Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II stralcio
Sentenza 26 marzo 2024, n. 5955
Presidente: Stanizzi - Estensore: De Gennaro
FATTO E DIRITTO
1. Con la determinazione suindicata del 16 febbraio 2016 il Comune di Rocca di Papa ha preso atto della comunicazione di inottemperanza all'ingiunzione a demolire n. 91 del 23 marzo 2006 e dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'edificio abusivo realizzato dai sig.ri Maria C. e Ivano D.S. in Via Valle Pantano 16.
Avverso il detto atto i ricorrenti articolano i seguenti motivi di censura:
I) violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della l. n. 241 del 1990, con cui denunziano l'omesso avviso di avvio del procedimento;
II) difetto di motivazione, difetto dei presupposti, carenza assoluta di istruttoria, con cui denunciano l'assenza di un autonomo accertamento in relazione, in particolare, alla data di edificazione, se successiva all'apposizione dei vincoli sull'area, risolvendosi l'atto impugnato in una formula di stile che non contiene neanche l'indicazione delle ragioni di interesse pubblico sottese alla sua adozione;
III) violazione di legge ed eccesso di potere, con cui si deduce che il provvedimento si fonderebbe su una rappresentazione erronea della realtà e sarebbe stato adottato in costanza di un procedimento di sanatoria;
IV) illegittimità dell'atto impugnato per omessa individuazione dell'area di pertinenza della res ritenuta abusiva, con cui parte ricorrente sostiene che nel provvedimento impugnato non sarebbe indicata l'area da acquisire venendo arbitrariamente acquisita l'intera particella pertinenziale del manufatto abusivo.
2. L'intimata Amministrazione comunale non si è costituita in giudizio nonostante la rituale notifica del ricorso.
3. All'udienza straordinaria di smaltimento del 15 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Per orientamento costante (cfr. ex multis T.A.R. Roma, Sez. II, n. 2663/2020) la presa d'atto dell'inottemperanza e dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, prevista ex lege dall'art. 31, commi 3-4, d.P.R. 380/2001, costituisce un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, subordinato unicamente all'accertamento dell'inottemperanza e al decorso del termine di legge (novanta giorni) fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi.
Non possono dunque essere esaminate, in quanto inammissibili, tutte quelle censure che riguardano direttamente ed essenzialmente l'atto presupposto - ovvero l'ordine di demolizione - che avrebbero dovuto essere rivolte tempestivamente avverso l'atto medesimo (omessa comunicazione di avvio, omessa istruttoria alla base dell'ordine di demolizione, mancata notifica dell'ordinanza).
L'atto presupposto infatti, in quanto non impugnato e della cui esistenza il ricorrente era informato almeno sin dal momento della conoscenza dell'atto qui gravato, si è consolidato e costituisce da solo il fondamento incontestabile per la conseguente dichiarazione di acquisizione.
Si osserva peraltro nel merito del ricorso, che il Collegio ritiene di dover accogliere l'impugnativa sotto il profilo della ragione più liquida, costituita dall'intervenuta acquisizione di un'area di sedime di estensione superiore al limite previsto dalla normativa di riferimento.
Con la gravata ordinanza l'amministrazione ha disposto l'acquisizione delle intere particelle catastali (n. 561 sub 4 e p.lla 558 sub 4 del foglio 14) per una superficie pari a 1.947 mq.
L'individuazione di tale estensione è stata motivata sulla base della considerazione che "in base al vigente PRG, la qualificazione urbanistica del lotto è zona Agricola E Rurale le cui prescrizioni di zona, dettate dall'art. 9 delle N.T.A., determinano un indice di edificabilità fondiaria di 0,03 mc/mq., da ciò ne consegue che per la realizzazione dei fabbricati in questione per complessivi mc 85 circa, necessita di una superficie fondiaria superiore a quella pertinenziale alle opere abusivamente realizzate, pertanto sarà acquisita l'intera particella pertinenziale dei manufatti abusivamente posti in essere pari a mq. 1947".
Al riguardo, deve ricordarsi che ai sensi dell'art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001 se "il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita".
Tale disposizione prevede quindi una sanzione applicabile a chi non provveda, spontaneamente, alla demolizione del manufatto abusivo, stabilendo tuttavia il limite massimo di dieci volte l'area di sedime.
Mentre per l'area di sedime opera l'automatismo dell'effetto acquisitivo quale conseguenza dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione senza necessità di alcuna ulteriore valutazione, l'area ulteriore, più estesa rispetto all'area di sedime del manufatto abusivo, può essere acquisita al patrimonio comunale ex art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 se valutata come necessaria dall'ente per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, nel limite di dieci volte l'area di sedime.
Nella fattispecie in esame, tenuto conto dell'estensione dell'abuso, consistente in una stanza accessoria delle dimensioni di ml 5,2x5,6, tale limite è stato ampiamente superato per effetto dell'acquisizione di un'area di 1.947 mq.
L'ordinanza viola quindi il limite inderogabile individuato come misura massima dell'estensione dell'area da acquisire - costituente espressione di potestà sanzionatoria che soggiace al principio di legalità e di predeterminazione - non prevedendo la norma alcuna ipotesi derogatoria; tale estensione non può quindi essere dilatata oltre il limite previsto laddove le prescrizioni urbanistiche della zona non consentano la realizzazione dell'opera in relazione alla superficie massima acquisibile.
5. Non può quindi trovare favorevole esame la motivazione sottesa al gravato provvedimento, laddove l'estensione dell'area da acquisire viene giustificata attraverso il richiamo all'indice di edificabilità fondiaria della zona e della superficie necessaria per la realizzazione di un fabbricato come quello abusivo da acquisire, scontrandosi tale calcolo con il limite previsto dalla norma, in alcun modo derogabile.
Il Comune avrebbe dunque potuto acquisire, oltre alle opere abusive e alla relativa area di sedime, un suolo non superiore a dieci volte la superficie utile da esse occupata, posto che anche la nozione di lotto minimo ai fini dell'individuazione della superficie pertinenziale per il mantenimento dell'opera abusiva o per la realizzazione di opere analoghe non può comunque superare limite massimo del decuplo del sedime delle opere abusive (T.A.R. Lazio, Roma, 29 aprile 2022, n. 5232; 3 ottobre 2022, n. 12481).
6. In conclusione, il ricorso va in parte dichiarato inammissibile e in parte accolto, con assorbimento degli ulteriori profili non esaminati e conseguente annullamento della gravata ordinanza, fatte salve le ulteriori determinazioni dell'Amministrazione emendate dai rilevati vizi.
7. Le spese di lite, tenuto conto del complessivo esito del giudizio, possono essere equamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- lo dichiara in parte inammissibile e in parte lo accoglie nel senso di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla la gravata ordinanza;
- compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.