Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 5 dicembre 2023, n. 10516
Presidente: Volpe - Estensore: La Greca
FATTO E DIRITTO
1.1. Oggetto del ricorso di primo grado (e della domanda di annullamento con esso veicolata) era l'ordinanza n. 8/2015 con la quale il Comune di Sant'Anastasia (NA) dichiarava - nei confronti della signora Antonietta C., proprietaria - l'acquisizione al patrimonio comunale di un manufatto abusivo (in cemento armato, piano terra, di mq 180, con 15 pilastri alti 4 metri e solaio di copertura) e area di sedime in zona agricola, quest'ultima catastalmente identificata al fg. 9, particella n. 1028, sub 2, 3, 4 e 5, di mq. 1100.
1.2. Il provvedimento dava atto della intervenuta pregressa adozione di apposita ordinanza di demolizione (n. 173 del 1997), la quale sarebbe rimasta inottemperata (giusta accertamento avvenuto con relazione tecnica datata 7 gennaio 2015), oltre che della presenza di vincoli sismico e vulcanico e paesaggistico (quest'ultimo asseritamente ostativo all'edificazione) e della mancata acquisizione dei pareri degli enti preposti alla tutela di detti vincoli. Il Comune evidenziava pure non compatibilità dell'intervento con l'assetto della disciplina urbanistica della zona «E», stante la realizzazione di una volumetria superiore ai limiti stabiliti dallo strumento di pianificazione generale.
2. La parte privata deduceva, dunque, dinanzi al T.A.R. la violazione dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 e il vizio di eccesso di potere sotto diversi profili sul rilievo che:
- il Comune non avrebbe notificato alla parte privata un formale atto di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione;
- con riferimento al piano superiore del fabbricato non risulterebbe adottata la necessaria ordinanza di demolizione;
- premessi i diversi orientamenti giurisprudenziali sulla natura dichiarativa o costitutiva dell'atto di accertamento, il Comune avrebbe comunque omesso ogni indagine sulla (in tesi, non) volontarietà dell'inadempimento, in presenza di immobile colpito da sequestro.
3. All'esito del giudizio di primo grado il T.A.R. rigettava il ricorso così articolando l'iter argomentativo della decisione:
- il verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione non avrebbe contenuto dispositivo, essendo unicamente finalizzato alla rilevazione in via ricognitiva e vincolata dell'inottemperanza dell'ingiunzione di demolizione, sicché sarebbe da escludere che la notifica dello stesso al responsabile dell'abuso sia un presupposto necessario per l'emanazione della dichiarazione di acquisizione gratuita; la notificazione all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza rappresenta sarebbe strumentale - secondo la tesi esposta - alla immissione in possesso e alla trascrizione nei registri immobiliari del titolo dell'acquisizione;
- non sussisterebbero oneri di ricerca di elementi di volontarietà nella omessa ottemperanza ovvero valutazioni di contenuto discrezionale, i quali si porrebbero in aperta distonia con il descritto modello legale di riferimento, nel quale, quanto meno con riferimento al bene ed all'area di sedime (e non anche a quella ulteriore: c.d. pertinenze urbanistiche), alcun spazio vi sarebbe per momenti provvedimentali;
- quanto alla circostanza che la sopraelevazione non sarebbe stata attinta da prodromica ordinanza di demolizione, allorché l'opera abusiva sanzionata con la demolizione consista in un fabbricato - come nel caso di specie - l'atto dichiarativo di acquisizione avrebbe per oggetto non solo ciò che è stato espressamente oggetto del provvedimento di riduzione in pristino, ma anche tutto ciò che, in prosecuzione delle opere abusive già realizzate e sanzionate, sia stato abusivamente edificato in elevazione alla unità immobiliare già colpita oggetto dell'ordine di demolizione; ciò rappresenterebbe una conseguenza dell'acquisizione (oltre che dell'opera abusiva, anche) dell'area di sedime che, in quanto inerente ad un fabbricato, attraverso il riempimento, sia pure in maniera temporalmente progressiva, della colonna d'aria sovrastante la predetta area, non potrebbe che riguardare tutto ciò che in elevazione è stato costruito al di sopra della stessa (e nel caso di specie sarebbe materialmente impossibile procedere alla demolizione del piano terreno senza demolire contemporaneamente anche il piano superiore, anch'esso abusivo);
- quanto al disposto sequestro, esso non giustificherebbe la mancata rimozione delle opere abusive da parte del trasgressore, potendo (anzi dovendo) quest'ultimo chiedere il dissequestro delle opere proprio al fine di procedere alla demolizione dell'abuso.
4. Avverso la predetta sentenza ha interposto appello - chiedendone la riforma - la parte privata la quale, con un unico articolato motivo, ha dedotto l'(asserita) erroneità della sentenza in relazione al complessivo assetto della disciplina ex art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 e della nullità - ex art. 21-septies l. n. 241 del 1990 - del provvedimento sanzionatorio, stante la evidenziata carenza di un onere a carico del privato di attivarsi per ottenere il dissequestro del bene in mancanza di una previsione di legge in tal senso (con il correlato divieto di prestazioni imposte, se non per legge, ex art. 23 Cost.).
Ha ribadito l'appellante che la sopraelevazione non avrebbe mai formato oggetto di ordinanza di demolizione, ciò che avrebbe impedito l'adottabilità del provvedimento acquisitivo, così come l'avrebbe impedita - quanto all'intero manufatto - la mancata notifica dell'atto di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di ripristino.
5. Il Comune di Sant'Anastasia, costituitosi in giudizio, ha concluso per l'infondatezza dell'appello sul rilievo che:
- la contestata sopraelevazione sarebbe stata realizzata - su area già acquisita - in prosecuzione dell'opera già attinta da ingiunzione di ripristino rimasta inottemperata, ciò che avrebbe imposto, in tesi, l'acquisizione integrale del bene;
- la natura dichiarativa dell'accertamento di inottemperanza avrebbe escluso ogni obbligo di sua notificazione al responsabile dell'abuso.
6. All'udienza pubblica del 19 ottobre 2023 l'appello è stato posto in decisione.
7. Ritiene il Collegio di muovere dallo scrutinio della seconda censura dell'unico motivo d'appello, involgente la sussistenza o meno del potere del Comune di emettere il provvedimento acquisitivo in ragione dell'addotto intervenuto sequestro penale del bene e dell'altrettanto asserita non imputabilità dell'inottemperanza all'ordine di demolizione.
7.1. Il motivo è infondato.
7.2. Va premesso che, sul piano documentale, parte ricorrente non ha offerto elementi di prova né circa l'intervenuta emanazione di un provvedimento di sequestro dell'immobile abusivo - provvedimento i cui estremi non risultano neppure menzionati negli atti difensivi -, né circa l'avvenuta comunicazione di siffatto provvedimento di sequestro al Comune. Sul versante sostanziale, se è vero che l'atto di acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale non può essere emesso quando risulti la non imputabilità della mancata ottemperanza da parte del destinatario dell'ordine di demolizione (salvi gli obblighi del suo eventuale rappresentante legale), è altrettanto vero che «per il principio della vicinanza alla fonte della prova, è specifico onere per il destinatario dell'ordine di demolizione - o, in ipotesi, del suo rappresentante legale - dedurre e comprovare la sussistenza di tale non imputabilità: l'Amministrazione, in assenza di comprovate deduzioni, deve emanare l'atto di acquisizione» (C.d.S., Ad. plen., n. 16 del 2023): detto onere, nel caso di specie, non è stato assolto.
8. Può passarsi allo scrutinio della prima censura dell'unico motivo d'appello.
9.1. Sotto un primo profilo, l'appellante ha ribadito l'illegittimità dell'atto acquisitivo in ragione della mancata notificazione dell'atto di accertamento dell'inottemperanza.
9.2. Il motivo è, per tale parte, infondato.
9.3. L'omessa notificazione dell'atto accertativo della mancata ottemperanza all'ordine di ripristino nessun effetto invalidante può spiegare sull'atto che a sua volta certifica l'acquisizione del bene, trattandosi di adempimento volto a rendere pubblico nei rapporti con i terzi l'avvenuto trasferimento del diritto di proprietà e consolidarne gli effetti, aspetti, questi, che, nel caso di specie, non vengono in rilievo nell'economia complessiva delle doglianze prospettate dall'appellante.
10. Fondato è, invece, il secondo profilo di censura, involgente la mancata emanazione di un'ingiunzione di ripristino della parte sopraelevata, costituente oggetto dell'atto acquisitivo impugnato in primo grado.
10.1. Inserito nel Capo II (intitolato «Sanzioni») del Titolo IV (intitolato «Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, responsabilità e sanzioni») del d.P.R. n. 380 del 2001, l'art. 31 del medesimo t.u. appresta l'apparato sanzionatorio per le violazioni più gravi della normativa urbanistico-edilizia - segnatamente, gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto a esso - prevedendo, di conseguenza, le sanzioni più rigorose.
10.2. Nella prima fase del procedimento sanzionatorio - disciplinata dal comma 2 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 - «il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto a esso, notifica al proprietario e al responsabile dell'abuso l'ingiunzione a demolire le opere (o a rimuovere gli effetti degli interventi posti in essere senza la realizzazione di trasformazioni fisiche), indicando l'area che, in caso di inottemperanza all'ordine, sarà acquisita al patrimonio del Comune ai sensi del comma 3» (Corte cost., n. 140 del 2018).
Tale assetto normativo, così come letto dalla giurisprudenza costituzionale citata, restituisce il carattere necessario dell'ordinanza di demolizione in mancanza del[la] quale nessuna acquisizione del bene (e dell'area di sedime) al patrimonio comunale può predicarsi.
In tal senso, neppure l'evidenziazione - come nel caso di specie - di ragioni che deporrebbero verso la manifesta illiceità dell'ulteriore edificazione rispetto alle opere già attinte da ordine di ripristino giustificano l'omissione dell'ordine demolitorio, non foss'altro per i riflessi in punto di compressione di tutela del privato che una tal soluzione astrattamente determina, a cominciare dalla mancata assegnazione del termine per provvedere alla rimozione.
11. Conclusivamente, in parziale accoglimento dell'appello, la sentenza va, in parte, riformata con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado limitatamente all'acquisizione delle opere abusive di sopraelevazione non preceduta da ingiunzione demolitoria, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione; per il resto l'appello va rigettato.
12. Il complessivo esito del giudizio consente la compensazione delle spese del doppio grado tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione sesta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, accoglie in parte qua il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento impugnato limitatamente all'acquisizione delle opere abusive di sopraelevazione non preceduta da ingiunzione demolitoria, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione. Per il resto lo rigetta.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.