Corte di cassazione
Sezione II civile
Ordinanza 12 settembre 2023, n. 26321
Presidente: Cosentino - Relatore: Papa
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 58/2011, il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi rigettò la domanda proposta da Angelo e Rocco L., quali proprietari del fondo rustico in agro di Sturno alla località Campi, identificato in catasto terreni di quel Comune al foglio 12, p.lle n. 234 e 53, nei confronti della confinante Rosina C., quale proprietaria del fondo identificato con le p.lle 235 e 52 del medesimo foglio, diretta a far accertare la libertà del loro fondo dalla servitù di passaggio, anche carrabile, da lei esercitata a far data da giugno 2002.
Rigettò pure la domanda riconvenzionale proposta da Rosina C. per sentir dichiarare l'avvenuto acquisto del diritto di servitù per destinazione del padre di famiglia o, comunque, per usucapione, avendo da sempre esercitato il passaggio per interclusione del suo fondo. In motivazione il Tribunale escluse l'acquisto del diritto sia per destinazione del padre di famiglia che per usucapione, per difetto di opere visibili e strumentali al passaggio.
2. Con sentenza n. 3727/2017, la Corte d'appello di Napoli rigettò l'appello proposto da Angelo e Rocco L., sostenendo che, sebbene Rosina C., non riproponendo la domanda riconvenzionale nelle forme dell'appello incidentale, avesse rinunciato alla domanda riconvenzionale, comunque l'accoglimento dell'azione negatoria fosse precluso dalla prova dell'esistenza di un sentiero per il passaggio, come accertato dall'interdetto possessorio ottenuto da C. nel 2007, con cui Angelo e Rocco L. erano stati condannati alla demolizione di un muro di cemento che ostacolava il transito; rigettò pertanto l'eccezione di giudicato interno proposta dai L.
3. Avverso la sentenza Angelo e Rocco L. hanno proposto ricorso per cassazione per due motivi; Rosina C. non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, Angelo e Rocco L. hanno lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 324, 329, 343, 345, comma 2, 346 c.p.c. per non avere la Corte rilevato il giudicato formatosi sul rigetto della domanda confessoria proposta da Rosina C. perché ella, seppure soccombente, non ha proposto appello incidentale.
1.1. Il motivo è fondato.
Soltanto la parte totalmente vittoriosa in primo grado non ha l'onere di riproporre con appello incidentale le domande od eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia di cui all'art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle nella comparsa di risposta e nelle successive difese, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni; la parte che sia rimasta soccombente su di una questione, invece - e, perciò, certamente, la parte che abbia visto rigettata la sua domanda riconvenzionale - ha l'onere di proporre appello incidentale condizionato, pena il formarsi del giudicato sul rigetto.
Il giudizio di appello ha infatti le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (revisio prioris instantiae) (in senso conforme Cass., Sez. un., n. 28498 del 2005; di recente, Cass., Sez. un., n. 11799 del 2017): in conseguenza, la censura alla decisione del giudice di primo grado, della quale si voglia evidenziare la non conformità alle norme che regolano il processo, l'erroneità della valutazione dei fatti di causa o dell'applicazione delle norme di diritto, deve essere necessariamente veicolata mediante la specifica formulazione di un motivo di gravame, in ossequio al dettato dell'art. 342 e dell'art. 329 c.p.c. (cfr., in ipotesi di omessa pronuncia su domanda riconvenzionale, Cass., Sez. 6-2, n. 10406 del 2018).
2. Dall'accoglimento del primo motivo consegue l'assorbimento del secondo motivo con cui i ricorrenti L. avevano sostenuto la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 949 c.c. in relazione al n. 3 del comma 1 dell'art. 360 c.p.c. e l'omesso esame di fatto decisivo in relazione al n. 5, per non avere la Corte d'appello rilevato che sulla convenuta incombeva l'onere di provare il fondamento del preteso diritto di servitù.
3. Conseguentemente, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza n. 3727/2017 della Corte d'appello di Napoli dev'essere cassata.
Non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, in applicazione dell'art. 384 c.p.c. questa Corte, senza rinvio, può decidere nel merito.
Come risulta dalla sentenza d'appello qui impugnata, infatti, il Tribunale ha rigettato la domanda riconvenzionale perché ha ritenuto che «non emerge[va]sse accertamento alcuno circa l'avvenuto acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia del diritto alla servitù di passaggio in favore dell'appellata, mancando la prova e la documentazione anche fotografica di opere visibili e strumentali, come un sentiero o un semplice tracciato di calpestio formatosi sul fondo servente e specificamente destinato, senza incertezze, all'esercizio del suddetto diritto». Ha affermato inoltre, ai fini del riconoscimento dell'invocata costituzione per destinazione del padre di famiglia, che «è mancata la prova del vincolo di subordinazione di un fondo rispetto all'altro sin dal momento in cui i due terreni hanno cessato di appartenere allo stesso soggetto per effetto di atto di alienazione volontario».
Il primo giudice, rigettando la domanda riconvenzionale proposta dalla sig.ra C., ha operato un accertamento negativo del diritto di servitù da costei preteso; tale accertamento, trattandosi di un diritto autodeterminato, preclude la possibilità di accertare l'esistenza del medesimo diritto sulla base di fatti costitutivi ulteriori rispetto a quelli (usucapione o destinazione del padre di famiglia) dedotti a fondamento della domanda riconvenzionale rigettata in questo giudizio (cfr. Cass., Sez. 2, n. 1682 del 1991); conseguentemente, una volta calato il giudicato sul rigetto della confessoria servitutis (per difetto di appello incidentale da parte dell'attrice in riconvenzione), ha errato la Corte di appello a rigettare la domanda negatoria.
L'azione negatoria servitutis tende infatti alla negazione di qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo sulla cosa dell'attore, e dunque non soltanto all'accertamento dell'inesistenza della pretesa servitù, ma anche al conseguimento della cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dal vicino, al fine di ottenere la libertà del fondo; peraltro, poiché la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, la parte che agisce non ha l'onere di fornire, come nell'azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà - neppure per aver chiesto la cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dall'altra parte - essendo sufficiente la dimostrazione, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido.
L'attore in negatoria, infatti, non mira all'accertamento dell'esistenza della titolarità della proprietà, ma a chiedere la cessazione dell'attività lesiva da parte del convenuto su cui incombe l'onere di provare l'esistenza del diritto di compiere detta attività (Cass., Sez. 2, n. 24028 del 27 dicembre 2004).
Nell'atto di citazione del 30 novembre 2007, Angelo e Rocco L. avevano proprio chiesto di dichiarare l'inesistenza di alcuna servitù di passaggio a carico del proprio fondo e in favore del fondo finitimo e di ordinare a C. di astenersi dall'attraversarlo.
Diversamente non rileva l'interdetto possessorio ottenuto da C. nei confronti dei L. nel 2007 perché nel procedimento possessorio si controverte unicamente sulla sussistenza del possesso, restando impregiudicata ogni questione sulla conformità a diritto della situazione di fatto oggetto di tutela (Cass., Sez. 2, n. 27513 del 2 dicembre 2020; Sez. 2, n. 2300 del 5 febbraio 2016).
Pertanto, in accoglimento dell'appello di Angelo e Rocco L., in riforma della sentenza di primo grado n. 58/2011 del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi e in accoglimento della negatoria servitutis, deve essere dichiarata l'inesistenza di alcuna servitù di passaggio a carico del fondo di proprietà L. in agro di Sturno alla località Campi, identificato in catasto terreni di quel Comune al foglio 12, p.lle n. 234 e 53 e in favore del fondo confinante, identificato con le p.lle 235 e 52 del medesimo foglio, di proprietà di Rosina C.; a quest'ultima dev'essere in conseguenza ordinato di astenersi dall'attraversarlo a piedi e con qualunque mezzo.
4. Secondo il principio di soccombenza, devono pure essere poste a carico della intimata C. le spese dei ricorrenti L. del giudizio di primo grado, di appello e di questo giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo in riferimento al valore indeterminabile della controversia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie la domanda di Angelo e Rocco L., dichiarando l'inesistenza di alcuna servitù di passaggio a carico del fondo di loro proprietà in agro di Sturno alla località Campi, identificato in catasto terreni di quel Comune al foglio 12, p.lle n. 234 e 53 e in favore del fondo confinante, identificato con le p.lle 235 e 52 del medesimo foglio, di proprietà di Rosina C.; ordina a quest'ultima di astenersi dall'attraversarlo a piedi e con qualunque mezzo;
condanna Rosina C. al pagamento, in favore dei ricorrenti L., delle spese del giudizio di primo grado, liquidandole in euro 3.900,00, e di appello, liquidandole in euro 3.500,00, oltre spese di contributo, rimborso forfetario del 15%, IVA e contributi come per legge;
condanna Rosina C. al pagamento, in favore dei ricorrenti L., delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in euro 2.800,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfetario del 15%, IVA e contributi come per legge.