Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Brescia, Sezione II
Sentenza 10 giugno 2024, n. 519

Presidente: Pedron - Estensore: Limongelli

FATTO

1. In data 8 ottobre 2019 la signora Carla G., in qualità di comproprietaria per la quota di 1/3 dell'immobile sito in Desenzano del Garda, via Monte Croce n. 2, collocato all'interno degli "Ambiti residenziali consolidati a media densità" (art. 32 NTA del PGT) e in area sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del d.m. 14 novembre 1962, presentava agli uffici comunali una s.c.i.a. avente ad oggetto la realizzazione di opere edilizie di manutenzione straordinaria, con sostituzione della copertura del suddetto immobile. Alla s.c.i.a. la richiedente allegava una dichiarazione a propria firma nella quale, a dimostrazione della sussistenza della propria legittimazione a presentare la s.c.i.a. indipendentemente dal consenso degli altri comproprietari, evidenziava di aver introdotto dinanzi al Tribunale civile di Brescia, stante l'inerzia degli altri comproprietari, un ricorso per accertamento tecnico preventivo, all'esito del quale il c.t.u. nominato dal giudice aveva confermato la necessità di provvedere con urgenza ad eseguire le opere necessarie alla conservazione dell'immobile (rifacimento copertura, pluviali, impiantistica); di qui il "pieno diritto" della richiedente ad eseguire direttamente le opere in questione, salvo poi rivalersi sugli altri comproprietari per il rimborso delle spese pro quota; richiamava, a tal fine, l'art. 1110 c.c., secondo cui "Il partecipante che, in caso di trascuratezza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso".

2. In data 21 ottobre 2019 perveniva al Comune una nota da parte del legale delle altre due comproprietarie dell'immobile, le signore Annamaria M.L. e Francescamaria Alessandra P.d.S.P., in cui si segnalava che queste ultime non avevano sottoscritto la s.c.i.a. in quanto in disaccordo con la signora G. in ordine all'esecuzione dei lavori, e si chiedeva pertanto dichiararsi l'"illegittimità della s.c.i.a." dell'8 ottobre 2019 in quanto sprovvista dell'autorizzazione di tutti comproprietari.

3. Con atto del 4 novembre 2019, il Comune, dato atto di quanto sopra, comunicava ad entrambe le parti e ai rispettivi legali "l'apertura del procedimento" di verifica della regolarità della s.c.i.a., alla luce di quanto contestato dalle comproprietarie, assegnando ad entrambe le parti il termine di giorni 15 per il deposito di eventuale "ulteriore documentazione" e riservandosi all'esito "di determinare in merito alla legittimità della s.c.i.a."; nelle more, l'amministrazione disponeva di interrompere i termini di efficacia della s.c.i.a. e pertanto prescriveva la "non esecuzione dei lavori" oggetto della medesima.

4. La richiedente signora G. riscontrava la richiesta dell'amministrazione con nota del 12 novembre 2019, contestando la sussistenza del potere del Comune di operare valutazioni di carattere civilistico in sede di rilascio dei titoli edilizi, e rivendicando la sussistenza della propria legittimazione ad eseguire i lavori, ai sensi dell'art. 1110 c.c., stante la propria qualità di comproprietaria dell'immobile, la necessità di procedere con urgenza alla esecuzione di lavori di conservazione dello stesso (come accertato dal c.t.u. nel giudizio civile per accertamento tecnico preventivo) e l'inerzia degli altri comproprietari.

5. Anche il legale delle controinteressate depositava una nota di osservazioni nell'interesse delle proprie assistite, in cui ribadiva l'opposizione di queste ultime all'intervento oggetto della s.c.i.a., allegando documentazione.

6. Quindi, con provvedimento del 18 febbraio 2020, notificato il 27 febbraio successivo, l'amministrazione comunale, dopo aver dato atto di quanto sopra e aver rilevato che "la vertenza di ricorso per ATP nella causa civile tra privati" non era stata ancora definita con sentenza da parte del giudice civile, concludeva il procedimento comunicando che, "nell'attesa di ricevere apposita segnalazione sottoscritta da tutti i soggetti aventi titolo sull'immobile in oggetto", i termini di efficacia della s.c.i.a. dovevano ritenersi interrotti, di modo che, per l'effetto, si prescriveva "la non esecuzione dei lavori in essa segnalati".

7. Con ricorso notificato il 26 maggio 2020 e ritualmente depositato, la signora G. impugnava il provvedimento da ultimo citato e ne chiedeva l'annullamento, previa sospensione, sulla base di due motivi, con i quali deduceva vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, sotto plurimi profili.

8. Il Comune di Desenzano si costituiva in giudizio depositando documentazione e memoria difensiva, eccependo preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione del primo ordine di non esecuzione dei lavori emanato dall'amministrazione con provvedimento del 4 novembre 2019, sicché anche un ipotetico annullamento dell'atto impugnato non arrecherebbe alla parte ricorrente alcuna concreta utilità, permanendo l'efficacia del pregresso ordine inibitorio; in subordine, nel merito, l'amministrazione contestava la fondatezza del ricorso e ne chiedeva il rigetto.

9. Per resistere al ricorso si costituivano anche, quali parti controinteressate, le comproprietarie dell'immobile signore M.L. Anna Maria e P.d.S.P. Francescamaria Alessandra, depositando documentazione e memoria difensiva, contestando la fondatezza delle pretese avversarie e chiedendone il rigetto.

10. Con ordinanza n. 206 del 25 giugno 2020, la Sezione respingeva la domanda cautelare e compensava le spese della fase, ritenendo l'istanza sprovvista sia di fumus boni iuris che di periculum in mora.

11. In prossimità dell'udienza di merito, le parti depositavano scritti conclusivi e di replica nei termini di rito.

12. All'udienza pubblica del 9 maggio 2024, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Si può prescindere dall'esame dell'eccezione preliminare formulata dalla difesa dell'amministrazione, dal momento che il ricorso è infondato nel merito.

1. Con il primo motivo, la parte ricorrente ha dedotto vizi di violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 19 e 21-nonies della l. n. 241/1990 nonché dei principi di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa: il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato ben oltre il termine perentorio di 30 giorni previsto dall'art. 19 della l. 241/1990 per l'esercizio dei poteri inibitori dell'amministrazione, tenuto conto che la s.c.i.a. è stata presentata in data 8 ottobre 2019 mentre il provvedimento inibitorio è stato adottato soltanto il 18 febbraio 2020; ciò avrebbe determinato il consolidamento degli effetti della s.c.i.a., su cui l'amministrazione avrebbe potuto incidere soltanto esercitando i poteri di autotutela di cui all'art. 21-nonies l. 241/1990 e in presenza dei presupposti previsti da quest'ultima norma; in caso contrario, risulterebbe frustrata la finalità acceleratoria dell'art. 19 citato.

La censura, osserva il Collegio, non può essere condivisa.

1.1. L'amministrazione comunale ha esercitato i propri poteri inibitori di cui all'art. 19, comma 3, l. 241/1990, dapprima, con l'atto del 4 novembre 2019, in via provvisoria ed interinale, in pendenza del termine istruttorio assegnato alle parti per presentare eventuali osservazioni e documenti; e quindi, in via definitiva - e senza soluzione di continuità - con il provvedimento impugnato del 18 febbraio 2020, a conclusione del relativo procedimento.

1.2. L'inibitoria dei lavori è quindi intervenuta nel rispetto del termine di 30 giorni dalla presentazione della s.c.i.a. previsto dalla normativa di settore, mentre il successivo periodo temporale intercorso fino al provvedimento di inibizione definitivo dell'attività è servito all'amministrazione per verificare la legittimità della s.c.i.a. alla luce delle contrapposte posizioni giuridiche delle parti, pervenendo infine alla conclusione della illegittimità della segnalazione in quanto pervenuta da uno solo degli aventi diritto.

1.3. In tal modo, attraverso la sequenza di atti sopra indicata, l'amministrazione ha impedito il consolidarsi degli effetti della s.c.i.a. e il formarsi di una posizione di legittimo affidamento della ricorrente circa la legittimità della stessa e la concreta eseguibilità dei lavori, che difatti non sono mai iniziati.

2. Con il secondo motivo, la parte ricorrente ha dedotto vizi di violazione e falsa applicazione dell'art. 11 del d.P.R. 380/2001, in relazione all'art. 1110 c.c., e degli artt. 1 e 3 della l. 241/1990, nonché vizi di eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto ed in diritto, istruttoria carente ed inadeguata e motivazione apparente: il provvedimento impugnato sarebbe fondato su presupposti erronei; la ricorrente sarebbe stata legittimata a presentare la s.c.i.a., ai sensi dell'art. 11 d.P.R. 380/2001, anche senza il consenso delle altre due comproprietarie, in forza di quanto previsto dall'art. 1110 c.c., sussistendo, nel caso di specie, sia la necessità di procedere con urgenza alla realizzazione di lavori di conservazione dell'immobile (come accertato dal c.t.u. nel giudizio per accertamento tecnico preventivo svoltosi dinanzi al Tribunale civile di Brescia), sia l'inerzia serbata dagli altri comproprietari, con conseguente diritto della ricorrente ad anticipare il costo dei lavori, salvo rivalersene successivamente pro quota nei confronti degli altri coobbligati; tali circostanze, sebbene debitamente rappresentate e documentate in seno al procedimento amministrativo, sarebbero state pretermesse dall'amministrazione comunale nella motivazione dell'atto impugnato; sarebbe erroneo il riferimento all'assenza di una sentenza che abbia definito la controversia tra le parti, dal momento che il ricorso per accertamento tecnico preventivo non è destinato ad essere definito con una sentenza, ma soltanto con il deposito di una perizia redatta dal consulente nominato dal giudice; tale perizia, nel caso di specie, ha attestato chiaramente l'assoluta necessità di procedere alla realizzazione dei lavori oggetto della s.c.i.a., in considerazione delle condizioni precarie dell'immobile; la legittimazione della ricorrente discenderebbe, pertanto, dal combinato disposto di cui agli artt. 11 del t.u.e. e 1110 c.c., stante la necessità delle opere e l'inattività dei comproprietari.

Anche tale censura, osserva il Collegio, non può essere condivisa.

2.1. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 11, comma 1, e 20, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, l'autorità comunale, a fronte della richiesta di rilascio di un titolo edilizio, ha il potere e il dovere di accertare, nei confronti del richiedente, il possesso del requisito della legittimazione, ossia di un titolo di proprietà o di godimento sul bene oggetto del progetto di trasformazione urbanistica sottopostole; in particolare, è principio consolidato che, allorquando il progetto in parola provenga dal comproprietario di un immobile e sia destinato ad incidere sul diritto degli altri comproprietari, detta autorità, in sede di esame della domanda di permesso di costruire, ha il potere-dovere di acquisire il previo assenso di tutti i contitolari dell'immobile. È stato affermato, al riguardo, che "Il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che ha la totale disponibilità del bene, non essendo sufficiente la proprietà di una sola sua parte o quota. Il singolo comproprietario, quindi, non può essere legittimato, per l'evidente ragione che diversamente opinando il suo contegno autonomo finirebbe per pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivide la posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento" (C.d.S., Sez. II, 21 luglio 2023, n. 7158).

2.2. Il singolo comproprietario può ritenersi legittimato alla presentazione della domanda solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l'esistenza di una sorta di c.d. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (T.A.R. Palermo, Sez. II, 23 novembre 2021, n. 3236). In caso contrario, deve ritenersi illegittimo il titolo abilitativo rilasciato in base alla richiesta di un solo comproprietario, dovendo l'Amministrazione verificare la sussistenza, in capo al richiedente stesso, di un titolo idoneo di godimento sull'immobile ed accertare, altresì, la legittimazione soggettiva di quest'ultimo, la quale presuppone il consenso, anche tacito, dell'altro proprietario in regime di comunione.

2.3. Tali principi sono predicabili, stante l'identità di ratio, non solo per le domande di rilascio del permesso di costruire di cui all'art. 11 d.P.R. n. 380/2001, ma anche in caso di presentazione di s.c.i.a. e c.i.l.a. (T.A.R. Palermo, Sez. II, 23 novembre 2021, n. 3236; T.A.R. Napoli, Sez. II, 14 marzo 2018, n. 1590; T.A.R. Napoli, Sez. II, 7 giugno 2013, n. 3019).

2.4. A tali principi appare informato - come rilevato dalla parte controinteressata - anche il regolamento edilizio del Comune di Desenzano del Garda, il quale prevede, all'art. 9.1, allegato C), che "Hanno titolo a richiedere il PDC o la DIA (SCIA) i seguenti soggetti nei limiti del proprio diritto e fatti comunque salvi i diritti di terzi": a): "il proprietario dell'immobile, ovvero il comproprietario munito del consenso di tutti gli altri comproprietari"; (...) lett. h) "i titolari di diritti derivanti da provvedimenti autorizzativi, quali: (...) colui che, essendo interessato ad agire, sia a ciò autorizzato per ordine del giudice".

2.5. Nel caso di specie, non soltanto mancava il consenso degli altri comproprietari, ma questi ultimi, nel termine di efficacia della s.c.i.a. presentata dall'odierna ricorrente, hanno manifestato al Comune il proprio espresso dissenso alla realizzazione dei lavori.

2.6. La circostanza che i lavori fossero necessari per rimediare allo stato di precarietà e di degrado dell'edificio, così come accertato dal c.t.u. nominato dal Tribunale civile di Brescia nell'ambito del giudizio per accertamento tecnico preventivo attivato dalla ricorrente, non consentiva a quest'ultima di procedere unilateralmente all'esecuzione dei lavori e alla richiesta del titolo edilizio. Stante infatti l'espresso dissenso degli altri comproprietari, la ricorrente avrebbe dovuto attivare previamente il rimedio civilistico di cui all'art. 1105, comma 3, c.c., secondo cui "Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore". Soltanto in caso di esito vittorioso di tale giudizio, la ricorrente, avvalendosi della sentenza favorevole del giudice civile, avrebbe potuto superare il dissenso degli altri comproprietari e richiedere in via unilaterale il rilascio del necessario titolo edilizio: esattamente come prevede il citato art. 9.1, allegato C), del regolamento edilizio del Comune di Desenzano del Garda, laddove individua tra i soggetti legittimati alla richiesta di titoli edilizi (o alla presentazione di d.i.a. e s.c.i.a.), tra gli altri, "i titolari di diritti derivanti da provvedimenti autorizzativi, quali: (...) colui che, essendo interessato ad agire, sia a ciò autorizzato per ordine del giudice".

2.7. L'accertamento tecnico preventivo di cui all'art. 696 c.p.a. non si conclude con una sentenza del giudice dichiarativa o costitutiva di diritti, ma con il semplice deposito di una relazione tecnica redatta dal consulente nominato dal giudice, nella quale, a seconda dei casi, si dà atto dello stato dei luoghi, ovvero della condizione o della qualità delle cose oggetto di controversia tra le parti (nel caso di specie, lo stato di precarietà dell'edificio e la necessità di lavori di manutenzione); affinché, però, l'interessato possa richiedere e conseguire in via unilaterale il titolo edilizio per realizzare i lavori ritenuti necessari dal c.t.u., superando il dissenso manifestato dagli altri aventi comproprietari, è necessario che quella relazione tecnica sia posta alla base di una domanda giudiziale ai sensi dell'art. 1105 c.c. dinanzi al giudice civile, e soltanto in caso di esito vittorioso di questo giudizio, l'interessato, avvalendosi della sentenza del giudice a lui favorevole, avrà titolo per richiedere unilateralmente all'amministrazione il rilascio dei titoli edilizi necessari alla realizzazione dei lavori, prescindendo dal consenso degli altri comproprietari: esattamente - si ripete - come previsto dal regolamento edilizio del Comune resistente, laddove individua come soggetto legittimato, tra gli altri, "colui che, essendo interessato ad agire, sia a ciò autorizzato per ordine del giudice".

3. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va quindi respinto.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento) oltre accessori legge in favore del Comune di Desenzano del Garda e in euro 1.500,00 (millecinquecento) oltre accessori legge in favore delle signore M.L. Anna Maria e P.d.S.P. Francescamaria Alessandra.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.