuto sollevare tempestiva questione pregiudiziale di rinvio della discussione, per rispettare i termini, in conformità con le regole dettate, in modo inderogabile, dall'art. 26 del regolamento di funzionamento del Consiglio comunale. Nel merito ha comunque argomentato per l'infondatezza del ricorso.
3. Con ordinanza cautelare n. 1461 dell'8 settembre 2023, il T.A.R. ha respinto la richiesta di sospensione provvisoria dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati.
Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 8975 del 1° dicembre 2023, ha respinto l'appello cautelare, avendo ravvisato che, "nel bilanciamento tra i contrapposti interessi coinvolti nella vertenza, prevalga quello pubblico all'approvazione del rendiconto e del bilancio da parte dell'amministrazione comunale".
Il ricorso è stato inserito nel ruolo dell'udienza pubblica del 14 marzo 2024. In vista dell'udienza le parti hanno prodotto memorie e repliche a sostegno delle rispettive ragioni.
A conclusione dell'udienza, il ricorso è stata trattenuta per essere decisa.
4. Va in primo luogo affrontata l'eccezione dell'amministrazione comunale resistente in ordine all'inammissibilità dell'odierno ricorso per comportamento acquiescente assunto dal ricorrente nel corso della seduta consiliare i cui esiti attualmente contesta.
L'eccezione è fondata.
Col termine acquiescenza s'indica la rinuncia alla tutela giurisdizionale a seguito dell'accettazione di un provvedimento amministrativo da parte del soggetto che abbia subito, per effetto di quest'ultimo, la lesione di un proprio interesse sostanziale, diritto soggettivo o interesse legittimo. L'accettazione implica di riflesso la rinuncia ad avvalersi dei rimedi amministrativi messi a disposizione dall'ordinamento legislativo o regolamentare e, di riflesso, anche dei mezzi d'impugnazione previsti per legge.
Nella fattispecie in discussione, il ricorrente, non solo ha preso parte alla discussione della seduta consiliare dedicata al rendiconto ed al bilancio, ma ha anche dichiarato, nella sua espressa qualità di consigliere comunale capogruppo della minoranza "Casamarciano libera e giusta", di esprimere voto contrario in rappresentanza del gruppo.
La partecipazione alla seduta consiliare e l'espressione del relativo voto integrano esercizio del munus, all'evidenza, incompatibili con l'interesse a fare valere la dedotta violazione procedurale.
Il ricorrente, infatti, se avesse inteso preservare l'esercizio del diritto ad un voto informato, avrebbe dovuto fare leva sulla previsione di cui all'art. 26 del regolamento comunale di funzionamento del Consiglio comunale.
Questa disposizione chiarisce, infatti, che: "Il Consigliere, prima che abbia inizio la discussione su un argomento all'ordine del giorno, può proporre la questione pregiudiziale per ottenere che quell'argomento non si discuta, o la questione sospensiva, per ottenere che la discussione stessa venga rinviata al verificarsi di determinate scadenze".
Vi era quindi la possibilità di sollevare tempestivamente questione pregiudiziale di rinvio della discussione al precipuo scopo di rientrare nei termini per la messa a disposizione della documentazione contabile necessaria per l'esame preventivo degli atti da deliberare.
Il ricorrente, invece di avvalersi dei meccanismi procedurali previsti dal regolamento comunale, a tutela delle prerogative dei consiglieri, ha preso parte alla discussione ed ha anche espresso il proprio voto, benché contrario.
Ciò ha integrato i presupposti per un comportamento qualificabile in termini di deliberata acquiescenza o di dismissione del diritto a fare valere vizi propri della convocazione della seduta.
Secondo chiara e condivisibile giurisprudenza, l'acquiescenza al provvedimento amministrativo è ravvisabile in presenza di atti o comportamenti univoci (facta concludentia), posti liberamente in essere dal destinatario dello stesso, tali da dimostrare la chiara e inconfutabile sua volontà di accettarne gli effetti e l'operatività. Nel caso di specie, trattasi delle conseguenze del voto laddove sfavorevole agli orientamenti del consigliere, come poi si è verificato. Ne consegue che si configura una rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale con conseguente carenza di legittimazione attiva, prima ancora che di interesse, ad agire in giudizio (cfr. C.d.S., Sez. V, 29 aprile 2024, n. 3853).
Il mancato esercizio di questa possibilità - sebbene connessa, secondo le prescrizioni del descritto art. 26 del regolamento, non ad un onere bensì ad una mera facoltà - va letta alla luce dei canoni di correttezza e buona fede oggettiva i quali, nei rapporti tra privato e pubblica amministrazione, sono applicabili in direzione biunivoca, non solo da parte dell'amministrazione nei confronti del cittadino ma anche in senso contrario. L'ordinamento pretende infatti che tutti i soggetti coinvolti ispirino le loro condotte ai canoni di reciproca lealtà e collaborazione.
Per altro aspetto, secondo condivisibile giurisprudenza, la legittimazione dei consiglieri comunali dissenzienti ad impugnare le delibere dell'organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, dato che il giudizio amministrativo non è, di regola, aperto alle controversie tra organi (o addirittura componenti di organi) di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive.
In particolare, la legittimazione ad impugnare dei consiglieri comunali postula la diretta compromissione delle prerogative inerenti al munus esercitato, compendiate nella formula del c.d. jus ad officium. Con specifico riferimento alle violazioni formali o procedimentali, non ogni violazione di tale tipo nell'adozione di una deliberazione si traduce in (automatica) lesione dello jus ad officium, ma solo una violazione direttamente e specificamente incidente, sia pure in prospettiva strumentale, sulle prerogative (di accesso, di informazione, di documentazione, di partecipazione, di manifestazione del voto etc.) strettamente inerenti alla funzione.
Il vizio meramente procedurale è rilevante allorquando, senza farvi sostanziale acquiescenza:
a) il consigliere prenda in concreto parte attiva - sempreché beninteso vi sia stato messo nelle rituali condizioni - alle sedute consiliari ed alla discussione nel merito delle questioni, senza optare per la mera astensione in sede di votazione finale;
b) senza limitarsi alla mera denunzia della violazione delle proprie prerogative, attivi i meccanismi procedurali previsti a tutela, dalla disciplina di settore, proponendo all'uopo mozioni d'ordine, richieste di sospensione o di rinvio della seduta.
Ne discende che, qualora un componente di un organo collegiale sia presente nella seduta e non segnali la ritenuta illegittimità o irregolarità procedurale né si attivi coi previsti meccanismi procedimentali, diventano del tutto irrilevanti i presunti vizi, avendo questi rinunciato a farli valere, nel caso specifico nonostante la facoltà espressamente a lui riconosciuta dal regolamento.
Qualora l'esito della votazione sia a lui sgradito, il consigliere - che si sia limitato a segnalare l'irregolarità della convocazione ma non si sia attivato con modalità più concrete - non può poi dedurre in sede giurisdizionale la verificazione di circostanze che aveva l'onere di palesare e contestare tempestivamente in sede amministrativa (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. V, 23 ottobre 2023, n. 3134).
5. La pronuncia di inammissibilità esime il Collegio dallo scrutinio delle prospettate questioni di merito.
In relazione alla natura degli interessi pubblici rappresentativi coinvolti nella vicenda contenziosa, si ravvisano le giuste ed eccezionali ragioni per compensare integralmente le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.