Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione V-bis
Sentenza 28 settembre 2023, n. 14359
Presidente: Rizzetto - Estensore: Giudice
FATTO E DIRITTO
La ricorrente ha adito questo Tribunale per l'accertamento e la conseguente dichiarazione di illegittimità del silenzio serbato dal Ministero dell'interno sull'istanza di concessione della cittadinanza italiana, presentata in data 28 aprile 2021, nonché per il risarcimento del danno patito dall'interessata in considerazione dei benefici che il riconoscimento del diritto soggettivo in oggetto comporta (es.: diritto di voto, di ricoprire cariche politiche, diritto a partecipare a concorsi pubblici, di libera circolazione e lavoro all'interno dell'Unione europea).
In proposito, il Collegio, in primo luogo, rileva che, per la formazione del silenzio e l'attivazione del rimedio giudiziario ex art. 117 c.p.a. è necessario che sussistano i seguenti presupposti, di tipo sostanziale e processuale: un obbligo di provvedere e il decorso del previsto termine procedimentale senza l'adozione di un provvedimento espresso.
In proposito, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato: "perché possa sussistere silenzio inadempimento dell'Amministrazione non è sufficiente che questa, compulsata da un privato che presenta una istanza, non concluda il procedimento amministrativo entro il termine astrattamente previsto per il procedimento del genere evocato con l'istanza, bensì è anche necessario che essa contravvenga ad un preciso obbligo di provvedere sulla istanza del privato, che sussiste, sia nei casi previsti dalla legge, sia nelle ipotesi che discendono da principi generali, ovvero dalla peculiarità della fattispecie, e allorché ragioni di giustizia ovvero rapporti esistenti tra Amministrazioni ed amministrati impongano l'adozione di un provvedimento, soprattutto al fine di consentire all'interessato di adire la giurisdizione per la tutela delle proprie ragioni" (C.d.S., Sez. VI, n. 961/2018).
Nel caso di specie ricorrono entrambi i presupposti.
Quanto all'obbligo di provvedere, l'art. 2 (Conclusione del procedimento) della l. n. 241/1990, si limita a prevedere che "[o]ve il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza, ... le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante un provvedimento espresso".
Dalla lettura di questa disposizione si desume che:
- non tutte le istanze dei privati determinano l'obbligo della Pubblica Amministrazione di provvedere;
- è necessario, innanzitutto, che l'istante sia titolare di una posizione soggettiva di interesse legittimo, differenziata rispetto alla generalità dei consociati (T.A.R. Lazio, Sez. V-bis, n. 2549/2022; Sez. I-quater, n. 3337/2019).
È indubbio che l'istanza di concessione della cittadinanza, essendo preordinata ad un ampliamento della sfera giuridica del richiedente, fa sorgere l'obbligo dell'amministrazione di provvedere mediante l'avvio di un procedimento amministrativo, volto all'adozione di un atto tipizzato (C.d.S., Sez. IV, n. 6252/2018): l'istante è titolare di un interesse differenziato e qualificato ad un bene della vita che può essere conseguito solo attraverso l'esercizio di un potere amministrativo.
Quanto al termine per provvedere, si richiama la giurisprudenza di questa Sezione in materia di termini di conclusione del procedimento di concessione della cittadinanza applicabili ratione temporis (ex plurimis, T.A.R. Lazio, Sez. V-bis, nn. 733/2022, 2749/2022, 2719/2022).
Il procedimento di cui è causa è stato avviato sotto la vigenza del d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2010, n. 173 che, sostituendo l'art. 9-ter della l. n. 91/1992, ha portato il termine de quo a ventiquattro mesi, prorogabili fino al massimo di trentasei mesi.
Considerato che al momento della proposizione dell'odierno ricorso il termine per provvedere, come sopra individuato, era da ritenersi spirato in assenza - secondo quanto emerge allo stato degli atti - dell'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, il ricorso va accolto e, per l'effetto, va dichiarata l'illegittimità del silenzio serbato sull'istanza ed ordinato al Ministero di pronunciarsi con un provvedimento espresso in ordine alla richiesta di cittadinanza italiana presentata dall'odierna ricorrente entro il termine che, tenuto conto della natura del procedimento, può fissarsi in 90 (novanta) giorni dalla comunicazione ovvero dalla notificazione della presente sentenza.
Il Collegio, vista anche la richiesta di parte, dispone altresì, per il caso di persistente inerzia, la nomina di un commissario ad acta, ai sensi del comma 3 dell'art. 117 c.p.a., individuato nella persona del direttore generale pro tempore della Direzione generale del Ministero dell'interno competente nella materia oggetto dell'odierno giudizio, che provvederà nei successivi 120 (centoventi) giorni.
Quanto, invece, alla domanda di risarcimento del danno per il ritardo nel provvedere, il Collegio ritiene che deve essere respinta, prescindendo dalla conversione del rito prevista dal comma 6 dell'art. 117 d.lgs. n. 104/2010.
Sul punto, in linea con il consolidato orientamento del giudice amministrativo, si rileva che la pretesa risarcitoria relativa al danno da ritardo refluisce nell'alveo dello schema generale dell'art. 2043 c.c. Ne consegue l'applicazione rigorosa del principio dell'onere della prova in capo al danneggiato circa la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della domanda e del principio dispositivo ex art. 2697, comma 1, c.c., non temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento.
La ricorrente lamenta genericamente un danno per impossibilità del godimento pieno dei diritti di voto, di ricoprire cariche politiche, diritto a partecipare a concorsi pubblici, di libera circolazione e lavoro all'interno dell'Unione europea.
In proposito, si rileva, in particolare, che:
- non è evidenziato alcun disagio specifico o perdita di chance in concreto derivanti dal denunciato ritardo, su cui basare la quantificazione del danno lamentato;
- l'allegazione del danno da parte della ricorrente, in mancanza dell'individuazione dello specifico pregiudizio per non aver goduto dei diritti invocati, assume carattere ancor più generico se si considera che la giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha già più volte affermato che allo straniero, se regolarmente soggiornante e ancor di più se titolare dello status di lungosoggiornante UE, ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. n. 286/1998, è riconosciuto, al pari del cittadino, il godimento di tutti i diritti civili, economici e sociali; mentre, per quanto riguarda il mancato esercizio dei diritti politici, la lesione è stata prospettata in modo alquanto sommario, peraltro senza nemmeno essere rapportata alla frequenza e alla effettiva possibilità di esercizio (ex plurimis, T.A.R. Lazio, Sez. V-bis, ordd. nn. 477 e 473 del 2022);
- anche nell'ambito del processo civile, la Corte di cassazione ha avuto modo di affermare che «una richiesta di risarcimento dei "danni subiti e subendi", quando non sia accompagnata dalla concreta descrizione del pregiudizio di cui si chiede il ristoro, va qualificata generica ed inutile. Generica, perché non mette né il giudice, né il convenuto, in condizione di sapere di quale concreto pregiudizio si chieda il ristoro; inutile, perché tale genericità non fa sorgere in capo al giudice il potere-dovere di provvedere» (Cass. civ., Sez. III, 30 giugno 2015, n. 13328);
- non è ravvisabile il dolo e la colpa dell'Amministrazione, tenuto conto dei tempi richiesti dalla complessità delle verifiche necessarie, al punto da avere indotto il legislatore ad allungare nel 2018 i tempi per la conclusione di detti procedimenti nonché del grave carico di lavoro in capo all'Amministrazione resistente (cfr., C.d.S., Sez. III, sentt. nn. 5972 e 5802 del 2022).
Rilevato, dunque, che manca la prova dell'an e del quantum del pregiudizio lamentato e la dimostrazione dell'elemento soggettivo, la richiesta di risarcimento danni per il ritardo nel provvedere non può essere accolta.
Tenuto conto della parziale soccombenza di parte ricorrente, sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto:
- dichiara illegittimo il silenzio serbato dall'Amministrazione sull'istanza in epigrafe;
- ordina al Ministero di pronunciarsi con l'adozione di un provvedimento espresso in ordine alla richiesta di cittadinanza italiana presentata dall'odierna ricorrente, entro il termine [di] 90 (novanta) giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza;
- nomina, in caso di persistente inerzia, ai sensi del comma 3 dell'art. 117 c.p.a., un commissario ad acta, individuato nella persona del direttore generale pro tempore della Direzione generale del Ministero dell'interno competente nella materia oggetto del presente giudizio, che provvederà nei 120 (centoventi) successivi giorni;
- respinge la domanda risarcitoria;
- compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.